LAZIO CARCERI. IN 7 ANNI I RECLUSI ISCRITTI ALL’UNIVERSITA’ SONO AUMENTATI DEL 570 PERCENTO

Roma – Sono aumentati, in sette anni, del 570% i detenuti delle carceri del Lazio che hanno deciso di frequentare l’Università. Dai 17 iscritti nell’anno accademico 2005/2006 si è,  infatti, arrivati ai 98 attuali.  Merito di questo incremento è del progetto S.U.P. (Sistema Universitario Penitenziario) ideato dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni.

Un modello che ha coinvolto università, istituzioni ed importanti realtà pubbliche e private ed è divenuto un punto di riferimento per il mondo carcerario italiano.  Un importante settore del progetto – che riguarda la Teledidattica, che consente ai reclusi di seguire corsi universitari dal carcere – ha assunto infatti rilievo nazionale, ed è stato indicato quale best practice da replicare in altre realtà da una Circolare del Ministero della Giustizia che ha previsto che i reclusi di Alta Sicurezza in tutta Italia possano essere trasferiti a Rebibbia N.C. se decidono di iscriversi all’Università.
 
«Quando, nel 2005, iniziammo ad occuparci del problema dell’istruzione in carcere – ha detto il Garante Angiolo Marroni – gli iscritti all’Università erano solo 17. Un dato insostenibile, perché riteniamo che l’istruzione sia un aspetto che non solo favorisce l’affermazione di una cultura della legalità, ma che incide anche sul reinserimento sociale dei detenuti, come sancito dalla Costituzione. Il basso livello di istruzione è, infatti, uno dei fattori che contribuiscono ad emarginare coloro che, scontata la pena, rientrano nella società. E’ per questo che abbiamo messo a punto un modello volto da un lato a migliorare questo indicatore,  dall’altro ad agevolare coloro che intendono utilizzare la detenzione per prepararsi ad un futuro migliore».
 
I primi risultati concreti del modello S.U.P. sono arrivati nei giorni scorsi quando i primi due immatricolati nell’ambito del progetto (due detenuti del carcere di Regina Coeli) si sono laureati con 110 e lode. «Un risultato importante che serve da stimolo a tutti – ha detto Marroni – anche se fino alla fine è stato tutto in forse, per la decisione del Magistrato di Sorveglianza di non concedere il permesso a queste due persone di laurearsi all’Università, che ci ha costretti ad organizzare una sessione di laurea in carcere. Una scelta inspiegabile, che ha rischiato di rialzare quel muro fra carcere e resto del mondo che con lo studio e tanti altri sacrifici era stato abbattuto».
 
Le strade individuate dal Garante per favorire l’accesso all’Università ai detenuti sono state due: da un lato la firma di un Accordo di Programma con la Conferenza dei Rettori delle Università del Lazio (CRUL), cui hanno fatto seguito la stipula di Protocolli d’intesa con i singoli atenei (Roma Tre, Tor Vergata, Cassino, La Tuscia e La Sapienza), che prevedono forme integrate di collaborazione per offrire, ai detenuti, l’opportunità di accedere agli studi universitari superando le limitazioni legate al loro stato; dall’altro lato l’ideazione, nel 2006, del progetto “Teledidattica – Università in carcere” indicato dal Ministero di Giustizia quale best practice. 
 
Oggi il modello S.U.P. promosso dal Garante è costituito da una rete istituzionale che mette insieme Crul, Laziodisu, Prap e le 14 carceri del Lazio, il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia, l’Assessorato alla Sicurezza della Regione Lazio, le tre Università romane e quelle della Tuscia e di Cassino.
 
La collaborazione con LAZIODISU (l’azienda regionale per il diritto allo studio Universitario) ha consentito di sostenere la costituzione di gruppi universitari in tutto il Polo Penitenziario di Rebibbia ma anche a Regina Coeli, a Velletri, al Mammagialla di Viterbo, a Frosinone, a Rieti ed a Cassino. A sostegno di queste iniziative il Garante ha assicurato il proprio supporto sia nella gestione delle pratiche amministrative legate alla carriera universitaria che nella didattica, con la fornitura gratuita di libri di testo e di materiale didattico.
 
«La migliore risposta a questo impegno – ha concluso il Garante – sono le decine di richieste di iscrizione ai corsi universitari da parte di detenuti di tutta Italia, che ci troviamo a gestire. Agevolare questo percorso vuol dire garantire la piena tutela del diritto all’istruzione, uno dei più violati in carcere, che invece è patrimonio di tutti, indipendentemente dalle condizioni in cui ciascuno si trova».