Le belle donne e il busto: fa male indossarlo? Ecco cosa dice il posturologo Domenico Spinelli

“Chi bella vuole apparire male pene deve patire”. Non c’è collezione di biancheria intima da donna dove non viene proposto il busto, veniva chiamato in passato anche “gabbia di venere” ed era formato da stecche e cerniere, attualmente in particolar modo i brand lo propongono  nelle collezioni di intimo da indossare sotto gli abiti da sposa particolarmente fasciati per avere un punto vita stretto.

Il primo busto venne inventato come concordano gli studiosi  da Caterina dè Medici in occasione del suo matrimonio con il Duca d’Orleans nel 1533, con molta probabilità venne creato per scopi terapeutici, il primo busto era composto da fasce di ferro e ganci, fu anche lei a fissare la misura ideale del girovita di quarantacinque centimetri.

Il busto dal sedicesimo secolo fino al pressappoco primo decennio del ‘900 è stato simbolo della sottomissione al mondo maschile e soprattutto  simbolo di fragilità del mondo femminile, diventando uno degli esempi di “costruzioni” e di “costrizioni” appartenente alla categoria della body modification più significativi della storia dell’umanità, fra gli esempi appartenenti a questa categoria possiamo citare le scarpe dai “piedi di loto” in Cina, infatti le donne si fasciavano i piedi per averli piccoli, questa usanza adesso è vietata,  deformavano perennemente i piedi per seguire il loro canone di bellezza.

Il busto viene chiamato anche  “abito meccanico” perchè appartiene alla categoria di accessori o abiti  che hanno delle “funzioni”, grazie a questi elementi è possibile arrivare al proprio concetto di bellezza seppur sbagliato, di completare ciò  che ritiene “incompleto” come spiega nel suo libro Bernard Rudofsky nel suo saggio “Il corpo incompiuto”.

Nell’immaginario collettivo il corsetto appartiene solo alle donne, ma non è così, infatti Il corsetto è stato anche un accessorio maschile fino agli inizi dell’Ottocento, nel ‘900 prese il nome emblematico di “sans-ventre” che significa “senza-pancia”,  questi accessori erano stretti in vita da robusti ganci di metallo, questa usanza maschile  è stata portata fino agli anni Sessanta.  Dal punto di vista antropologico il vitino stretto delle ragazze doveva significare di non essere gravide e quindi pronte per il matrimonio, mentre i fianchi larghi evidenziati dai verdugali e crinoline doveva dimostrare di poter portare avanti una gravidanza senza problemi.

Con il tempo il busto divenne l’elemento caratterizzante di attrici e soubrette e lo indossavano durante le loro esibizioni, fra gli esempi più eclatanti  è l’attrice di inizio ‘900 Emile Marie Bouchau  perché divenne famosa per il suo vitino “da vespa” evidenziato da un bustino altrettanto stretto, rigido ed innaturale come testimoniano le foto dell’epoca. Il busto ancor adesso è un elemento identicativo di seduzione delle donne, infatti  la soubrette di burlesque Dita Von Tesse specializzata in performance fetish softcore nei suoi spettacoli indossa sempre costumi di scena con busti molto stretti durante le sue performance.

La Pop star Madonna negli anni 80 sulle passerelle e sulle scene indossò questo accessorio disegnato dagli stilisti Dolce & Gabbana contribuendo ancor di più a diventare  un’icona della trasgressione di quegli anni. Fra le attrici più celebri del nostro cinema e che hanno indossato questo accessorio è Claudia Cardinale nel film ”Gattopardo” di Luchino Visconti nel ruolo di “Angelica” tratto dal romanzo dall’omonimo di Tomasi di Lampedusa.

Il celebre film venne ambientato a metà ottocento, l’attrice indossava uno splendido abito di colore bianco, disegnato dal costumista Piero Tosi in collaborazione con la sartoria Tirelli di Roma, Claudia Cardinale durante le riprese aveva continui malori dovuto dal busto troppo stretto, alla fine del film l’attrice dichiarò in un’intervista “ il busto è stato una vera tortura”.

Ma, i busti molto stretti e con stecche possono far male? A questa domanda L’Osservatore d’Italia l’ha  voluta formulare ad uno specialista del settore Domenico Spinelli posturologo e podologo di Monte di Procida (NA).

Dal punto di vista posturale è importante garantire la respirazione diaframmatica, ma non solo, ad esempio se indossiamo abiti troppo stretti ci sarà una pressione nei polmoni e nella trachea che non permetterà di respirare in modo adeguato. Il movimento si produce solo fino al torace e lo scambio dei gas non viene portato a termine in modo efficace: pertanto si accumula l’ossidazione delle cellule causando l’invecchiamento precoce. Inoltre i corsetti o i busti  troppo stretti che non permettono i movimenti in modo fisiologico obbligano a sovraccaricare alcuni muscoli portando le vertebre a fare uno sforzo maggiore. A loro volta i fianchi, compressi a causa dei vestiti troppo stretti, si sforzano di più per sostenere il peso del corpo. A fine giornata chi indossa questo tipo di indumento sentirà nelle braccia e nelle gambe una sensazione di pesantezza, formicolio e bruciore causati dalla loro limitata libertà di movimento.

Giuseppina Ercole