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Lega, russiopoli: Savoini non risponde ai Pm

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E’ terminato ed ha avuto breve durata l’interrogatorio di Gianluca Savoini, il leghista presidente dell’associazione LombardiaRussia indagato per corruzione internazionale nell’inchiesta su presunti fondi russi alla Lega attraverso una compravendita di petrolio a prezzo scontato. Savoini ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere davanti ai pm di Milano.

“Io conosco brave persone. Fino a prova contraria, almeno che non si dimostri che qualcuno ha fatto qualcosa fuori posto io ho fiducia nelle persone. Se c’è uno stato di diritto liberale e democratico si è innocenti a meno che non si venga dimostrati colpevoli”: così Matteo Salvini a “Quarta Repubblica”, in onda questa sera, rispondendo a chi gli chiedeva se non dubitasse di aver dato troppa fiducia a persone, come Savoini e D’Amico.

Questa mattina c’è stato un lungo vertice tra pm nell’ufficio del procuratore aggiunto di Milano Fabio De Pasquale per fare il punto sull’inchiesta per corruzione internazionale sulla presunta compravendita di petrolio per far arrivare fondi russi alla Lega. L’indagine è nata dall’audio di un incontro all’hotel Metropol di Mosca.
Savoini, assieme ad altri due italiani e a tre russi, era presente all’hotel di Mosca per la presunta trattativa per far arrivare 65 milioni di dollari al Carroccio.
“Perchè no?”. Così il premier Giuseppe Conte, fuori da Palazzo Chigi, risponde ai cronisti se ritenga che il vicepremier Matteo Salvini debba riferire alle camere sulla vicenda dei rubli alla Lega. “Noi crediamo nella trasparenza nei confronti dei cittadini in ogni sede, in tutte le occasioni, in primis in Parlamento, le sedi giuste per onorare questa linea guida”.

“Non abbiamo chiesto, né visto né preso un euro di finanziamento dall’estero. Mi occupo di vita reale e non di spionaggio. Punto. Mi sono stufato di ripeterlo”. Lo ha detto Salvini rispondendo ad una domanda sulla vicenda dei fondi russi. “Non intendo più parlare di soldi che non ho mai visto né chiesto”, ha risposto ad un’altra domanda sulla stessa questione. “Non commento le non notizie. Chi puntava su questo per metterci in difficoltà sono smentiti dai sondaggi, anche oggi”.

Nessun contatto finora tra il presidente del Consiglio e il ministro dell’Interno. A quanto spiegano diverse fonti di governo, tra il premier e il leader della Lega non ci sarebbero stati contatti diretti nel fine settimana e neanche stamane. Conte questa mattina, rispondendo a una domanda dei cronisti, ha spiegato di aver provveduto comunque ad informare Salvini, “anche” attraverso la portavoce del ministro, della dichiarazione ufficiale di precisazione sull’invito di Savoini al forum Italia-Russia.

“Da qualche giorno non si sta parlando di Ong. Lo show dell’immigrazione dove tutti recitano la loro parte costringendo gli africani al ruolo di comparsa, per qualche ora si è fermato. Oltretutto Salvini il bugiardo è impegnato a mentire (la sua difesa sul caso Russia-Savoini è ridicola). Fino a quando il diritto ad emigrare verrà considerato più importante del diritto a non emigrare l’impero mediatico-finanziario-liberista trionferà. E morirà l’Africa”. Lo scrive Di Battista in un post su Fb in cui cita anche il caso dei fondi russi alla Lega.

Il M5S ha pronta la proposta di legge per istituire la commissione di inchiesta sui finanziamenti a tutti i partiti che, secondo quanto previsto dal contratto, sarà sottoposta dal nostro capogruppo alla Camera alla firma del capogruppo della Lega. Lo annunciano fonti M5s.

“Sì, mi sono sentito con il collega Molinari della Lega. Domani mattina ci incontreremo per vedere insieme il testo della pdl che istituisce la commissione d’inchiesta sui finanziamenti ai partiti. Questa commissione è un importante passo verso una doverosa trasparenza che la politica deve avere nei confronti dei cittadini”. Lo dice Francesco D’Uva, capogruppo M5S alla Camera, contattato dall’ANSA.

Oggi alle 19 la presidente del Senato Elisabetta Casellati incontrerà il segretario del Pd Nicola Zingaretti ed il capogruppo Andrea Marcucci. È quanto si apprende da fonti del Pd. I dem anche ieri hanno chiesto con insistenza la presenza in Aula del ministro Salvini sul caso dei fondi in Russia. Inoltre a Palazzo Madama, sottolineano, persiste il problema di tre interrogazioni sulla Lega, bloccate dalla presidente del Senato.

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Tensione tra Lega e Forza Italia: scontro su ius scholae e autonomia mette a rischio gli equilibri del governo Meloni

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Il rilancio di Tajani sullo ius scholae riaccende il braccio di ferro con Salvini. Le divergenze tra i due partiti di centrodestra rischiano di complicare i dossier caldi del governo, tra cui il rinnovo del Cda Rai e la legge di Bilancio

La tensione tra Lega e Forza Italia torna a farsi sentire, mettendo a dura prova l’equilibrio della coalizione di centrodestra. Il recente rilancio di Antonio Tajani sullo ius scholae – una proposta di modifica della legge sulla cittadinanza per i giovani stranieri cresciuti in Italia – ha scatenato la reazione immediata della Lega, che tramite il vicesegretario Andrea Crippa ha ribadito la propria opposizione: “La legge sulla cittadinanza va bene così com’è”.

Questo scontro, apparentemente su temi secondari, in realtà rappresenta un elemento di crescente tensione tra due alleati del governo Meloni. Le divergenze sullo ius scholae e sull’autonomia regionale riemergono ciclicamente, complicando la gestione delle questioni più delicate per l’esecutivo, come il rinnovo del Consiglio di amministrazione della Rai e la prossima legge di Bilancio.

Braccio di ferro sull’autonomia e lo ius scholae

L’affondo di Tajani arriva a conclusione dell’evento dei giovani di Forza Italia a Bellaria, dove ha riaffermato la volontà di portare avanti la modifica della legge sulla cittadinanza. La reazione della Lega è stata immediata e dura, con Crippa che ha ribadito il “niet” del partito di Salvini. A complicare ulteriormente la situazione, Nicola Molteni, sottosegretario all’interno, ha rilanciato proponendo addirittura un inasprimento della legge, con la revoca della cittadinanza per gli stranieri che delinquono.

Sul fronte dell’autonomia regionale, le distanze tra Lega e Forza Italia restano significative. FI ha piantato nuovamente i suoi paletti, rilanciando con la sorpresa dell’adesione dei consiglieri del Partito Sardo d’Azione (Psd’Az) al gruppo di Forza Italia nel consiglio regionale della Sardegna, un colpo per la Lega, che fino a quel momento aveva un accordo stabile con il partito sardo.

Rai e legge di Bilancio: dossier cruciali in bilico

Le tensioni tra i due partiti rischiano di avere ripercussioni su questioni strategiche per il governo, a partire dal rinnovo del Cda della Rai. La nomina dei quattro componenti, originariamente prevista per il 12 settembre, potrebbe subire ulteriori ritardi. Il centrosinistra, con in testa il Pd, si oppone all’elezione di Simona Agnes, nome proposto da Forza Italia, e chiede una presidenza di garanzia, aprendo alla possibilità di un dialogo solo se la maggioranza accetterà un approccio bipartisan per riformare la governance della Rai, come imposto dal Media Freedom Act dell’UE.

Intanto, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha preso le redini delle trattative, riuscendo a far desistere Salvini dalla richiesta di un direttore generale in cambio di alcune posizioni chiave nei settori culturali e cinematografici. Tuttavia, le frizioni con FI potrebbero mettere a rischio l’accordo.

Anche la legge di Bilancio rappresenta un terreno di scontro. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti deve presentare a Bruxelles entro il 20 settembre il Piano strutturale di bilancio (PSB), ma le risorse limitate obbligano il governo a scelte delicate. Se il centrodestra è compatto su misure come il taglio del cuneo fiscale e la riduzione delle aliquote IRPEF, le proposte di Lega e FI rischiano di creare ulteriori frizioni: la Lega preme per l’allargamento dei prepensionamenti (es. quota 41), mentre FI insiste per un ulteriore aumento delle pensioni minime, avvicinandole alla soglia dei 1.000 euro.

L’incertezza politica e il futuro della coalizione

In questo clima di tensione, il governo Meloni si trova a gestire una situazione complessa, in cui il rischio di rottura tra Lega e Forza Italia potrebbe destabilizzare la coalizione. Senza un vertice di maggioranza in vista per trovare una sintesi tra le diverse istanze, le tensioni interne potrebbero influenzare negativamente le decisioni su dossier cruciali come la Rai e la legge di Bilancio.

Le prossime settimane si preannunciano decisive per la tenuta del centrodestra e per la capacità del governo di superare gli ostacoli interni e mantenere la fiducia dell’elettorato, già messa alla prova dalle vicende politiche recenti.

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Affaire Sangiuliano-Boccia: il caso si sposta in tribunale tra querele e indagini

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Le accuse di indebita destinazione di fondi pubblici e tentata estorsione infiammano il caso che ha travolto l’ex ministro della Cultura e l’imprenditrice di Pompei. La giustizia penale e amministrativa indaga sullo scandalo

La vicenda che ha portato alle dimissioni di Gennaro Sangiuliano da Ministro della Cultura, nota come “Affaire Sangiuliano-Boccia”, sta assumendo toni sempre più pesanti e complessi. Dopo settimane di accuse e rivelazioni, il caso si è spostato negli uffici giudiziari, con la Procura di Roma pronta a formalizzare l’apertura di un fascicolo d’indagine la prossima settimana.

Al centro delle indagini, su richiesta del parlamentare Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra, ci sono le presunte irregolarità legate all’utilizzo di denaro pubblico per le trasferte di Maria Rosaria Boccia, amante dell’ex ministro, e la rivelazione di segreti d’ufficio connessi all’organizzazione del G7 della Cultura a Pompei. Bonelli ha chiesto alla magistratura di fare luce sull’uso delle auto blu ministeriali e su presunti fondi statali utilizzati per coprire viaggi in cui Boccia accompagnava Sangiuliano.

Parallelamente, l’ex ministro sta preparando una contro-denuncia proprio contro Maria Rosaria Boccia. Secondo l’avvocato dell’ex capo del dicastero, l’avvocato Sica, nella denuncia si sosterrà che Boccia avrebbe esercitato pressioni illecite nei confronti di Sangiuliano. Tra le accuse ipotizzate, ci sarebbe anche quella di tentata estorsione, in riferimento alla pubblicazione di email private e alle interviste rilasciate da Boccia. “Dimostreremo la correttezza del mio assistito”, ha dichiarato Sica, annunciando che il materiale allegato alla denuncia ricostruirà in dettaglio i fatti.

Oltre alle denunce penali, si prevede che la Corte dei Conti indaghi su possibili danni erariali, in particolare per le spese sostenute dal Ministero della Cultura durante la gestione di Sangiuliano. L’attenzione si concentrerà sull’utilizzo di risorse pubbliche, come l’uso delle auto blu e la partecipazione a eventi statali in compagnia di Boccia.

Il ruolo della Guardia di Finanza non è da meno: da tempo sarebbero in corso verifiche su alcune operazioni immobiliari che coinvolgerebbero Maria Rosaria Boccia. Questi controlli, avviati prima che lo scandalo emergesse pubblicamente, potrebbero estendersi anche agli appalti per il G7 della Cultura in Campania.

Il caso ha avuto anche un’eco mediatica, amplificata dall’attività di alcuni profili social anonimi che, nelle ultime settimane, hanno diffuso notizie e fotografie riguardanti la vicenda. Boccia stessa ha affermato che l’ex ministro sarebbe stato “ricattato” da persone che avrebbero avuto agevolazioni, rivelando che le immagini compromettenti non sono mai state pubblicate.

Mentre le indagini procedono su più fronti, Maria Rosaria Boccia ha scelto di rivolgersi direttamente alla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, tramite un post su Instagram. In un lungo messaggio indirizzato alla premier, Boccia ha invitato Meloni a “mettere da parte i guantoni” e a usare “gentilezza e carezze” invece di affrontare le situazioni con forza.

“Ogni donna deve essere libera di vivere la propria essenza, nel rispetto degli spazi altrui”, ha scritto Boccia, concludendo con un appello alla premier per gestire la questione con maggiore apertura e comprensione.

Il futuro di questo intricato affaire resta incerto, ma ciò che appare chiaro è che il percorso giudiziario sarà lungo e travagliato, coinvolgendo non solo la giustizia penale, ma anche quella amministrativa, con riflessi potenzialmente devastanti per le figure coinvolte.

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Ministero della Cultura, esce Sangiuliano entra Giuli: prime dimissioni per il governo Meloni

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Dopo giorni di polemiche, interviste e documenti condivisi sui social, la vicenda legata alla consulenza di Maria Rosaria Boccia al Ministero della Cultura ha portato alle dimissioni del ministro Gennaro Sangiuliano. L’esponente di Fratelli d’Italia, che aveva dichiarato di “non essere ricattabile” e assicurato che nessun fondo pubblico era stato usato per i viaggi e le cene della sua ex amante, ha deciso di lasciare il suo incarico.

Ieri pomeriggio, l’ex direttore del Tg2 ha annunciato in una lettera inviata a Giorgia Meloni le sue “dimissioni irrevocabili”, esprimendo gratitudine per la difesa ricevuta dalla premier. Sangiuliano ha sottolineato i risultati ottenuti durante il suo mandato, ma ha precisato che “il lavoro non può essere macchiato dal gossip”. Al suo posto è stato nominato Alessandro Giuli, ex direttore del Museo MAXXI, che ha prestato giuramento al Quirinale poche ore dopo.

La lettera di dimissioni di Sangiuliano è stata un commiato sentito, nel quale ha ringraziato Meloni per l’affetto e la fiducia mostrata, ma ha anche annunciato che agirà per vie legali contro chi ha diffuso “fake news” sul suo conto. Il ministro ha difeso i risultati raggiunti in quasi due anni di governo, citando tra le altre cose l’aumento del 22% dei visitatori dei musei e il progetto di ristrutturazione del Palazzo Citterio a Milano.

L’addio di Sangiuliano segna il primo caso di dimissioni nell’esecutivo Meloni. La premier, in una dichiarazione ufficiale, ha ringraziato il ministro dimissionario definendolo “un uomo onesto e capace”, sottolineando il suo contributo al rilancio del patrimonio culturale italiano. Con l’arrivo di Alessandro Giuli, Meloni ha ribadito la continuità delle politiche culturali del governo, in linea con la richiesta di cambiamento espressa dagli italiani.

Il caso Boccia, che ha scatenato lo scandalo, riguardava il presunto accesso dell’imprenditrice a documenti riservati del Ministero e l’uso di fondi pubblici per viaggi privati. Sangiuliano aveva smentito ogni coinvolgimento irregolare di Boccia, sostenendo che “neanche un euro degli italiani è stato speso per lei”. Tuttavia, le polemiche e la pressione mediatica hanno infine portato alla sua decisione di lasciare.

Nonostante le dimissioni, il lascito di Sangiuliano al Ministero della Cultura rimane significativo, con importanti traguardi come l’introduzione del biglietto per il Pantheon, i successi archeologici a Pompei e l’inclusione della Via Appia Antica nella lista del patrimonio UNESCO.

Alessandro Giuli, presidente della Fondazione MAXXI, è il nuovo ministro della Cultura

Il pomeriggio di venerdì ha prestato giuramento al Quirinale davanti al presidente Sergio Mattarella, sostituendo Gennaro Sangiuliano, dimessosi in seguito alle polemiche legate al caso di Maria Rosaria Boccia.

Nato a Roma nel 1975, Giuli ha una lunga storia di militanza nell’estrema destra, influenzato dalle idee politiche della famiglia paterna. Suo nonno era un sostenitore del regime di Mussolini e della Repubblica di Salò. A quattordici anni, Giuli si iscrisse al Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano (MSI), e partecipò anche a movimenti neofascisti e neonazisti. Dopo aver frequentato il Liceo Tasso, nel 1994 si iscrisse alla facoltà di Lettere all’Università La Sapienza, dove si interessò al paganesimo precristiano e alle antiche popolazioni italiche, temi che approfondì negli anni successivi collegandoli a ideali neofascisti.

Giuli iniziò la sua carriera giornalistica presso il quotidiano di centrosinistra L’Umanità, organo del Partito socialdemocratico italiano. Durante l’università, lavorò per l’agenzia di stampa La Vespina, diretta da Giorgio Dell’Arti. Nel 2004 passò al Foglio di Giuliano Ferrara, dove iniziò come collaboratore e in seguito divenne vicedirettore e condirettore tra il 2015 e il 2016. Tuttavia, si allontanò dal giornale a causa del suo sostegno alla politica di Matteo Renzi. Successivamente, Giuli diresse la rivista cattolica conservatrice Tempi e collaborò con vari programmi televisivi, tra cui alcuni su Rai 2, che però non ebbero grande successo.

Durante il primo governo Conte, Giuli si avvicinò alla Lega, pur rimanendo legato agli ambienti della destra romana e mantenendo rapporti stretti con Giorgia Meloni e altri dirigenti di Fratelli d’Italia. Sua sorella Antonella Giuli ha ricoperto ruoli di rilievo nella comunicazione di Fratelli d’Italia e attualmente lavora all’ufficio stampa della Camera dei deputati. Giuli era già stato considerato nel 2022 come potenziale ministro della Cultura nel governo Meloni, ma in seguito venne nominato presidente della Fondazione MAXXI, un’istituzione storicamente legata a figure di area progressista.

Nonostante il suo passato politico, Giuli ha recentemente adottato un approccio più moderato e istituzionale, criticando le posizioni sovraniste più estreme e cercando di rappresentare una destra più moderata. È sposato con Valeria Falcioni, giornalista di Sky, con la quale ha due figli.

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