Legalizzazione della cannabis, bandiera bianca delle istituzioni e della DNA
di Roberto Ragone
La tragica morte del quindicenne di Lavagna, lanciatosi dal balcone di casa dopo una perquisizione della Guardia di Finanza, durante la quale lui stesso aveva denunziato il possesso di circa 15 grammi di cannabis, ha riportato i riflettori sulla proposta di legge di liberalizzazione delle cosiddette ‘droghe leggere’, equiparate nella loro pericolosità da una legge del 21 febbraio 2006, cosiddetta Fini-Giovanardi, a quelle considerate ‘pesanti’, come oppiacei e derivati e droghe sintetiche. Una legge che Marco Pannella ha caldeggiato per decenni, violando la normativa corrente con il ‘farsi una canna’ in pubblico, e attirando su di sé gli strali della legge. La cannabis – hashish e marijuana – è un prodotto nocivo, che brucia irreversibilmente i recettori cerebrali delle forme naturali di stupefacenti, come l’endorfina, sostituendosi ad esse e creando una dipendenza.
L’azione della cannabis influisce anche sullo sviluppo mnemonico e intellettivo della persona, in special modo se ancora in età evolutiva. I danni della cannabis, come di altre sostanze stupefacenti psicotrope, sono descritti esattamente in un CD che un amico medico ha avuto la bontà di donarmi, sapendo della mia curiosità specifica. Un CD creato non dal farmacista all’angolo, ma dall’Istituto Superiore di Sanità, dal titolo “Sostanze e dipendenze”, che descrive non solo gli effetti della cannabis, ma di tutte le droghe, comprese quelle sintetiche. Almeno quelle presenti sul mercato alla data della redazione del CD, visto che i laboratori clandestini della malavita organizzata lavorano a pieno ritmo, e quasi ogni giorno i loro chimici ne sfornano di nuove.
A proposito della cannabis, dal 16 luglio 2015 giace in Parlamento una proposta di legge firmata da 218 parlamentari, un po’ di tutti gli schieramenti politici. In breve, si introduce il possesso e la detenzione domestica di modiche quantità di cannabis, soltanto per i maggiorenni, per i quali è prevista anche la possibilità di coltivazione di non più di cinque piante di genere femminile. Sono previste anche cooperative di non più di cinquanta persone che coltivino la cannabis. Il tutto regolamentato e controllato da uno Stato che tratterà il prodotto come il tabacco, concedendo licenze di vendita al pubblico come per i tabaccai, in negozi autorizzati.
Viene depenalizzata la cessione gratuita di cannabis anche fra minori, per non sovraccaricare l’impianto giudiziario, ma solo per modiche quantità, destinate, presumibilmente, a consumo personale. Ritorna quindi il concetto di consumo personale, applicato in toto nella legge. Altre prescrizioni, come il divieto di consumo in luoghi aperti al pubblico e l’importazione o esportazione, come pure la coltivazione di cannabis da parte di soggetti non di cittadinanza italiana, ed altre regole varie, fanno da corollario. Perché parliamo di bandiera bianca?
Dopo tanti anni di proibizionismo, dettato in realtà dall’intenzione più che lodevole di salvaguardare la salute pubblica, in particolare quella dei nostri ragazzi, la DNA, Direzione Nazionale Antimafia, ha alzato le mani di fronte allo strapotere di una criminalità che trae i suoi maggiori profitti dal commercio delle droghe, che siano denominate leggere o pesanti – sappiamo, dall’Istituto Superiore di Sanità che non esistono droghe ‘leggere’, e che le conseguenze dell’una o dell’altra sono egualmente devastanti, anche se non immediatamente percettibili.
La DNA registra un totale fallimento delle azioni repressive nei paesi produttori, con conseguente aumento dell’influenza economica e politica delle organizzazioni criminali che controllano la produzione e lo spaccio, né il consumo nei paesi fruitori è stato arginato. Il risultato è che le criminalità mafiose hanno incrementato i propri introiti e il proprio potere, economico e politico.
Nel contempo, la repressione indifferenziata dell’uso e del commercio di tutte le sostanze ha accresciuto i costi, e quindi messo in crisi l’apparato proibizionista, con il fallimento totale dell’azione repressiva, e l’impossibilità di aumentare gli sforzi per una migliore azione nei confronti dei cannabinoidi. “D’altronde”, continua il rapporto della DNA “dirottare ulteriori risorse su questo fronte ridurrebbe l’efficacia dell’azione repressiva su emergenze criminali virulente, quali la criminalità di tipo mafioso, estorsioni, traffico di esseri umani e di rifiuti, corruzione, contrasto al traffico di letali droghe pesanti, eccetera.”
È quindi proprio la DNA a proporre politiche di depenalizzazione, che alleggerirebbero il carico giudiziario, e libererebbero risorse per il contrasto di altri fenomeni criminali. Altrove, come negli Stati Uniti, e segnatamente in quegli Stati che hanno consentito l’uso ricreativo di cannabis, il numero dei consumatori non è aumentato. In più, la libera vendita di hashish e marijuana produrrebbe risorse economiche da destinare al bilancio dello Stato italiano. Per avere un’idea della dimensione del fenomeno del consumo delle droghe leggere, la DNA riporta alcuni dati: il quantitativo sequestrato è inferiore di 10/20 volte inferiore a quello consumato, ipotizzando ragionevolmente un consumo di che oscilla presuntivamente fra 1,5 e 3 milioni di chili all’anno. Come se ogni Italiano, compresi vecchi e bambini, avesse a disposizione qualcosa come 100/200 dosi all’anno. Incrociando questi dati con quelli della vendita al consumo, nella stima più pessimistica si raggiungerebbero i 30 miliardi all’anno. In sintesi, la vendita della cannabis da parte dello Stato italiano produrrebbe risorse per combatterne il traffico illecito, togliendo nel contempo alla criminalità mafiosa una parte importante dei loro introiti. Volendo essere maligni, non crediamo che le mafie rinunceranno a una buona parte dei loro guadagni senza fiatare. Il rischio è che riescano ad inserirsi nei nuovi meccanismi, pur con tutti i controlli incrociati previsti per legge. L’altra amara considerazione è che non si riesca ad arginare il consumo di sostanze comunque nocive, e per far questo si debba renderle consentite.
Lo Stato ci ha abituato a questo: la scritta “Il fumo uccide” sui pacchetti di sigarette non ne impedisce la vendita, i cui maggiori proventi vanno proprio alle amministrazioni pubbliche. Le accise sull’alcool non impediscono che se ne faccia uso e a volte abuso, con gravi conseguenze sui giovani frequentatori di discoteche. Le varie lotterie, “Gratta e vinci” e simili sono dello Stato, insieme con le macchinette videopoker, e la ludopatia è un’altra piaga della nostra civiltà moderna. La cannabis è l’ultima sostanza dannosa in ordine di tempo. Ma presto, come d’abitudine, c’è la quasi certezza che si passerà anche ad altre sostanze, più ‘pesanti’. Sempre regolamentate, controllate, i cui proventi saranno ‘sottratti’ alle mafie per impinguare il fisco italiano. Il rischio è proprio quello che lo Stato sostituisca le mafie, o viceversa. Falcone diceva che questo era già successo. Chi vivrà vedrà.