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Economia e Finanza

LEGGE STABILITA’, CLAUSOLA SALVAGUARDIA IVA: BOMBA OROLOGERIA CON STANGATA DA 53,3 MLD DI EURO 2015-2018.

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Tempo di lettura 3 minuti Federconsumatori: l’ultima perla anche la decisione di aumentare anche l’IVA sul Pellet, dal 10% al 22% che andrà a colpire molte famiglie in difficoltà, soprattutto quelle a basso reddito

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di Cinzia Marchegiani

L’associazione Federconsumatori commenta subito la legge di stabilità che nasconde tra le tante maglie brutte sorprese per il cittadino, ormai ipertassato in un momento di crisi economica dove spesso non esistono le entrate fisse per una famiglia, su cui possono fare affidamento. La legge di stabilità approvata ieri dal Senato, contiene una clausola di salvaguardia automatica con la quale il governo si impegna ad assicurare la correzione necessaria a garantire il raggiungimento del saldo strutturale di bilancio in pareggio a partire dal 2017. In particolare, «è ipotizzata una clausola sulle aliquote Iva e sulle altre imposte indirette per garantire il raggiungimento dell'obiettivo di medio termine per un ammontare di 12,4 miliardi nel 2016, 17,8 miliardi e 21,4 miliardi nel 2017 e nel 2018».

Non è questa la strada per portare il Paese fuori dalla gravissima recessione, tuona Federconsumatori e spiega cosa si nasconde dietro le misure anti-deficit nella legge di stabilità sotto il nome di clausole di salvaguardia: “sono vere e proprie bombe ad orologeria, che potrebbero esplodere se i risultati di risparmio sulla spese pubblica non verranno raggiunti, a partire dall’aumento delle accise sulla benzina, che darà la facoltà di ulteriori stangate, da parte del direttore delle Dogane che dal 30 giugno 2015 potrà aumentare le accise sulla benzina e garantire così all’Erario oltre 1,7 miliardi di euro attesi dagli strumenti finalizzati a contrastare l’evasione Iva, con un aumento della stessa Iva fino al 25,5%.”

E Federconsumatori insiste sull’aumento dell’IVA al 25,5%: ”la clausola di salvaguardia prevede l’aumento dell’Iva ordinaria (attualmente al 22%) al 24% nel 2016, al 25% nel 2017 e al 25,5% nel 2018. Ritocchi saranno previsti anche per la cosiddetta IVA ridotta attualmente al 10%. Questi gli scaglioni e le scadenze temporali previste dal Governo, che produrranno una ulteriore stangata sui consumatori:

NEL 2016
– l’Iva ordinaria (che oggi è del 22%, ossia per gran parte dei beni di consumo) passerà al 24%;
– l’Iva agevolata (che oggi è al 10%) salirà al 12%. (incasso previsto 12,4 miliardi)
NEL 2017
– l’Iva ordinaria salirà dal 24% al 25%
– l’Iva agevolata sfiorerà il 13%. (incasso previsto 17,8 miliardi di euro)
NEL 2018
– l’Iva ordinaria arriverà dal 25% al 25,5%.
– l’Iva agevolata resterà al 13%. (incasso previsto 21,4 miliardi nel 2018).

Un paese che pensa di risollevare i consumi puntando sull’aumento del mondo dell’Iva non solo non è lungimirante, ma ci si chiede quale sia l’obiettivo primario, perché anche un bambino intuisce la la sequenza logica di una manovra che fa cassa, ma non tutela né il consumatore, né il mondo del lavoro e dell’imprenditoria. Facendo i classici conti della serva Federconsumatori scatta un’istantanea:”Sommati ad 1,7 miliardi di aumento accise, la clausola di salvaguardia produrrà un incasso totale di 53,3 miliardi di euro, con un impatto di 2.220 euro per ognuna delle 24 milioni di famiglie nel quadriennio 2015-2018, o se vogliamo 900 euro a carico di ogni residente, con una ulteriore depressione dei consumi e del potere di acquisto…. Non è questa la strada per portare il Paese fuori dalla gravissima recessione.”

E una domanda più che lecita le famiglie se lo chiedono, chi si sta tutelando? Di certo non le famiglie che ad oggi non riescono più a sostenere né la crisi economica, né la crisi abitativa, né quella del lavoro… Continuando su questa linea, il deserto sarà l’unica prospettiva all’orizzonte e fasce sempre più povere di persone dovranno fare i conti con un governo teso a mantenere un primato indiscusso, l’insostenibilità del vivere. L’ultima perla anche la decisione di aumentare anche l’IVA sul Pellet, dal 10% al 22% che graverà su più di due milioni di famiglie che avevano usufruito degli incentivi puntando su questo tipo di sistema del riscaldamento, sensibilizzati ad un consumo più ecologico dei carburanti come il gasolio o il GPL. Ristrutturati i propri appartamenti con questa nuova tecnologia, le famigle avevano puntato quindi non solo ad un consumo più ecologico ma anche per avere un ritorno economico. Anche qui Federconusmatori chiede al governo un passo indietro:” Non è ammissibile l'avvio di una misura che, come è evidente, andrà a colpire molte famiglie in difficoltà, soprattutto quelle a basso reddito che avevano scelto come scaldarsi”.

 

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Ambiente

Macchine a idrogeno: una tappa significativa nella transizione verso un’economia più verde e sostenibile

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Dal MASE 100 milioni per gli investimenti sulla filiera delle componenti per la produzione di idrogeno rinnovabile

Il Ministro Pichetto: “Ulteriore passo avanti nel potenziamento di una tecnologia strategica per il Paese”

Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha pubblicato l’avviso per selezionare progetti di investimento sullo sviluppo della filiera di componenti per la produzione di idrogeno rinnovabile. La dotazione economica complessiva è pari a cento milioni di euro e rientra nell’investimento sull’idrogeno previsto dal PNRR. Le imprese interessate potranno presentare le proposte progettuali ad Invitalia, soggetto gestore della misura, dal prossimo 29 novembre fino al 12 gennaio 2024.

“Con la pubblicazione dell’avviso – spiega il Ministro Gilberto Pichetto – si fa un ulteriore passo in avanti per lo sviluppo e il potenziamento della filiera italiana dell’idrogeno rinnovabile, tecnologia strategica in particolare per i settori industriali ‘hard-to-abate’ e per i trasporti a lunga distanza”.

I progetti finanziabili potranno riguardare la creazione o l’ampliamento di unità produttive di componenti degli elettrolizzatori, dispositivi per la compressione e lo stoccaggio dell’idrogeno, sistemi di interfaccia con impianti di produzione di energia rinnovabile, ma anche la ricerca industriale e la formazione di personale correlate all’investimento.

Il futuro: macchine a idrogeno e la sostenibilità

L’uso dell’idrogeno come vettore energetico è una tendenza in crescita nell’ambito delle tecnologie sostenibili. Le macchine a idrogeno, come veicoli a celle a combustibile e apparecchiature per la produzione di energia, stanno guadagnando popolarità per la loro capacità di ridurre le emissioni di carbonio e contribuire alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.

Celle a combustibile per veicoli: guidando verso un futuro sostenibile

I veicoli a celle a combustibile (FCV) rappresentano uno dei settori più promettenti nell’uso dell’idrogeno come carburante. Questi veicoli utilizzano un processo di elettrolisi per generare idrogeno da fonti di energia rinnovabile o idrogeno prodotto da fonti convenzionali. L’idrogeno viene quindi utilizzato in una pila a combustibile per produrre energia e alimentare il veicolo, con l’unico sottoprodotto dell’acqua.

Ciò significa che i veicoli a idrogeno non emettono gas serra o inquinanti atmosferici diretti. Inoltre, offrono prestazioni simili ai veicoli a benzina o diesel e tempi di ricarica più veloci rispetto alle auto elettriche, rendendoli una scelta interessante per chi cerca soluzioni di mobilità sostenibile.

Produzione di energia verde con l’idrogeno

Oltre all’uso nei trasporti, l’idrogeno viene utilizzato anche nella produzione di energia verde. Le celle a combustibile stazionarie possono convertire l’idrogeno in elettricità e calore per applicazioni residenziali, commerciali e industriali. Questo approccio consente di immagazzinare energia in eccesso proveniente da fonti rinnovabili, come l’energia solare e eolica, e di utilizzarla quando necessario.

Sfide e sviluppi futuri

Nonostante le promettenti applicazioni dell’idrogeno, ci sono sfide da superare. La produzione, lo stoccaggio e il trasporto dell’idrogeno richiedono attenzione particolare, e le tecnologie per migliorare l’efficienza e ridurre i costi stanno ancora evolvendo. Inoltre, è essenziale che l’idrogeno venga prodotto da fonti rinnovabili per massimizzare i benefici ambientali.

L’uso delle macchine a idrogeno rappresenta una tappa significativa nella transizione verso un’economia più verde e sostenibile. Con ulteriori investimenti nella ricerca e nello sviluppo, potremmo vedere una crescente adozione di queste tecnologie nei prossimi anni, contribuendo a ridurre l’impatto ambientale e a mitigare il cambiamento climatico.

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Economia e Finanza

Settimana corta al lavoro: l’Italia è davvero pronta?

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Nel contesto del rapido cambiamento globale, l’idea di una settimana lavorativa di 4 giorni sta ottenendo un forte riconoscimento anche in Italia. Alcune aziende hanno iniziato ad abbracciare questa modalità: nella sua infografica dedicata a questo tema, Ali Spa di Magister Group cerca di rispondere alla domanda cruciale: è il momento giusto per l’Italia?

L’Italia, al netto di alcune resistenze, sembra essere pronta per la settimana lavorativa corta. Al momento, il 9,4% dei lavoratori italiani rimane in ufficio per 49 o più ore a settimana: l’Italia al quarto posto nella classifica dei Paesi dell’Unione Europea più “stakanovisti,” dietro a Grecia, Francia e Cipro. Un patrimonio di ore lavorative che non fa rima necessariamente con qualità dell’output o della vita quotidiana dei lavoratori.

Il cammino verso l’attuale settimana lavorativa di 40 ore in Italia è stato un viaggio lungo e significativo. Dal 1923, dal Regio Decreto-legge n. 692 la giornata lavorativa di 8 ore ha impostato di fatto il tempo lavorativo come lo conosciamo. La pandemia ha cambiato in generale lo scenario lavorativo e la necessità di un miglior work-life balance ha fatto emergere tre possibili coniugazioni della “settimana corta”:

  • 4 giorni a parità di salario con meno ore totali;
  • 4 giorni a parità di stipendio con ridistribuzione delle ore;
  • 4,5 giorni a settimana a parità di stipendio.

I possibili limiti alla diffusione della settimana corta in Italia includono la persistenza di una cultura aziendale pre-pandemica, la difficoltà di applicazione in alcuni settori, sfide organizzative all’interno delle singole realtà e la necessità di dialogo tra le parti coinvolte: una serie di ostacoli che possono essere risolti o aggirati, con l’obiettivo di accogliere le richieste di un miglior bilanciamento vita-lavoro dei dipendenti, aumentandone la retention.

Caso Ali e Magister Group: “Alle persone serve tempo di qualità per evolversi”

In Italia ci sono aziende che stanno già testando la settimana di 4 giorni, con diverse modalità. Da febbraio a dicembre 2023, i dipendenti di Ali e delle altre controllate di Magister Group stanno sperimentando la prima vera settimana corta in Italia: 32 ore di lavoro su 4 giorni, mantenendo stipendio e condizioni contrattuali.

Simona Lombardi, Consigliere di Amministrazione del Gruppo Magister commenta: “Serve tempo di qualità, per evolversi personalmente. Personalità ricche ed appagate possono contribuire con un pensiero di valore a ridefinire lo spazio del lavoro, a dare un senso più profondo a ciò che facciamo“.

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Economia e Finanza

Riforma del Fisco, tutto pronto per i pignoramenti lampo: gli agenti avranno accesso diretto ai conti correnti dei debitori

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Il fisco potrà accedere direttamente ai conti correnti, per verificarne la disponibilità, prima di effettuare un pignoramento. Lo prevede la bozza della manovra.

Prima di procedere al pignoramento dei conti scoperti dalla consultazione dell’archivio dei rapporti finanziari, l’agente della riscossione può, in fase stragiudiziale, accedere con “collegamento telematico diretto, alle informazioni relative alle disponibilità giacenti” sui conti. Se dovessero emergere “crediti del debitore” nella disponibilità di uno o più operatori finanziari, l’agente “redige e notifica telematicamente al terzo, senza indugio, l’ordine di pagamento”.

“La notifica dell’ordine di pagamento è effettuata, a pena di nullità, anche al debitore, con le modalità stabilite”, non oltre trenta giorni dalla notifica al terzo. Le soluzioni tecniche di cooperazione applicativa per l’accesso alle informazioni, si precisa nella norma, sono definite con un decreto del Mef (cui è demandata anche la definizione delle “specifiche modalità informatiche” con cui va redatto e notificato telematicamente l’ordine di pagamento), sentite l’Associazione bancaria italiana, Poste italiane e l’Associazione italiana dei prestatori servizi di pagamento, nonché il Garante per la protezione dei dati personali.

Questo, si precisa, anche ai fini dell’adozione, da parte dell’Agenzia delle entrate-Riscossione di “idonee misure di garanzia a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati, attraverso la previsione di apposite misure di sicurezza, anche di carattere organizzativo”.

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