Connect with us

Primo piano

L’Italia dei sequestri di persona, da Fabrizio De Andrè alla Banda della Magliana: i retroscena raccontati dagli attori dell’epoca

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 5 minuti
image_pdfimage_print

I sequestri di persona in Sardegna attraverso il racconto del dottor Roberto Scotto già a Capo della Squadra Mobile di Nuoro. Il dirigente di Polizia, video intervistato da Chiara Rai, ripercorre i fatti più salienti che avvennero alla fine degli anni ’70 descrivendo anche le tecniche di indagine adottate all’epoca compatibilmente alle risorse allora disponibili. Una video intervista, che dopo le prime due puntate trasmesse nel corso della trasmissione giornalistica “Officina Stampa” in cui sono intervenuti alcuni attori dell’epoca come Stefano Giovannetti rapito a Frascati (Rm) nel 1991, l’allora Brigadiere dei Carabinieri Antonio Amico oggi Ufficiale dell’Arma in congedo, che seguì le indagini, è arrivata alla terza puntata.

Nel corso della trasmissione di giovedì 7 dicembre, a commentare quel periodo storico che ha segnato profondamente la vita di coloro che hanno vissuto questa traumatica esperienza, il gioielliere romano Roberto Giansanti e l’allora Capo della sezione Antisequestri della Polizia di Stato di Roma dottor Elio Cioppa.

IL DR. ELIO CIOPPA E IL GIOIELLIERE ROBERTO GIANSANTI A OFFICINA STAMPA

[VIDEO]


Il sequestro di Giansanti rappresenta uno dei primi colpi messi a segno dall’allora nascente Banda della Magliana

La Banda della Magliana grazie agli introiti dei rapimenti potè reinvestire nel commercio della droga e delle armi per la conquista criminale della Capitale, controllata fino a a qualche tempo prima dai Marsigliesi. Il rapimento del gioielliere Roberto Giansanti avvenne a Roma il 16 maggio 1977, insieme a quello del Duca Massimiliano Grazioli Lante della Rovere, del 7 novembre dello stesso anno e poi ucciso perché aveva visto in faccia i rapitori, rappresentano i primi colpi messi a segno dalla Banda della Magliana.

Fu infatti di Franco Giuseppucci detto er negro l’idea di dedicarsi ai sequestri di persona a scopo di estorsione. Tra i ricordi ancora vivi nella mente di Roberto Giansanti ci sono quindi ‘Oto, il Moro, il Riccetto, Mezza Tacca, Due Nei, Janbon detto “il Francesino”. Tutti cattivi tranne uno, l’Uomo del Sud, il più umano tra i carcerieri, quello che a Giansanti portava acqua e bende e che nell’orecchio gli sussurrava: “Non ti faccio morire qua, ti prendo e ti lascio davanti ad un ospedale se stanno per ammazzarti”. Oltre questa “pietà” Giansanti ricorda anche momenti più drammatici della sua prigionia avvenuta in un covo che non è stato mai identificato: “Sono stato pestato, minacciato con la pistola in bocca, deriso e umiliato. Un naso rotto, un’infezione agli occhi che mi faceva impazzire per non so quale spray urticante mi avevano schizzato al momento del sequestro, avvenuto sotto casa, a Talenti, dopo vari appostamenti anche in Via Lanciani”.

A capo della sezione Antisequestri di Roma il dottor Elio Cioppa che portò avanti una lotta senza frontiere e che nel corso della trasmissione di Giovedì ha anche ricordato diversi anedotti dell’epoca, come alcuni fatti avvenuti ad Ostia, tra il 1981 e il 1987, in cui si badava meno alle tante formalità burocratiche alle quali sovente si assiste oggi e si procedeva senza mezzi termini a contrastare la criminalità organizzata. Attività di contrasto che portò a risultati concreti.

Tra i sequestri avvenuti in quello scorcio di tempo e che ancora oggi sono vivi nella memoria collettiva sicuramente il sequestro di Fabrizio De Andrè e della sua compagna Dori Ghezzi.

Il 27 Agosto del 1979 in località Tempio Pausania, nella tenuta De Andrè-L’Agnata intorno alle 21.30 il famoso cantautore e poeta Fabrizio De Andrè e la sua compagna cantante Dori Ghezzi si trovano davanti un uomo imbavagliato che gli punta contro una pistola; per qualche secondo De Andrè crede si tratti di uno scherzo ma ben presto si ricrede quando l’uomo li imbavaglia e li fa indossare dei giacconi. A questo punto sbucano altri banditi che gli intimano di entrare dentro la Dyane di Fabrizio ritrovata ore dopo dagli inquirenti in una località poco distante dal porto di Olbia. Solo l’indomani mattina viene dato l’allarme ai Carabinieri dalla domestica della tenuta del cantautore che non trova nessuno in casa di buon mattino. Per la cronaca è bene precisare che l’estate del 1979 va collocata come la più drammatica nella storia del banditismo sardo. Con Fabrizio De Andrè e Dori Ghezzi il numero delle persone tenute in ostaggio arriva addirittura a 10. Le indagini e le ricerche si intensificano come non mai e il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa dopo un primo sopralluogo e dopo aver analizzato il caso esclude da subito qualsiasi pista di carattere politico e si palesa nessun coinvolgimento di movimenti extra parlamentari armati che da anni tormentavano lo Stato italiano.

Come se non bastassero i mitomani che puntualmente iniziarono a confondere e depistare le indagini, durante il lungo periodo di sequestro durato oltre 4 mesi fino al 21 Dicembre, i banditi per ben due volte fecero accrescere la tensione spacciandosi per gruppi di estrema sinistra comunicando all’ANSA che i corpi dei due cantautori erano stati gettati una prima volta nelle acque del porto di Genova e una seconda nel lago di Mogoro. Oltre 150 sommozzatori scandagliarono le profondità senza riscontri oggettivi.
Tenuti incappucciati sin dai primi giorni, Fabrizio e Dori riescono ad ottenere di rimanere legati a volto scoperto ad un albero e con il passare dei lunghissimi giorni si instaura con i rapitori un rapporto quasi confidenziale.

Dori Ghezzi viene trattata con rispetto e chiamata “signora” e Fabrizio ha modo di dialogare con i rapitori di cui ricorderà particolarmente la figura di uno, giovane, di sinistra senza lavoro poverissimo e quasi pentito di essere diventato un bandito sardo e di aver sequestrato Dori Ghezzi che era comunque figlia di operai.

Per la liberazione la banda dei sardi chiesero la cifra di due miliardi di lire pari ad oltre un milione di euro e le fitte trattative furono condotte da Giuseppe De Andrè con il figlio Mauro e con la collaborazione del parroco di Tempio Pausania don Salvatore Vico e Giulio Carta. La trattativa subì una interruzione nel mese di Ottobre che gettò la famiglia e l’Italia intera nello sconforto. Si credette sul serio che per i due cantautori non ci sarebbe stato ritorno ma lo sforzo, l’insistenza e anche l’eccessiva durata della del sequestro costrinse i rapitori ad accordarsi per la cifra di seicento milioni di lire, vale a dire oltre 300mila euro. In una strada del Goceano il 20 Dicembre, don Salvatore Vico raccolse Dori Ghezzi nella sua auto e per un giorno intero la tensione salì alle stelle per la mancata liberazione di Fabrizio De Andrè che invece verrà ritrovato nella notte successiva in una strada isolata della stessa zona.

Fabrizio De Andrè e Dori Ghezzi non si costituirono parte civile contro i sequestratori. Dori Ghezzi commentò: “Praticamente eravamo diventati indispensablili gli uni agli altri, per loro era quasi sopravvivenza, avere noi significava mangiare perchè probabilmente erano dei latitanti”. L’esperienza traumatica del sequestro rafforzò il rapporto di coppia dei due artisti che fino al decesso di Fabrizio De Andrè avenuto l’11 Gennaio del 1999 rimasero sempre inseparabili e l’incredibile talento del cantautore genovese seppe raccontare con poesia ed amarezza quell’esperienza terribile nel brano “Hotel Supramonte” che ad oggi è considerato uno dei brani più belli di Fabrizio De Andrè.

La banda dei sequestratori composta da sei orunesi, un toscano e tre pattadesi nei mesi successivi fu scovata e catturata e mandata a giudizio. Il fenomeno del banditismo sardo non era si era ancora concluso.

 

Ivan Galea – Paolino Canzoneri

Primo piano

Elezioni Europee, per Mario Draghi serve un cambiamento radicale e accende il dibattito

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

La figura di Mario Draghi, che ieri ha sferzato l’Europa chiedendo un cambiamento radicale e ha fatto irruzione nelle Europee spiazzando i partiti, accende il dibattito in vista del voto Ue di giugno.

Per il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni, “Draghi ha centrato il punto nello stressare il fatto che alcune delle nostre politiche sono state disegnate 20, 30 anni fa e in questi anni il mondo è cambiato.

La competitività è stato un fatto soprattutto interno all’Ue ma non abbiamo affrontato l’argomento dal punto di vista della competitività nel contesto globale. Necessitiamo di una politica industriale assertiva, ed è per questo che il cambiamento radicale a cui fa riferimento Mario Draghi si sta gradualmente verificando ma è assolutamente necessario”.

“Mi spiace deludervi ma a livello di leader non stiamo ancora parlando delle cariche di vertice dell’Ue, perché non sappiamo quale sarà il risultato delle elezioni europee e perché in alcuni Paesi si devono tenere le elezioni nazionali, dunque ci sono troppe incognite: il vero dialogo inizierà a giugno”, ha detto la premier estone Kaja Kallas rispondendo alla domande se le quotazioni di Mario Draghi, dopo il discorso di ieri, siano salite. “Detto questo Draghi mi piace molto”, ha aggiunto.

“Ho molto rispetto per Mario Draghi ma non voglio interferire in vicende italiane o altro. Lo rispetto molto, questo è quanto ho da dire”, ha affermato il premier ungherese Viktor Orban, rispondendo alle telecamere di La7, a margine della conferenza delle destre in corso a Bruxelles. Parlando sul tentativo di ieri di far sospendere la conferenza da parte dell’amministrazione comunale di Saint-Josse, Orban ha poi commentato: “sono contento di essere qui, oggi siamo qui al confine tra libertà e tirannia”.

Stoccate all’ex premier arrivano dal ministro Matteo Salvini, nel suo libro “Controvento”. di cui vengono anticipati stralci in attesa della presentazione a Milano il 25 aprile. Il leader della Lega definisce “sconcertanti” alcuni ministri scelti da Draghi per il suo esecutivo. Draghi – dice ancora Salvini – “ci rassicurò ma non fece nulla per la pace fiscale”.

Continua a leggere

Castelli Romani

Asl Roma 6, all’ospedale dei Castelli operativo il nuovo reparto di terapia subintensiva

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 4 minuti
image_pdfimage_print

Un servizio fondamentale per chi è colpito da ictus

Presentata l’Unità Trattamento Neurovascolare (UTN) dell’ospedale dei Castelli (ODC). Un reparto di terapia subintensiva dotata di 5 posti letto, strumentazione tecnologica e diagnostica di alto profilo e ad alta intensità di cura destinata ad accogliere pazienti affetti da lesioni cerebrovascolari acute, di natura ischemica o emorragica.

Il nuovo servizio si inserisce nella rete dell’Emergenza tempo-dipendente della Regione Lazio come unità di I livello che ha come riferimento la UTN di II livello del Policlinico Tor Vergata.

A sua volta l’Ospedale dei Castelli rappresenta la struttura di riferimento per l’ictus acuto per l’ospedale di Velletri.

Presenti il Commissario Straordinario Asl Roma 6 dott. Francesco Marchitelli, il Direttore Sanitario Asl Roma 6 dott. Vincenzo Carlo La Regina, il Direttore Medico di Presidio (Odc) dott. Daniele Gentile, il Dr Fabrizio Sallustio Direttore UOSD Unità Trattamento Neurovascolare (UTN), Responsabile Unità Ictus-Ospedale dei Castelli, il Dr Carlo Capotondi direttore UOC Radiologia Diagnostica ed Interventistica, la Dr.ssa Carla Giancotti direttore UOC Anestesia e Rianimazione oltre ai
sindaci di diversi Comuni, istituzioni, autorità militari, civili e religiose. La presentazione ha visto anche la partecipazione di diversi sindaci del territorio e del sindaco di Lanuvio e deputato della Repubblica Andrea Volpi.

“Il nuovo reparto UTN – dichiarano il Commissario Straordinario Marchitelli insieme al Direttore Sanitario La Regina – rappresenta un servizio fondamentale dove ogni giorno si compiono gesti straordinari per salvare vite. La sua apertura è un tributo all’impegno verso il miglioramento della salute pubblica e alla dedizione del personale medico, che con professionalità, impegno e cuore si adopera per offrire cure di altissimo livello. Innovazione e dedizione alla cura delle persone sono tra i pilastri cardine che ci permettono di continuare a fare importanti passi insieme per la comunità”.

A inizio 2024, all’UTN e a tutto l’Ospedale dei Castelli è andato il premio di centro ictus “Diamond” conferito dal gruppo ISA (Italian Stroke Association)-Angels (società deputata all’implementazione dei percorsi diagnostico-terapeutici dell’ictus in Europa).

L’UTN rappresenta un reparto in cui operano, in un modello di multidisciplinarietà, diversi professionisti tra cui neurologi vascolari ossia con esperienza nella diagnosi e cura delle patologie cerebrovascolari, infermieri dedicati, fisioterapisti, logopedisti, dietisti.

“Uno degli obiettivi principali dell’UTN – dichiara il Dr Fabrizio Sallustio, Direttore UOSD Unità Trattamento Neurovascolare (UTN), Responsabile Unità Ictus-Ospedale dei Castelli – è ridurre i tempi di intervento in caso di emergenza neurovascolare. Grazie alla presenza di personale esperto e all’infrastruttura specializzata, i pazienti possono ricevere trattamenti cruciali in modo tempestivo senza doversi spostare a Roma con il rischio di gravi conseguenze e complicazioni a lungo termine. Inoltre, l’approccio multidisciplinare del reparto consente di valutare ogni caso in modo completo, individuando le migliori strategie terapeutiche per ciascun paziente”.

Tanto più lunga è l’occlusione arteriosa tanto più esteso è il danno cerebrale che ne deriva. Dal 2023 infatti, a seguito dell’evidenza di tempi di trasferimento ben oltre le 2 ore per i pazienti che, candidati alla trombectomia meccanica, venivano trasferiti a Tor Vergata per effettuare la procedura endovascolare, di comune accordo con la Radiologia Interventistica, coordinata dal Dr Carlo Capotondi e dal responsabile della team di radiologi interventisti dr Daniel Konda e il reparto di Terapia Intensiva, coordinata dalla dr.ssa Carla Giancotti e dal responsabile del reparto dr.ssa Simona Straffi, si è deciso di trattare questi pazienti direttamente presso l’Ospedale dei Castelli. Ad oggi tale scelta è stata premiata dai risultati in termini di esito clinico che attestano una percentuale di pazienti a medio-termine con indipendenza funzionale e autonomi (56%), nessuna disabilità (43.5%), disabilità moderata ma in grado di spostarsi autonomamente (18%), (disabilità grave 10%) (mortalità 12%).

Continua a leggere

Salute

Aspettativa di vita e fattori che la influenzano: si vive più in Italia rispetto al resto del mondo?

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

L’aspettativa di vita è un indicatore chiave della salute di una popolazione e può variare notevolmente tra i diversi paesi del mondo. Ecco un confronto tra l’aspettativa di vita in Italia e in altre regioni del mondo:

  1. Italia: Negli ultimi anni, l’aspettativa di vita in Italia è stata generalmente alta, sebbene ci siano variazioni tra regioni e gruppi demografici. Secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), nel 2020 l’aspettativa di vita alla nascita in Italia era di circa 83 anni per gli uomini e 86 anni per le donne.
  2. Resto dell’Europa: L’aspettativa di vita in molti paesi europei è simile o leggermente superiore a quella italiana. Ad esempio, in Francia e in Spagna, l’aspettativa di vita alla nascita è di circa 82 anni per gli uomini e 86-87 anni per le donne. Alcuni paesi nordici come Svezia e Norvegia hanno aspettative di vita ancora più alte.
  3. Stati Uniti: L’aspettativa di vita negli Stati Uniti è generalmente inferiore rispetto a molti paesi europei e all’Italia. Nel 2020, l’aspettativa di vita alla nascita negli Stati Uniti era di circa 76 anni per gli uomini e 81 anni per le donne, secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Tuttavia, è importante notare che l’aspettativa di vita negli Stati Uniti può variare notevolmente tra gruppi demografici e geografici.
  4. Asia: In molti paesi asiatici, l’aspettativa di vita è aumentata rapidamente negli ultimi decenni, ma può ancora essere inferiore rispetto a quella dei paesi occidentali. Ad esempio, in Giappone, noto per la sua longevità, l’aspettativa di vita alla nascita è di circa 84 anni per gli uomini e 88 anni per le donne.
  5. Africa: L’aspettativa di vita in Africa varia notevolmente da paese a paese e può essere influenzata da fattori come la povertà, l’accesso ai servizi sanitari e le condizioni socioeconomiche. In generale, l’aspettativa di vita in molti paesi africani è inferiore rispetto a quella dei paesi sviluppati, con alcune eccezioni come il Nord Africa e i paesi dell’Africa meridionale.

In sintesi, l’aspettativa di vita in Italia è generalmente alta e confrontabile con quella di molti altri paesi europei, mentre può essere più elevata rispetto a quella degli Stati Uniti e di alcuni paesi in via di sviluppo. E’ comunque importante considerare una serie di fattori che possono influenzare l’aspettativa di vita, tra cui l’accesso ai servizi sanitari, lo stile di vita, l’ambiente sociale ed economico e le politiche di salute pubblica. Vediamo come l’Italia si confronta con il resto del mondo su questi fattori:

  1. Accesso ai Servizi Sanitari: L’Italia ha un sistema sanitario pubblico universale, il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), che fornisce assistenza sanitaria a tutti i cittadini e ai residenti legali. Questo assicura un accesso relativamente ampio ai servizi sanitari, anche se possono verificarsi differenze regionali nella qualità e nell’accessibilità dei servizi. Nel confronto con il resto del mondo, molte nazioni europee hanno sistemi sanitari simili basati su assicurazione pubblica o nazionale, garantendo un accesso universale ai servizi sanitari. Tuttavia, in altri paesi, come gli Stati Uniti, l’accesso ai servizi sanitari può essere più limitato a causa dei costi elevati e della mancanza di copertura assicurativa per alcuni gruppi di persone.
  2. Stile di Vita: Lo stile di vita degli italiani è spesso associato a una dieta mediterranea, ricca di frutta, verdura, pesce e olio d’oliva, che è considerata salutare e può contribuire a bassi tassi di malattie cardiovascolari e obesità. Tuttavia, come in molti altri paesi occidentali, ci sono preoccupazioni riguardo a crescenti tassi di obesità, sedentarietà e cattive abitudini alimentari, che possono influenzare negativamente la salute della popolazione.
  3. Ambiente Sociale ed Economico: L’Italia è un paese sviluppato con un alto tenore di vita, un sistema educativo avanzato e un forte senso di coesione sociale. Tuttavia, ci sono disparità socioeconomiche tra regioni e gruppi demografici, con alcune aree del sud Italia che affrontano sfide economiche e sociali più grandi rispetto ad altre. Il confronto con il resto del mondo mostra che l’Italia si colloca generalmente tra i paesi con uno standard di vita elevato e una buona qualità della vita.
  4. Politiche di Salute Pubblica: L’Italia ha adottato diverse politiche di salute pubblica per affrontare le sfide sanitarie, inclusa la promozione di stili di vita sani, la prevenzione delle malattie croniche e la gestione delle emergenze sanitarie. Ad esempio, l’Italia ha introdotto misure per ridurre il consumo di tabacco, promuovere l’attività fisica e migliorare la nutrizione della popolazione. Tuttavia, come in molti altri paesi, ci sono sfide nella realizzazione e nell’attuazione di politiche efficaci di salute pubblica, e vi è sempre spazio per miglioramenti e innovazioni.

In sintesi, l’Italia presenta aspetti positivi nei fattori di accesso ai servizi sanitari, stile di vita, ambiente sociale ed economico e politiche di salute pubblica, ma affronta anche sfide simili ad altri paesi sviluppati. L’attenzione continua su questi fattori può contribuire a migliorare ulteriormente la salute e il benessere della popolazione italiana.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti