Little Hope, l’antologia horror per Pc e Console si amplia

Little Hope è il secondo capitolo della Dark Picture’s Antology, ossia una serie di videogiochi horror dove ogni protagonista può essere impersonificato da un giocatore diverso e dove ogni scelta può cambiare la trama in meglio o provocare una serie di tragedie.

Questo secondo episodio, disponibile dal 30 ottobre su Pc e Console di vecchia e nuova generazione, offre un’ambientazione del tutto differente da quella vista in Man of Medan (qui la nostra recensione), infatti l’avventura si svolge in un luogo montano, lontano dall’oceano e offre tutta una serie inedita di orrori. Quattro studenti del college e il loro insegnante si ritrovano bloccati in una cittadina a miglia di distanza da qualsiasi altro luogo, dopo che il loro autobus ha avuto un incidente a causa del maltempo. Perseguitati da una nebbia misteriosa nella cittadina di Little Hope, dovranno cercare disperatamente un modo per fuggire mentre le visioni del passato li tormentano nell’ombra.

E mentre assistono al raccapricciante passato della città e ai terribili eventi del processo alle streghe di Andover, compaiono anche alcuni demoni infernali, che iniziano a tormentare e inseguire implacabilmente i protagonisti del gioco. Essi dovranno quindi comprendere le motivazioni di tali apparizioni, prima che le forze del male trascinino le loro anime all’inferno. In questa avventura dalle forti tinte horror, che per certi versi richiama quanto visto nei film di “Blair Witch”, sarà necessario affrontare situazioni di vita o di morte, oltre a dilemmi decisamente impegnativi, che decideranno il destino dei personaggi. Little Hope dà la possibilità di giocare da solo, ma anche di lasciare il destino dei personaggi nelle mani dei propri amici, mettendo alla prova le loro abilità nel fare le scelte giuste nelle modalità Storia Condivisa e Serata al Cinema. Inoltre il titolo offre una grande rigiocabilità in quanto la vastissima gamma di scelte può portare a molteplici situazioni inedite e finali differenti.

L’atmosfera di Little Hope è opprimente, da horror d’alta classe, con qualche rimando nemmeno troppo velato a Silent Hill: l’avventura di SuperMassive Games propone a tratti soluzioni visive di indubbio impatto, viscerali e ansiogene, pregne di un’inquietudine costantemente in bilico tra la tachicardia e lo spavento puro. Purtroppo però la sceneggiatura non è sempre all’altezza, infatti le linee di dialogo sono spesso assai banali, la caratterizzazione dei personaggi a tratti un po’ troppo superficiale, e gli scambi di battute tra i protagonisti arranca in più occasioni. Con una scrittura più curata, Little Hope avrebbe potuto ambire a vette qualitative maggiormente elevate, anche perché alcuni risvolti del racconto, soprattutto nelle fasi conclusive, riescono a garantire colpi di scena più intelligenti e riusciti del capitolo precedente. È un peccato che gli autori non abbiano prestato alla sceneggiatura la medesima attenzione riposta nella costruzione dell’atmosfera, e che in alcuni frangenti si siano palesemente impigriti, scegliendo di ricorrere allo spavento facile, tramite un uso eccessivo dei jump scare che, dopo una reiterazione dei medesimi stilemi, cominciano inevitabilmente a perdere d’efficacia. Come da tradizione del genere, anche in Little Hope bisogna controllare, a seconda delle esigenze del racconto, i vari protagonisti, alternando fasi parlate abbastanza lunghe con momenti maggiormente interattivi, legati all’esplorazione e alle sequenze in cui i QTE la fanno da padrone. In quelle fasi in cui il gioco concede un po’ di libertà di movimento lungo le ambientazioni, si avrà anche la facoltà di analizzare le aree di gioco, tutte assai ristrette, alla ricerca di piccoli collezionabili o di informazioni che ampliano la lore della produzione e, come avveniva in Man of Medan, forniscono qualche indizio utile a far intuire quale potrebbe essere la soluzione del mistero. È in questa anima quasi investigativa che si annida una delle migliori trovate del team di sviluppo, che centellina accuratamente le varie prove per accompagnare i giocatori più intuitivi verso la piena comprensione della vicenda prima che giungano i titoli di coda. Peccato solo che la libertà di spostamento sia comunque limitata da aree parecchio claustrofobiche e da una gestione dell’inquadratura che, nel suo voler essere molto autoriale, alle volte non fornisce la giusta prospettiva per orientare lo sguardo dell’utente. Oltre agli indizi, nelle ambientazioni si potranno anche trovare speciali cartoline definite “Presagi di Morte”: il gioco fornirà così degli aiuti visivi, un rapido scorcio verso il futuro volto a suggerire quali azioni potrebbero condurre alla prematura dipartita dei protagonisti. In sostanza, per chi lo ha giocato, le cartoline sono equivalenti ai quadri presenti in Man of Medan. Sotto questo fronte, Little Hope non si distanzia dal primo capitolo della Dark Picture Anthology, proponendo un avanzamento abbastanza ben bilanciato tra dialoghi, azione e puro terrore. Se si esclude un semplicissimo minigioco in cui premere col giusto ritmo alcuni tasti per mantenere la calma nei frangenti più tesi, i Quick Time Events si dimostrano estremamente basilari nel concept, e anche piuttosto semplici da completare. Il senso di sfida di Little Hope a nostro avviso è leggermente più clemente in rapporto a quello di Man of Medan, e portare in salvo tutti i personaggi potrebbe rivelarsi più semplice del previsto. Dove il gioco perde in complessità ne guadagna però in grado di tensione: le scelte che si faranno si muovono su una scala di moralità più ambigua, e sono molti i gesti, anche minimi, che potrebbero mutare quasi radicalmente lo sviluppo della storia. Per completare una “run” basteranno fra le 5 e le 6 ore, ma la possibilità di avere più risvolti fa si che il titolo abbia un buon livello di longevità.

A livello estetico, Little Hope fa dei piccoli passi avanti rispetto a Man of Medan senza però compiere eccessivi balzi di qualità: il motion capture è l’aspetto fondamentale dell’intera produzione, grazie al quale i cinque protagonisti prendono vita e danno il meglio di sé soprattutto nel costante gioco di chiaroscuri che li accompagna passo dopo passo nella cittadina fantasma. Alcuni sono più riusciti di altri, come Angela e Andrew, ma nel complesso sono tutti sufficientemente espressivi. Durante la nostra prova su Xbox One X non abbiamo riscontrato cali di framerate o problemi di caricamento ma in un paio di casi il gioco è andato a scatti se c’erano aggiornamenti in background. Il sound design, ovviamente, gioca un ruolo fondamentale ma data l’ampiezza di certe aree non brilla quanto lungo i claustrofobici corridoi di Man of Medan; ciononostante, mentre si vaga per Little Hope sembrerà spesso di sentire delle voci attorno a se, come se La cittadina non fosse mai davvero disabitata, e nei luoghi chiusi questo funziona particolarmente bene. La qualità del doppiaggio italiano è nella norma, vicina a quella in lingua originale. Tirando le somme, Little Hope ripropone la formula già collaudata e portata avanti con Man of Medan, presentandosi migliore del suo predecessore sotto diversi aspetti, ma non riuscendo ancora a raggiungere il livello di Until Dawn che ancora rimane il miglior lavoro svolto dal team di Supermassive Games. La narrazione beneficia di un tema più ad ampio respiro rispetto alla leggenda della Ourang Medan ma presta il fianco a diverse illogicità e a una qualità non sempre ottimale, mancando ancora una volta una vera e propria caratterizzazione dei suoi protagonisti. Sebbene la componente horror sia più marcata, non riesce a essere abbastanza incisiva da trasmettere quel terrore che ci si aspetterebbe, anche se siamo certi che nei soggetti più sensibili gli spaventi non mancheranno. Il finale gode poi di un colpo di scena interessante e inaspettato, all’interno di una trama che a tratti si fa prevedibile. In termini di gameplay sono state apportate delle migliorie e introdotti aspetti inediti ma qualche attrito con la narrazione non li rende del tutto funzionali. In generale, sebbene miglior di Man of Medan, Little Hope non si discosta abbastanza dal precedente per considerarlo un vero e proprio cambio di rotta. In ogni caso il nostro consiglio è di giocarlo assolutamente almeno una volta in quanto vivere l’avventura di Little Hope è un’esperienza assolutamente imperdibile e che lascia di sicuro qualcosa dentro.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise