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3 settimane faon
Se c’è una cosa che la politica dovrebbe imparare dallo sport, è che non si scende in campo senza allenamento. E alla Camera dei Deputati, questa volta, la partita si è giocata sul serio. Niente slogan, niente passerelle: il convegno andato in scena nella Sala Tatarella ha messo sul tavolo, con concretezza e senza fronzoli, un tema troppo spesso confinato ai discorsi della domenica – la salute attraverso lo sport – riportandolo al centro del dibattito pubblico, dove merita di stare ogni giorno dell’anno.
L’iniziativa, promossa dall’On. Luciano Ciocchetti e organizzata da A&G Global Events, ha radunato voci autorevoli del mondo medico, sportivo e istituzionale. Un’occasione rara in cui chi prende la parola non lo fa per mettersi in mostra, ma per porre problemi veri, con nomi e cognomi, numeri e soluzioni. A cominciare proprio dall’Onorevole Ciocchetti, che ha fatto il punto su un lavoro politico che non si limita ai titoli: tra i temi sul tavolo, l’obbligo delle autopsie nei casi di morte improvvisa e la formazione BLSD per le forze dell’ordine. Proposte precise, concrete, che dicono chiaramente una cosa: la prevenzione non è una parola buona per ogni occasione, è un dovere dello Stato.
A rincarare la dose è stato il professor Giuseppe Capua, un nome che non ha bisogno di presentazioni. Medico, docente, presidente della Commissione Antidoping FIGC, ha centrato il punto con un’affermazione destinata a far discutere: “Lo sport dovrebbe essere un diritto garantito e reso obbligatorio per legge”. Parole forti, che trovano eco nella sua denuncia sulla carenza di medici sportivi in Italia: “Il sistema attuale tutela solo gli agonisti, e lascia fuori milioni di persone. È un errore grave”.
Dalle urgenze alle cronicità, il quadro che emerge è quello di un sistema sanitario che spesso arriva tardi, quando il danno è fatto. Lo ha detto con chiarezza il dottor Marco Cicconetti, che si occupa ogni giorno di atleti con patologie croniche: “Se il medico di base non capisce il problema e non ci indirizza il paziente, noi lo perdiamo. E lo sportivo smette, rinuncia, si spegne”.
A mettere l’accento sulla tempestività è stata anche la dottoressa Alessandra Puppin, medico d’emergenza, che ha sottolineato come quattro ore di formazione sul primo soccorso a scuola non siano tempo perso, ma vite potenzialmente salvate. “Il defibrillatore non è un oggetto simbolico – ha detto – è uno strumento che salva. E va saputo usare”.
Il convegno, moderato da Adriana Riccio con toni asciutti e rigorosi, ha offerto spunti anche sulla formazione professionale nel settore medico-sportivo, come ha spiegato Barbara Ancillai di A&G Global Events. E a dare ulteriore spessore all’evento, la presenza silenziosa ma significativa del Prof. Carlo Tranquilli, storico riferimento della medicina sportiva italiana.
Alla fine, più che un convegno, è sembrata una seduta di allenamento per le istituzioni: tutti chiamati a fare autocritica, ma anche a rilanciare. Perché parlare di sport oggi non significa raccontare le gesta di un campione, ma immaginare un Paese più sano, più giusto, più pronto. E per farlo, serve molto più di una corsetta nel parco. Serve visione, serve coraggio. Serve, appunto, allenamento.
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