M5S: massima trasparenza nei confronti dei cittadini, ma con le firme degli altri

di Angelo Barraco
 
Roma “Il codice di comportamento per i parlamentari del M5S si ispira alla trasparenza nei confronti dei cittadini”, è la frase di apertura del codice di comportamento del Movimento Cinque Stelle riportata con orgoglio anche sul sito di Beppe Grillo. Una frase che apre le danze ad un codice etico-comportamentale rigido, che punta prima di tutto alla massima trasparenza nei confronti dei cittadini, attraverso la divulgazione di tutte le informazioni mediante il sito del Movimento stesso e l’applicazione di un sistema comportamentale da parte dei Parlamentari, pena l’espulsione. Un programma che impone ai parlamentari delle rinunce ai fini di ostentare una qualsivoglia posizione che sia al pari con gli altri membri del gruppo, evidenziando sempre di più il concetto di unità, uguaglianza e trasparenza come ratio legis del movimento. Tale concetto di trasparenza sembra venir meno a seguito di un servizio giornalistico della trasmissione “Le Iene” in cui sembra proprio che il rispetto delle regole sia un optional. Ma partiamo dal principio, il Movimento Cinque Stelle ha conquistato la “Roma divina urbe” con la Sindaca Virginia Raggi , Torino con Chiara Appendino e adesso vuole conquistare Palermo dove tra un anno si terranno le elezioni comunali e dove si è tenuta recentemente “Italia 5 Stelle”, una manifestazione in cui hanno partecipato i più importanti esponenti del Movimento compreso il loro “leader” Beppe Grillo che dal palco ha urlato a gran voce “Si, sono rientrato!”. Proprio in merito alle elezioni e Palermo, la trasmissione “Le Iene” ha ricevuto una segnalazione anonima con relativi documenti inediti dove sono riportate presunte irregolarità relative alle scorse elezioni del Sindaco di Palermo, da parte del Movimento Cinque Stelle. L’anonimo inoltre, nella segnalazione, riferisce di aver fatto recapitare la medesima documentazione anche alla Procura di Palermo e al Vice Presidente della Camera Luigi Di Maio. Tali irregolarità riguardano la raccolta di firme a sostegno della liste del Movimento Cinque Stelle nel 2012, ovvero il numero di firme dei cittadini che il partito deve raccogliere per potersi presentare alle elezioni, le firme devono essere autenticate da un pubblico ufficiale e se non viene raccolto un determinato numero di firme valide e autenticate non è possibile candidarsi. Su questa vicenda ha indagato la Digos nel 2013, ascoltando alcune persone informate sui fatti, tra cui il Prof. Vincenzo Pintagro, attivista del Movimento Cinque Stelle che all’epoca delle elezioni amministrative era candidato del M5S al Comune. E’ attivista sin dagli albori del Movimento e al microfono di Filippo Roma ha raccontato che nel corso delle ultime elezioni comunali di Palermo, quando il M5S si è presentato per la prima volta con una sua lista, ha scoperto un’irregolarità che il Prof Pintagro descrive così: “Quando si sono raccolte le firme io ho trovato due persone che stavano ricopiando duemila firme e in quella sede, che era la nostra, dissi subito –e fui il solo- ma siete pazzi? Noi stiamo commettendo tutti quanti un reato, un reato penale”. Il giornalista incalza chiedendo se stessero falsificando firme fatte da altre persone e il Prof puntualizza a tal proposito: “stavano ricopiando. Nel momento in cui tu la ricopi e firmi tu non è la stessa cosa di chi ha realmente firmato”. Il Prof Pintagno inoltre spiega che queste persone avrebbero falsificato queste firme per “un errore formale. In pratica si è trattato di questo: uno dei candidati era nato in un luogo ma sul modulo era stato in un’altra località e allora praticamente per paura di essere esclusi hanno fatto questo”. Puntualizza inoltre la circostanza relativa alla sua presenza dinnanzi all’atto della falsificazione, riferendo inoltre di aver visto le persone che avrebbero falsificato le firme che lui avrebbe individuato in una di queste l’autrice del loro de Il Grillo di Palermo. Le attiviste individuate dall’uomo svolgerebbero dei ruoli importanti all’interno delle istituzioni poiché una è parlamentare a Roma e l’altra collaboratrice del M5S all’assemblea regionale siciliana. Il segnalatore anonimo avrebbe inoltre riferito a Le Iene che il prof, nel corso dell’interrogatorio con la Digos, avrebbe fatto il nome di Claudia Mannino e Samanta Busalacchi, possibile candidata a Sindaco  per Palermo. A seguito della denuncia fatta, la reazione del M5S è stata l’assenza di riunione per un anno e mezzo e circa 50 attivisti che si sono allontanati. Le indagini in merito alla vicenda si sono fermate e il procedimento è stato archiviato. Le Iene sono entrate in possesso di documenti che ai tempi delle indagini non erano saltati fuori ovvero dei moduli per la raccolta firme a sostegno dei candidati del Movimento Cinque Stelle per le elezioni comunali a Palermo. Ogni foglio è composto da due pagine, nella prima vi sono le firme e nelle seconda pagina invece c’è la lista dei candidati. Nella pagina delle firme è ben visibile il logo del M5S e poi il seguente schema di coloro che hanno deciso di sostenere la lista dei candidati del M5S: cognome, nome, luogo e data di nascita, comune iscrizione nelle liste elettorali, firma.  Lo spazio riguardante l’autenticazione delle firme è riportato in fondo alla pagina, ma non è riportato ne il timbro ne tantomeno la firma del pubblico ufficiale che dovrebbe autenticare i documenti. Dai documenti emerge quanto dichiarato dal Prof Pintagro in merito alle motivazioni che avrebbero spinto alla modifica dei documenti. La prova concreta di ciò emerge a seguito di una verifica sui documenti in mano e di un ulteriore controllo poiché emerge che un soggetto, tale I.G., che sul documento del M5S risulta essere nato a Palermo, contattato dalle Iene però riferisce di essere nato a Corleone. Secondo il Prof si temeva che tale errore comportasse un’esclusione dalle elezioni quindi qualcuno avrebbe pensato di ricopiare tutte le firme dal punto di vista formale. In merito alla questione in oggetto, la Busalacchi ha invitato inizialmente il Prof Pintagro ad un confronto in merito a quanto ha asserito “se vuole fare un confronto ben venga” ribadisce. Samanta Busalacchi dice a Filippo Roma che non è vero quanto asserito dall’uomo e ribadisce con fermezza il desiderio di voler confrontarsi con l’uomo, inoltre viene spiegato alla donna l’errore presente sui documenti, mostrando qual è il soggetto con relativa data di nascita sbagliata ma la donna continua a ribadire la sua estraneità ai fatti ma la sua iniziale propensione al confronto diventa un successivo rifiuto al confronto. Un altro ex attivista del Movimento Cinque Stelle sentito dalla Digos è Francesco Vicari, che anch’esso ha precisato che non tutte le firme raccolte durante le comunali non erano tutte vere. Ha puntualizzato che vi è stata una raccolta firme su moduli che non erano idonei alle firme da poter presentare e sostiene inoltre che l’errore possa essere riconducibile “a un dato errato di un consigliere”, dopo essersi resi conto dell’errore hanno dovuto rimediare poiché ricontattare tutti i firmatari risultava impossibile poiché i 5 Stelle fermano le persone per strada dal banchetto e fanno firmare. Vicari racconta ai microfoni de Le Iene che “ho visto degli attivisti che avevano dei fogli con delle firme davanti e dei fogli in bianco dall’altra quindi cosa stavano facendo lo lascio immaginare”. Vicari racconta di aver visto personalmente ricopiare e di essere stato mandato fuori dalla stanza dopo che stavano parlando di questo episodio.  La vicenda viene posta a Fabio D’Anna, ex attivista del Movimento 5 Stelle che non si spiegava come mai quei moduli originali, con le firme originali fossero ancora in giro. D’Anna fa richiesta di accesso agli atti attraverso il suo legale ma Le Iene prima ancora si erano rivolti alla consigliera comunale di Palermo Antonella Monastra, per poter verificare le firme depositare dal M5S. L’Avvocato delegato dalla consigliera, insieme a Filippo Roma, riesce a prendere i documenti dopo un tira e molla durato due mesi. L’inchiesta è stata archiviata ma non è mai stata fatta una perizia calligrafica in merito alle firme depositate dai 5 Stelle. Filippo Roma effettua una verifica in merito ad alcune firme recandosi direttamente da alcuni firmatari, ponendo sotto il loro cospetto il documento depositato dai 5 Stelle e il documento che una fonte anonima ha fatto loro reperire. Uno dei firmatari riconosce immediatamente la sua firma nel documento mai depositato, disconosce la firma presente nel documento ufficialmente depositato per le comunali a Palermo e posta sotto il suo nome sia la sua.  Due esperti grafologi del Tribunale di Milano hanno effettuato una perizia calligrafica, la Dott.ssa Guizzardi ha detto: “Complessivamente, su 50 firme, si può dire con certezza che sono false una trentina. Per le altre venti ce ne sono una quindicina che probabilmente sono false. Su qualcuna bisognerebbe approfondire l’indagine”. Le prove di falsità riguardano anche le restanti duemila firme e la grafologa sottolinea: “Ci sono tanti falsi” nel servizio mostra la casella con relativo nominativo di tre persone diverse, inoltre è risaputo e lo sottolinea anche la grafologa che “due soggetti non possono avere la stessa scrittura e non possono avere la stessa firma”, ma se si guardano i cognomi di questi tre soggetti sono identici, quindi come sottolinea la grafologa “ci sono le stesse modalità di collegamento, le stesse semplificazioni, lo stesso gesto fuggitivo finale e osservandole si vede benissimo che è la stessa persona che scrive”. Inoltre mette in evidenzia un esempio di quattro singoli soggetti, uomini e donne di età diverse, ma con la scritta del cognome apposta dalla stessa mano. Il Dottor Brugnatelli, perito grafologo del Tribunale di Milano puntualizza: “almeno in due circostanze è stata apposta la firma nel rigo evidentemente sbagliato rispetto al nominativo”. Emerge inoltre un’evidente assenza di raffronto oggettivo tra il nominativo del firmatario e la firma stessa, che inspiegabilmente appare totalmente diversa rispetto a come dovrebbe essere. Le firme sono state autenticate dal cancelliere Giovanni Scarpello, cancelliere del Tribunale di Palermo, che inoltre ha dichiarato: “certifico vere ed autentiche le firme apposte in mia presenza degli elettori sopra indicati”. I firmatari intervistati hanno inoltre riferito di non aver ricevuto l’autenticazione della loro firma in loco. Filippo Roma allora decide di raggiungere Scarpello per ulteriori chiarimenti, mentre costui si dirige all’interno di una caserma dei Carabinieri. Giovanni Scarpello viene subito condotto all’interno di una stanza ma la reazione che viene rivolta nei riguardi del giornalista Filippo Roma e del cameraman è inaspettata poiché i Carabinieri urlano al cameraman “E’ una caserma la smetta di riprendere”, ma le rassicurazioni non sembrano placare gli animi poiché qualcuno urla pure “Guardi che le faccio male” e poi “E’ una caserma dei Carabinieri non si permetta di riprendere. Questa è una caserma Carabinieri si chiede il permesso per entrare ha capito o no? Non mi rompa le scatole vada fuori di qua”. Ma tra i rimproveri concitati vi è anche un urlo di dolore del cameraman mentre qualcuno urla “Levagli subito questa cazzo di telecamera”. “Mi sta facendo male” riferisce presumibilmente il cameraman, qualcuno risponde “Non ti sto facendo niente la deve lasciare stare”. Qualcuno continua a gran voce “Mi sta facendo male” ma la risposta è “io non le sto facendo niente”. Un documento in cui la videocamera è stata distrutta e l’audio immortala la frase “Mi ha fatto male qua” e la risposta immediata “io non l’ho toccata”. Una situazione che Le Iene hanno risolto dopo due ore in caserma, in cui è emerso che i Carabinieri non volevano sottrarre loro le riprese fatte fino a quel momento e che i giornalisti non avevano la benché minima intenzione di carpire alcun segreto militare ma il loro ingresso in quel luogo è avvenuto in modo casuale poiché stavano seguendo il cancelliere  Scarpello. 
 
Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo parlato della vicenda con Giovanni Cicchitelli, Avvocato e Criminologo che ci ha dato un punto giuridico in merito alla sopracitata vicenda.
 
“L’art. 21, comma II, del Testo unico sulla documentazione amministrativa (D.P.R. 445/2000) testualmente dispone che: “l'autenticazione (delle sottoscrizioni, n.d.r.) deve essere redatta di seguito alla sottoscrizione e consiste nell'attestazione da parte del pubblico ufficiale che la sottoscrizione stessa è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità della persona che sottoscrive”, mentre gli artt. 479-493 c.p. puniscono il falso ideologico del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio, qualora questo stesso falso si manifesti in un atto pubblico. Le norme testé cenate (senz’altro la prima, ma eventualmente anche le seconde, come meglio si vedrà) sono applicabili relativamente alle vicende che hanno riguardato le cosiddette “firme false a 5 stelle”, ossia in merito alle accuse mosse da “Le Iene Show” sulle presunte irregolarità sulle procedure pre-elettorali delle elezioni amministrative di Palermo, nel 2012, da parte del M5S. Senza scendere nel merito di fatti sui quali dovrà far luce la Magistratura, occorre ribadire come la legge italiana preveda che determinate liste, onde poter presentare il proprio simbolo sulla scheda elettorale, debbano raccogliere un certo numero di firme dei cittadini aventi diritto al voto.  È indubbio, come rammenta l’avv. Palazzolo (che ha scritto in materia), che la prassi, consolidatasi dopo anni e anni di autenticazione delle firme per la presentazione di liste elettorali, presenti elementi di forte dissonanza rispetto al dettato normativo: in sostanza, nella stragrande maggioranza dei casi all’autenticatore vengono sottoposte una serie di firme di persone, magari anche conosciute, che però non si trovavano – nel momento preciso della firma – fisicamente innanzi all’autenticatore stesso (trattasi di prassi contra legem, peraltro mai pervicacemente avversata nel recente passato dalla magistratura). La ratio dell’art. 479 c.p. mira quindi ad evitare che il pubblico ufficiale attesti come vero un fatto diverso da quello che invece si è verificato: se, quindi, alla base delle indagini della magistratura – ponendo mente a casi non rari, recentemente giunti all'onore della cronaca, come una tornata di elezioni amministrative del 2011 – vi fossero degli elementi utili a far credere che taluni pubblici ufficiali abbiano autenticato consapevolmente firme false di persone inconsapevoli, allora, evidentemente saremmo in presenza della commissione del reato di falso ideologico in atto pubblico. Qualora, però – situazione che peraltro caratterizza molti casi relativi a recenti indagini sulla raccolta di firme elettorali – le firme autenticate dai pubblici ufficiali sono state apposte sugli appostiti moduli, in modo consapevole dagli interessati, pur senza la contestuale presenza dell’autenticatore, allora, pare attenuarsi – e non di poco – la sostanza dell’attestazione di falsità in atto pubblico imputata al pubblico ufficiale: il quale avrebbe comunque attestato il vero – perché quelle firme erano frutto di una consapevole e libera scelta di quelle persone –, pur senza rispettare scrupolosamente l’iter burocratico previsto dalla legge a garanzia di una veritiera attestazione.  Naturalmente, e in conclusione, non si può non fare cenno alle conseguenze che situazioni del tipo descritto potrebbero, in sede di processo amministrativo, incidere sulla validità stessa delle elezioni (si ricordi, ad esempio,  che lo scorso febbraio il Consiglio di Stato ha respinto i ricorsi presentati dalla leghista Patrizia Borgarello e dai Pensionati di Michele Giovine che chiedevano l’annullamento delle elezioni regionali del 2014 per presunte irregolarità nella raccolta firme delle liste elettorali delle liste che appoggiavano la candidatura di Sergio Chiamparino)”.