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Editoriali

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MALAGIUSTIZIA ITALIANA

DODICIMILA CONDANNATI IN LIBERTA’

DI ROBERTO RAGONE

Da queste colonne abbiamo sempre denunciato le disfunzioni di uno stato che esercita il suo egocentrismo a discapito dei cittadini. Una delle mancanze più gravi, a nostro parere, nei confronti dell’uomo della strada è la totale mancanza del giusto risultato dell’equazione che porterebbe, in uno stato veramente democratico, alla certezza della pena anche per i piccoli reati, quelli che alla fine colpiscono proprio la gente comune. Scippatori, rapinatori, violentatori, autori di reati contro la persona, assassini di vecchiette, di carabinieri e poliziotti: insomma, tutta la feccia che naviga in una specie di terra di nessuno, in cui la sospingono magistrati che, delle due l’una: o sono corrotti, o sono incapaci. Oppure, ancora, sono costretti dalle circostanze. Oppure ancora, visto che non ci facciamo mancare niente, sono ‘orientati’ politicamente, e quindi obbediscono a ordini di scuderia. È una vergogna che il nostro bel paese debba subire una situazione del genere. Anche le amnistie immotivate, accompagnate dagli alti lai di politici contrari alla detenzione, che si compiacciono nel loro buonismo ipocrita, sono nocive all’ordine pubblico: al quale ormai siamo abituati a non fare più caso, considerando normale che uno spacciatore non possa più essere arrestato, che un minorenne scippatore non vada in galera, che un rapinatore ‘straniero’ sia messo fuori e denunziato a piede libero, ‘rimbalzando’ sui muri della cella di sicurezza. Per tutti costoro si inventano pretesti  di tutti i generi, attribuendo a chi della convivenza civile fa scempio, tutti i diritti di questo mondo, e nessun dovere, che dovrebbe essere l’altra faccia della medaglia, in un festival di buonismo e di ipocrisia vergognoso. Periodici provvedimenti ‘svuotacarceri’ rimettono in libertà criminali pronti a rimettersi al lavoro esattamente come prima, creando un rischio reale per la popolazione, a cui è proibita anche una legittima difesa personale adeguata, sancita dalla costituzione. Indulti, amnistie, svuota carceri, tutti giustificati dal sovraffollamento degli impianti carcerari, la cui origine risiede, oltre che nell’insufficienza degli stessi, anche in una magistratura farraginosa e anch’essa a volte egocentrica, tutta tesa a difendere i propri diritti di autonomia – e Dio sa se ne hanno bisogno! – da una cattiva politica, ma sorda alle istanze dei cittadini che avrebbero il diritto di vedere le strade sicure e sgombre da delinquenti comuni. Martedì 31, in prima pagina, il titolo principale del Fatto Quotidiano ci rivela che a Napoli 12.000 pregiudicati per delitti gravissimi non scontano la pena, rimangono in libertà per mancanza di personale: “Dodicimila condannati in libertà”. Cioè, dodicimila delinquenti già condannati, con pene passate in giudicato, non ‘possono’ scontare la pena per mancanza di personale carcerario. Siamo all’assurdo. Dodicimila persone sono la popolazione di un piccolo comune, come ce ne sono tanti in Italia, anzi, ce ne sono anche di più piccoli. Le condanne di costoro sono costate comunque all’impianto giudiziario soldi, tempo e fatica, denaro di noi contribuenti. Ma, una volta condannati, magari in terzo grado di giudizio, ci si accorge che non c’è posto. Allora, piuttosto che fare il ponte sullo stretto, per congiungere le due mafie, calabrese e siciliana; piuttosto che spingere ancora per la TAV; piuttosto che favoleggiare di olimpiadi ed EXPO 2015, non si potrebbero costruire carceri nuove, moderne, diciamo pure confortevoli, ma degne di un paese civile, quale il nostro si picca di essere – senza esserlo? Se la disoccupazione giovanile raggiunge quote del 40%, perché non emanare un bando per l’assunzione di guardie carcerarie, risolvendo in un colpo due problemi – o almeno alleviandoli? Purtroppo, come accede molto spesso, dobbiamo imparare da coloro che fino a ieri abbiamo considerato meno provveduti di noi Italiani. Una notizia che è stata quasi ignorata dai nostri media, racconta che a Bucarest, e in diverse altre città della Romania, migliaia di cittadini sono scesi in piazza (in realtà sono più che migliaia, a giudicare dalle scene, sono decine di migliaia) per protestare contro il progetto del governo di applicare l’amnistia a circa 3.000 detenuti. Dato che una buona parte degli amnistiati sarebbero politici e funzionari di governo, il provvedimento vanificherebbe i risultati della lotta contro la corruzione dilagante. Una manifestante denuncia la mancanza di trasparenza del provvedimento. “Le modifiche al codice penale non dovrebbero mai passare per la via dei decreti d’urgenza” aggiunge. Il provvedimento, che metterebbe fuori più di 2.700 persone,  inclusi coloro che scontano condanne per corruzione per somme inferiori ai 44.000 euro, viene giustificato dal Ministero della Giustizia come misura necessaria contro il sovraffollamento delle carceri. Incredibile! Quando mai in Italia siamo scesi in piazza contro le amnistie, e soprattutto, quando mai abbiamo mandato in carcere per corruzione coloro che avevano incassato somme inferiori a 44.000 euro! Tutt’al più abbiamo reso loro omaggio, considerandoli più furbi di noi, ma non abbastanza, perché se rubi poco passi i guai. Al contrario, se hai messo da parte qualche milione di euro in uno o più paradisi fiscali, al riparo da sequestri e indagini, tutti ti fanno la corte. Scendere in piazza contro un provvedimento che si considera iniquo a furor di popolo ormai non ci appartiene più, ci siamo assuefatti all’ingiustizia, agli inciuci, alle raccomandazioni, alle truffe, ai furti in casa e fuori casa, alla malapolitica, alla malasanità, alla malagiustizia. Nessuno potrà mai condannare il Marchese del Grillo, la cui filosofia si riassume nella famosa frase che non voglio qui ripetere per la centesima volta. La Romania, rispetto all’Italia, è un paese giovane, avendo vissuto per lungo tempo conculcato nei diritti da una dittatura liberticida. È evidentemente un paese che, avendo conquistato la libertà, crede ancora in certi valori. Al contrario di quanto facciamo noi, abituati come siamo a tutto ciò che di male ci danno i nostri governi e la nostra politica. Sarebbe bello, però, che alla prossima amnistia, si scendesse tutti in piazza, per protestare contro un provvedimento nocivo per i cittadini. Per protestare contro un governo infingardo e per lo più corrotto, come ci hanno fatto vedere. Per protestare contro una magistratura pigra e a volte priva di senso comune. Per protestare contro il sovraffollamento delle carceri e contro una certa classe di politici buonisti e ipocriti, a cui nessuno è mai andato a rubare in casa, chissà perché. Sarebbe bello, ma siamo sempre al condizionale. Siamo in Italia.

 

 

 

 

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Castelli Romani

Frascati: 8 settembre 1943, il giorno del dolore e della rinascita

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Esistono giorni che non solo diventano parte della Storia ma portano dentro di sé ricordi, emozioni e purtroppo anche lutti ed antiche paure.
L’ 8 settembre per noi che siamo nati a Frascati e per tutti quelli che vivono la bellezza di questa città questo giorno è nel contempo triste ma la riprova della forza piena che vive dentro Frascati.
Fu una ferita insanabile quell’8 settembre del 1943 quando alle 12,08 una pioggia di bombe dilaniò la città provocando la morte di centinaia di persone.

piazza San Pietro dilaniata dalle bombe

Ma la voglia di rinascere, la voglia di ricominciare, la voglia di spazzare via i dolori di una guerra rinacque proprio in quel giorno.
Credo che Frascati debba onorare di più questo ricorrenza affinché non diventi e resti la solita passerella di commiato.
Deve divenire vera “giornata della memoria della Città”.
Bisogna far si che l’8 settembre rappresenti per tutti il giorno si del dolore ma anche il giorno in cui Frascati ed i frascatani ritrovarono la forza di risorgere dalle sue ceneri come “araba fenice”.
Ho voluto riportare nella copertina di questo mio pensiero il quadro di un grande frascatano, Guglielmo Corazza, memoria vivente di quel giorno.
Quei colori e quelle immagini debbono divenire il monito a tutti noi degli orrori della guerra, della stupidità della guerra.
Perché Frascati pagò con il sangue dei suoi figli e delle sue figlie e questo non deve più accadere in nessuna altra parte del mondo.

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Editoriali

Affaire Sangiuliano: dimissioni e polemiche, il governo Meloni nella bufera

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Giustino D’Uva (Movimento Sociale Fiamma Tricolore): “Evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”

L’affaire Sangiuliano ha scosso il governo Meloni, provocando la prima defezione tra i suoi ministri. Gennaro Sangiuliano, alla guida del Ministero della Cultura, ha rassegnato le dimissioni a seguito delle polemiche sorte attorno a una presunta relazione extraconiugale con Maria Rosaria Boccia, che ha generato una serie di accuse riguardanti l’uso improprio di fondi pubblici e l’accesso a documenti riservati.

L’ex direttore del Tg2, dopo ore di polemiche e smentite, ha deciso di farsi da parte, spiegando in una lettera a Giorgia Meloni la sua scelta di lasciare per non “macchiare il lavoro svolto” e per proteggere la sua onorabilità. Nonostante le assicurazioni fornite a più riprese dallo stesso Sangiuliano, secondo cui nessun denaro pubblico sarebbe stato speso per la consulenza di Boccia, la pressione mediatica e politica è diventata insostenibile.

Le reazioni della maggioranza: una difesa d’ufficio

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso solidarietà nei confronti di Sangiuliano, definendolo un “uomo capace e onesto”, sottolineando i successi ottenuti in quasi due anni di mandato. In particolare, Meloni ha ricordato i risultati raggiunti nella promozione del patrimonio culturale italiano, come l’aumento dei visitatori nei musei e l’iscrizione della Via Appia Antica tra i patrimoni dell’UNESCO. Tuttavia, anche la premier non ha potuto evitare di accettare le “dimissioni irrevocabili” di Sangiuliano.

Alessandro Giuli, presidente della Fondazione MAXXI, è stato rapidamente nominato come nuovo ministro della Cultura, suggellando una transizione-lampo che, secondo alcune voci, era già in preparazione da tempo. Giuli, una figura vicina alla destra romana e storicamente legato a Meloni, rappresenta un tentativo di dare stabilità al ministero, ma la scelta non ha fermato le critiche, né ha dissipato le ombre sul governo.

L’opposizione attacca: “Il governo Meloni è allo sbando”

Le reazioni dell’opposizione non si sono fatte attendere. Il Partito Democratico ha definito l’affaire come un altro esempio di un esecutivo privo di coerenza e in preda a scandali interni. Elly Schlein, segretaria del PD, ha parlato di un “governo ossessionato dalla propria immagine” e ha criticato la gestione del caso: “Il problema non è solo il gossip, ma l’incapacità di affrontare le questioni in modo trasparente e senza proteggere chi si trova in difficoltà”.

Dal Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte ha affermato che “questo episodio mostra come la maggioranza sia più attenta alle proprie dinamiche interne che ai reali problemi del Paese”, accusando la premier di “non aver saputo tenere sotto controllo i suoi ministri” e di “anteporre le proprie relazioni personali agli interessi istituzionali”.

Il commento più severo è arrivato da Giustino D’Uva, esponente del Movimento Sociale Fiamma Tricolore, che ha lanciato un duro attacco al governo: “Indipendentemente dalle eventuali implicazioni giudiziarie ed etiche, l’affaire di Sangiuliano e Boccia è indice del pressapochismo che connota pressoché tutta la compagine governativa. Il governo Meloni è un’accozzaglia di buontemponi e incompetenti, per i quali il gossip costituisce il massimo impegno politico. Ciò che è evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”.

Il rischio di un effetto domino

L’affaire Sangiuliano mette a nudo fragilità interne e potrebbe avere ripercussioni più ampie di quanto non appaia a prima vista. I partiti di opposizione sono pronti a capitalizzare su questo caso per sottolineare le divisioni e la mancanza di trasparenza dell’esecutivo. Alcuni osservatori politici temono che questo possa essere solo il primo di una serie di scossoni che potrebbero minare la stabilità del governo.

Il futuro di Giorgia Meloni e della sua squadra dipenderà dalla capacità di gestire questo e altri potenziali scandali che potrebbero emergere. Ma l’episodio dimostra come il confine tra gossip e politica possa diventare estremamente sottile, e quanto questo possa essere dannoso per la credibilità di un governo, soprattutto se non si affrontano con chiarezza e decisione le situazioni critiche.

In definitiva, il caso Sangiuliano non è solo un episodio personale, ma il simbolo di un esecutivo che sembra sempre più vulnerabile alle proprie contraddizioni interne, in un contesto politico che richiede, invece, risposte concrete e unitarie.

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Editoriali

Come ristorarsi dopo le fatiche quotidiane

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La pedagogia del benessere si occupa delle persone in contesti si salute psico-fisica. Ognuno di noi dopo una giornata di lavoro, commissioni, studio necessita di uno o più momenti di ristoro.


n questi termini si può parlare di pedagogia del benessere sia fisico che mentale.
La pedagogia del benessere è un ramo della pedagogia tradizionale che si occupa, mediante alcune tecniche, di far star bene le persone.

In che senso la pedagogia del benessere parla di ristoro?

Ebbene sì, il pedagogista o lo psicologo non ricevono i clienti nello loro studio e non c’è un rapporto duale, ma il benessere lo si ritrova insieme ad altri soggetti, all’interno di un gruppo, facendo passeggiate, yoga o mindfulness.
Nell’ultimo decennio è nato un forte interesse per queste nuove pratiche fisiche, ma anche mentali.

Lo stare bene insieme ad altri, durante una passeggiata o in una seduta di mindfulness, giova non solo al gruppo, ma soprattutto all’individuo nella sua singolarità. Le strategie individuate dalla pedagogia del benessere sono, in Italia, molto utilizzate; basta pensare ai corsi di yoga o di mindfulness. Quest’ultimi vengono svolti sia nelle palestre, ma anche all’aperto (es. dopo che è piovuto) poiché l’ambiente esterno, l’aria o il venticello sono condizioni di rilassamento.
L’obiettivo della pedagogia del benessere è anche scaricare lo stress quotidiano ed evitare disturbi psicotici quali l’ansia o la depressione. A favore di questo obiettivo è utile sia la palestra per allenare il corpo, ma anche una palestra per esercitare la mente.

La salute mentale è fondamentale per affrontare la vita e le fatiche di tutti i giorni; pertanto “avere il vizio” di utilizzare tecniche di “tonificazione della mente” è sicuramente un’abitudine sana. La pedagogia del benessere professa anche obiettivi di tipo alimentare per promuovere, non tanto il fisico filiforme quanto la salute fisica intesa come consapevolezza di quanti grassi, proteine e zuccheri dobbiamo assumere in una giornata.

Il benessere del corpo è proporzionale a quello della mente e viceversa. Il prendersi cura di noi stessi aiuta a prevenire difficoltà future e soprattutto a vivere esperienze positive. Da sempre lo slogan “prevenire è meglio che curare” è uno degli scopi della pedagogia del benessere.
Non tutti seguono questi consigli, perciò sarebbe opportuno dare un’architettura decisiva alla figura del pedagogista del benessere senza confonderlo con un personal trainer o un nutrizionista. È opportuno parlare di più di questo tipo di pedagogia per promuovere la conoscenza.

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