MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI: ECCO I NUMERI ALLARMANTI

di Angelo Barraco
 
Milano – Il sesso è un piacere condiviso che nell’impeto e nella passione non ha occhi per le precauzioni, ma il sesso nasconde anche malattie e virus, soprattutto tra i giovani di sesso femminile, sia italiani che stranieri, si tratta di virus e batteri sessualmente trasmissibili. Ciò emerge dal “sistema si sorveglianza sentinella” selle ist (infezioni sessualmente trasmissibili), che è promosso dal centro operativo Aids dell'Istituto superiore di sanita' e il gruppo di lavoro infezioni sessualmente trasmesse dell'Associazione microbiologi clinici italiani.
 
 
L'indagine e i numeri. L’indagine è molto ampia ed è stata effettuata dal 1 aprile 2009 al 31 dicembre 2013 su un campione di 93,403 esami condotti in circa 134 laboratori di microbiologia clinica. Tra tutte le infezioni trovate vi è quella del batterio “chlamydia trachomatis” che in Italia ha un livello di diffusione pari al 3,2% nella fascia di età 15-19 anni (8,2%), il fattore che porta allo sviluppo di questo batterio è la frequenza di partner multipli e l’abuso di alcol. Altro batterio è “neisseria gonorrhoeae”, che è presente per lo 0,5% dei casi ed è diffuso nei maschi, vi è poi il “trichomonas vaginalis” diffusa per lo 0,7% con maggiore diffusione nelle donne. Il presidente Amcli dice che le  malattie sessualmente trasmissibili rappresentano un problema ormai di rilevanza sociale vista la diffusione nella popolazione. Aggiunge che la riduzione dell'attenzione sui possibili rischi di patologie di questo tipo, dovuta nel tempo al diluirsi dell'impatto mediatico dell'AIDS grazie alle terapie che oggi consentono al paziente non piu' di sopravvivere ma di vivere, ha fatto si che venissero abbandonati quei sistemi di prevenzione che negli anni erano cresciuti, come ad esempio l'utilizzo del preservativo. A cio' ha fatto riscontro un incremento di patologie a trasmissione sessuale come quelle sostenute da C. trachomastis (soprattutto nella fascia d'eta' 15-25 anni), quelle sostenute da neisseria gonorrhoeae e quella da papilloma virus (hpv). Se nei confronti di quest'ultimo una corretta campagna vaccinale in eta' preadolescenziale e soprattutto un'attenta verifica dell'avvenuta immunizzazione porterebbe ad una diminuzione del rischio di tumori del collo dell'utero, solo campagne di screening sugli adolescenti potrebbero evitare importanti sequele (fino all'infertilita') nel caso di infezioni sostenute dai primi due microorganismi. A tale proposito i microbiologi clinici sono da sempre impegnati a proporre nuovi percorsi diagnostici che consentano in breve tempo e con limitata compliance del paziente (basterebbe un campione di urina) la ricerca dei microrganismi patogeni.