Maneater, vita da squali in formato videogame

Maneater è molto di più che un semplice videogame, è un vero e proprio “shark-simulator” in salsa agrodolce. Chi non ha mai sognato almeno una volta nella vita di essere uno squalo? Di vagare libero per il mare ed essere un temuto predatore degli oceani, e magari di attaccare un bel banco di pesci o una spiaggia affollata di bagnanti? Bene adesso tutto questo è possibile a patto di avere un Pc, una Xbox One o una Ps4. Ma veniamo al dunque, l’avventura proposta da Tripwire Interactive prende la struttura dei giochi d’azione moderni, quelli open world zeppi di contaminazioni gdr, e la trasporta nel linguaggio sottomarino: i nemici sono i pesci e i predatori, i punti esperienza diventano le sostanze nutritive, mentre l’equipaggiamento è vincolato alla sconfitta di precisi umani armati di fiocine. Quel che ne viene fuori è un’idea innovativa e vincente ma soprattutto unica nel suo genere nel panorama videoludico odierno. La premessa narrativa di Maneater vede consumarsi una rivalità tra lo squalo protagonista e un pescatore di pesci cani di vecchia data, nata da una scintilla che non vi riveleremo per evitare di rovinarvi la trama. Peccato che lo sviluppo della storia sia affidato ad una piccola manciata di cinematiche, per poi affidare il resto ad un narratore pungente che racconterà la vicenda come se fosse una sorta di documentario. Chiaro è che lo scopo è mangiarsi quel pescatore sino all’ultimo capello, ma, prima di raggiungerlo, bisognerà crescere ed evolversi a modo, perché inizialmente il protagonista di Maneater è solo un giovane predatore, certamente temibile, ma non abbastanza da poter mettere fuori gioco uno dei cacciatori di squali più noti della scena. Gettato in acqua come uno scarto e sfregiato, il protagonista della storia darà le sue prime pinnate cercando di destreggiarsi in una palude, dove tartarughe e lucci saranno necessari per crescere ed evolversi. All’inizio ci si muove goffamente in ambienti piuttosto angusti, quasi in controtendenza rispetto alla libertà che ci si potrebbe aspettare da un gioco sugli squali. Questa sensazione di essere costretti in un ambiente troppo piccolo e serrato però ce la si porterà appresso per quasi tutta la durata del gioco. Della decina di aree disponibili, solo due infatti sono realmente ambientate nelle profondità oceaniche. L’acqua gialla, le alghe e una scarsa visibilità accompagnano la prima ora di gioco mentre si cerca di sfuggire agli alligatori e si divorano piccole prede per accrescere la massa muscolare.

In Maneater ogni singola preda conta nell’ambito dell’evoluzione e per ognuna di esse si guadagna esperienza, utile a scalare i 30 livelli e raggiungere lo stato di megalodonte. Un esemplare molto lontano tuttavia dalle dimensioni di quelli descritti nelle leggende marinaresche e più vicino ad un grosso squalo bianco. La struttura corporea durante tutta la fase di crescita sarà invece basata sulle linee dello squalo Leuca, con una realizzazione tecnica davvero di alto livello. Il modello poligonale è infatti curatissimo e ricco di dettagli e le animazioni del nuoto risultano fluide e piacevoli anche solo da guardare. Purtroppo non appena si prende la mano con il sistema di controllo e si desidera iniziare a fare qualcosa di più complesso rispetto alla classica nuotata il gioco inizia a perdere qualche colpo, con animazioni che perdono di fluidità e che male si incastrano tra di loro, trasformando la sinuosa flessibilità dello squalo in una serie di scatti frenetici. La telecamera poi non aiuta di certo e mentre un segnalino ci indicherà quale preda siamo in grado di raggiungere con il nostro morso non sarà inusuale perdere completamente di vista l’obiettivo mentre ci muoviamo rapidamente sotto o sopra di esso. La tridimensionalità dell’oceano, insomma, non viene gestita ottimamente e se si può chiudere un occhio quando si ha tra le mani un piccolo squaletto da controllare, la situazione cambierà drasticamente quando il megalodonte andrà ad occupare gran parte dello schermo. A peggiorare le cose ci si mettono poi le azioni di schivata e di salto troppo veloci per permettere alla telecamera di seguire il proprio pesce in modo adeguato. Per quanto riguarda l’aspetto “ruolistico” offerto da Maneater: tutte le prede offrono sostanzialmente due tipi di nutrienti: minerali e olio, che vanno, una volta accumulati in un determinato numero, spesi nelle grotte, speciali checkpoint sicuri dove rinascere in caso di morte, per far evolvere lo squalo. Si potranno così equipaggiare abilità passive che aumentano e velocizzano la digestione, amplificano il sonar per trovare collezionabili e prede più velocemente o aumentano statistiche come nuoto e resistenza alla mancanza di acqua. Già perché Maneater non si fa mancare proprio nulla quando si parla di trash e non sarà inusuale farsi intere camminate sul molo alla ricerca di qualche bel pescatore da divorare. Uccidere umani permetterà di raccogliere filamenti del DNA, una risorsa che altrimenti sarà possibile recuperare solo uccidendo altri predatori degli oceani e che servirà ad attivare personalizzazioni extra. Esistono infatti anche tre set speciali mascherati da evoluzioni che si potranno letteralmente indossare e che cambieranno enormemente l’aspetto del proprio squalo. Si potrà per esempio far comparire escrescenze ossee così da aumentare le resistenze o iniziare ad emettere fulmini bruciacchiando tutto ciò che si avvicina troppo. Insomma da questo punto di vista Maneater non delude affatto.

A livello di gameplay possiamo dire che giocare a Maneater è semplice e divertente fin da subito. Le meccaniche ruotano attorno al nuoto e al mangiare, con l’occasionale colpo di coda per stordire le prede e un po’ di parkour terrestre che permette di divorare qualche malcapitato, prendere scorciatoie e accaparrare collezionabili. Il nuoto è costituito da due azioni principali da padroneggiare: il movimento semplice e la meccanica di affondo più veloce che consiste essenzialmente nello scatto. Anche l’alimentazione è facile da padroneggiare; c’è un pulsante legato al mordere e deglutire, che può essere sviluppato ulteriormente con più pressioni quando necessario. Oltre a nutrirsi e nuotare, lo squalo protagonista di Maneater ha qualche altro trucco nelle sue branchie. Tali abilità si traducono sotto forma di colpi di coda e con la possibilità di fare una breve passeggiata a sulla riva. La coda può essere utilizzata per stordire i pesci e le persone, rendendola un’ottima meccanica per affrontare forti predatori in scenari di combattimento e può essere ulteriormente sviluppata per agire come mossa a distanza che consente di divorare più pesci. Allo stesso modo, lo squalo può balzare fuori dall’acqua verso la terra per raggiungere nuove aree e banchettare con esseri umani ignari. La riva è dove il protagonista è più limitato in quanto può rimanere a terra solo per poco tempo, pena per una permanenza troppo lunga è una tragica morte per soffocamento. Parlando del combattimento di Maneater, esso ruota attorno all’affrontare altri predatori e cacciatori di squali umani che viaggiano in barca. Gli altri nemici acquatici sono molto vari e spaziano dagli alligatori alle orche, e ognuno differisce in forza a seconda delle dimensioni dello squalo che si sta comandando. Ad esempio, gli alligatori si dimostrano terrificanti nemici all’inizio della storia, tuttavia, man mano che si aumenta di massa, i coccodrilli possono essere eliminati in quasi un morso. I nemici umani, invece, sono l’equivalente di Maneater della polizia nei titoli open world. Quando si causa troppa confusione e si divorano troppi umani, vengono schierati mercenari che punteranno ad uccidere il pesce cane comandato dal giocatore. In questo caso è meglio darsi alla fuga perché più mercenari si divoreranno, più forti saranno le unità che verranno inviate successivamente a dare la caccia al protagonista della storia. Per mantenere sempre freschi gli scenari di combattimento ad ogni livello, Maneater offre combattimenti contro i boss in diversi punti della storia. Essi si suddividono in incontri con mini-boss più facili in cui ci si trova ad affrontare versioni più forti dei numerosi predatori presenti nel gioco, o combattimenti contro boss speciali che sono sopra-livellati e che garantiscono speciali bonus/abilità una volta sconfitti. Tirando le somme, nonostante Maneater sia un gioco non privo di difetti, nel complesso si dimostra essere un prodotto originale, divertente e soprattutto che è in grado di garantire diverse ore di gioco. Una grafica piacevole, miscelata a un’altrettanto buona cura per i dettagli e a un sonoro sempre gradevole fanno si che l’intera produzione sia un titolo da non ignorare. Se si è alla ricerca di qualcosa di diverso, Maneater non deluderà le vostre aspettative.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8

Gamelay: 8,5

Longevità: 7,5

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise