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Cronaca

MARIO BOZZOLI: PER GLI INQUIRENTI È OMICIDIO PIANIFICATO

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Tempo di lettura 2 minuti Sono tanti gli indizi a carico degli indagati ma manca la prova regina

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di Angelo Barraco
 
Brescia – E’ ancora avvolta in una fitta cortina di mistero la vicenda che riguarda Mario Bozzoli, imprenditore scomparso misteriosamente la sera dell’8 ottobre dalla sua azienda e da allora non si è più saputo nulla di lui. Per la scomparsa di Mario Bozzoli sono stati indagati per concorso in omicidio volontario e distruzione di cadavere i nipoti Alex e Giacolo Bozzoli e gli operai Oscar Maggi e Aboagye Akwasi. Sono tanti gli indizi a carico degli indagati ma manca la prova regina, inoltre c’è una frase pronunciata da Giacomo Bozzoli “prima o poi ammazzo mio zio”, che avrebbe fatte accendere gli spiragli dell’inchiesta giudiziaria. Inoltre emerge un carico di rapporti violenti tra nipoti e zio che forse sarebbero nati a causa degli ammanchi di materiale della nuova fonderia di Bedizzole. In merito a questa nuova fonderia l’uomo ne aveva parlato con la moglie e quest’ultima aveva riferito agli inquirenti che il marito era preoccupato e temeva per la propria incolumità. La novità importante riguarda il pensiero degli inquirenti in merito alla morte di Mario Bozzoli e sostengono che “Chi ha ucciso Mario Bozzoli ha pianificato tutto tempo prima”. Il pensiero degli inquirenti è quindi che l’uomo non sia mai uscito dall’azienda ma sia finito in uno dei tre forni, a seguito di un piano criminale precedentemente architettato. La misteriosa sera in cui scomparve Mario, il forno, secondo testimonianze, avrebbe prodotto una fumata strana e diversa dalle solite. Proprio quelle scorie potrebbero dare risposte in merito a quanto accaduto la sera dell’8 ottobre poiché il lavoro di analisi svolto all’interno della fonderia Bozzoli,  dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo, potrebbe portare quanto prima i risultati. Anche i Ris di Parma e un centro di Milano hanno effettuato rilievi all’interno della fonderia e sono a lavoro su una mole di materiale che potrebbe far luce sulla tragica fine di Bozzoli. 
 
Un’altra morte strana ma collegata, direttamente o indirettamente, alla fonderia è quella dell’operario Giuseppe Ghirardini. L’uomo scompare il 14 ottobre e il suo corpo viene ritrovato a più di 100km da casa il 18 ottobre. Inizialmente la morte dell’uomo viene attribuita a cause naturali, poi il 13 novembre tutto cambia poiché si scopre che la morte dell’uomo è stata cagionata dal cianuro. Ben tre giorni dopo viene trovata una nuova fiala. Inoltre i Ris di Parma hanno stabilito che la morte dell’uomo non è stata cagionata dalla fiala rinvenuta all’interno dello stomaco, ma da una seconda fiala. La Procura di Brescia punta sulla tesi del suicidio, diversamente i legali della parte offesa che reputano i fatti e le circostanze molto strane. Sono in corso analisi sui movimenti di denaro ma non ci sono elementi al momento. I familiari dell’operaio non credono alla tesi del suicidio. Perché un uomo avrebbe dovuto suicidarsi con una così massiccia dose di cianuro? Perché così distante da casa? Come mai la morte dell’operaio Ghirardini è avvenuta poco dopo la misteriosa scomparsa/morte di Bozzoli? Sono interrogativi che, ci auguriamo, avranno presto una risposta. 

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Zelensky in Vaticano: nuovo incontro con Papa Francesco tra speranze di pace e diplomazia

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L’incontro, il terzo tra i due, avviene in un momento cruciale per la diplomazia internazionale

Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, è giunto questa mattina in Vaticano, dove è atteso per un’udienza privata con Papa Francesco. Questo incontro rappresenta il terzo faccia a faccia tra Zelensky e il Pontefice, dopo le precedenti udienze dell’8 febbraio 2020 e del 13 maggio 2023, seguite anche da un altro confronto, avvenuto il 14 giugno 2023 in occasione del vertice del G7 a Borgo Egnazia, in Puglia.

L’incontro di oggi si inserisce in un quadro diplomatico delicato e cruciale, mentre l’Ucraina continua a fronteggiare il conflitto con la Russia. Papa Francesco ha ripetutamente espresso la sua preoccupazione per la guerra in Ucraina e ha cercato di promuovere dialoghi di pace attraverso i suoi interventi internazionali. Da parte sua, Zelensky ha sempre cercato di sensibilizzare la comunità internazionale sui drammi del suo Paese, sottolineando la necessità di un sostegno concreto e di una risoluzione diplomatica che metta fine alle violenze.

Prima dell’incontro con Zelensky, Papa Francesco ha ricevuto in udienza il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez. Entrambi i leader, Sanchez e Zelensky, sono arrivati in Vaticano attraverso Piazza San Pietro e l’Arco delle Campane, accolti al loro ingresso nel Cortile di San Damaso dal reggente della Casa Pontificia, mons. Leonardo Sapienza. Da qui, hanno proseguito verso la Terza Loggia per salire alla Sala della Biblioteca del Palazzo Apostolico, dove si sono svolti gli incontri con il Papa.

L’appuntamento tra il Pontefice e Zelensky arriva in un momento particolarmente delicato per l’Ucraina. Nonostante i numerosi appelli della Santa Sede alla pace, la guerra continua a devastare il Paese, mentre i tentativi di mediazione diplomatica non sembrano aver ancora prodotto risultati concreti. Tuttavia, l’incontro di oggi potrebbe rappresentare un’occasione per rinnovare il dialogo sulla pace e per rafforzare la cooperazione umanitaria, con l’obiettivo di alleviare le sofferenze della popolazione ucraina colpita dal conflitto.

Papa Francesco, già in passato, aveva offerto la disponibilità della Santa Sede a favorire il dialogo tra Ucraina e Russia, anche se finora senza successo. Zelensky, da parte sua, ha costantemente ribadito che una pace duratura non può essere raggiunta senza il rispetto della sovranità ucraina e la completa cessazione delle ostilità.

L’incontro di oggi rappresenta, dunque, un nuovo passo nella complessa rete diplomatica che circonda la guerra in Ucraina. L’udienza con Papa Francesco, noto per il suo ruolo di mediatore internazionale, potrebbe aprire spiragli di speranza, anche se le sfide rimangono enormi.

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Femminicidio nel cuore della notte: marito uccide la moglie davanti ai figli

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Una lite finita in tragedia: i bambini sotto shock

Un altro tragico caso di femminicidio scuote la comunità di San Felice a Cancello, nel Casertano, dove stamattina si è consumato un terribile delitto familiare. Erano circa le 5 del mattino quando un uomo di origine albanese, 30 anni, ha strangolato sua moglie, una connazionale di 24 anni, davanti agli occhi atterriti dei loro due figli, di appena 4 e 6 anni.

Secondo le prime ricostruzioni degli investigatori, il dramma si è verificato al culmine di una lite scoppiata per ragioni ancora da chiarire. La tensione è rapidamente degenerata in violenza estrema, con l’uomo che ha afferrato la moglie fino a toglierle la vita, mentre i due piccoli assistevano impotenti alla scena. L’allarme è stato dato da alcuni vicini, svegliati dalle urla provenienti dall’abitazione.

Subito dopo il delitto, i carabinieri sono intervenuti prontamente, fermando l’omicida che non ha opposto resistenza. L’uomo è stato portato in caserma e attualmente si trova sotto custodia, in attesa dell’interrogatorio da parte del magistrato della Procura di Santa Maria Capua Vetere, che dovrà chiarire i dettagli dell’accaduto.

La vittima, una giovane madre di appena 24 anni, era arrivata in Italia insieme al marito in cerca di una vita migliore. Tuttavia, la loro relazione era segnata da tensioni e conflitti, come confermato da alcuni conoscenti della coppia. Al momento, non risulta che la donna avesse mai sporto denuncia per violenze domestiche, ma il contesto familiare verrà esaminato attentamente dagli inquirenti.

I bambini, testimoni involontari di questa brutale tragedia, sono stati presi in carico dai servizi sociali. La comunità locale è sotto shock, mentre si moltiplicano i messaggi di cordoglio e solidarietà verso i piccoli orfani e i parenti della vittima. Le autorità locali hanno già espresso l’intenzione di avviare una raccolta fondi per sostenere i bambini e garantire loro assistenza psicologica adeguata.

L’episodio si inserisce in un quadro allarmante di violenza domestica che continua a colpire il Paese. Solo nel 2024, secondo i dati del Viminale, sono stati registrati più di 80 femminicidi, un numero in crescita rispetto agli anni precedenti. Le vittime sono spesso donne giovani, con figli, che vivono in contesti di disagio e solitudine. Le istituzioni stanno cercando di intervenire con misure più incisive, ma il fenomeno resta radicato e difficile da contrastare.

Le associazioni femministe e i centri antiviolenza della zona hanno lanciato un nuovo appello affinché si rafforzino le politiche di prevenzione e protezione per le donne che vivono situazioni di pericolo. Tuttavia, casi come quello di San Felice a Cancello dimostrano che spesso le denunce non vengono fatte in tempo, o addirittura non vengono fatte affatto, per paura di ritorsioni o per mancanza di fiducia nelle istituzioni.

Il femminicidio di San Felice a Cancello ha subito riacceso il dibattito pubblico sulla necessità di azioni più concrete per prevenire la violenza di genere. Personalità politiche locali e nazionali si sono espresse sull’accaduto. Il sindaco di San Felice a Cancello ha dichiarato: “Siamo di fronte a una tragedia inaccettabile. Dobbiamo lavorare tutti insieme, come comunità, per non permettere che simili orrori continuino a ripetersi.”

Nel frattempo, la vicenda sarà seguita con attenzione nei prossimi giorni, mentre si attendono ulteriori sviluppi sul fronte delle indagini e delle decisioni giudiziarie.

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Omicidio dell’imprenditore Vincenzo Urso: giustizia dopo 15 anni di indagini

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I killer condannati a ergastolo e 21 anni di carcere

Vincenzo Urso, imprenditore di Altavilla Milicia, fu assassinato il 25 ottobre 2009, vittima di un’oscura vicenda legata alla mafia locale. La sua impresa di movimento terra faceva concorrenza alle attività gestite da clan mafiosi, un ostacolo che pagò con la vita. Dopo anni di indagini, i Carabinieri di Bagheria, Termini Imerese e Vercelli, supportati dalla Procura Generale di Palermo, hanno arrestato due uomini, già noti alle forze dell’ordine, identificati come gli esecutori materiali del delitto.

Gli investigatori hanno ricostruito la dinamica dell’omicidio, determinando che i killer furono ingaggiati per una somma di 20.000 euro, in seguito a ordini provenienti dalla famiglia mafiosa di Altavilla Milicia. Le operazioni antimafia “Argo” e “Reset” avevano già smantellato la cosca, portando all’arresto del capo clan Francesco Lombardo e di suo figlio Andrea, ma solo grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia è stato possibile ottenere ulteriori prove decisive.

Le ultime novità hanno visto la Suprema Corte confermare le condanne per i due responsabili: uno sconterà l’ergastolo, l’altro una pena di 21 anni. Questo epilogo rappresenta un passo avanti per la giustizia, offrendo finalmente una risposta alla famiglia di Urso e alla comunità di Altavilla Milicia, segnate da anni di dolore e incertezze.

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