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Editoriali

MPS JP MORGAN E RENZI

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MPS. J. P. MORGAN E RENZI
CHE DELUSIONE L’AMERICA
DI ROBERTO RAGONE
 
Severa  significativa tirata d’orecchio, durante l’incontro all’Istituto di Studi Americani,  dell’ambasciatore americano John Phillips a Matteo Renzi, colpevole, agli occhi degli USA, di non impegnarsi abbastanza per garantire la vittoria del SI’ al famoso referendum, che ormai sembra divenuto l’unica ragione del restare in vita di questo governo. La minaccia è chiara: se dovesse passare il NO, l’America non investirebbe in Italia. Parlando a Londra, infatti, il responsabile dell’agenzia Fitch della zona Europa-Medio Oriente Edward Parker, secondo quanto riferisce Bloomberg, il fallimento del progetto referendario del governo italiano porterebbe conseguenze negative sul rating della nostra economia. Secondo Reuters,  eventuali turbolenze conseguenti al NO porterebbero ad uno shock negativo per l’economia e il merito di credito italiano, con conseguente declassificazione da parte delle agenzie internazionali di rating. Tutto questo con il pretesto del bisogno di una maggiore stabilità politica in una nazione che, a quanto pare, ha avuto trentasei governi in trentasei anni. Tutti noi cittadini gradiremmo una stabilità politica che consentisse al governo di turno di studiare e mettere in atto iniziative volte alla buona amministrazione, è lapalissiano. Tuttavia rifiutiamo una stabilità a tutti i costi, una stabilità purchessia; insomma, una stabilità che derivi da una situazione imposta e non democratica. Soprattutto è evidente oggi che non siamo governati in ragione di una linea politica o ideologica, ma solatnto in ragione di un andamento borsistico che subisce le perturbazioni orchestrate e manovrate da remoto. Il paragone con '1948', il grande romanzo di Orwell che ha inaugurato la figura del Grande Fratello, è sempre più calzante. Sempre più ci rendiamo conto del fatto che qualcuno vuole condizionare i nostri comportamenti e i nostri bisogni, instaurando un controllo globale sulla popolazione in base a strategie di psicologia di massa. Il Consiglio Europeo è uno degli strumenti che sono adoperati a questo scopo. La reazione contro questa riforma costituzionale è stata unanime e massiccia da parte di costituzionalisti di grande esperienza e capacità, a dispetto di tutte le bugie che ascoltiamo ogni giorno e che sommariamente vorrebbero convincerci che il cambiamento è giusto e necessario per evitare che tutto rimanga com’è e che la nazione, secondo Napolitano, possa 'bloccarsi'. A quel che appare evidente a chi abbia un po' i capelli grigi, se non bianchi, la mancanza di stabilità politica in Italia non è dovuta all’assenza di una Costituzione che ingessi praticamente ogni moto democratico, rimandando tutto al capo del governo, come succederebbe se questa modifica venisse approvata così com’è. Altre sono le ragioni della breve durata dei nostri governi, –  nessuno dei quali, fino ad ora, è riuscito a tagliare il traguardo dei canonici cinque anni – e sono ragioni endemiche. La grande litigiosità in aula, conclusa poi, finiti i lavori, con una comune tavolata a tarallucci e vino in uno dei saporiti ristoranti di Roma, la dice lunga sull'infingardaggine di certi personaggi. La politica ha stravolto sé stessa, mancando il bersaglio, cioè la buona amministrazione del Paese, e ha orientato i propri sforzi ai vantaggi personali e di partito. In più da noi è consentito che un parlamentare eletto in una lista possa tranquillamente passare in un'altra compagine, disattendendo le aspettative non solo di chi lo ha presentato al voto, ma soprattutto dei suoi elettori. In una sorta di magma che incentiva le compravendite di parlamentari e quelle che sono  ‘maggioranze’ solo in Parlamento. C’è anche chi, come il senatore Razzi, per sua stessa ammissione, ha trovato la maniera di sbarcare il lunario, con uno stipendio, un vitalizio e tutto il resto, e che non si sogna neanche di tagliarsi una parte del mensile. Stabilità sì, ma quale, e a quale prezzo, quando ogni decisione non sarebbe più il risultato di un dibattito in aula, ma il diktat del presidente del consiglio? Cosa succederebbe con la vittoria del SI’?  Certo non si eliminerebbero le spese, ed è falso che ci sarebbero 500 milioni di euro a disposizione dei bisognosi, in realtà la Ragioneria di Stato, per non sbugiardare Renzi, parla di 'cifre non quantificabili'. Il fatto che John Phillips abbia redarguito Matteo Renzi ci fa capire chi comanda realmente in Europa e in Italia. È legittimo allora ritenere che tutte quelle che vengono chiamate voci ‘complottiste’ siano più che giustificate. La teoria infatti è che i grossi capitali americani, quelli che condizionano anche l’elezione del Presidente USA, come Rockfeller, Morgan, Rotschild e altri, in grado di creare tempeste finanziarie globali, siano dietro a tutte le iniziative adottate da Matteo Renzi. Anzi, che siano stati proprio loro, con il beneplacito di Giorgio Napolitano, a fare in modo che arrivasse alla presidenza del Consiglio. Ricordiamo, per dovere di cronaca, che il MPS è stato affidato alle cure della banca J. P. Morgan, proprio quella per cui lavora il figlio di Mario Monti, e che appare nella lista dei 'poteri forti'. Quello che non appare al grosso pubblico, è l'elenco degli azionisti e di chi manovra gli enormi capitali che la banca gestisce, a tutto vantaggio di chi opera nell'ombra, perseguendo quello che abbiamo imparato a conoscere come 'Nuovo Ordine Mondiale', di cui l'artefice sembra essere il capostipite dei Rotschild. Una iniziativa tesa ad impadronirsi economicamente di tutto il mondo occidentale. Un grande economista del passato diceva che i popoli si conquistano con le guerre o con la povertà: Mario Monti è stato lo strumento consapevole di quest'ultima soluzione. Ma che cos'è la J. P. Morgan, non l'unica banca d'affari americana, ma banca al primo posto nel mondo, con 90 milioni di clienti sparsi sul tutto il globo? Non è certamente la banca in cui noi apriremmo il nostro conto corrente, metteremmo a frutto i nostri risparmi, o ci faremmo accreditare la pensione. J. P. Morgan è una banca d'affari, votata all'investment management e ai servizi finanziari internazionali.  Da Wikipedia scopriamo che: "Il 28 maggio 2013 banca J. P. Morgan ha pubblicato un rapporto in cui affermava la necessità di intervenire politicamente a livello locale presso gli Stati del Sud Europa per consentire ai governi riforme strutturali improntate all'austerity, arrivando in particolare a definire le costituzioni adottate in seguito alla caduta del fascismo come «inadatte a favorire la maggiore integrazione dell'area europea», in quanto mostrano una «forte influenza delle idee socialiste», per cui i sistemi costituzionali presentano «esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti, governi centrali deboli nei confronti delle regioni, tutele costituzionali nei confronti dei diritti dei lavoratori». In particolare, vi si lamenta «la licenza di protestare se sono proposte modifiche sgradite dello status quo».Il 19 giugno 2013, il rapporto ha sollevato numerose critiche, dal momento che JP Morgan con i suoi progetti di finanza creativa è stata tra le protagoniste della crisi dei subprime e della Grande Depressione del 2008, tanto che nel 2012 fu denunciata dal governo federale americano perché ritenuta responsabile della crisi." In particolare la J. P. Morgan lamentava che per la Costituzione italiana i cittadini avessero 'troppi diritti'. Soprattutto, come già espresso, quello di protestare se sono proposte 'modifiche sgradite dello status quo'. Di qui si evince anche l'intenzione,  dichiarata da Renzi, Boschi & Co., di togliere potere alle Regioni e accentrare in toto la capacità decisionale nel governo centrale. La 'necessità di intervenire politicamente', poi, è un vero e proprio colpo di stato bianco, un'entrata a gamba tesa nella sovranità di una nazione straniera e dei suoi cittadini; una iniziativa volta a togliere a noi Italiani la libertà di esercitare democraticamente i nostri diritti costituzionali così come i padri fondatori ce li hanno tramandati. Alla faccia della dichiarazione di Indipendenza di cui gli USA si fregiano ad ogni piè sospinto. Un brano non secondario della Dichiarazione d'Indipendenza americana, firmata fra gli altri da George Washington, recita così: "….Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità." Il 19 giugno 2013, il rapporto ha sollevato numerose critiche, dal momento che JP Morgan con i suoi progetti di finanza creativa è stata tra le protagoniste della crisi dei subprime e della Grande Depressione del 2008, tanto che nel 2012 fu denunciata dal governo federale americano perché ritenuta responsabile della crisi. Rileviamo ancora la responsabilità della banca nella truffa dei mutui subprime. “ Il 1º settembre 2011 la procura di New York denuncia per frode Bear Stearns e Emc Mortgage, del gruppo JP Morgan, per la truffa dei mutui subprime. Fannie Mae e Freddie Mac hanno perso più di 30 miliardi di dollari nel 2008, quando il mercato immobiliare legato ai mutui subprime è esploso. Le perdite sono state coperte in gran parte dalle tasse dei cittadini americani. Le perdite della Bear Stearns ammontano a 22,5 miliardi di dollari, hanno provocato la disoccupazione di 7 milioni di persone negli Stati Uniti d'America e una Grande recessione dal 2008 è imperversata in tutti i paesi civili d'Europa e del mondo, escluse la Cina e l'India. Il 19 novembre 2013 la J. P. Morgan patteggia un risarcimento di 13 miliardi di dollari per la truffa. Il 7 ottobre 2010, J. P. Morgan Chase è stata coinvolta nello scandalo che riguarda le operazioni di compra-vendita di titoli derivati e che hanno causato un ammanco di circa 6 miliardi di dollari. Martin-Artajo, lo spagnolo che guidava la squadra di Londra, è accusato di frode per aver nascosto l'ingente ammontare dell'ammanco, insieme a Julien Grout, un francese che si era occupato di falsificare le registrazioni dei valori giornalieri sulle posizioni di JP Morgan.
Il 13 settembre 2013 la Securities and Exchange Commission, d'accordo con l'Office of Comptroller of the Currency, l'ente che regola le banche americane, la Federal Reserve e la Financial Conduct Authority, autorità di vigilanza finanziaria nel Regno Unito, hanno multato per 920 milioni di dollari la JP Morgan Chase, per la cosiddetta truffa della Balena di Londra (London Whale), che comportò perdite di trading per circa 6 miliardi di dollari e uno scandalo che, assieme agli altri, ha messo in negativo la reputazione dell'amministratore delegato Jamie Dimon, che tardivamente ha avviato un'indagine interna sulla catena dei controlli.  Il 30 luglio 2013, il governo statunitense e gli investitori sono stati risarciti da J.P. Morgan Chase, per aver manipolato il mercato energetico in California e nel Midwest fra il 2010 e il 2011, spacciando ai propri clienti  azioni di centrali elettriche in perdita per incredibili fonti di profitto”.(Fonte Wikipedia).
Possiamo qui ritrovare alcuni del lei-motif degli ultimi tempi: per esempio, a proposito della truffa mutui subprime, le perdite sono state ‘in gran parte’ coperte dalle tasse degli Americani. 52,5 miliardi di dollari sono stati coperti da un patteggiamento di 13 miliardi, pur avendo causato una crisi economica mondiale ed essere stata la causa della perdita del posto di lavoro per 7 milioni di persone. Troviamo anche qui titoli tossici, i derivati, con l’ammanco di 6 miliardi di dollari. Altri 6 miliardi di dollari con la truffa della Balena di Londra e la vendita ai propri clienti di azioni di centrali elettriche senza alcun valore. Sembra evidente che abbiamo copiato da J. P. Morgan tutto il marcio che s’è realizzato oggi in Italia. A J. P. Morgan, poi, è stato affidato il destino del Montepaschi, come riporta Il Fatto Quotidiano del 13 settembre. Massimo Tononi, presidente di MPS, e Alessandro Falciai, presidente del Comitato nomine della banca, sono stati a Francoforte proprio il giorno 13 per una consultazione informale sul nome del nuovo AD di MPS Marco Morelli, designato da J. P. Morgan e da Palazzo Chigi, accompagnati dallo stesso Morelli, stabilendo un pericoloso precedente a proposito dall’autonomia della banca e del rigore della vigilanza BCE, oltre che per la stessa dignità personale di Tononi e Falciai. Ormai J. P. Morgan sta travolgendo ogni regola ed ogni ostacolo formale per impadronirsi di MPS. Scaricato l’attuale AD Viola da parte di Padoan, ‘a nome del Presidente del Consiglio’, lo stesso Padoan comunica a Tononi il nome del nuovo AD Marco Morelli. Morelli, secondo Il Fatto, nel 2013 è stato multato dalla Banca d’Italia per la sua partecipazione al finanziamento ‘Fresh’ attivato da MPS sotto la guida di Giuseppe Mussari, all’epoca in cui Morelli era vicedirettore generale. Protagonista di quella iniziativa era proprio la J. P. Morgan, banca da cui Morelli proveniva. A seguito di questi fatti, il 14 settembre Tononi si è dimesso dalla carica di presidente MPS per contrasti con JP Morgan sui programmi. Questo il succo della tirata d'orecchio di John Phillips a Matteo Renzi, e questo spiega il perché Renzi, coadiuvato da Giorgio Napolitano, voglia condizionare pesantemente il voto referendario. I suoi amici oltreoceano aspettano, Obama in testa, perché Matteo, prodigo di promesse, ne ha fatte anche a loro. Ma noi sappiamo come vanno queste cose: il Presidente degli Stati Uniti, la nazione più potente al mondo, è ostaggio dei capitali che lo hanno portato al potere, e ha tutte le ragioni per tessere le lodi di un Renzi che qui da noi non è altrettanto glorificato. Culturalmente abbiamo conservato un'immagine positiva degli Stati Uniti, quelli che mandarono i loro figli a morire per salvarci dalle dittature del nazifascismo. Guardiamo agli USA come alla culla della libertà, della democrazia e dei diritti umani. Che delusione, invece, scoprire cosa si nasconda dietro quello che ancora oggi per molti di noi Italiani è un mito.
 
 
 
 

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Castelli Romani

Frascati: 8 settembre 1943, il giorno del dolore e della rinascita

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Esistono giorni che non solo diventano parte della Storia ma portano dentro di sé ricordi, emozioni e purtroppo anche lutti ed antiche paure.
L’ 8 settembre per noi che siamo nati a Frascati e per tutti quelli che vivono la bellezza di questa città questo giorno è nel contempo triste ma la riprova della forza piena che vive dentro Frascati.
Fu una ferita insanabile quell’8 settembre del 1943 quando alle 12,08 una pioggia di bombe dilaniò la città provocando la morte di centinaia di persone.

piazza San Pietro dilaniata dalle bombe

Ma la voglia di rinascere, la voglia di ricominciare, la voglia di spazzare via i dolori di una guerra rinacque proprio in quel giorno.
Credo che Frascati debba onorare di più questo ricorrenza affinché non diventi e resti la solita passerella di commiato.
Deve divenire vera “giornata della memoria della Città”.
Bisogna far si che l’8 settembre rappresenti per tutti il giorno si del dolore ma anche il giorno in cui Frascati ed i frascatani ritrovarono la forza di risorgere dalle sue ceneri come “araba fenice”.
Ho voluto riportare nella copertina di questo mio pensiero il quadro di un grande frascatano, Guglielmo Corazza, memoria vivente di quel giorno.
Quei colori e quelle immagini debbono divenire il monito a tutti noi degli orrori della guerra, della stupidità della guerra.
Perché Frascati pagò con il sangue dei suoi figli e delle sue figlie e questo non deve più accadere in nessuna altra parte del mondo.

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Editoriali

Affaire Sangiuliano: dimissioni e polemiche, il governo Meloni nella bufera

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Giustino D’Uva (Movimento Sociale Fiamma Tricolore): “Evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”

L’affaire Sangiuliano ha scosso il governo Meloni, provocando la prima defezione tra i suoi ministri. Gennaro Sangiuliano, alla guida del Ministero della Cultura, ha rassegnato le dimissioni a seguito delle polemiche sorte attorno a una presunta relazione extraconiugale con Maria Rosaria Boccia, che ha generato una serie di accuse riguardanti l’uso improprio di fondi pubblici e l’accesso a documenti riservati.

L’ex direttore del Tg2, dopo ore di polemiche e smentite, ha deciso di farsi da parte, spiegando in una lettera a Giorgia Meloni la sua scelta di lasciare per non “macchiare il lavoro svolto” e per proteggere la sua onorabilità. Nonostante le assicurazioni fornite a più riprese dallo stesso Sangiuliano, secondo cui nessun denaro pubblico sarebbe stato speso per la consulenza di Boccia, la pressione mediatica e politica è diventata insostenibile.

Le reazioni della maggioranza: una difesa d’ufficio

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso solidarietà nei confronti di Sangiuliano, definendolo un “uomo capace e onesto”, sottolineando i successi ottenuti in quasi due anni di mandato. In particolare, Meloni ha ricordato i risultati raggiunti nella promozione del patrimonio culturale italiano, come l’aumento dei visitatori nei musei e l’iscrizione della Via Appia Antica tra i patrimoni dell’UNESCO. Tuttavia, anche la premier non ha potuto evitare di accettare le “dimissioni irrevocabili” di Sangiuliano.

Alessandro Giuli, presidente della Fondazione MAXXI, è stato rapidamente nominato come nuovo ministro della Cultura, suggellando una transizione-lampo che, secondo alcune voci, era già in preparazione da tempo. Giuli, una figura vicina alla destra romana e storicamente legato a Meloni, rappresenta un tentativo di dare stabilità al ministero, ma la scelta non ha fermato le critiche, né ha dissipato le ombre sul governo.

L’opposizione attacca: “Il governo Meloni è allo sbando”

Le reazioni dell’opposizione non si sono fatte attendere. Il Partito Democratico ha definito l’affaire come un altro esempio di un esecutivo privo di coerenza e in preda a scandali interni. Elly Schlein, segretaria del PD, ha parlato di un “governo ossessionato dalla propria immagine” e ha criticato la gestione del caso: “Il problema non è solo il gossip, ma l’incapacità di affrontare le questioni in modo trasparente e senza proteggere chi si trova in difficoltà”.

Dal Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte ha affermato che “questo episodio mostra come la maggioranza sia più attenta alle proprie dinamiche interne che ai reali problemi del Paese”, accusando la premier di “non aver saputo tenere sotto controllo i suoi ministri” e di “anteporre le proprie relazioni personali agli interessi istituzionali”.

Il commento più severo è arrivato da Giustino D’Uva, esponente del Movimento Sociale Fiamma Tricolore, che ha lanciato un duro attacco al governo: “Indipendentemente dalle eventuali implicazioni giudiziarie ed etiche, l’affaire di Sangiuliano e Boccia è indice del pressapochismo che connota pressoché tutta la compagine governativa. Il governo Meloni è un’accozzaglia di buontemponi e incompetenti, per i quali il gossip costituisce il massimo impegno politico. Ciò che è evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”.

Il rischio di un effetto domino

L’affaire Sangiuliano mette a nudo fragilità interne e potrebbe avere ripercussioni più ampie di quanto non appaia a prima vista. I partiti di opposizione sono pronti a capitalizzare su questo caso per sottolineare le divisioni e la mancanza di trasparenza dell’esecutivo. Alcuni osservatori politici temono che questo possa essere solo il primo di una serie di scossoni che potrebbero minare la stabilità del governo.

Il futuro di Giorgia Meloni e della sua squadra dipenderà dalla capacità di gestire questo e altri potenziali scandali che potrebbero emergere. Ma l’episodio dimostra come il confine tra gossip e politica possa diventare estremamente sottile, e quanto questo possa essere dannoso per la credibilità di un governo, soprattutto se non si affrontano con chiarezza e decisione le situazioni critiche.

In definitiva, il caso Sangiuliano non è solo un episodio personale, ma il simbolo di un esecutivo che sembra sempre più vulnerabile alle proprie contraddizioni interne, in un contesto politico che richiede, invece, risposte concrete e unitarie.

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Editoriali

Come ristorarsi dopo le fatiche quotidiane

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La pedagogia del benessere si occupa delle persone in contesti si salute psico-fisica. Ognuno di noi dopo una giornata di lavoro, commissioni, studio necessita di uno o più momenti di ristoro.


n questi termini si può parlare di pedagogia del benessere sia fisico che mentale.
La pedagogia del benessere è un ramo della pedagogia tradizionale che si occupa, mediante alcune tecniche, di far star bene le persone.

In che senso la pedagogia del benessere parla di ristoro?

Ebbene sì, il pedagogista o lo psicologo non ricevono i clienti nello loro studio e non c’è un rapporto duale, ma il benessere lo si ritrova insieme ad altri soggetti, all’interno di un gruppo, facendo passeggiate, yoga o mindfulness.
Nell’ultimo decennio è nato un forte interesse per queste nuove pratiche fisiche, ma anche mentali.

Lo stare bene insieme ad altri, durante una passeggiata o in una seduta di mindfulness, giova non solo al gruppo, ma soprattutto all’individuo nella sua singolarità. Le strategie individuate dalla pedagogia del benessere sono, in Italia, molto utilizzate; basta pensare ai corsi di yoga o di mindfulness. Quest’ultimi vengono svolti sia nelle palestre, ma anche all’aperto (es. dopo che è piovuto) poiché l’ambiente esterno, l’aria o il venticello sono condizioni di rilassamento.
L’obiettivo della pedagogia del benessere è anche scaricare lo stress quotidiano ed evitare disturbi psicotici quali l’ansia o la depressione. A favore di questo obiettivo è utile sia la palestra per allenare il corpo, ma anche una palestra per esercitare la mente.

La salute mentale è fondamentale per affrontare la vita e le fatiche di tutti i giorni; pertanto “avere il vizio” di utilizzare tecniche di “tonificazione della mente” è sicuramente un’abitudine sana. La pedagogia del benessere professa anche obiettivi di tipo alimentare per promuovere, non tanto il fisico filiforme quanto la salute fisica intesa come consapevolezza di quanti grassi, proteine e zuccheri dobbiamo assumere in una giornata.

Il benessere del corpo è proporzionale a quello della mente e viceversa. Il prendersi cura di noi stessi aiuta a prevenire difficoltà future e soprattutto a vivere esperienze positive. Da sempre lo slogan “prevenire è meglio che curare” è uno degli scopi della pedagogia del benessere.
Non tutti seguono questi consigli, perciò sarebbe opportuno dare un’architettura decisiva alla figura del pedagogista del benessere senza confonderlo con un personal trainer o un nutrizionista. È opportuno parlare di più di questo tipo di pedagogia per promuovere la conoscenza.

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