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Cultura e Spettacoli

Napoli, Castello Aragonese: grande festa per il ritorno di “Zeus in Trono”

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“Zeus in Trono” è tornato a casa da sabato 27 ottobre al Castello Aragonese di Baia (Na) del Parco Archeologico dei Campi Flegrei, l’inaugurazione della mostra dal titolo “Il visibile, l’invisibile e il mare” si svolge all’interno della “Polveriera” del Castello, e ad accompagnare nell’esposizione il simulacro ben undici statue inedite al pubblico che i visitatori potranno fruire.

Il Castello all’inaugurazione era gremito di flegrei tutti orgogliosi ed entusiasti del ritorno dell’opera di nuovo a casa, a festeggiare e dare il benvenuto a Zeus oltre al Direttore ad Interim, Paolo Giulierini, anche il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli Giovanni Melillo, il Capo di Gabinetto del Mibac, Tiziana Coccoluto, il Console generale degli Usa a Napoli, Mary Ellen Contryman, il sostituto procuratore presso la Procura di Napoli, Ludovica Giugni, il magistrato americano di collegamento con l’Italia, Cristina Posa.

La statua che rappresenta il dio greco era esposta fino al 2017 al Museum Getty di Los Angeles dopo che era finito in un giro di ricettatori, passando per i collezionisti londinesi e individuato per la prima volta in un servizio fotografico in Grecia, grazie alla diplomazia italiana ritorna nei Campi flegrei, farà parte di un’esposizione di capolavori di altissimo livello artistico provenienti tutti dai fondali del Parco Archeologico, di Cuma, da Miseno e dai giardini e degli ambienti di rappresentanza delle ricche domus che ne testimoniano i fasti e lo stile di vita opulente dell’antichità. L’allestimento è arricchito da filmati proiettati sulle pareti e grazie anche ad essi i fruitori attingeranno maggiori informazioni della storia della vita delle opere, un continuo dialogo che l’archeologia ulteriormente dà ai fruitori grazie alla tecnologia.

Le opere scultoree di manifattura speciale perché commissionate per l’alta società romana, testimoniano che tra il II sec. a.C. e il V sec. d.C. i Campi Flegrei era il luogo di lusso fuori Roma dove si poteva risiedere. “GIUSTIZIA RIPARATIVA” cosi che l’ha definita Giovanni Melillo procuratore della repubblica, il ritorno di Zeus è una ferita che si rimargina con il suo ritorno nei Campi Flegrei arricchendo ulteriormente di tesori il Castello Aragonese di Baia di cui i lavori incominciarono nel 1495. In occasione dell’esposizione “Il visibile, l’invisibile e il mare” si è voluto raccontare anche il rapporto con la natura del tutto speciale del luogo, l’attività tellurica che ne hanno fatto una terra sempre “viva”e mutevole, e anche i romani ne erano consapevoli dei “Campi Ardenti”. Il bradisismo ha reso di questa terra anche la costa sottomarina un sito archeologico dando via ad un fantastico paesaggio archeologico sommerso che attira più sempre un maggior numero di visitatori.

La statua

Il simulacro è posto al centro della Polveriera e domina la scena con la sua imperiosità, sembra rivendicare di essere il dio sovrano di tutti gli déi e di tutto ciò che lo circonda. La statua del dio greco, ovvero Zeus risale al I secolo a. C. ed è alta 74 centimetri, è raffigurato seduto su di un trono seminudo e di aspetto maturo con barba e capelli folti, ha la mano destra sollevata ad impugnare uno scettro, mentre la sinistra forse reggeva un fulmine, attributi oggi perduti. Il seggio è munito di gradino ed è ad alta spalliera, con le estremità dei braccioli decorate da una sfinge e da una testa di ariete. Sul retro della statua in basso presenta un profondo incasso che favoriva la messa in opera della scultura, esposta all’interno di un sacello. Una parte della divinità è ricoperta da incrostazioni, corrosa dalle acque del mare che ne testimonia la sua lunga permanenza nei fondali, l’altra parte si presenta liscia e meglio conservata, con ogni probabilità è stata preservata dal fondale sabbioso.

Prima dell’inaugurazione della mostra il Direttore del Parco, Paolo Giulierini, ha illustrato l’attività dell’ente dalla nascita ad oggi, “Nove mesi di gestione del nuovo ente autonomo del Parco Archeologico dei Campi Flegrei sono stati impiegati per costruire la macchina amministrativa e gestionale, l’immagine coordinata, il sito – spiega il Direttore – Parallelamente abbiamo lavorato per perfezionare la progettazione e l’apertura prossima della Grotta di Cocceio e a moltissime attività didattiche e culturali che hanno caratterizzato la stagione del Parco. L’arrivo di Zeus scandisce simbolicamente la chiusura di questa prima parte dei lavori ed apre al rilancio in grande stile previsto per la prossima primavera. Rilancio che – continua Giulierini – si badi bene è ben visibile, già testimoniato da una sensibile crescita di pubblico e della presenza del nostro ente nelle principali fiere turistiche nazionali ed internazionali, nonché in grandi progetti di ricerca con Musei cinesi, Università italiane e internazionali. Anche la buona sorte ci premia – aggiunge il Direttore Giulierini – clamorose sono le scoperte del centro Jean Bérard, della Federico II, dell’Università L’Orientale e della Luigi vanvitelli nelle ultime campagne di scavo a Cuma. Fecondi sono i rapporti con i sindaci, impegnati con noi nella costruzione del Parco. Presto la nostra sarà al Rione Terra e di questo mi preme ringraziare il sindaco di Pozzuoli, Vincenzo Figliolia. Un ringraziamento infine alla precedente direttrice Adele Campanelli e al meraviglioso e volito staff dei Campi Flegrei. Si riparte con orgoglio”.

La singolare storia della statua “Zeus in Trono”

Con molta probabilità la statua di “Zeus in Trono” come concordano gli studiosi deriva dalle acque del golfo flegreo, considerate anche le sue condizioni. L’opera è stata esposta dal 1992 fino 2017 al “Getty Museum di Los Angeles” dopo che era finita in un giro di ricettatori. Nel 2012 attraverso l’analisi di un frammento di marmo ritrovato a Bacoli (Na), si è trovata una corrispondenza con lo spigolo del bracciolo del trono di Zeus: la Guardia di Finanza, attraverso un’immagine disponibile in rete, ha potuto sovrapporre virtualmente la particella riemersa alla statua diretta e successivamente, a marzo 2014, è stata esposta una verifica diretta e successivamente le analisi tecniche specifiche hanno determinato l’appartenenza e la provenienza. Attraverso attente indagini, coordinate dalla Procura di Napoli, dal Pm Ludovica Giugni e dal Procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli, è stato possibile arrivare all’individuazione della statua di Zeus al Getty, dopo diverse ricostruzioni e approfondimenti investigativi, legati a una banda di ricettatori di beni di lisso e opere d’arte intercettata in passato.
Grazie alle operazioni degli inquirenti e alle azioni di diplomazia della Magistratura e del Ministero dei Beni Culturali, la statua è ritornata a giugno 2017 al Museo archeologico Nazionale di Napoli e dal 27 ottobre Zeus fa il suo ritorno a casa.

Giuseppina Ercole

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Musica contemporanea e poesia: Paolo Cavallone presenta il suo libro “Suoni Ulteriori”

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10 aprile, alle ore 15, a Roma nella sede dell’Associazione Stampa Romana
 
 
Un viaggio nella “poesica” del compositore Paolo Cavallone, tra musica contemporanea e poesia. E’ quanto prevede la presentazione di “Suoni Ulteriori”, il volume scritto dallo stesso Cavallone, tra i compositori italiani più apprezzati a livello internazionale, che sarà presentato mercoledì 10 aprile, alle ore 15, a Roma nella sede dell’Associazione Stampa Romana (Piazza della Torretta, 36 – 1° Piano).
 
L’ingresso è libero. All’incontro, oltre all’autore, interverranno il presidente della Consulta uffici stampa dell’Associazione Stampa Romana, Antonio Ranalli, il musicista e filologo Valerio Sanzotta e rappresentanti delle istituzioni. Alcuni estratti del volume saranno letti dal giornalista Angelo Martini.
 
L’opera, edita dal Gruppo Santelli Poetica, contiene 46 testi poetici che l’autore ha composto nell’arco di 24 anni. L’opera si arricchisce della presentazione del giornalista e scrittore Giuseppe M. Gnagnarella e della prefazione del musicologo Renzo Cresti.
 
È difficile separare la poesia dalla musica perché in Paolo Cavallone prendono vita contemporaneamente: non vi è un prima e un dopo, un distacco, ma si formano insieme. Potremmo azzardare il termine “poesica”, poesia/musica contratte in un’unica parola, arti che pur conservando le loro naturali caratteristiche si penetrano attraverso il suono e il ritmo, indistinguibili e imprescindibili l’una dall’altra. Dal suono di una vocale o di una frase nasce la musica, la quale è già contenuta in quella parola e in quel verso. Non è una questione di creare una poetica o una drammaturgia, il fatto è che poesia/musica sono connaturati alla sensibilità, alla forma mentis di Cavallone o meglio egli diviene la sua poesia/musica. Un suono senza tempo (“Spirali”), intrasonico polifonico (“Madrigale”), ci regala Cavallone, corpo dello spirito (“Corpo”), vivo raro (“Sorriso”). “Per onestà / nella purezza dell’intenzione / dell’immaginazione” (“Ero Dandy e non sapevo”), ci dona la dolcezza delle emozioni (Stanze), in “Rivelazioni” meditate e fulminee, in un percorso di vita e d’arte più unico che raro, profondo e originale. Il libro si arricchisce della copertina tratta dall’opera “Il vento dell’ovest” della pittrice Emma D’Alessandro.
 
Paolo Cavallone (Sulmona, 1975) è uno dei maggiori compositori di oggi. Affianca a una formazione musicale di alto prestigio la laurea in Lettere all’Università dell’Aquila dove studia Letteratura Italiana con Walter Siti. L’apertura di senso del suo pensiero compositivo, nell’ideazione del concetto di possibilità applicato alla creazione musicale, è divenuta canone estetico di riferimento. Fra le collaborazioni ricordiamo: Siemens Foundation, Dilijan Music Series di Los Angeles, Orchestre National de Bretagne, Orchestra della Toscana, EOC ensemble, Pascal Gallois, Rohan De Saram, Roberto Fabbriciani, Magnus Andersson, Marco Guidarini, Daniel Kawka e Andrea Lo Vecchio. In qualità di regista ha realizzato il film di animazione d’arte “Magasin de métaphores”. Già collaboratore di ricerca all’Università di New York e professore di orchestrazione alla Victoria University di Wellington (Nuova Zelanda), è titolare della cattedra di Elementi di Composizione al Conservatorio Vivaldi di Alessandria. I suoi lavori sono pubblicati da RAI COM e da MEP e sono disponibili su dischi Tactus e Albany Records.
 
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Viterbo, grande successo per il concerto di Pasqua

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Grandissima risposta della città che ha accolto l’invito a partecipare al concerto di Pasqua organizzato dall’Associazione XXI secolo. In una chiesa della Verità gremita, gentilmente accolti da don Elio, si sono accomodate centinaia di persone, tra cui l’assessore Patrizia Notaristefano e Marcello De Marchi, fratello di Rosanna, scomparsa due mesi fa, a cui era dedicato il concerto e in particolare il Requiem.
 
Tre le parti dello spettacolo pasquale: la prima con la sola orchestra sinfonica EtruriÆnsemble che, diretta dal maestro Fabrizio Bastianini ha proposto la Sinfonia n. 40 di Mozart con la consueta esecuzione impeccabile e coinvolgente; è poi venuto il momento della dedica, con l’ingresso dell’ensemble vocale Il Contrappunto, la quale, accompagnata all’organo da Fabrizio Viti e alla viola da  Nico Ciricugno, sempre diretti dal maestro Bastianini, ha pregato in note in onore dell’amica Rosanna, con il meraviglioso Requiem di Puccini, composto per ricordare il grande Giuseppe Verdi. Un’emozione palpabile che si è riflessa negli occhi dei presenti.
 
Il concerto si è chiuso con l’esecuzione straordinaria di uno Stabat Mater realizzato con l’opera di ben otto compositori, Bononcini, Dvorak, Frank, Jenkins, Kodaly, Pergolesi, Poulenc, Verdi. Un vero mosaico di note spiegato Anna Rollando, nel doppio ruolo di violista dell’orchestra e mediatrice musicale. “Lo Stabat Mater richiama come ‘stava la madre dolorosa davanti alla croce’ – ha precisato Anna -, una preghiera davanti al mistero della morte del figlio, vissuto però con la speranza della fede. L’eccezionale esecuzione odierna presenta varie composizioni, di varie epoche, che vanno a comporre la preghiera completa. Immaginate un insieme di colori che vanno a dipingere una magia, raccontando qualcosa di intimo. Si parte con Pergolesi, in una sorta di cornice che apre e chiude le esecuzioni, per poi affrontare tutti gli altri compositori, dedicate sempre a Cristo sulla croce fino ai contemporanei, che si spingono alla ricerca di Dio e al confronto dell’uomo con la morte. Tanti stili diversi che insieme creano qualcosa di migliore, come la musica può creare, davvero, un mondo migliore”.
 
Parole seguite dalla musica, che ha confermato la straordinarietà del progetto del Maestro Bastianini, un incanto per il pubblico che ha seguito e apprezzato decretando un lunghissimo applauso finale.
 
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Roberto Rossellini, un maestro del cinema italiano

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Tra i suoi film più celebri: “Roma, città aperta” (1945), considerato uno dei capolavori del neorealismo italiano

Roberto Rossellini, uno dei più grandi registi del cinema italiano e mondiale, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del cinema con la sua visione innovativa e il suo approccio rivoluzionario alla narrazione cinematografica.

Nato l’8 maggio 1906 a Roma, Rossellini ha contribuito in modo significativo allo sviluppo del neorealismo italiano e ha influenzato generazioni di cineasti con la sua ricerca di autenticità e verità sullo schermo.

Il contributo di Rossellini al cinema è stato caratterizzato da una profonda sensibilità umana e da una volontà di esplorare le complessità dell’esistenza umana attraverso storie realistiche e vicine alla vita di tutti i giorni. I suoi film sono spesso ambientati in contesti sociali e politici tumultuosi, e riflettono le sfide e le contraddizioni del mondo contemporaneo.

Tra i suoi film più celebri vi è “Roma, città aperta” (1945), considerato uno dei capolavori del neorealismo italiano. Il film, ambientato durante l’occupazione nazista di Roma, segue le vite di un gruppo di persone coinvolte nella Resistenza contro il regime fascista. Con “Roma, città aperta”, Rossellini ha introdotto una nuova forma di narrazione cinematografica, caratterizzata da una fotografia cruda e realistica, da una recitazione naturale e da una trama focalizzata sui personaggi e sulle loro esperienze individuali.

Un altro capolavoro di Rossellini è “Paisà” (1946), una raccolta di episodi che raccontano le conseguenze della Seconda Guerra Mondiale in diverse regioni italiane. Attraverso storie di speranza, dolore e resilienza, il regista offre uno sguardo profondo e umano sulla realtà post-bellica del Paese.

Nel corso della sua carriera, Rossellini ha continuato a sperimentare e a innovare, esplorando nuove forme di narrazione e abbracciando nuovi temi e generi. Con “Stromboli” (1950), ha portato il neorealismo sullo sfondo di un’isola vulcanica, esplorando il conflitto tra la natura e la civiltà. Con “Viaggio in Italia” (1954), ha creato un ritratto intimo e psicologico di un matrimonio in crisi, aprendo la strada al cinema d’autore europeo.

Rossellini ha dimostrato una straordinaria abilità nel cogliere l’essenza umana e nel portare sullo schermo le emozioni e le contraddizioni della vita quotidiana. Il suo contributo al cinema italiano e mondiale rimane senza pari, e la sua eredità continua a ispirare e influenzare i cineasti di oggi. Con la sua visione audace e la sua sensibilità unica, Roberto Rossellini rimane un gigante del cinema, il cui lavoro continuerà a essere ammirato e studiato per generazioni a venire.

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