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Cronaca

Napoli, Parco Verde di Caivano: nuovo presunto caso di abusi su minore

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Tempo di lettura 4 minuti La vicenda è emersa a seguito di una denuncia presentata dalla madre di una bambina di 4 anni presso i Carabinieri di Caivano

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di Angelo Barraco
 
Napoli – Si riaccendono bruscamente i riflettori sul Parco Verde di Caivano, balzato ai rigori dalla cronaca come “Parco degli orrori” a seguito della morte di Antonio Giglio di 3 anni e di Fortuna Loffredo di 6 anni, precipitati nel vuoto dai piani alti dei palazzi. La Procura di Napoli Nord sta indagando su un nuovo presunto caso di abusi sessuali, ai danni di una bambina di 4 anni, che sarebbe avvenuto proprio al Parco Verde. La vicenda è emersa a seguito di una denuncia presentata dalla madre della bambina presso i Carabinieri di Caivano, dove aveva riferito quelli che erano i suoi terribili sospetti.
 
La Procura di Napoli ha aperto un’inchiesta per scoprire cosa fosse realmente accaduto in quello spaccato urbano che ancora piange la morte di due povere vittime innocenti. Le indagini sono coordinate dal Pubblico Ministero Paola Izzo e sono in fase prettamente preliminare ma il Tribunale dei Minori, per motivi precauzionali, ha posto delle misure cautelative per salvaguardare la tranquillità della bambina garantendo un’assistenza da parte di esperti che valuteranno il suo comportamento e relativi racconti poiché secondo quanto raccontato nella denuncia, tali abusi sarebbero avvenuti a casa e le accuse sarebbe state rivolte al nonno della piccola e allo zio.
 
A fare partire l’iter investigativo sarebbero stati dei comportamenti della bambina che agli occhi della madre sarebbero risultati strani. Inoltre la piccola avrebbe raccontato dettagli relativi a momenti in cui si trovava a casa dei parenti e che difficilmente potevano essere il frutto della sua innocente immaginazione. Si apprende inoltre che la donna avrebbe persino chiesto spiegazioni a quei terribili sospetti ma la che ha ricevuto a seguito delle sue domande e delucidazioni non è stata positiva e allora ha deciso di rivolgersi alle autorità competenti per chiarire una volta per tutte quanto accaduto alla sua bambina in quelle mura e se realmente quanto detto dalla piccola sia la conseguenza di un nuovo terribile caso di abuso sessuale.
 
Una vicenda che riapre una maglia che sembrava essersi chiusa e che fa insorgere sospetti, getta nuove ombre in merito a quelle che sono state le vittime del Parco Verde di Caivano e quella che invece  potrebbe essere  una rete da far emergere in un contesto sociale in cui l’umiltà si nasconde dietro la paura e si maschera tristemente nei volti di chi patisce silenziosamente il dolore di una violenza a cui non può sottrarsi poiché troppo, piccolo, troppo fragile e impossibilitato a poter urlare un rifiuto. Una vicenda che colpisce la comunità in pieno clima di tensione, perché bisogna ricordare inoltre che per la morte di Fortuna Loffredo, la bimba di 6 anni che è stata lanciata dall’ottavo piano dell’isolato C di un terrazzo del Parco Verde di Caivano il 24 giugno 2014, è stato rinviato a giudizio Raimondo Caputo, l’uomo accusato di aver ucciso e violentato la piccola. La compagna dell’uomo, Marianna Fabozzi, è finita a processo e deve rispondere di concorso nella violenza sessuale rispetto anche alle tre figlie. ”. I Coniugi sono entrambi detenuti, Caputo è accusato di aver cagionato la morte di Fortuna, lanciando il suo corpicino nel vuoto del Parco Verde e causando alla piccole le lesioni che avrebbero poi determinato la morte. Su di lui pende anche la terribile accusa di aver esercitato violenza sessuale nei confronti della bambina, che ha cercato in tutti i modi di sottrarsi ad una pressione coercitiva più grande di lei. La moglie è accusata di aver costretto le sue bambine e la stessa Fortuna a subire le violenze sessuali esercitate dal marito. 
 
Abbiamo parlato con la Dott.ssa Rossana Putignano, Psicologa Clinica, Psicoterapeuta, Responsabile della Divisione Sud e della Diagnosi Neuropsicologia e Forense del Crime Analysts Team.
“E’ assurdo che ci sia voluto il sacrificio di Fortuna per scoprire altri casi di abuso sessuale nel Parco Verde di Caivano. Quello che sconcerta me come donna, in primis, più che come psicologa, è che le mamme non ravvisino “altri”segni di abuso sessuale se non nel comportamento e nei disegni dei bambini. Tutti noi abbiamo visto i disegni della piccola fortuna nelle pagine della cronaca nera di quest’anno ma degli unici segni eclatanti di abuso sessuale non se ne parla mai. Scusate la franchezza: mi riferisco alle inevitabili perdite di sangue dai piccoli corpicini. Premesso che l’”orco”, quasi sempre, si annida nell’ambito familiare o nel proprio entourage di amicizie, ad ogni abuso sessuale su un minore si associa quasi sempre la presenza di una mamma “negligente”; negligente nel senso di una donna che “non vede”, non ha coscienza di quello che avviene sotto i propri occhi, che nega a se stessa quello che, quasi sempre, sa sin dall’inizio. In altri casi, le madri risultano affette da qualche patologia o da una depressione grave tale da non poter essere “presenti” e madri sufficientemente buone. Nel peggiore dei casi, purtroppo, vi sono anche donne che, per un fatto strutturale, “colludono” implicitamente col proprio uomo non potendolo soddisfare sessualmente, fino a permettergli di avvicinarsi ai propri bimbi. In questo articolo, non mi riferisco alla mamma della piccola Fortuna, poichè ogni caso ha delle sue caratteristiche uniche e non sono di certo io poter giudicare. L’unico dato certo che abbiamo in questa storia è la presenza di diverse figure adulte che possono essere, più o meno, coinvolte in questo giro di pedofilia. Come si spiega questa alta concentrazione di persone, diciamo, indagate per abusi sessuali nel Parco Verde di Caivano? E’ possibile che il degrado e la scarsa scolarizzazione degli abitanti del quartiere possa aver influito sulle scelte comportamentali di questi adulti? Bisogna sottolineare, però, anche l’immediata disponibilità dei minori che, solitamente, giocano di sotto tutti condomini dell’universo. Tuttavia, la “pedofilia” non è una malattia infettiva che si diffonde come un morbo o qualcosa mandata dal diavolo o una punizione divina verso l’uomo peccatore; si tratta di una patologia psichiatrica presente in quegli individui che, per una scarsa maturità psicosessuale o per pregressi abusi sessuali subiti durante l’infanzia, non riescono a vivere una relazione d’amore o sessuale con un adulto; in sostanza, queste persone non riescono ad avere un “confronto” con un individuo che non sia pre-pubere in modo da controllarlo ed esercitare pieno potere. su di esso. Allora, come si spiega il fatto che uomini coniugati, padri di famiglia (ndr. quindi di gente verosimilmente capace di avere un confronto maturo con l’altro sesso) possano nutrire interesse per piccole creature di 4 o 6 anni? Se questo è vero, allora dovremmo iniziare a parlare di veri assassini e non di pedofili.  Ritengo che sia importante la categorizzazione di questi individui e la conoscenza del contesto in cui si sviluppano questi crimini affinché le amministrazioni comunali- insieme a psicologi e assistenti sociali – possano dare il via a dei progetti di prevenzione e informazione”. 

Castelli Romani

Morte sul lavoro ad Ariccia, i lavoratori di Grottaferrata in lutto: “Più attenzione alla sicurezza”

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Cobas Lavoro Privato: “Serve un impegno concreto per proteggere la vita dei lavoratori”

I lavoratori dell’igiene urbana di Grottaferrata, rappresentati dal sindacato Cobas Lavoro Privato, hanno espresso in una nota ufficiale la loro vicinanza alla famiglia dell’operaio deceduto ad Ariccia mentre era impegnato nelle operazioni di raccolta dei rifiuti.

“Esprimiamo la nostra solidarietà alla famiglia del collega di Ariccia, scomparso tragicamente mentre svolgeva il proprio lavoro”, si legge nel comunicato. Il sindacato sottolinea con forza la necessità di un impegno più incisivo per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro. “Auspichiamo, insieme al Cobas Lavoro Privato, che gli organi preposti intensifichino la vigilanza per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, affinché tragedie simili non si ripetano mai più.”

Il tragico incidente ha scosso profondamente la comunità dei lavoratori, che si unisce nel cordoglio e nel richiamo urgente a una maggiore attenzione alle condizioni di sicurezza, soprattutto in un settore delicato come quello della raccolta rifiuti, dove spesso operazioni quotidiane nascondono rischi gravissimi. Il sindacato ha ribadito che la tutela della vita umana deve essere una priorità assoluta, richiedendo controlli più rigidi e misure preventive più efficaci nei luoghi di lavoro.

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Cronaca

Addio a Totò Schillaci: Il mondo del calcio italiano piange un eroe di Italia ’90

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Gli occhi indimenticabili di Totò Schillaci, simbolo delle notti magiche di Italia ’90, si sono spenti per sempre. Stamattina è morto all’ospedale Civico di Palermo. Nonostante i recenti aggiornamenti che lasciavano intravedere un miglioramento, il suo stato di salute è peggiorato improvvisamente nelle ultime ore, portandolo al decesso. La camera ardente sarà allestita allo stadio Renzo Barbera, nella sala stampa, dalle 16 di oggi fino alle 22 e domani dalle 7 alle 22, per permettere a tutti di dare l’ultimo saluto al campione.

È difficile accettare la sua scomparsa, perché Totò sembrava sfidare il tempo. Anche a 59 anni aveva l’energia di un ragazzo, come se fosse capace di invertire il naturale scorrere degli anni, proprio come il protagonista di Benjamin Button. Eppure, anche gli eroi del pallone devono fare i conti con la realtà della vita, cruda e inesorabile. Dalle memorabili notti di Italia ’90, con la mascotte “Ciao” che accompagnava i sogni degli italiani, fino alla sua recente partecipazione a Pechino Express, Schillaci è rimasto un’icona: sempre in bilico tra la gloria sportiva e la semplicità dell’uomo comune, vicino a tutti noi.

Totò era una figura amata da tutti, anche in momenti inaspettati, come quel giorno in cui fu avvistato alla clinica La Maddalena, lo stesso giorno in cui Matteo Messina Denaro venne arrestato. Lì, come tanti siciliani, Totò stava cercando di combattere un nemico invisibile e terribile: il cancro. “Queste malattie non fanno distinzione”, aveva commentato con amarezza dopo la scomparsa di Gianluca Vialli. All’epoca, nessuno sapeva pubblicamente che anche lui stava affrontando lo stesso calvario. Aveva già combattuto contro questo terribile avversario, raccontando di aver avuto paura, ma di aver superato la prova, come fosse un dribbling riuscito contro il male. Sembrava aver segnato il gol più importante della sua vita, ma purtroppo la partita non era finita.

Il cancro è tornato, più spietato e crudele, un avversario più feroce di Caniggia in quella fatidica notte di luglio che interruppe il sogno italiano. Chissà, forse ora Totò potrà parlare di quella partita con Diego (Maradona), Luca (Vialli) e Paolo (Rossi), tutti scomparsi troppo presto, proprio come lui.

Il Mito di Italia ’90

Schillaci non era uno dei protagonisti più attesi della Nazionale italiana nel 1990. Arrivato a sorpresa nel gruppo guidato da Azeglio Vicini, grazie a una brillante stagione con la Juventus, Totò entrò in campo nella fase a gironi contro l’Austria, segnando il gol decisivo che gli avrebbe cambiato la vita. Da quel momento, Schillaci divenne il volto dell’Italia ai Mondiali, segnando 6 gol e vincendo il titolo di capocannoniere del torneo, oltre al Pallone d’Oro del Mondiale.

La semifinale contro l’Argentina e la successiva sconfitta ai rigori segnò la fine del sogno azzurro, ma Schillaci fu comunque l’eroe di quell’estate, il volto della speranza e della gioia di un’intera nazione.

Il Ricordo del mondo del calcio

Alla notizia della sua scomparsa, tantissimi messaggi di cordoglio sono arrivati da ogni parte d’Italia e dall’estero. L’ex allenatore della Nazionale italiana, Roberto Mancini, ha dichiarato: “Schillaci è stato l’incarnazione della passione e della determinazione. Non dimenticherò mai le emozioni che ha regalato a tutti noi in quei Mondiali. È stato un eroe per tanti giovani e rimarrà per sempre un simbolo del calcio italiano.”

Anche l’ex capitano della Nazionale, Paolo Maldini, compagno di squadra in quella memorabile avventura, ha voluto esprimere il suo dolore: “Totò era un uomo umile, un vero combattente. In campo sapeva trasmettere una carica incredibile. Abbiamo vissuto momenti straordinari insieme e il suo ricordo rimarrà sempre con noi.”

Il presidente della FIGC, Gabriele Gravina, ha reso omaggio all’ex attaccante: “Con la scomparsa di Totò Schillaci, il calcio italiano perde una delle sue leggende. Non sarà mai dimenticato per ciò che ha rappresentato, non solo per il calcio ma per tutto il nostro Paese.”

Una carriera di successi

Dopo il trionfo personale di Italia ’90, la carriera di Schillaci proseguì tra alti e bassi. Dopo aver giocato per Messina e Juventus, dove vinse una Coppa Italia e una Coppa UEFA, passò all’Inter e poi chiuse la carriera in Giappone, con la maglia del Jubilo Iwata, tra i primi italiani a giocare in terra nipponica.

Tornato in Italia, Schillaci si dedicò ad attività imprenditoriali e progetti legati al mondo dello sport. Rimase sempre legato alla sua terra, la Sicilia, e alla città di Palermo, dove aveva anche aperto una scuola calcio per giovani talenti.

L’Uomo dietro l’eroe

Oltre alle gesta calcistiche, Totò Schillaci è stato ricordato per la sua umiltà e la sua semplicità. Un uomo che non ha mai dimenticato le sue origini modeste e che, nonostante la fama improvvisa, è rimasto sempre se stesso. Gianluca Vialli, altro ex compagno di nazionale, ha raccontato: “Totò era un uomo buono, genuino. Ricorderò sempre il suo sorriso sincero, la sua forza d’animo. In un mondo così frenetico e pieno di pressioni, lui sapeva mantenere la sua umanità.”

L’Italia in lutto

La morte di Totò Schillaci rappresenta una perdita incolmabile per il calcio italiano. In suo onore, la FIGC ha deciso di far osservare un minuto di silenzio su tutti i campi durante la prossima giornata di campionato.

Oggi, l’Italia si stringe attorno alla sua famiglia e ricorda un uomo che, per un’estate, fece sognare un’intera nazione. Totò Schillaci, con la sua grinta e il suo talento, rimarrà per sempre nei cuori degli italiani.

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Cronaca

Macabro ritrovamento a Vignale: Il mistero dei resti di neonati in una villetta di Parma

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A Vignale di Traversetolo, Parma, la scoperta dei resti di un neonato e forse di un altro bambino ha sconvolto la tranquilla comunità. I corpi, rinvenuti in un giardino di una villetta abbandonata, hanno portato all’accusa di omicidio e occultamento di cadavere per una ragazza di 22 anni. L’autopsia sul primo neonato ha confermato che il piccolo era nato vivo, ma le cause del decesso restano ignote. Le indagini proseguono sotto il massimo riserbo, con i RIS sul posto e la villetta sotto sequestro.

A dare l’allarme è stato un vicino, e i resti sono stati ritrovati a distanza di un mese l’uno dall’altro. La comunità di Traversetolo, circa 10mila abitanti, è sotto shock, e i dettagli emersi non fanno che aumentare l’angoscia. Il sindaco Simone Dall’Orto ha descritto il quartiere come un’area benestante e tranquilla, dove nessuno si sarebbe aspettato una tragedia del genere.

Gli inquirenti stanno interrogando la giovane e il suo fidanzato, cercando di capire se la ragazza abbia agito da sola o se ci siano stati complici. Il fidanzato, che ha dichiarato di non sapere nulla della gravidanza, ha affermato che la loro relazione si era raffreddata negli ultimi tempi. Un dettaglio significativo è che la giovane era appena tornata da un viaggio in America, postando foto sui social mentre emergevano le notizie sul ritrovamento del cadavere.

La vicenda è ancora avvolta nel mistero, e si attendono ulteriori sviluppi dalle indagini, che potrebbero portare alla scoperta di altri corpi e chiarire le dinamiche di questo oscuro dramma.

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