NEMI (RM) – L'Acea dice NO alla realizzazione dell"isola ecologica di Nemi in via della Radiosa vicino al pozzo che serve acqua potabile alla cittadinanza. Questa la decisione presa nell'ultima conferenza dei servizi che interessa questo difficile iter di realizzazione di un'isola ecologica (attività di gestione rifiuti) proprio a 60 metri da un pozzo che fornisce acqua a tutta la cittadinanza con il rischio altissimo di contaminazione della falda acquifera. Il progetto preliminare redatto dal Comune di Nemi non soddisfa Acea per numerosi motivi. Intanto è da premettere che Acea ha sollecitato più volte l’amministrazione Comunale a togliere i cassonetti dei rifiuti da via della Radiosa proprio perché la loro ubicazione non è idonea.
Il gestore del servizio idrico ha dato quindi parere sfavorevole alla realizzazione dell’isola ecologica in via della Radiosa in conferenza dei servizi nonostante il Comune di Nemi avesse specificato che “l’isola ecologica sarà semplicemente un centro rifiuti urbani raccolti in modo differenziato, come previsto per legge, e non ci sarà nessuna gestione del rifiuto”. E proprio su questo punto invece Acea è stata inequivocabile e perentoria perché, leggi alla mano, ha evidenziato che l’art. 183 comma 1 lettera N del D lgs 152/2006 con il termine “gestione” deve intendersi “prelievo dei rifiuti compresa la cernita preliminare alla raccolta, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta, ai fini di un loro trasporto nei centri di trattamento”.
In pratica l’Acea ha riportato ad litteram l’articolo di legge che L’Osservatore d’Italia non ha mai trascurato di citare negli tabella redatti fin dallo scorso mese di luglio 2016 e cioè che secondo l’art. 94 comma 4 del D. lgs 3 aprile 2006 n°152 la zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d’uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata. In particolare nella zona di rispetto è vietata la gestione dei rifiuti. Come abbiamo già scritto non ci sono interpretazioni di sorta o rimedi tali da circumnavigare la legge: la gestione rifiuti vicino a un pozzo (e ricordiamo che intercorrono 60 metri di distanza tra l’area immondizia e il pozzo di approvvigionamento idrico) non può esistere per legge.
Continua la gestione abusiva Ma l’abusiva gestione dei rifiuti in quell’area continua nonostante i solleciti del gestore idrico, la richiesta di chiarimenti inoltrata dal Garante Regionale del Servizio Idrico l'Avvocato Paola Perisi, nonostante le comunicazioni del Parco regionale dei Castelli Romani che invitavano il Comune di Nemi a bonificare il sito. Più volte la situazione di gestione illecita dei rifiuti nel sito a 60 metri dal pozzo d’acqua è stata denunciata dall’associazione Italia Nostra per voce del suo rappresentante locale Vairo Canterani che insiste su quella che secondo lui è l'unica maniera che ha il Comune di Nemi di gestire i rifiuti tutelando l’ambiente, ovvero di consorziarsi con altri Comuni.
Spesi 5.164,26 euro di soldi pubblici per nulla Canterani evidenzia anche una gestione leggera dei soldi pubblici che pesa, soprattutto di questi tempi, sulle tasche dei cittadini, ricordando il fatto che l'amministrazione comunale di Nemi, prima della sciagurata scelta del sito in via della Radiosa a ridosso di un pozzo d'acqua potabile, aveva identificato come luogo per realizzare l'isola ecologica un'area adiacente il cimitero comunale spendendo 2.675,46 euro per la relazione del geologo e 2.488,80 euro per quella dell'Agronomo, per un totale iva inclusa di 5.164,26 euro. Infatti il Comune a corredo del progetto della variante urbanistica per la realizzazione dell'isola ecologica vicino al cimitero comunale aveva conferito all'agronomo Francesco Abatini l’incarico per la predisposizione di una analisi vegetazionale e al geologo Alessandro Bianchi l’incarico per la predisposizione di una relazione geologica.
"Chi sceglie questi siti? – dice Canterani – Ma non bisognava saperlo prima che non erano adatti prima di conferire incarichi a professionisti? Perché spendere inutilmente dei soldi pubblici?"
A Nemi resta quindi, per ora, il problema di una raccolta differenziata che non riesce a decollare e che assiste a delle scelte che fino ad oggi si sono rivelate in netto contrasto con i vincoli che sussistono sul territorio.
E fatto ancora più grave è il proseguire di un'attività di gestione rifiuti in via della Radiosa che appare del tutto illegale in quanto effettuata in un'area situata vicino al pozzo di acqua potabile a dispetto di tutte le leggi che vietano una simile attività in presenza di un pozzo d'acqua potabile che serve la popolazione, a dispetto dei vari richiami fatti al Comune da parte degli Enti sovracomunali preposti e a dispetto della prevenzione della salute pubblica.
L'INCHIESTA DE L'OSSERVATORE D'ITALIA – tabella PRECEDENTI:
MONTECOMPATRI (RM) – Sono state fermate dai Carabinieri della sezione Operativa della Compagnia di Frascati e della Stazione di Colonna, su decreto di fermo del Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Velletri, per i reati di omicidio preterintenzionale aggravato ed esercizio abusivo di una professione, due donne nigeriane gravemente indiziate di avere operato l’intervento di circoncisione sul bambino nigeriano morto la mattina del 24 marzo scorso.
Anche la madre del bambino è indagata in stato di libertà, gravemente indiziata per concorso in omicidio preterintenzionale. L’autopsia accerterà le cause della morte del bimbo. L’ininterrotta attività di indagine svolta dai Carabinieri, coordinati dalla Procura della Repubblica di Velletri, dal momento in cui il bambino era deceduto, ha consentito di raccogliere gravi elementi indiziari in ordine al fatto che la madre del neonato avesse richiesto per il tramite di una delle due donne l’intervento della seconda al fine di praticare la circoncisione al figlio presso la propria abitazione di Montecompatri; che la seconda donna avesse effettuato l’intervento con l’aiuto della prima. La mattina del 24 marzo scorso la mamma disperata, dopo il malore del bambino, ha chiamato il 112 e ha chiesto aiuto a una pattuglia di Carabinieri della Stazione di Colonna che stava eseguendo un posto di controllo in via Casilina, all’altezza del capolinea della metro C; inutile la corsa in ospedale dell’ambulanza scortata dai Carabinieri. Sono stati sequestrati i cellulari di tutti i coinvolti nella vicenda e, presso l’abitazione della seconda donna, la somma di euro 4.240, ritenuta provento dell’esercizio abusivo della professione, numerose siringhe e medicinali vari. Entrambe le donne fermate sono state tradotte presso la casa circondariale di Roma Rebibbia-Femminile in attesa della convalida.
In manette anche due giovani sorpresi a derubare una mamma distratta mentre accudiva il suo bambino
ROMA – Nell’ambito dei servizi mirati alla prevenzione e al contrasto dei furti nei luoghi di maggiore interesse e affluenza del centro storico, i Carabinieri della Compagnia Roma Centro, nel corso del fine settimana, hanno arrestato 19 persone gravemente indiziate del reato di furto.
Nel particolare, i Carabinieri del Comando Roma Piazza Venezia hanno bloccato due 22enni romeni, senza fissa dimora, che, in piazza dell’Esquilino, approfittando della distrazione di una mamma che stava accudendo il suo bambino, le hanno sfilato la borsa lasciata appesa alle maniglie del passeggino. I due sono stati arrestati e la refurtiva recuperata.
I Carabinieri hanno poi arrestato 8 cittadini stranieri – tre di etnia rom e due sudamericani – sorpresi a derubare i passeggeri a bordo della metropolitana linea “A”, in particolare tra le fermate “Barberini” e “Colosseo”, e altri 4 – un cittadino italiano e tre sudamericani – sorpresi a derubare turisti intenti a cenare ai tavoli esterni dei locali del centro storico, sfilando portafogli e telefoni cellulari da borse e zaini appoggiati sulle sedie.
Infine, altre 5 persone, tutte senza fissa dimora e con precedenti, sono state arrestate dai Carabinieri del Nucleo Scalo Termini dopo essere stati sorpresi a rubare all’interno dei negozi della Galleria Forum Termini.
Le vittime dei furti hanno tutte presentato regolare denuncia e nel corso delle udienze tenutesi presso le aule di piazzale Clodio, gli arresti sono stati convalidati.
Il Comune ha deciso di cambiare la toponomastica per ben sei vie cittadine e contrastare così la forte disparità di genere
Ci sono storie di donne che hanno contribuito a rendere ricca di valori la società. Vanno ricordate e il fatto che esistano amministrazioni talmente sensibili da intraprendere un percorso virtuoso in questa direzione è qualcosa che dona speranza e desiderio di coltivare ancora quei valori che un tempo erano molto floridi. Ci sono sei strade dedicate alle donne che si sommano alle altre quattro già esistenti . È nel piccolo borgo di Colonna ai Castelli Romani che il Comune ha deciso di cambiare la toponomastica per ben sei vie cittadine e contrastare così la forte disparità di genere che, censimento alla mano, esiste nelle titolazioni.
Da oggi nella cittadina che conta poco più di 4 mila abitanti, troveremo via Rosalia Marazzano, la storica levatrice di Colonna e poi via Rita Atria, la collaboratrice di giustizia che si uccise pochi giorni dopo la strage di via D’Amelio e via Eunice Kennedy, figlia della famiglia stanutitense Kennedy impegnata nel sociale e nella disabilità e fondatrice di Special Olympics.
Oltre a queste tre grandi donne le cui storie sono ricche di valori, ci sono tre strade che omaggiano tutte le lavoratrici della terra di Colonna, terra ricca di vigneti e di uliveti: via delle Sermentatrici, via delle Scacchiatrici e via delle Legatrici: «Ci alzavamo alle quattro e andavamo nei campi – ha raccontato una donna di 96 anni –oggi i ragazzi che fanno i vandali dovrebbero andarea lavorare in campagna per capire bene il valore della vita».
Sabato alla presentazione di queste sei nuove strade c’è stata una grande partecipazione da parte della comunità colonnese, donne e uomini del territorio che hanno apprezzato: «Ci siamo mossi – ha detto il sindaco Fausto Giuliani – ancor prima che l’Anci esortasse in maniera virtuosa i Comuni a dedicare tre aree a tre donne, una di rilevanza locale, una nazionale e una straniera. Noi questo percorso lo abbiamo già intrapreso diverso tempo fa, oggi abbiamo cambiato la toponomastica di sei strade e possiamo raccontare le storie delle donne che abbiamo scelto».
E l’assessora alla Scuola e Pari Opportunità Valeria De Filippis insieme all’assessora alla Cultura Serena Quaglia hanno aggiunto: «Il nostro percorso teso a colmare il divario di genere – dice – non si esaurisce con questa iniziativa perché intraprenderemo prossimamente un progetto con le scuole per titolare alcune classi alle donne costituenti».
Chi era Rosalia Marazzano? La levatrice del paese che tra il 1950 e il 1975 fece nascere a Colonna 625 bambini e bambine. Oggi la strada a lei intitolata si trova in pieno centro storico, sotto palazzo Colonna e ha sostituito una parte di via Della Madonnella che continua ad esistere. Una donna, tra le prime negli anni ’60 a prendere la patente, costantemente aggiornata e soprattutto empatica con le famiglie e con le donne che ha aiutato a partorire: «dare il nome di una strada alla levatrice del paese – ha detto l’insegnante Rossana Laterza dell’associazione Toponomastica Femminile – significa contribuire a dare una identità a questo luogo. La media di strade intitolate a donne va dal 3 al 5 per cento e sono in prevalenza sante, mentre quelle dedicate agli uomini sono circa il 40 per cento. C’è ancora molta strada da fare».
E poi l’assessora alla Cultura serena Quaglia ha fatto un passaggio su via Via Rita Atria, che si trova nella parte superiore di Colle Sant’Andrea: «È stata una testimone di giustizia – ha detto – che ha 17 anni si è tolta la vitauna settimana dopo che venne ucciso il magistrato Borsellino. Era una donna che ha deciso di mettersi contro la mafia e di credere nella giustizia».
Via Eunice Kennedy prende una parte di via Colle Sant’Andrea di Sopra e un pezzo di via dei Mattei: «Una donna che ha fatto la differenza per le persone con disabilità intellettive – hanno detto l’insegnante Gabriella Giuliani e la responsabile di Special Olympics Silvia Merni – ha coltivato una cultura del rispetto e inclusione che passa anche per una pratica sportiva condivisa».
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