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Editoriali

NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE

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Tempo di lettura 5 minuti Quando Renzi dice che non accetta lezioni di trasparenza, ha ragione; non le accetta da chi, come lui, trasparente non è mai stato

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di Roberto Ragone
'Niente di nuovo sotto il sole' recita Salomone nell'Antico Testamento, nel il suo libro poetico intitolato ‘Ecclesiaste,’ o Qoelet’, se vogliamo dirlo con gli Ebrei; parole di saggezza di uno che aveva già capito tutto, e che conclude il suo primo capitolo con una frase che recita pressappoco così: “Molta sapienza molto affanno, chi accresce il sapere aumenta il dolore”. Il dolore di vivere, certamente, il dolore di una consapevolezza che non trova alcun sollievo nei fatti di oggi. Viviamo, in Italia, un’epoca che fa venir voglia a molti di scappare, di cambiare nazione e continente, a costo di regredire andando ad abitare in quei Paesi che fino a ieri erano considerati figli di un dio minore, al di là della Cortina di Ferro. Soprattutto i pensionati sull’orlo della povertà, che rinunziano ad una qualità di vita già consolidata, stante la loro età, con figli, nipoti, amici, abitudini.

Oggi vivere in Italia è diventato difficile, roba da ricchi, ma senza avere i vantaggi che possano avere questi ultimi. Diciamola tutta: noi sudditi viviamo una condizione di precarietà mai provata, uno stato d’ansia latente e costante, un’insicurezza che non è solo fantasia, o solo economica; la microcriminalità imperversa, come dimostrato stamattina, giovedì 17 gennaio, con il servizio sui tassinari di Roma, durante l'intervista a Chiara Rai e Antonello Fassari. Sembra che coloro che vogliono armarsi appartengano ad una categoria politica di cattivi a prescindere, perché già nell’animo progettano di togliere la vita ad un essere umano. Buoni, invece, sono coloro che predicano la non violenza, non sapendo bene a chi si debbano rifare, se a Gandhi o a Marx. Il mondo, quindi, è diviso fra buoni e cattivi? Magari fosse, ma non è così. Se i sudditi di questo paese sentono la necessità di un oggetto che li faccia sentire – extrema ratio – più sicuri, o in grado comunque di resistere ad eventuali aggressioni, la colpa è del clima di insicurezza instillato nell'animo della nazione tutta dalla cronaca quotidiana, con una Magistratura che interpreta le leggi, il più delle volte, a pro del reo, dove la certezza della pena è una chimera, dove le Forze dell’Ordine – e siamo stanchi di ripeterlo – sono ridotte ai minimi termini, dove l’esiguità delle pensioni e la scarsezza di lavoro spingono i giovani ad emigrare, e gli anziani a trasferirsi; un governo che non fa nulla di concreto per fare in modo che queste situazioni trovino finalmente una soluzione, nutrendoci di statistiche e di dati che non dicono nulla, che non impediscono che domani possano ripetersi le aggressioni notturne, a cui, piuttosto che una difesa armata, come deterrente possiamo opporre una lavagna con i dati che dicono che la criminalità è in calo, e che loro, gli aggressori con passamontagna, non dovrebbero essere qui, ma in galera per precedenti reati, o espulsi e all'estero, al loro paese. Iperprotetti, di contro, sono gli uomini politici, o coloro che hanno il denaro per pagarsi una scorta, mentre il cittadino, pardon, il suddito comune rischia ogni volta che esce per strada.

Siamo in pieno lavaggio del cervello, e il referente maggiore è la televisione di stato, quella che ci insegna quel buonismo ipocrita dei programmi mielosi dei momenti di maggiore ascolto, quelli che fanno una audience più alta. Quella sapienza che Salomone stigmatizza è molto lontana, e il suo contrario serve evidentemente ad addormentare le coscienze, a tutto pro di chi fa e disfa a suon di proclami, il più delle volte disattesi. In una nazione in cui chi legge un libro al mese è merce rara – e poi bisogna anche vedere cosa legge – assistiamo al proliferare di giornali di gossip, di sottocultura, di pettegolezzo, che vengono pubblicati, venduti e letti, e poco importa se nelle sale d’aspetto dei parrucchieri o dei medici di base. Dobbiamo allora arguire che la maggior parte dei telespettatori aventi diritto al voto è anch’essa becera, tenuta ad arte nell’ignoranza. E’ quindi facile instaurare e propagandare, come legittimi, sentimenti ‘buonisti’, a cui è orientata tutta la falsa politica televisiva, con le sue raccolte umanitarie, i suoi numeri per donare con un sms due, cinque o dieci euro, il che ci fa sentire tutti più buoni, senza conoscere esattamente quanto di quello che doniamo andrà realmente a chi ne ha bisogno, oppure negli stipendi di chi le società umanitarie gestisce e ha creato; senza sapere a chi fanno capo certe organizzazioni, patrocinate, per le offerte, dalla tv di stato; senza pensare che tante di quelle collette dovrebbero essere a carico della pubblica amministrazione, con denari che noi abbiamo già versato per quegli scopi. I ‘buonisti’: è un termine che raccoglie quanto di più becero e ipocrita ci possa essere, come i ‘perbenisti’ dell’800, quelli che avevano la moglie e l’amante, e andavano al casino; tutti sapevano, ma non si doveva dire, e poi la domenica a battersi il petto e a fare la comunione, salvo poi a ricominciare da capo il lunedì.

Quando Renzi dice che non accetta lezioni di trasparenza, ha ragione; non le accetta da chi, come lui, trasparente non è mai stato, ma sarebbe costretto ad accettarle da noi sudditi, se solo avessimo la possibilità di farci sentire, o di essere considerati. Ma sembra che questo governo, non dichiaratamente di sinistra – infatti anche Matteo tende al centro, dove sa che c’è la maggioranza dei voti – sia quello che vuole risolvere i problemi della nazione. ‘Cambiamo l’Italia’, si predica alla Leopolda e fuori: ma forse l’Italia non vuole essere cambiata, oppure non nel senso che dice lui, o peggio. Le riforme tanto sbandierate ad ogni piè sospinto sono sicuro che le ha capite il dieci per cento degli Italiani, cioè quelli che sono in politica. Per il resto, il 'jobs act' – attento, quando l’avvocato parla latino ti sta fregando, dice Manzoni  – la 'spending review' fatta pro domo sua, la ‘buona scuola’ che di buono sembra non abbia granchè, e così via. Senonchè arriva di botto una Le Pen che si affaccia al governo della Francia. Conosco i Francesi per averli molto frequentati anni fa, e a loro ho sempre invidiato una coerenza intellettuale. Sono nazionalisti ma non fascisti, amano la patria e la servono, ma non sono estremisti, comprano quasi soltanto auto francesi, ricordano De Gaulle come un uomo decisivo, ma non ne fanno un mito, molto simili, per alcuni aspetti, agli Americani. Se hanno deciso di votare a destra, avranno avuto le loro ragioni, e vanno rispettate. Quelli che il nostro ineffabile Presidente del Consiglio chiama ‘populismi’, con termine dispregiativo, è l’espressione di una intera nazione, tanto che ci si sono dovuti mettere in parecchi per sconfiggerla. Ironia della sorte, i populismi sono propri di questo governo, e di questo Presidente: come chiamate la regalia elettorale degli 80 euro, che poi 80 non sono mai stati, perché nessuno ha spiegato agli interessati che essi sarebbero stati elargiti con gradualità, secondo il reddito? Se Renzi viene in TV a dire che ’80 euro sono pochi per chi ha tanti soldi, ma sono tanti per chi ne ha pochi’, allora, amico mio, questo è un autogol macroscopico, perché gli 80 euro – che sembra verranno dati ai poliziotti, dopo averli insultati con 9 euro lordi che i più hanno rifiutato – diventano una elemosina. Con 80 euro ci fai la spesa per una settimana, oggi, al discount, per una famiglia normale di quattro persone. Quindi, chi più buonista e populista di un Renzi che con le sue iniziative cerca di accattivarsi le simpatie della pancia della gente – sudditi comuni? Oppure dovremmo usare un altro termine, demagogia? Certamente nelle sue iniziative c’è molto di demagogico, in quello che proclama.

Quello che fa, disse una volta un Cinquestelle, è un’altra cosa, perché non lo dice. A vederlo agitarsi ieri, ad alzare la voce in Parlamento, m’è venuta in mente l’opera dei pupi, Orlando e Rinaldo, e chiedo scusa, ma la mia sensazione è stata quella: purtroppo per lui chi alza la voce vuol dire che non riesce a farsi sentire parlando piano. Come un’altra sensazione mi grava nella mente, memore di Prodi, Monti e Letta: stia attento Matteo ai suoi stessi compagni, quelli sempre pronti a saltare sul carro del vincitore: può darsi che anche lui sia vicino alla scadenza, come dimostrato dai suoi predecessori. E allora l’Italia non la potrà più cambiare, lo farà qualcun altro: sempre che gli Italiani ci abitino ancora.
 

Editoriali

Da Giorgio Almirante a Giorgia Meloni: 80 anni di percorso tra continuità e cambiamenti della destra italiana

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La politica italiana ha sempre ospitato una serie di correnti e movimenti, con la destra che ha attraversato varie fasi e trasformazioni nel corso del tempo. Da Giorgio Almirante, fondatore del Movimento Sociale Italiano (MSI), a Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia (FdI), la destra italiana ha attraversato un percorso complesso, caratterizzato da cambiamenti ideologici, sociali e politici.

L’eredità di Giorgio Almirante e il Movimento Sociale Italiano (MSI)

Giorgio Almirante è stato una figura di spicco della destra italiana nel secondo dopoguerra. Come fondatore e leader del MSI, Almirante incarnava un nazionalismo conservatore e anti-comunista. Il MSI, nato nel 1946, era erede del Partito Fascista di Benito Mussolini e rappresentava un’ala estrema della politica italiana. Tuttavia, negli anni ’70 e ’80, sotto la guida di Almirante, il MSI cercò di rinnovare la sua immagine, cercando di allontanarsi dall’etichetta di “fascista” e di inserirsi nel panorama politico mainstream.

Il passaggio dall’MSI a Alleanza Nazionale

Negli anni ’90, con la fine della guerra fredda e il crollo del comunismo, la destra italiana subì un cambiamento significativo. Nel 1995, il MSI si trasformò in Alleanza Nazionale (AN), sotto la leadership di Gianfranco Fini. Fini cercò di allontanare il partito dagli elementi più estremisti e fascisti, adottando una retorica più moderata e democratica. AN divenne parte integrante del sistema politico italiano, entrando a far parte di coalizioni di governo e accettando i principi della democrazia pluralista.

La rinascita della destra con Fratelli d’Italia

Tuttavia, il vento della destra italiana ha continuato a soffiare, e nel 2012 è stato fondato Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale (Fdl-AN), guidato da Giorgia Meloni, Gianni Alemanno e Ignazio La Russa. Il partito si è posizionato come l’erede ideologico dell’AN e ha abbracciato un nazionalismo conservatore e identitario. Meloni, in particolare, ha portato una ventata di freschezza alla destra italiana, attrattiva soprattutto per i giovani e per coloro che si sentono trascurati dalle élite politiche tradizionali.

L’ascesa di Giorgia Meloni e la nuova destra italiana

Giorgia Meloni, nata nel 1977, rappresenta una nuova generazione di leader della destra italiana. Con una retorica forte e decisa, Meloni ha saputo capitalizzare sul malcontento verso l’establishment politico e sulle preoccupazioni riguardanti l’immigrazione, la sicurezza e l’identità nazionale. Fratelli d’Italia ha ottenuto risultati significativi nelle elezioni politiche, consolidando la sua posizione come uno dei principali partiti di destra in Italia.

La destra italiana nel contesto europeo

Il percorso della destra italiana, da Almirante a Meloni, riflette anche le tendenze più ampie all’interno della destra europea. La crescente preoccupazione per l’immigrazione, l’identità nazionale e la sovranità statale ha alimentato la salita di partiti di destra in molti paesi europei. Tuttavia, ciascun paese ha le sue specificità e la sua storia politica unica, che influenzano il modo in cui la destra si presenta e agisce.

La Frammentazione della Destra Italiana: Un’Analisi Politica

La politica italiana è stata da sempre caratterizzata da una molteplicità di partiti e movimenti, ognuno con la propria ideologia e visione politica. Tra questi, la destra italiana non è stata immune dalla frammentazione, che ha avuto un impatto significativo sul paesaggio politico del Paese.

Origini della Frammentazione

Per comprendere appieno la frammentazione della destra italiana, è necessario analizzare le sue origini. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia ha visto la nascita di una serie di partiti politici di destra, che spaziavano dall’estrema destra nazionalista a movimenti conservatori più moderati.

Tuttavia, nel corso degli anni, la destra italiana ha subito numerose scissioni e divisioni interne, spesso dovute a conflitti personali, divergenze ideologiche e lotte di potere. Questi fattori hanno contribuito alla creazione di una serie di partiti e movimenti di destra, ognuno con il proprio leader carismatico e seguaci devoti.

Le Principali Fazioni

La frammentazione della destra italiana ha portato alla creazione di diverse fazioni e gruppi politici, ciascuno con le proprie caratteristiche e obiettivi. Tra i principali vi sono:

  1. Forza Italia: Fondato da Silvio Berlusconi nel 1994, Forza Italia è stato uno dei principali partiti di centro-destra in Italia per diversi decenni. Tuttavia, nel corso degli anni, il partito ha subito diverse scissioni e ha visto la nascita di nuove formazioni politiche.
  2. Lega Nord: Originariamente un movimento separatista del Nord Italia, la Lega Nord si è trasformata in un partito nazionale di destra sotto la leadership di Matteo Salvini. La Lega Nord è nota per le sue posizioni anti-immigrazione e euroscettiche.
  3. Fratelli d’Italia: Un partito di destra nazionalista fondato da Giorgia Meloni nel 2012, Fratelli d’Italia è diventato uno dei principali attori della destra italiana. Il partito si basa su un nazionalismo conservatore.
  4. Movimento Sociale Italiano (MSI): Originariamente un partito neofascista fondato nel dopoguerra, il MSI è stato successivamente trasformato in Alleanza Nazionale e infine assorbito da Forza Italia. Tuttavia, una parte dei suoi ex membri ha continuato a operare all’interno di movimenti di estrema destra.

Impatto sulla Politica Italiana

La frammentazione della destra italiana ha avuto un impatto significativo sulla politica del Paese. Innanzitutto, ha reso difficile per la destra italiana presentare un fronte unito e coeso, spesso conducendo a coalizioni fragili e instabili.

Inoltre, la frammentazione ha alimentato la polarizzazione politica in Italia, con i vari partiti di destra che competono per attirare l’elettorato con discorsi populisti e promesse di cambiamento. Questo ha contribuito a una maggiore instabilità politica e ha reso difficile per il Paese affrontare le sfide economiche, sociali e ambientali.

Prospettive Future

Il futuro della destra italiana rimane incerto, con molte domande sulla sua capacità di unirsi e presentare un fronte coeso. Tuttavia, con l’aumento del nazionalismo e del populismo in Europa, è probabile che la destra italiana continui a giocare un ruolo significativo nella politica del Paese. In conclusione, la frammentazione della destra italiana è stata una caratteristica persistente della politica italiana, con profonde implicazioni per il Paese nel suo complesso. Mentre la politica italiana continua a evolversi, sarà interessante osservare come la destra italiana si adatterà e influenzerà il futuro del Paese.

Conclusioni

Il percorso della destra italiana da Giorgio Almirante a Giorgia Meloni è stato caratterizzato da continuità e cambiamento. Mentre alcuni principi fondamentali, come il nazionalismo e il conservatorismo, sono rimasti costanti, il modo in cui questi principi sono stati interpretati e presentati è cambiato nel corso degli anni. Con Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, la destra italiana si trova oggi in una fase di rinnovato vigore e ambizione, giocando un ruolo sempre più centrale nel panorama politico nazionale.

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Costume e Società

Famiglie allargate si o no?

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Le ricerche sociologiche, oggi, vedono un forte cambiamento nell’assetto familiare. Tale condizione ha origine sia da un mutamento nel concetto di genitorialità che nel ruolo della famiglia all’interno della società: cambiano le persone, si modificano le strutture familiari, mutano le coppie, si spostano gli interessi di ogni singolo individuo, passando dalla condivisione all’individualizzazione.

Molti aspetti legati alla natura psicologica del singolo soggetto subiscono un cambio repentino: si pensa più a sé stessi che agli altri. In questo scenario, siamo di fronte a molte trasformazioni che vanno ad incidere, inevitabilmente, sulla composizione della famiglia stessa.

Quello che cambia oggi rispetto a circa 50 anni fa è legato alle cause della nascita delle nuove famiglie “allargate”, “ricomposte” o “ricostituite. Mentre un tempo le famiglie ricostituite si formavano dopo la morte di un coniuge, dagli anni ‘70, invece, con la possibilità anche in Italia di ricorrere a separazione e divorzio, si sono verificati cambiamenti sociali e culturali che hanno portato ad una nuova struttura di queste famiglie.

Le famiglie “allargate”, ovvero le famiglie composte da due partners che hanno vissuto l’esperienza della fine di un precedente matrimonio, da cui almeno uno ha avuto figli che attualmente vivono con loro, hanno la caratteristica di avere confini più labili e incerti rispetto alla famiglia “tradizionale”, sia in termini biologici che legali. I processi relazionali sono sicuramente più complessi, sia nella comprensione che nella gestione, sono flessibili e hanno un inizio e un’evoluzione molto rapida.

Le famiglie ricostituite sono state definite “cespugli genealogici”, per la loro ampia estensione orizzontale anziché verticale. Mentre alcuni studiosi non appoggiano totalmente questi cambiamenti, altri fanno fronte alle nuove forme familiari che non possono essere ignorate, ma devono essere comprese e sostenute.

Le famiglie ricostituite vivono la crisi di chi, con storie diverse e diversi modi di affrontare i problemi, deve trovare dei compromessi per affrontare insieme nuove situazioni.
Gli studi affermano che i precedenti rapporti coniugali e la loro chiusura siano stati rielaborati, con una buona definizione delle attuali relazioni e con confini chiari, in modo che i partner possano iniziare un nuovo rapporto senza rancori passati. È importante che i figli non abbiano un atteggiamento oppositivo verso il nuovo partner, sperando in una riappacificazione tra i suoi genitori. Questo sarà direttamente proporzionale ai livelli di chiarezza e definizione raggiunti.

L’età dei figli è importante: i bambini in età prescolare potrebbero manifestare regressioni, nascondendo il desiderio di farsi accudire. Per i ragazzi la necessità di conferme da parte del genitore biologico potrebbe invece lasciare il posto alla rabbia verso il genitore acquisito, soprattutto nella fase adolescenziale, all’interno della quale avviene il processo di costruzione della loro identità e questo totale mutamento potrebbe essere percepito come un ostacolo.
In questa fase, per i figli, il formarsi di una famiglia allargata, sancisce definitivamente la fine della relazione tra i genitori biologici, e spesso questo può portare alla paura inconscia che affezionandosi al genitore acquisito, in qualche modo si “tradisca” quello biologico. La causa che ne consegue è che ciò potrebbe portare i figli ad allearsi con quest’ultimo e sviluppare un senso di protezione morboso.

In ogni caso la genitorialità è ancora più difficile poiché i genitori dovranno imparare a gestire eventuali conflitti e gelosie tra i fratelli acquisiti. Nelle famiglie allargate è opportuno costruire nuove identità familiari, nuove stabilità ed equilibri.
A tale proposito, non si può dare una risposta definitiva alla domanda “Le famiglie allargate sì o no?”, poiché essendo in continua espansione necessitano di sostegno e di supporto. Sicuramente nelle famiglie ricostituite possono innescarsi situazioni particolari, ma dare una “valutazione” negativa o positiva non è certo il modo migliore per andare verso un processo di accettazione.

Di concerto, le famiglie ricostituite possono racchiudere al loro interno grandi risorse ed elementi di ricchezza per tutti i componenti, i quali si troveranno a contatto con abitudini, tradizioni, modelli e storie diverse dalle proprie.

Tutto questo, se integrato con nuovi “ingredienti” e abitudini comuni diviene un elemento fondamentale per la crescita e il benessere di tutti, portando alla costruzione di nuovi equilibri.

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Editoriali

Riforma tributaria e abrogazione legge Pittella: l’Avvocato Lucarella presenta petizione alla Camera dei Deputati

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La legge Pittella da ormai due anni ha cambiato le carte in tavola per migliaia di contribuenti italiani: da un giorno all’altro anni di sacrifici economici e investimenti legali andati in fumo per effetto della legge 215/2021 (partorita dal Parlamento a seguito dell’emendamento che prese il nome dal suo proponente).
La questione, molto dibattuta in ambito giuridico, ha scatenato molti effetti sul piano umano e di vita reale per singoli cittadini ed imprese soprattutto medio-piccole: in pratica la legge, prevedendo la non impugnabilità dei famosi estratti di ruolo (rilasciati dalla ex Equitalia), comporta il non potersi più difendere da atti dell’amministrazione esattoriale ritenuti illegittimi se non quando una intimazione di pagamento, un pignoramento, una istanza di fallimento dovessero essere notificati.
L’Avv. Angelo Lucarella, già vice presidente coord. Commissione Giustizia del Ministero dello Sviluppo Economico, docente a.c. in Diritto processuale tributario – Università degli studi di Napoli Federico II e tra gli esperti giuristi italiani invitati dal World Justice Project 2023 (sostenuto dalla Commissione Europea), ha depositato il 30 dicembre 2023 una petizione per la riforma legislativa secondo quanto previsto dall’art. 50 della Costituzione italiana.
“Si tratta di un atto doveroso: bisogna rimettere i cittadini, che avevano promosso contenziosi per cartelle esattoriali ritenute illegittime, in condizione di difendersi.
Il fatto che una legge dello Stato, di punto in bianco, faccia blocco al diritto di difesa con un effetto retroattivo implicito è contro la Costituzione italiana perché crea disparità di trattamento e violazione del diritto di difesa. Principi e diritti, quest’ultimi, anche tutelati a livello europeo e internazionale.
Con la petizione, per quanto anzitutto fatto ed atto simbolico, si istruisce un procedimento legislativo che vedrà interessarsi della questione una Commissione parlamentare apposita.
La speranza è che si giunga alla abrogazione della legge Pittella o quantomeno ad una norma c.d. di interpretazione autentica affinché si dichiari, una volta per tutte, che non è possibile alcun effetto retroattivo implicito. Sulla scorta di questa ipotetica soluzione legiferare per la riapertura dei termini contenziosi per i contribuenti che vogliono continuare le cause all’epoca avviate o quantomeno consentire loro di conciliare con l’erario allo stato del giudizio prima della legge Pittella.
Inoltre è la stessa Corte Costituzionale con la recente decisone 190/2023 ad invitare il legislatore ad intervenire quanto prima sulla questione.
Quindi ne va dello stato di diritto e della credibilità del sistema delle leggi democratiche”.
È quanto commenta l’avv. Lucarella.

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