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Cronaca

Norma Cossetto, il dolore taciuto delle foibe e le atrocità dei partigiani comunisti

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Un simbolo dell’esodo istriano, una donna stuprata e infoibata; il silenzio sui crimini dei partigiani comunisti è una ferita ancora aperta

Domenica 5 ottobre 2025, alle ore 11, a San Martino al Cimino, in via del Colle, Viterbo si unirà alle oltre 400 città italiane ed estere che renderanno omaggio a Norma Cossetto con la manifestazione “Una Rosa per Norma”, giunta alla sua settima edizione. L’iniziativa, nata da un’idea del viterbese Maurizio Federici e organizzata dal Comitato 10 Febbraio, vuole mantenere viva la memoria di una giovane donna istriana che nel 1943 fu vittima di una delle più atroci pagine della nostra storia nazionale. Studentessa universitaria, Medaglia d’Oro al Merito Civile, Norma fu sequestrata, torturata, violentata e infine gettata in una foiba dai partigiani comunisti slavi.

Ma ricordare Norma significa anche dare voce a migliaia di altre vittime innocenti — donne, uomini, bambini, intere famiglie — travolte dalle violenze e dalle rappresaglie che seguirono l’armistizio dell’8 settembre 1943 e poi, ancor più, la fine della Seconda guerra mondiale. Le foibe istriane e l’esodo di circa 300.000 italiani da Istria, Fiume e Dalmazia rappresentano una tragedia nazionale che per decenni è stata avvolta nel silenzio, soffocata da motivazioni politiche e da un clima culturale che preferiva rimuovere piuttosto che affrontare la verità.

Il Comitato 10 Febbraio, con il suo presidente nazionale Silvano Olmi, sottolinea il valore patriottico e civile della cerimonia: “Un successo enorme, ottenuto grazie all’impegno dei volontari, delle associazioni d’Arma e degli Esuli che ci affiancano”. E proprio gli esuli istriani, con le loro testimonianze di dolore e sradicamento, hanno per anni lottato affinché questa memoria non venisse cancellata.

Norma Cossetto è diventata il simbolo di un dramma collettivo. Una giovane donna di 23 anni che amava la sua terra, la sua università, i suoi studi, strappata brutalmente alla vita in nome di un odio ideologico che non risparmiò nessuno. Il suo corpo martoriato nelle viscere della terra istriana è la testimonianza di quanto la violenza cieca possa annientare l’umanità. Ed è significativo che oggi siano proprio le nuove generazioni, studenti e giovani associazioni, a deporre una rosa per lei, in un gesto di memoria che non è retorico, ma un atto di giustizia verso la verità storica.

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Raccontare Norma e i martiri delle foibe non significa voler riaprire ferite o alimentare divisioni, ma avere il coraggio di guardare alla storia con onestà, senza censure né rimozioni. Per troppo tempo si è taciuto sulle atrocità commesse dai partigiani comunisti jugoslavi di Tito: sequestri, torture, infoibamenti, deportazioni nei campi di prigionia. Una violenza sistematica che aveva come obiettivo l’annientamento della presenza italiana in quelle terre.

Oggi, a distanza di ottant’anni, la memoria torna a farsi viva. Le cerimonie come quella di San Martino al Cimino hanno un valore che va oltre la semplice commemorazione: sono un monito. Ci ricordano che la libertà, la dignità e la verità storica non sono conquiste definitive, ma beni da difendere ogni giorno.

Una rosa per Norma, dunque, ma anche una rosa per tutti i martiri dimenticati, per chi non ebbe funerali né ricordi, per chi fu inghiottito dall’odio e dal silenzio. Perché la storia non si cancella e la memoria è l’unica giustizia che possiamo ancora rendere a chi ha pagato con la vita il prezzo di essere italiano in un tempo di vendette ideologiche.

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