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Cronaca

OMICIDIO DELLA PICCOLA FORTUNA LOFFREDO, L'UOMO ARRESTATO

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Tempo di lettura 4 minuti Due inquiline del "palazzo degli orrori" sono indagate dalla Procura di Napoli Nord per l'ipotesi di reato di false dichiarazioni rese all'autorità giudiziaria

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Redazione

Raimondo Caputo, 43 anni, l'uomo accusato di aver violentato e ucciso la piccola Fortuna Loffredo, di 6 anni, a Parco Verde di Caivano (Napoli) il 24 giugno 2014, è stato aggredito da altri detenuti nella cella in cui si trovava. Lo si apprende dal Procuratore di Napoli Nord, Francesco Greco, che precisa che Caputo "presenta i segni dell'aggressione, ma nulla di grave". Caputo è stato quindi trasferito in cella di isolamento per motivi precauzionali per la sua incolumità. L'uomo, nell'interrogatorio di garanzia davanti al gip, si era difeso dicendo: "Non ho ucciso Fortuna, non ero lì quando lei è caduta, né ho mai commesso abusi sessuali".

Intanto a Napoli il ministro Angelino Alfano ha fatto un appello: "Chi sa parli". Noi abbiamo bisogno di parole da parte di chi sapeva e non ha voluto dirle queste parole precedentemente – ha detto Alfano rispondendo alle domande dei giornalisti – perché questo silenzio è pesato in termini di ferocia quanto quel terribile gesto che ha visto coinvolta Fortuna". "Noi daremo il supporto delle forze dell'ordine all'inchiesta – ha aggiunto Alfano – e tutto ciò che ci sarà chiesto in termini di forze dell'ordine lo offriremo per riuscire ad accelerare i tempi di questa inchiesta".

"E' una bestia che forse non ha neanche capito quello che ha fatto: in un altro Paese lo condannavano a morte". Lo dice Pietro Loffredo, 40 anni, che definisce così Raimondo Caputo.

Due inquiline del "palazzo degli orrori", dove viveva la piccola Fortuna, sono indagate dalla Procura di Napoli Nord per l'ipotesi di reato di false dichiarazioni rese all'autorità giudiziaria. Fra le persone indagate – si apprende da fonti vicine all'inchiesta – vi è la donna che gli investigatori ritengono abbia raccolto la scarpa persa da Fortuna al momento della morte.

"Lui la violentava, lei dava calci. Ho sentito il suo urlo". Non sono stati gli adulti, chi sapeva e non ha parlato, ad aiutare gli inquirenti a fare luce sull' uccisione, a soli 6 anni, di Fortuna Loffredo, lanciata nel vuoto dall'ottavo piano del palazzo dove abitava, il 24 giugno 2014. Sono state le sue amichette a raccontare la tragedia di Chicca, come veniva chiamata Fortuna, e mettere gli investigatori sulla giusta strada con le loro parole e i loro disegni, una volta allontanate dai magistrati dal degrado familiare in cui vivevano. Così è stato scoperto l' "orco". Secondo la Procura della Repubblica di Napoli Nord, a violentare e uccidere Chicca è stato un vicino di casa, Raimondo Caputo, di 43 anni, disoccupato e pluripregiudicato, già in carcere per abusi sessuali ai danni di un'altra bimba di tre anni, figlia della sua compagna. Fortuna venne uccisa perché si era rifiutata di subire l'ennesimo tentativo di violenza sessuale. Un "no" pagato con la vita. Raccapriccianti ma, secondo il gip, "assolutamente illuminanti e inoppugnabili" le informazioni raccolte nel corso di un colloquio con un'amichetta di Chicca, lo scorso mese di marzo, nella casa famiglia dove, insieme alle sorelline, era stata trasferita dopo l'allontanamento dalla mamma (anche lei accusata di violenza sessuale in concorso) e dal convivente di quest'ultima. Eloquente e dirimente, anche secondo una psicologa, è un disegno in cui la bimba raffigura l'orco, a cui dà un nome e un cognome, con delle strisce sul volto, assimilabili a dei serpenti.

Ieri, dopo che si è diffusa la notizia dell'arresto di Caputo, ignoti hanno dato fuoco con una bottiglia incendiaria a una delle finestre dell'abitazione di Caivano in cui la compagna dell'uomo sta scontando i domiciliari, in quanto ritenuta complice delle violenze ai danni delle figlie, per non aver mai denunciato nulla. "Da una parte sono soddisfatta per aver avuto giustizia – ha detto la mamma di Fortuna – dall'altra dico che quei due devono marcire in carcere". Più duro il parere del segretario federale della Lega Nord Salvini, che ha definito il presunto pedofilo "un verme per cui la galera non basta: castrazione chimica e lavori forzati, fino alla fine dei suoi miseri giorni". I magistrati aversani e i carabinieri si sono trovati di fronte un muro di omertà che ha protetto il 43enne e decisivo si è dimostrato il racconto dell'amichetta di Fortuna. "Raimondo e Chicca sono saliti all'ottavo piano, lui l'ha violentata, lei dava calci, poi l'ha buttata giù". Dall'inchiesta emerge poi il contesto sociale a Parco Verde assimilabile a un vero e proprio quadro dell'orrore: oltre a Caputo, nel corso delle indagini sulla morte della piccola Fortuna, gli inquirenti hanno accertato che anche altri quattro minori dello stesso stabile erano stati vittime di violenze, tanto che tra le fine del 2014 e l'inizio del 2015 un'altra coppia di inquilini era finita agli arresti per pedofilia; tra questi figurava Salvatore Mucci, colui che per primo soccorse Fortuna dopo il volo di otto piani. Accanto a quella di Fortuna c'è una storia analoga, quella di Antonio Giglio, il bimbo di tre anni figlio della compagna dell'uomo arrestato, a cui, nel 2013, toccò la stessa fine di Fortuna: morto dopo un volo nel vuoto di decine di metri. I due episodi non sarebbero al momento collegati ma sviluppi potrebbero esserci nelle prossime settimane. E proprio il contesto ambientale ha complicato le indagini, tra depistaggi veri e propri e dichiarazioni inventate ad arte. Il primo episodio inquietante è la sparizione della scarpina di Fortuna, di cui si sarebbe resa responsabile, è emerso dalle indagini, l'inquilina dell'ottavo piano, la stessa che subito dopo il fatto negò di aver visto Caputo andare sul pianerottolo con la piccola.

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Ambiente

Tragedia sul Monte Bianco: Ritrovati i corpi di quattro alpinisti

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Due italiani e due coreani vittime della montagna. L’ultimo sogno realizzato sul Cervino prima del fatale destino

Un silenzio carico di dolore avvolge le pendici del Monte Bianco, dove ieri sono stati ritrovati i corpi senza vita di quattro alpinisti: due italiani e due coreani. Sara Stefanelli e Andrea Galimberti, i due connazionali di cui si erano perse le tracce dal 7 settembre, hanno trovato il loro ultimo riposo tra i ghiacci eterni della montagna che amavano.

Il tragico epilogo è giunto dopo giorni di angosciosa attesa e speranza. Le condizioni meteorologiche avverse avevano impedito per tre interminabili giorni il decollo degli elicotteri di soccorso. Solo ieri, con una schiarita, un elicottero del soccorso alpino francese è riuscito a levarsi in volo, portando alla luce la drammatica verità.

Etienne Rolland, comandante del Pghm di Chamonix, ha confermato che le due cordate sono state “rapidamente localizzate”, grazie alle informazioni sul loro probabile percorso e altitudine. Una conferma che rende ancora più straziante l’idea che i soccorritori sapessero dove cercare, ma fossero stati ostacolati dalle forze della natura.

La notizia ha scosso profondamente la comunità alpinistica e non solo. Sulla pagina Facebook di Andrea Galimberti, una cascata di messaggi di cordoglio ha sostituito le precedenti speranze di un lieto fine. Amici e conoscenti piangono ora la perdita di un appassionato alpinista e della sua compagna d’avventure, Sara.

Le ultime immagini condivise sui social dai due mostrano momenti di pura gioia sul Cervino, appena pochi giorni prima della tragedia. Scatti che ora assumono un significato quasi profetico, immortalando l’ultimo grande sogno realizzato insieme. Andrea descriveva con entusiasmo l’ascesa al Cervino compiuta il 3 settembre: “Dopo il classico corso di alpinismo tre mesi fa Sara inizia ad arrampicare con me. Davvero tanta roba da subito, in alta quota sul facile non ha problemi anzi va da Dio”.

Queste parole, cariche di orgoglio e affetto, risuonano ora come un addio involontario, un testamento della passione che li univa e che li ha portati a sfidare le vette più impervie.

La tragedia sul Monte Bianco non ha risparmiato nemmeno i due alpinisti coreani, il cui destino si è intrecciato fatalmente con quello degli italiani. Quattro vite spezzate, quattro storie di passione per la montagna interrotte bruscamente.

Mentre la comunità alpinistica si stringe nel dolore, questa tragedia riaccende il dibattito sulla sicurezza in montagna e sui rischi che anche i più esperti corrono nell’affrontare le sfide delle alte quote. Il Monte Bianco, maestoso e implacabile, si conferma ancora una volta una bellezza tanto affascinante quanto pericolosa, capace di regalare emozioni uniche ma anche di reclamare un tributo altissimo.

Le indagini sulle cause precise dell’incidente sono ancora in corso, ma già si leva un coro unanime: quello della prevenzione e della prudenza, anche per i più esperti. Perché la montagna, nella sua immensa bellezza, resta sempre un ambiente che richiede il massimo rispetto e un’infinita cautela.

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Castelli Romani

Frascati: “Crolla” la pavimentazione in piazza San Rocco

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Spaventano le immagini che ci sono arrivate oggi in redazione di piazza San Rocco a Frascati.
“Frascati crolla” è il grido che ci giunge.

la foto mostra nel dettaglio la “voragine” creatasi su piazza San Rocco

I lavori che imperversano in città mostrano la fragilità del territorio dove si sviluppa Frascati.
Anni di mancate manutenzioni e di lavori, a quanto ci dicono numerosi altri cittadini, eseguiti con poca accuratezza hanno minato la stabilità del terreno e le piogge torrenziali di questi giorni sono il “colpo di grazia”.

immagini giunte in redazione

Quello che traspare è la necessità di porre in essere un accurata ricognizione della città stessa, specie nella zona più storica ed antica.
La necessità di riqualificare, in special modo, tutto il centro storico diventa sempre di più necessaria ed urgente proprio per evitare ulteriori danni a quello che resta il fragile territorio della città tuscolana.

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Cronaca

Tragedia familiare a Perugia: tre corpi trovati senza vita in un casolare isolato

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Un agghiacciante ritrovamento ha sconvolto la comunità di Perugia: tre persone sono state scoperte morte all’interno di un casolare abbandonato, situato nelle campagne remote di Fratticiola Selvatica. Gli inquirenti parlano di una scena drammatica, che sembra indicare un brutale omicidio-suicidio.

Secondo le prime informazioni fornite dagli investigatori, si tratterebbe di un gesto estremo avvenuto in ambito familiare, un atto di violenza che ha spezzato tragicamente tre vite. Le vittime sono un uomo, sua moglie e la loro figlia, tutti uccisi da colpi di fucile sparati a bruciapelo. Il silenzio che circonda questo macabro episodio lascia spazio a molte domande, ma una delle poche certezze è che si tratta di un dramma che ha avuto come sfondo una tranquilla e isolata zona rurale.

Non è ancora chiaro chi abbia lanciato l’allarme, ma l’intervento dei soccorritori del 118, giunti sul posto con un’ambulanza e un’auto medica, è stato purtroppo inutile: i tre erano già deceduti all’arrivo.

Le indagini, coordinate dalla Procura di Perugia, sono ancora in corso per fare chiarezza su chi abbia premuto il grilletto e ricostruire con precisione la dinamica degli eventi. Sul luogo della tragedia sono intervenute la squadra mobile e la scientifica, impegnate a raccogliere ogni elemento utile per risolvere questo inquietante caso. Il casolare, ubicato in una zona di campagna difficile da raggiungere, è accessibile solo attraverso una stretta strada sterrata, aumentando la sensazione di isolamento e mistero che circonda l’intera vicenda.

Le indagini proseguono senza sosta, ma il paese è già sconvolto da un dramma che lascia una scia di dolore e interrogativi.

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