Omicidio Fortuna Loffredo: scioccanti rivelazioni di Tito in aula

 
di Angelo Barraco
 
NAPOLI – Colpo di scena nel processo per il delitto della piccola Fortuna Loffredo, bimba di 6 anni lanciata dall’ottavo piano dell’isolato C di un terrazzo del Parco Verde di Caivano il 24 giugno 2014. L’udienza salta per sciopero della Camera Penale di Napoli e l’aula si svuota, ma inaspettatamente arriva il colpo di scena che fa raggelare il sangue ai presenti. Raimondo Caputo detto “Tito”, a processo per omicidio e abusi sessuali, dopo esserci consultato con il suo legale dichiara di essere disposto a parlare nell’udienza del 2 maggio e ad ammettere di aver abusato dell’amica del cuore della piccola Fortuna. La ragazza tirata in ballo da Tito ha oggi 11 anni ed è la figlia della sua ex convivente Marianna Fabozzi, imputata in concorso per violenza sessuale. Le parole di Tito, per la prima volta esposte in maniera del tutto informale e hanno rimbombato in quell’aula vuota, lasciando un solco nell’animo dei presenti che hanno ascoltato impassibili: “Dottò, ve lo ripeto. Sono un ladro, e qualche volta lo ammetto ho toccato l’amica del cuore di Fortuna” ha continuato poi “Lo facevo e lo sapevano in casa. Sia Marianna, la madre della bimba, che la nonna Angela Angelino” ha puntualizzato “Lo sapevano e non dicevano niente, dottò”. Fa inoltre delle precisazioni in merito a quanto accaduto “Quella mattina Marianna Fabozzi ha afferrato Fortuna per i piedi, graffiandola. L'ha sollevata e mentre la bambina cercava di liberarsi l’ha gettata via come un pezzo di carta sporca”. Tito sostiene inoltre che la Caputo “ha ucciso nel 2013 il suo figlio più piccolo Antonio Giglio, anche lui caduto nel vuoto, perché secondo lei impediva la nostra convivenza. E allo stesso modo ha fatto con Fortuna perché odiava sua madre Mimma Guardato e voleva farle un dispetto. Non ho detto niente sulla morte del bambino per paura che lei mi denunciasse per le cose che facevo con la figlia più grande. Ma ora mi accusate di essere l'assassino di Fortuna. E non è vero”. L’uomo si era sempre dichiarato innocente in merito alle pesanti accuse di pedofilia che gli erano state addebitate. 
 
Fortuna Loffredo era una bambina di 6 anni che è stata lanciata dall’ottavo piano dell’isolato C di un terrazzo del Parco Verde di Caivano il 24 giugno 2014. Portava dentro di se i graffi di un’innocenza rubata da adulti che non hanno avuto pietà di una fragile anima che chiedeva aiuto, che era felice con i suoi amici e lontano dal Parco degli orrori. Per la sua molte è stato rinviato a giudizio Raimondo Caputo e la compagna Marianna Fabozzi. La compagna dell’uomo è finita a processo e deve rispondere di concorso nella violenza sessuale rispetto anche alle tre figlie. I Coniugi sono entrambi detenuti, Caputo è accusato di aver cagionato la morte di Fortuna, lanciando il suo corpicino nel vuoto del Parco Verde e causando alla piccole le lesioni che avrebbero poi determinato la morte. Su di lui pende anche la terribile accusa di aver esercitato violenza sessuale nei confronti della bambina, che ha cercato in tutti i modi di sottrarsi ad una pressione coercitiva più grande di lei. La moglie è accusata di aver costretto le sue bambine e la stessa Fortuna a subire le violenze sessuali esercitate dal marito.
 
Nel settembre 2016 abbiamo intervistato la Dott.ssa Sara Cordella, grafologa forense e criminalista. La Dott.ssa Cordella è consulente in materia grafologica della famiglia Loffredo e gentilmente ci ha spiegato il suo lavoro. Ci ha spiegato che “Fortuna viveva da solo 15 giorni al parco verde, nell'appartamento dei nonni. Prima viveva con la mamma e il suo ex compagno, e con i fratellini, uno maggiore e uno minore. Il papà era in carcere” e che il palazzo di Caivano “è abitato da molte famiglie. Certamente ci sono brave persone, ma anche persone problematiche, con precedenti penali e difficoltà di inserimento nel tessuto sociale”. Abbiamo chiesto alla Dott.ssa se attraverso i suoi disegni ha descritto i suoi aguzzini e ci ha risposto “Fortuna nei disegni manifestava un malessere in un contesto ambientale, non contro una figura specifica maschile”. I disegni di Fortuna parlavano del suo disagio e del suo malessere interiore che un animo così piccolo e fragile provava a contenere “Fortuna viveva la scuola come un ambiente sicuro. Ce lo dicono i suoi disegni. Probabilmente nel contesto scolastico non manifestava il suo malessere se non con un rendimento scolastico carente”
 
Chiedemmo anche alla Dott.ssa se le amiche erano a conoscenza di quanto stesse accadendo a Fortuna e ci rispose “La migliore amica di Fortuna ne ha parlato solo anni dopo e in un contesto protetto e lontano da casa. C'è la triste possibilità che altre bambine sappiano ma che non abbiano mai parlato”. In merito alla morte di Antonio Giglio e ad un possibile collegamento tra i due casi invece ci disse che “La dinamica della morte di Antonio è tragicamente simile a quella di Fortuna. Difficile pensare che siano analogie fortuite”.