Connect with us

Editoriali

OMICIDIO LUCA VARANI, ASPETTI PSICOLOGICI E CAUSE SCATENANTI: IL QUADRO DELLA CRIMINOLOGA URSULA FRANCO

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 4 minuti "Penso che la rabbia e il "mal de vivre" di Marco Prato siano il vero movente dell’omicidio, mentre Manuel Foffo ha ucciso per noia"

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 4 minuti
image_pdfimage_print

di Domenico Leccese
Sul complesso caso dell'omicidio di Luca Varani la criminologa Ursula Franco fa una analisi approfondita su quelli che sono gli aspetti psicologici e le cause scatenanti la furia criminale dei due giovani  assassini


Ritiene che Marco Prato e Manuel Foffo abbiano ucciso Luca Varani in preda ad un disturbo psichico causato dalla cocaina?
E’ difficile esprimersi con i pochi dati a disposizione ma non credo si possa ritenere che dietro l’omicidio ci sia un disturbo paranoide che avrebbe colpito i due ragazzi a causa dell’uso prolungato di cocaina, penso piuttosto che Marco Prato fosse prigioniero ormai da mesi di un vortice distruttivo a causa dei suoi problemi personali, legati probabilmente all’identità sessuale e all’uso prolungato di droghe e psicofarmaci che assumeva per una sindrome depressiva e che abbia purtroppo trascinato un fragile Manuel Foffo in quel turbine. Marco Prato tra l’altro aveva già mostrato di non disdegnare l’uso della violenza ed era stato denunciato per aver picchiato un amico durante un festino.

Perché esclude il disturbo paranoide?
Al momento non sono emersi segnali che facciano pensare che uno o entrambi i ragazzi fossero preda di un delirio persecutorio e che abbiano riconosciuto in Luca Varani un pericolo. Non sembra un omicidio d’impeto ma piuttosto un omicidio premeditato. Anche il comportamento post omicidiario, il fatto che i due ragazzi abbiano tentato di ripulire la scena del crimine, che abbiano gettato gli abiti ed il telefonino della vittima in un cassonetto e che a detta di Manuel abbiano pensato di disfarsi del corpo porta ad escludere un disturbo psicotico acuto. 

Come sono andati i fatti secondo lei?
Manuel Foffo, anch’egli segnato dalle dipendenze da droga ed alcool, con ogni probabilità è stato attratto da Marco Prato, descritto da chi lo ha conosciuto come un manipolatore e nonostante gli ‘interessi’ comuni ed un certo grado di complementarietà tra i due credo che se il Foffo non avesse incontrato il Prato difficilmente avrebbe commesso un omicidio. Ritengo piuttosto che Manuel Foffo a causa della sua fragilità e delle ridotte capacità critiche dovute all’uso della cocaina si sia lasciato trascinare.

Perché hanno ucciso?
Penso che la rabbia e il "mal de vivre" di Marco Prato siano il vero movente dell’omicidio, mentre Manuel Foffo ha ucciso per noia, perché sperava di provare un’emozione piacevole, ritengo infine che la cocaina abbia avuto un ruolo secondario, abbia facilitato ai due ragazzi il crudele acting out.

Come fa a dire che Manuel Foffo ha ucciso per noia e nella speranza di provare piacere?

Questi dati emergono dai verbali degli interrogatori, Manuel ha riferito agli inquirenti: ‘È iniziato tutto da un gioco, volevamo uccidere qualcuno solo per vedere che effetto faceva..’, e poi: ‘Mentre lo colpivamo non provavo piacere..’. Foffo ha riferito a chi lo interrogava di non aver provato piacere durante l’omicidio, il ragazzo lo ha riferito come se ne fosse rimasto deluso, tale affermazione fa supporre che prima di uccidere credesse che quell’azione gli avrebbe procurato piacere, non un’emozione qualsiasi ma il piacere.

Il verbale
Omicidio Varani la mattanza e l’sms al fratello: «Vieni c’è anche un trans»
Lo sguardo d’intesa tra i due killer:
«Quando è entrato Luca è scattato un clic, era lui la persona giusta».
Foffo: in passato ho avuto voglia di fare male, ora sono morto dentro.
Come predatori girano nella notte in cerca della vittima perfetta (i tracciati gps riveleranno dove). Ma Manuel Foffo e Marc Prato non trovano chi fa al caso loro. Finché contattano il malcapitato Luca Varani.
«Quando è entrato in casa ci siamo guardati negli occhi ed è scattato un clic: era lui la persona giusta». È questo uno dei passaggi chiave dell’interrogatorio di Foffo davanti all’incredulo pm Francesco Scavo. Con Prato mette a suo agio la vittima, la fa bere, scioglie un farmaco nel suo bicchiere, gli indica il bagno:
«Ti vogliamo pulito, fatti una doccia». Una conferma della premeditazione.
E quando Luca finisce di lavarsi, mezzo nudo, in preda ai conati di vomito per quello che ha bevuto, con Marc gli annuncia che per lui è finita:
«Abbiamo deciso di ucciderti».
È l’inizio delle torture: «Durante le fasi della nostra aggressione Luca non è mai riuscito a resistere alle violenze. L’aggressione è avvenuta sia in bagno sia in camera da letto, precisamente sul pavimento», racconta Foffo.
Il suo cadavere resta infatti a terra, vicino al letto dove gli assassini passano la notte di venerdì, anche se poi sabato pomeriggio i carabinieri lo troveranno sul materasso, avvolto in un lenzuolo. Forse pronto per essere portato via.
Prima di arrivare al Collatino, i killer mandano a Luca una raffica di messaggi.
Uno anche al fratello di Manuel, Roberto, scritto da Marc che si era impossessato del telefono dell’amico. «Vieni, c’è anche un trans», digita alle 7.30 di venerdì.
Roberto richiama Manuel per rimproverarlo: «Ma che c… dici?», e riattacca.
Non si rende forse conto che il PR italo-francese è in preda al delirio. Manuel sostiene di aver detto a Marc di non inviare più sms, «ma lui ha continuato a prendere il mio telefono e a utilizzarlo».
«Non sapevo che Marc aveva chiamato Luca, ma (lui) lo stesso è entrato in casa anche se non ricordo il momento esatto — ricorda Foffo —.
La sua presenza era normale data la precedente presenza in casa di altre persone». Di due di queste ci sono già i nomi, «Alex Tiburtina» e «Giacomo», un milanese, come sono memorizzati sullo smartphone di Manuel.
Il primo «che avevo conosciuto mesi fa in pizzeria sulla Tiburtina, quando gli pagai un pezzo di pizza e ci scambiammo i numeri di telefono. Quando è venuto a casa eravamo sì sotto l’effetto della cocaina ma mantenevamo la lucidità, mentre quando è venuto Luca sia io che Marc eravamo molto provati dall’uso prolungato di cocaina». Il secondo ospite partecipa alla festa mettendo a disposizione il suo bancomat con il quale Prato preleva parte dei 1.500 euro usati per comprare la droga.
«Marc è gay. Io sono eterosessuale — continua Foffo —. Questa è la seconda volta che incontravo Marc. Lui ha un interesse per me, cosa che mi ha manifestato».
I due si conoscono durante una festa a Capodanno. Si drogano: «C’è stato del sesso orale. La cosa mi ha dato fastidio e non volevo sentirlo più». Ma Marc ha girato un video e con quello tiene sotto ricatto Manuel. «Non ricordo se la prima volta che siamo usciti di casa eravamo armati — rivela ancora —. La vera intenzione di fare del male a qualcuno è stata però con Luca. Anche in passato avevo avuto un momento in cui avevo l’intenzione di fare del male a qualcuno e altre volte ho fatto uso di droga, ma non mi ha mai dato quel tipo di atteggiamento». E all’avvocato confida: «Ho fatto una cosa terribile. Mi sento morto dentro».

 

Editoriali

Il Consiglio di Stato: “Non ci sono fondi per la disabilità” dobbiamo limitare l’inclusione scolastica

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

Il titolo preannuncia una possibile “tragedia” che sta colpendo la dignità umana, questa è pura follia! L’inclusione della disabilità ha seguito un iter legislativo molto complesso che va consolidato ogni giorno con dei progetti validi a livello nazionale/europeo. Sentir parlare di limitare i fondi di bilancio che promuovono l’inclusione della disabilità è disfunzionale alla nostra etica morale.

La scuola italiana negli ultimi decenni si è impegnata sempre più in termini di inclusione, pertanto i “cantieri che si sono aperti” devono essere lavorati e non serrati. Sull’inclusione scolastica sono stati fatti numerosi studi, convegni e seminari; ad esempio l’Università Alma Mater di Bologna riconosce un grande merito al professore Andrea Canevaro, nonché il pioniere della prima cattedra di pedagogia speciale in Italia. Purtroppo, venuto a mancare da qualche anno, il professore Canevaro ha scritto i cardini su cui poggia la pedagogia speciale, ha studiato e fatto ricerca su molti punti chiave della disabilità: in particolare proprio sul concetto di inclusione.

È intervenuto con tecniche e strategie innovative tali da diffondere tre concetti chiave: il disabile non è diverso, ma tutti siamo uomini diversi, la consapevolezza dell’assenza di giudizio, il sostegno alla disabilità e le famiglie come fulcro del suo pensiero pedagogico.
Ostacolare oggi questi studi è come buttare una “mina” su tutto quello che è stato fatto da numerosi professionisti, insegnanti di sostegno e docenti. Inoltre, tutto quello che il Consiglio di Stato Italiano ha detto non ha fatto altro che creare malcontenti, delusioni e rabbia, nonché profonde ferite che colpiscono gli animi dei ragazzi/e, gli studiosi, le istituzioni e le famiglie stesse.
Il taglio dei fondi riguarderebbe non solo la disabilità certificata, ma anche le fragilità di alcuni ragazzi/e (i DSA e i BES). In tal caso, crollerebbe l’istituzione scuola, il ruolo degli insegnanti di sostegno e le progettazioni che si organizzano (es. i Piani Educativi Individualizzati).

Le famiglie sono molto preoccupate dopo la sentenza n° 1798/2024, poiché quest’ultima non riguarderebbe solo la violazione del diritto all’istruzione degli studenti disabili, ma anche di tanti altri servizi importanti come il trasposto, la riabilitazione e le cure. Le amministrazioni certificano, così, che il diritto allo studio per i disabili vale meno degli altri, riportando-ci ad un concetto terrificate: la discriminazione. Concetto, quest’ultimo, che non deve “esistere” in una repubblica democratica come l’Italia.


Se i fondi per l’assistenza scolastica stanno finendo, non bisogna certo infierire contro le situazioni più deboli. In tal caso si vanno ad infrangere i principi della nostra Costituzione Italiana quali, la dignità, l’uguaglianza, l’inclusione e le pari opportunità.

Pertanto, diciamo NO a questi possibili “tagli” ne va della nostra reputazione personale e collettiva.

Continua a leggere

Editoriali

Giovani e lavoro: sfide e opportunità nell’era post-studi

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

Tra aspettative, realtà del mercato e nuove competenze: come i neolaureati affrontano l’ingresso nel mondo professionale

Il passaggio dal mondo accademico a quello lavorativo rappresenta un momento cruciale nella vita di ogni giovane. Oggi, più che mai, questo transito è caratterizzato da sfide complesse e opportunità in rapida evoluzione. L’era digitale, la globalizzazione e i cambiamenti socio-economici hanno ridisegnato il panorama professionale, creando nuove aspettative e richiedendo competenze sempre più specifiche.

Secondo recenti studi dell’ISTAT, in Italia il tasso di disoccupazione giovanile si attesta intorno al 30%, un dato allarmante che sottolinea le difficoltà incontrate dai neolaureati nel trovare un’occupazione coerente con il proprio percorso di studi. La dott.ssa Maria Rossi, sociologa del lavoro presso l’Università di Milano, commenta: “I giovani di oggi si trovano di fronte a un paradosso: sono la generazione più istruita di sempre, ma faticano a trovare la loro collocazione nel mercato del lavoro.”

Uno dei principali ostacoli è il disallineamento tra le competenze acquisite durante il percorso di studi e quelle richieste dalle aziende. Il dott. Luca Bianchi, responsabile delle risorse umane di una multinazionale, spiega: “Spesso i neolaureati hanno una solida base teorica, ma mancano di competenze pratiche e soft skills essenziali nel mondo del lavoro, come la capacità di lavorare in team, la flessibilità e la gestione dello stress.”

Per colmare questo gap, molte università stanno implementando programmi di alternanza scuola-lavoro e stage curriculari. La prof.ssa Giulia Verdi, docente di Economia all’Università di Roma, afferma: “È fondamentale creare un ponte tra il mondo accademico e quello professionale. Gli stage e i tirocini offrono agli studenti l’opportunità di mettere in pratica le loro conoscenze e di familiarizzare con le dinamiche aziendali.”

Un altro aspetto cruciale è l’orientamento professionale. Molti giovani si sentono disorientati di fronte alla molteplicità di opzioni e alla rapida evoluzione del mercato del lavoro. Il dott. Marco Neri, psicologo del lavoro, sottolinea l’importanza di un approccio proattivo: “È essenziale che i giovani inizino a riflettere sul loro futuro professionale già durante gli studi, esplorando diverse opportunità e costruendo un network di contatti.”

L’era digitale ha anche aperto nuove strade per l’autoimprenditorialità. Sempre più giovani scelgono di avviare startup o di intraprendere carriere da freelance. Andrea Russo, 28 anni, fondatore di una startup nel settore tech, racconta: “Ho deciso di creare la mia azienda perché volevo mettere in pratica le mie idee e avere un impatto diretto. È una sfida enorme, ma anche un’opportunità di crescita incredibile.”

Tuttavia, non mancano le criticità. La precarietà lavorativa e i contratti a tempo determinato sono spesso la norma per i neoassunti. La dott.ssa Laura Bianchi, esperta di politiche del lavoro, evidenzia: “C’è il rischio di creare una generazione di lavoratori perennemente precari. È necessario un intervento legislativo per tutelare i giovani e incentivare le assunzioni a tempo indeterminato.”

Le aziende, dal canto loro, stanno cercando di adattarsi alle nuove esigenze dei giovani lavoratori. Flessibilità oraria, smart working e programmi di formazione continua sono alcune delle strategie adottate per attrarre e trattenere i talenti. Il dott. Paolo Verdi, CEO di una media impresa, spiega: “Investiamo molto nella formazione e nel benessere dei nostri dipendenti. I giovani oggi cercano non solo uno stipendio, ma un ambiente di lavoro stimolante e in linea con i loro valori.”

In conclusione, l’approccio dei giovani al mondo del lavoro è caratterizzato da una miscela di entusiasmo e preoccupazione. Se da un lato ci sono sfide significative da affrontare, dall’altro le nuove generazioni hanno a disposizione strumenti e opportunità senza precedenti. La chiave per il successo sembra risiedere nella capacità di adattarsi, di apprendere continuamente e di coltivare una mentalità aperta e flessibile.

Come sottolinea la prof.ssa Verdi: “Il mondo del lavoro sta cambiando rapidamente. I giovani che riusciranno a navigare queste acque turbolente, combinando competenze tecniche, soft skills e una buona dose di resilienza, saranno quelli che tracceranno il futuro del mondo professionale.”

Continua a leggere

Cronaca

Diocesi di Roma e gestione patrimoniale: scelte controverse, cambiamenti interni e accuse di “furto” [INCHIESTA #3]

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

Dalla gestione ecclesiastica a quella commerciale: i timori per il futuro del patrimonio diocesano

Negli ultimi mesi, la Diocesi di Roma è stata al centro di una serie di eventi che hanno suscitato preoccupazioni riguardo alla gestione del suo vasto patrimonio immobiliare. Diverse decisioni amministrative e nomine interne hanno alimentato il dibattito tra chi teme che la struttura stia subendo cambiamenti significativi, con ripercussioni sia sul patrimonio che sui rapporti interni.

Il Caso dell’immobile sul Lungotevere

Un esempio emblematico riguarda la stipula del contratto di locazione per un immobile situato in lungotevere dei Vallati, concesso alla società “Wellington Polo Fashion s.r.l.”.

Purtroppo c’è di mezzo una presunta falsificazione degli atti

L’operazione ha sollevato numerose domande e, tra l’altro, nonostante la firma del contratto, la società non ha ancora versato il primo e il secondo canone di locazione. La situazione ha destato perplessità, considerando che è stato accordato anche uno stralcio del debito preesistente e una dilazione del pagamento in cinque anni. Ci si chiede se le condizioni stabilite siano state realmente vantaggiose per la Diocesi o se vi siano state delle leggerezze nella stipula dell’accordo.

Riunioni a porte chiuse e preoccupazioni

La mancanza di comunicazioni ufficiali ha generato un clima di incertezza. Diverse riunioni si sono susseguite, con l’intento di affrontare la questione, e sembrerebbe che alcune figure chiave stiano cercando di individuare eventuali responsabilità.

Tra i nomi coinvolti, si parla del Vicegerente Mons. Baldassare Reina, della Cancelliera Maria Teresa Romano figure di rilievo nell’amministrazione della Diocesi e anche del Notaio Carlo Cavicchioni.

Le dimissioni e le nomine

In questo contesto, un altro evento significativo è stato quello delle recenti dimissioni del dott. Davide Adiutori, unico addetto dell’Ufficio Patrimonio della Diocesi. Adiutori lascerà il suo incarico il prossimo 30 settembre, un fatto che ha alimentato ulteriori dubbi su possibili difficoltà interne nella gestione del patrimonio. Le sue dimissioni sono viste da molti come un segnale preoccupante, poiché potrebbero lasciare spazio a cambiamenti significativi nella gestione delle risorse immobiliari.
Parallelamente, è stata resa pubblica la nomina di Don Renato Tarantelli Baccari a Vicario episcopale giuridico-amministrativo, con poteri straordinari nella gestione degli enti della Diocesi. La nomina, firmata dal Santo Padre in data 24 giugno 2024, conferisce a Don Tarantelli un ruolo di grande responsabilità, oltre a diversi altri conferiti in precedenza, con l’autorità di coordinare gli ambiti giuridici e amministrativi della Diocesi di Roma.

La Diocesi di Roma potrebbe presto trasferire tutto il suo patrimonio immobiliare nelle mani dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), l’ente che gestisce i beni e le risorse economiche della Città del Vaticano. C’è anche il timore che, oltre agli immobili, il Santo Padre possa acquisire presto anche il controllo del patrimonio mobiliare (cioè i beni non immobili come titoli finanziari o denaro) della Diocesi.
Inoltre, con una logica che sembra più vicina a quella di un’impresa commerciale che a una struttura ecclesiastica, è stato deciso di smembrare il settore centro della Diocesi di Roma. Questo settore sarà suddiviso tra gli altri settori presenti a Roma, senza tener conto delle specificità e delle necessità di questa particolare e speciale realtà della Diocesi. Questo cambiamento potrebbe dare al Vicario Episcopale un maggiore controllo sugli enti che si trovano nel centro di Roma, come le rettorie e altre strutture religiose. L’obiettivo sembrerebbe essere quello di consolidare il potere e appropriarsi del patrimonio accumulato nel corso di tanti anni grazie ai contributi dei fedeli. In futuro, anche questi beni potrebbero essere trasferiti sotto la gestione diretta del Santo Padre.

Cambiamenti al vertice e riorganizzazione Interna

L’inchiesta giornalistica che sta portando avanti questo quotidiano mette in luce anche altre dinamiche interne, come la nomina di Don Alessandro Caserio a direttore dell’Ufficio Amministrativo.

Caserio, amico di lunga data di Don Tarantelli, ha assunto il ruolo dopo la partenza della dott.ssa Cristiana Odoardi, che si era precedentemente dimessa e anche lui come la Odoardi non ha competenze economiche avendo forse una laurea in architettura.

Questi spostamenti interni sollevano domande sull’effettiva indipendenza delle nomine e sui possibili conflitti di interesse.
In aggiunta, vi sono segnali di una riorganizzazione del personale all’interno del Vicariato. Alcuni dipendenti e sacerdoti che non si sono allineati con la nuova linea amministrativa sarebbero stati gradualmente allontanati, alimentando un clima di tensione tra chi teme un progressivo accentramento del potere.
Mentre la Diocesi di Roma attraversa questo periodo di cambiamenti, molti fedeli e osservatori restano in attesa di capire quali saranno le implicazioni a lungo termine delle recenti decisioni. Le domande sulla gestione del patrimonio e le dinamiche interne sollevano interrogativi che potrebbero influenzare la fiducia nella trasparenza e nell’amministrazione della Chiesa a livello locale.
Resta da vedere come si evolveranno gli eventi nei prossimi mesi e se le scelte attuate porteranno ad ulteriori divisioni all’interno della Diocesi. La gestione del patrimonio, un tema delicato e cruciale, continua a essere un argomento di grande interesse per chi segue da vicino le vicende della Chiesa romana.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti