OMICIDIO MELANIA REA: CONFERMATI 20 ANNI AL MARITO PAROLISI

di Chiara Rai

Alle sue sceneggiate in tv ci abbiamo creduto in pochi, ma lui ha continuato a professare la sua innocenza nonostante tutte le prove volgessero a suo sfavore. Confermata dalla Cassazione la condanna a venti anni per Salvatore Parolisi, il militare che ha ucciso la moglie Melania in un bosco del teramano dove la donna era scomparsa l'11 aprile del 2011. Il ricorso di Parolisi contro la condanna ridotta nell'appello bis è stato "rigettato", come aveva chiesto stamani la procura della Cassazione. Dunque è stato convalidato quanto deciso dalla Corte di Assise di Perugia, nel secondo processo d'appello, con la sentenza emessa il 27 maggio 2015, che ora è definitiva.

Era il 18 aprile 2011 quando Melania Rea, 29 anni, scomparve sul Colle San Marco di Ascoli Piceno, dove era andata per trascorrere qualche ora all'aria aperta insieme al marito, Salvatore, militare del 235esimo Reggimento Piceno, e alla loro bambina di 18 mesi. Secondo quanto verrà riferito da Parolisi, l'unico in grado di confermare questa circostanza, la donna si allontana per andare in bagno in uno chalet. Nessuno però, si apprenderà in seguito, l'ha mai vista entrare. È lo stesso marito di Melania, trascorsi una ventina di minuti, a dare l'allarme: Parolisi chiama i soccorsi e fa scattare le ricerche. Il corpo della donna viene scoperto due giorni dopo, il 20 aprile, in seguito alla telefonata anonima di un uomo che, intorno alle 14.30-15.00, avverte il 113 da una cabina telefonica pubblica del centro di Teramo ma che non verrà mai rintracciato. La salma di Melania viene ritrovata in un bosco di Ripe di Civitella, nel teramano, a circa 18 chilometri di distanza da Colle San Marco, poco lontano dalla località chiamata Casermette, dove si svolgono esercitazioni militari di tiro. Presenta ferite di arma da taglio e una siringa conficcata sul suo corpo. L'autopsia, eseguita dal medico Adriano Tagliabracci, appurerà che Melania è stata uccisa con 35 coltellate, ma non vengono trovati segni di strangolamento e nemmeno di violenza sessuale. Accanto al corpo di Melania viene trovato il suo cellulare con la batteria scarica. Poi viene ritrovata anche un'altra sim card. Il segnale del cellulare sarebbe stato attivo fino alle 19 circa. Poi, non si hanno più segnali. Parolisi non viene da subito iscritto nel registro degli indagati. L'avviso di garanzia gli viene notificato il 29 giugno 2012, a più di due mesi dall'omicidio della moglie Melania. L'arresto arriva invece quasi un mese dopo: a chiederlo il procuratore di Ascoli Piceno Michele Renzo e il sostituto Umberto Monti. A disporlo il gip Carlo Cavaresi, che il 19 luglio lo fa arrestare. Per il primo giudice che lo spedisce dietro le sbarre, Parolisi avrebbe ucciso la moglie Melania Rea a causa della situazione che si era creata con l'amante, la soldatessa Ludovica Perrone. La misura cautelare in carcere verrà confermata dalla Corte di Cassazione il 28 novembre del 2011: a 7 mesi dal delitto la prima sezione penale della Suprema Corte respinge il ricorso presentato dalla difesa del caporal maggiore che chiedeva di ribaltare l'ordinanza del Tribunale del Riesame dell'Aquila. Giudicato con rito abbreviato, concesso il 12 marzo del 2012 dal giudice Marina Tommolini, Parolisi viene condannato all'ergastolo il 26 ottobre del 2012. Il caporalmaggiore dell'Esercito viene condannato al massimo della pena, con isolamento diurno, per l'omicidio della moglie dal gup Marina Tommolini. A Parolisi il Gup commina anche tutte le sanzioni accessorie, compresa la perdita della patria potestà genitoriale, stabilendo inoltre il pagamento di una provvisionale di un milione a favore della figlia Vittoria e di 500mila euro per i genitori di Melania. Il 30 settembre 2013 arriva la sentenza di secondo grado: Parolisi viene condannato a 30 anni dalla Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila per l'omicidio della moglie Melania Rea. Nel ricorso presentato dai suoi legali Walter Biscotti e Nicodemo Gentile, insieme anche al noto penalista Titta Madia, la difesa di Parolisi chiede alla Corte di Cassazione di annullare la sentenza di condanna. Il 10 febbraio 2015 la Cassazione annulla l'aggravante della crudeltà nei confronti di Salvatore Parolisi.