Connect with us

Esteri

OMICIDIO REGENI: FACCIA A FACCIA TRA EGITTO E ITALIA

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 10 minuti Al Cairo si è tanuto un importante incontro tra il procuratore generale egiziano Nabil Sadeq e il procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 10 minuti
image_pdfimage_print

di Angelo Barraco
 
Cairo – La morte di Giulio Regeni è ancora avvolta dal mistero, molti sono i dubbi che avvolgono gli ultimi momenti di vita del giovane ricercatore, morto barbaramente per mano ancora ignota. Al Cairo si è tanuto un importante incontro tra il procuratore generale egiziano Nabil Sadeq e il procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone. Si apprende che entrambe le parti “hanno scambiato importanti informazioni” e inoltre si sono accordati per “incrementare la reciproca cooperazione per definire la realtà dei fatti e arrivare a individuare i responsabili”. La Procura egiziana ha diffuso un comunicato a firma Pignatone-Sadeq, dove si legge: “Nel pomeriggio del 14 marzo 2016 si è tenuto nell'ufficio del Procuratore generale della repubblica Araba d'Egitto e su invito di quest'ultimo, dottor Giuseppe Pignatone, procuratore capo di Roma, ed il dottor Sergio Colaiocco, sostituto, un incontro per discutere della morte del cittadino italiano Giulio Regeni” il comunicato prosegue “Durante l'incontro entrambe le parti si sono scambiate importanti informazioni riguardo il caso Regeni, si è convenuto su uno scambio reciproco di punti di vista riguardanti l'indagine e concordato che queste siano condotte con grande impegno. Entrambe le parti hanno inoltre convenuto di incrementare la loro collaborazione diretta per arrivare a prove concrete e ad arrestare i colpevoli”. Il comunicato termina così “Il Procuratore egiziano ha chiarito alla sua controparte italiana che le indagini egiziane proseguiranno sotto la sua diretta supervisione. Gli italiani da parte loro, si sono offerti di assistere l'ufficio incaricato in Egitto con informazioni riguardo l'accaduto. Un fatto questo che è stato molto apprezzato dall'ufficio incaricato in Egitto. Entrambe le parti hanno convenuto un incontro fra le polizie. il vertice avverrà molto presto a Roma”. 
 
Emerge da fonti della procura egiziana, che riportano a loro volta testimonianze di Hisham Abdel Hamid, il direttore del dipartimento di medicina legale del Cairo che ha eseguito l’autopsia sul corpo di Giulio, che il giovane è stato torturato prima di morire e tali torture sarebbero durate per circa sette giorni. Le ferite sarebbero state inferte ad intervalli di 10-14 ore: “Questo significa che chiunque sia accusato di averlo ucciso, lo stava interrogando per ottenere informazioni”. Ma quali informazioni potevano volere da Giulio? Un altro funzionario ha rivelato: “L'autopsia mostra una serie di ferite inflitte tutte in una volta, poi ci sono altre ferite inflitte successivamente e un'ultima serie di lesioni mostra che lo hanno colpito una terza volta” inoltre “le ferite e le fratture si sono verificati in tempi diversi in intervalli durante un periodo di circa cinque-sette giorni”. Hanno rivelato inoltre che Giulio Regeni è stato ucciso “da un colpo con un oggetto appuntito alla parte posteriore della testa”. Una fonte della sicurezza ha riferito che Giulio sarebbe stato “tradito da uno dei responsabili delle sue attività”. Ovvero qualcuno “che avrebbe deciso di sbarazzarsi di lui dopo aver profittato delle informazioni”. Emerge inoltre che il capo della medicina legale egiziana citato poc’anzi non è stato chiamato in Procura. Sui media si legge che il medico avrebbe deposto in Procura ma dal Cairo, l’assistente del ministro precisa: “non ha reso alcuna testimonianza finora”. Paolo Gentiloni, ministro degli Esteri, ha precisato che è stata assicurata dalle autorità egiziane "che i vari elementi di indagine dai noi richiesti ci siano dati in tempi rapidi. Il governo si aspetta una cooperazione piena, efficace e tempestiva sul terreno investigativo" perché "sia la famiglia Regeni che la dignità del nostro Paese richiedono che su questa vicenda si abbiamo elementi certi e seri”. Giuseppe Esposito, vicepresidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ha riferito: “L'Italia deve pretendere la verità e dimostrarsi capace di rispondere alle falsità che arrivano dall'Egitto, non abbassando la guardia e non avendo paura di pregiudicare eventualmente rapporti anche economici” ha aggiunto inoltre “dobbiamo sapere come sono andate esattamente le cose, ne va della dignita' nazionale: un Paese per avere rispetto deve avere rispetto innanzitutto dei suoi cittadini e proteggerli in qualsiasi parte del mondo si trovino”.
 
Una fonte della sicurezza ha dichiarato al quotidiano egiziano Akhbar Al Youm, che Giulio Regeni “Prima della sua scomparsa la sera del 25 gennaio effettuò 20 chiamate telefoniche”.
Nel quotidiano egiziano viene precisato che “il rapporto della compagnia telefonica consegnato agli investigatori fornisce prove chiare” e che il documento in questione è d’aiuto nella ricerca dei responsabili. Aggiunge inoltre: “dopo aver verificato il numero di chiamate effettuate il 24 e 25 gennaio, include altre persone sospette”, il giornale riferisce inoltre che “I servizi di sicurezza stanno per completare l'interrogatorio delle persone che l'avevano chiamato e dei suoi amici”. 
 
Giulio era un ricercatore, che è morto in seguito a delle atroci torture. Le indagini della Procura hanno stabilito un unico punto fermo in questa torbida vicenda, Giulio è stato ucciso da professionisti della tortura e delle sevizie. Escluso quindi un delitto per droga, l’autopsia non ha rilevato alcuna traccia di sostanza stupefacente, escluso anche il movente passionale o la rapina. Le indagini hanno inoltre riscontrato che Giulio conduceva una vita tranquilla, non faceva uso di droga ed era felicemente fidanzato. Sono emersi inoltre i primi risultati dagli esami del computer, non sono emersi legami del giovane ricercatore con i servizi segreti e non risulta che abbia avuto contatto con persone equivoche. Alla luce dei risultati emersi si può affermare che i suoi killer hanno agito per interessi legati alla sua attività di ricerca. Presto verranno passati al setaccio i social network del giovane, per individuare i suoi spostamenti attraverso geolocalizzazione. Un episodio che aveva turbato il giovane ricercatore, riguardava una foto scattata da uno sconosciuto nel corso di un’assemblea. Si attendono i dati definitivi dell’autopsia. 
 
Recenti episodi. Il Ministro dell’Interno egiziano Magdi Abdel Ghaffal ha detto in una conferenza stampa: “La ricerca dei criminali e dei responsabili dell'uccisione di Giulio Regeni è in cima alle nostre priorità e ai nostri sforzi”, sono parole che ha riferito in una conferenza stampa con Sherif Ismail e ha evidenziato che la morte di Giulio Regeni è un “argomento di grande importanza” e precisa che lo, sia per “i rapporti con l'Italia” e sia perchè “non lasciamo alcun crimine senza trovare gli autori. Ghaffar ha inoltre aggiunto che si stanno facendo "tutti gli sforzi" possibili e che l'Italia è "costantemente informata”.
 
Le indagini. La polizia egiziana  ha ascoltato, con la presenza degli investigatori italiani, due testimoni. Si tratterebbe di due inquilini del palazzo in cui viveva Giulio. I due sono stati chiamati a chiarire una circostanza che tutt’ora è sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti e che sarebbe stata riferita da alcuni testimoni, ovvero che degli sconosciuti avrebbero chiesto informazioni sul giovane ricercatore all’interno dell’immobile. Tanti mezzi d’informazione hanno parlato di un probabile coinvolgimento di Regeni con i servizi segreti, la famiglia del giovane ricercatore tende a precisare, attraverso il proprio legale: “smentisce categoricamente ed inequivocabilmente che Giulio sia stato un agente o un collaboratore di qualsiasi servizio segreto, italiano o straniero. Provare ad avvalorare l'ipotesi che Giulio Regeni fosse un uomo al servizio dell'intelligence significa offendere la memoria di un giovane universitario che aveva fatto della ricerca sul campo una legittima ambizione di studio e di vita”.
 
Indagini sui contatti: Il fronte italiano sta scandagliando i contatti di Giulio e sono saltati fuori circa 30 amici. Tutti contatti facebook, Skype, con i quali Giulio interagiva ogni giorno dal Cairo. Gli inquirenti vogliono ricostruire il tipo di relazioni che il giovane aveva e se questa rete lo ha portato, in qualche modo, alla tragica e misteriosa fine. Gli inquirenti sostengono che  i carnefici del giovane ricercatore lo hanno torturato per carpire da lui informazioni in merito al suo lavoro. Gli inquirenti hanno analizzato il computer del giovane ed è emerso che il giovane scambiava quotidiane conversazioni in chat con colleghi e professori, inviava anche i report sugli incontro con gli esponenti dei sindacati e dei venditori ambulanti. Dal fronte egiziano i depistaggi sono tanti, troppi, dal primo falso arresto di due uomini che non c’entravano nulla ad un presunto testimone che si è recato in ambasciata riferendo che Giulio sarebbe stato prelevato da due poliziotti alle 17.30, l’uomo è stato smentito da una telefonata che da una chat. Adesso l’Egitto mette le mani avanti sulla vicenda e in una nota ufficiale invitata all’intelligence italiana ribadisce “Noi non c’entriamo nulla” con la scomparsa e morte di Giulio e ribadiscono l’estraneità dei servizi segreti in questa vicenda e che il nome del giovane fosse estraneo dai 007 egiziani. Come mai l’Egitto è prevenuta e mette le mani avanti? Si sta stringendo il cerchio e teme che gli inquirenti italiani arrivino presto alla verità? Gli inquirenti italiani vogliono capire se tutto il materiale di Giulio fosse andato a finire nelle mani di qualcuno e per tali ragioni avrebbe compromesso la sua incolumità. Su questa ci sono soltanto dubbi, le uniche certezze sono che la sera del 25 gennaio Giulio scompare alle ore 20 circa, ma non arriva mai a cena a casa di Hassanein Kashk, anche se dal fronte egiziano avevano riferito in un primo momento che il giovane era arrivato a quella festa. 
 
La morte di Giulio si tinge sempre più di giallo, sembra essere diventata parecchio nebulosa. L’Italia vuole vederci chiaro e batte i pugni per avere risposte certe e concrete dall’Egitto, ma le risposte sembrano vaghe, distanti e quella disponibilità assoluta concessa all’inizio sembra un paradosso se si analizzano bene alcune dinamiche che sono state messe in atto per chiudere in fretta la vicenda. Paolo Gentiloni, ministro degli Esteri, in un’intervista a Repubblica ha riferito: “Non ci accontenteremo di verità presunte, come già abbiamo detto in occasione dei due arresti inizialmente collegati alla morte di Giulio Regeni. Vogliamo che si individuino i reali responsabili, e che siano puniti in base alla legge”.
 
L’autopsia ha confermato che il giovane non ha subito abusi ne violenze sessuali. E’ emerso che a cagionare la morte del brillante studente è stato un colpo ricevuto alla testa. E’ stata riscontrata inoltre una frattura alla colonna vertebrale determinata da una torsione innaturale del collo messa in atto sicuramente da una persona che stava di fronte a lui e ha causato la rottura del midollo spinale con conseguente crisi respiratoria che ha cagionato la morte.  L’autopsia ha confermato che il ragazzo è morto in seguito ad una frattura alla vertebra cervicale e la frattura è stata provocata da un colpo violento al collo o da tensione indotta oltre il punto massimo di resistenza. E’ stato inoltre confermato ciò che era stato anticipato nella prima e approssimativa ispezione del corpo, ovvero che Giulio è stato pestato con violenza, sul suo corpo ci sono diverse lesioni dovute ad un violento pestaggio e segni di bruciature. Verrà eseguita anche una TAC, radiografie e analisi tossicologiche. Nel corso dell’ispezione cadaverica, gli esperti hanno raccolto inoltre alcuni reperti che verranno analizzati. Sembra inoltre che le autorità egiziane non stiano dando la piena collaborazione in merito alle indagini, poiché gli investigatori italiani non hanno avuto accesso agli atti e non hanno potuto incontrare chi sta svolgendo le indagini in loco. Gli unici contatti che gli investigatori italiani tengono al Cairo sono con i funzionari, ma costoro non si occupano del caso. Paolo Gentiloni riferisce: “A quanto risulta dalle cose che ho sentito sia dall'ambasciata sia dagli investigatori italiani che stanno cominciando a lavorare con le autorità egiziane siamo lontani dalla verità”. Andrea Orlando, ministro della Giustizia riferisce invece: “Ci aspettiamo che sia raggiunta al più presto la verità e che sia fatta giustizia. Chiediamo piena collaborazione alle autorità egiziane e chiediamo loro di agire con determinazione, trasparenza e rapidità”. sul corpo del giovane ricercatore friulano ci sono decine di "piccoli tagli", anche sotto la pianta dei piedi. A Regeni, spiegano inoltre le fonti, è stata strappata un'unghia della mano e una del piede. "Ci sono segni di piccoli tagli – dicono le fonti – su tutto il corpo, sia nella parte anteriore che posteriore". Tra le diverse fratture riscontrate anche quella delle scapole. Da fonti investigative italiane si apprende che nè il telefonino nè il passaporto di Giulio Regeni sono stati trovati dagli inquirenti che indagano sulla morte, al Cairo, del giovane ricercatore italiano. Sia il passaporto che il cellulare potrebbero essere stati distrutti, o comunque fatti sparire, dai responsabili dell'omicidio di Regeni.
 Data della morte: Gli esami eseguiti sul cadavere non hanno consentito di stabilire al momento la data esatta della morte di Giulio. Gli esperti hanno valutato i fenomeni di trasformazione del cadavere e si attendono gli esami di laboratorio per poter stabilire e collocare la data della morte. E’ atteso inoltre il nulla-osta per la restituzione del corpo alla famiglia. I funerali si terranno a Fiumicello ma il giorno non è stato ancora prestabilito poiché la famiglia vuole dar modo e tempo agli amici di Giulio sparsi per il mondo, di organizzarsi e venire in Friuli.
 
Fronte egiziano. Il quotidiano “Al Ahram” scrive che il giovane prima di scomparire, in data 25 gennaio, avrebbe partecipato ad una festa e vi era “un certo numero di amici”. Scrivono: “Le indagini degli uomini della Sicurezza hanno analizzato gli ultimi momenti prima della scomparsa della vittima ed si è constatato che egli era in una festa in compagnia di un certo numero di suoi amici e dopo è scomparso il 25 gennaio” continua dicendo “La squadra di inquirenti esamina tutte le relazioni della vittima, sia con egiziani che con stranieri residenti al Cairo, e i luoghi che frequentava” inoltre emerge un dettaglio molto importante, ovvero: “il generale Alaa Azmy, assistente del direttore del Dipartimento generale delle indagini di Giza" ha diretto indagini “approfondite per esaminare gli appartamenti abitati per esaminare coloro che li frequentano e li abitano”, in riferimento al quartiere dove è stato rinvenuto il cadavere di Giulio. Ma la circostanza della festa trova contraddizione perché fino ad ora era emerso che il giovane si stava dirigendo alla festa e mai arrivato e che il suo rapimento fosse avvenuto lungo il tragitto per le vie del centro, prima delle ore 20 e non di una circostanza come quelle sopracitate sul quotidiano.
 
E la vicenda dei due arrestati in Egitto? Un depistaggio? Sembrerebbe proprio di si!  i due soggetti arrestati in realtà non sono stati mai arrestati ma semplicemente sospettati e quindi fermati poiché al momento vi sono controlli e interrogatori su amici e colleghi di Giulio, successivamente sono stati rilasciati. Ma perché diffondere la notizia di un’eventuale arresto di due persone? L’Egitto ha forse fretta di chiudere il caso e vuole consegnare all’Italia UN colpevole e non IL colpevole, per mettere a tacere una faccenda scomoda? Chi ha ucciso Giulio e soprattutto, perché?
 
La scomparsa, il ritrovamento. La scomparsa di Giulio Regeni, studente friulano scomparso dal Cairo il 25 gennaio, ha avuto un tragico epilogo. Il corpo del giovane 30enne è stato rinvenuto alla periferia della capitale egiziana, all’interno di un fossato. Giulio sarebbe stato ucciso, ma le circostanze che hanno portato alla sua morte non sono chiare, saranno le indagini a far luce al mistero che avvolge la sua morte.  Secondo quanto scrive il sito del quotidiano Al Watan, sul corpo del giovane vi sarebbero segni di tortura. Sul giornale vi è scritto: “Ritrovamento del  corpo di un giovane uomo di circa 30 anni, totalmente nudo nella parte inferiore, con tracce di tortura e ferite su tutto il corpo”, il cadavere sarebbe stato rinvenuto nella zona di Hazem Hassan.
Non si sa molto in merito agli ultimi istanti di vita del giovane, prima delle 20 di quel lunedì sicuramente era vivo e stava andando a trovare alcuni amici per un compleanno, a confermare questa circostanza è l’amico Omar Aassad. Si stava muovendo a piedi sulla sponda del Nilo, tra il quartiere di El Dokki e il centro. Le informazioni che al momento giungono sono poche, ma visto il luogo in cui è stato rinvenuto il cadavere si può ipotizzare che si sia trattato di una rapina finita male. L’Italia si stringe attorno al dolore della famiglia del giovane, Debora Serracchiani, presidente del Friuli Venezia Giulia, ha scritto su facebook: “Siamo sgomenti per la giovane vita spezzata di Giulio Regeni. Il nostro pensiero è tutto per la famiglia, che sta vivendo momenti di indicibile sofferenza. Auspichiamo che sia fatta luce completa su ogni particolare di questo dramma terribile”.  

Esteri

Crisi in Medio Oriente: 180 missili dall’Iran colpiscono Israele, Netanyahu risponde con minacce

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

Israele risponde con raid in Libano, Hezbollah contrattacca. Due esplosioni vicino all’ambasciata israeliana in Danimarca

In un drammatico escalation di violenza, 180 missili sono stati lanciati dall’Iran verso Gerusalemme e Tel Aviv. L’attacco, che ha colpito aree civili e provocato danni significativi, ha spinto Israele a reagire con forza. Un palestinese è rimasto ucciso durante gli scontri, mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha lanciato un duro monito all’Iran, dichiarando che “questo è stato un grave errore, la pagherete”.

Le tensioni si sono intensificate anche al confine libanese, con l’esercito israeliano che ha lanciato raid nel sud di Beirut, contro obiettivi di Hezbollah. L’organizzazione libanese ha prontamente risposto, affermando di aver respinto l’attacco israeliano. “Le nostre forze hanno reagito con fermezza, non ci faremo intimidire”, ha dichiarato un portavoce di Hezbollah.

Nel frattempo, la situazione è diventata ancora più instabile a livello internazionale. Due esplosioni si sono verificate vicino all’ambasciata israeliana in Danimarca, facendo temere un ampliamento del conflitto oltre i confini del Medio Oriente. Le autorità danesi stanno indagando sugli eventi, che non hanno ancora causato vittime, ma l’allerta è alta in tutta Europa.

Una crisi che potrebbe degenerare

La comunità internazionale osserva con apprensione. Gli attacchi coordinati e la risposta immediata di Israele rischiano di trascinare la regione in un conflitto ancora più ampio. Le Nazioni Unite hanno lanciato appelli per la moderazione, ma finora gli inviti alla calma sembrano essere caduti nel vuoto.

Netanyahu ha chiarito che Israele non tollererà ulteriori provocazioni e ha indicato che l’opzione militare rimane sul tavolo. “L’Iran e i suoi alleati non devono sottovalutare la nostra determinazione a difendere il nostro popolo”, ha aggiunto il premier, in una dichiarazione che lascia presagire ulteriori atti di guerra se la situazione non dovesse stabilizzarsi.

L’escalation al confine libanese

Il fronte libanese rappresenta uno dei punti più caldi. L’attacco israeliano a sud di Beirut segna una nuova fase del conflitto, con Hezbollah che si sta dimostrando un avversario risoluto. Le incursioni aeree e i combattimenti a terra mettono a rischio la già fragile stabilità del Libano, un Paese che ancora fatica a riprendersi dalle recenti crisi economiche e politiche.

Le esplosioni in Europa: un nuovo fronte di tensione?

L’inquietante notizia delle esplosioni vicino all’ambasciata israeliana in Danimarca aggiunge un ulteriore strato di incertezza. Mentre non è ancora chiaro chi sia responsabile degli attacchi, il timore di atti di terrorismo collegati alle tensioni in Medio Oriente sta crescendo in tutta Europa. I governi europei sono ora in stato di allerta, temendo che la violenza possa estendersi oltre i confini della regione.

Il mondo sull’orlo di una nuova crisi?

Mentre la situazione evolve rapidamente, gli occhi del mondo sono puntati su Israele, Iran e i loro alleati. L’equilibrio geopolitico è fragile, e una mossa sbagliata potrebbe scatenare una guerra più ampia, coinvolgendo altre potenze regionali e internazionali. La speranza di una mediazione diplomatica sembra lontana, e il rischio di un conflitto che si estenda oltre il Medio Oriente è più reale che mai.

La domanda che molti si pongono ora è: chi riuscirà a fermare questa spirale di violenza prima che sia troppo tardi?

Continua a leggere

Esteri

Israele intensifica le operazioni oltre confine: incursioni in Libano e Siria

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

Tel Aviv afferma di condurre “attacchi mirati e limitati”, mentre cresce la preoccupazione internazionale per un’escalation del conflitto

In un’escalation delle tensioni regionali, le forze israeliane hanno condotto operazioni militari oltre i propri confini, entrando in territorio libanese e lanciando raid aerei in Siria. Questi sviluppi segnano un’intensificazione significativa del conflitto in corso, sollevando timori di un allargamento del teatro di guerra.

Incursione in Libano

Secondo fonti militari israeliane, l’operazione in Libano è stata descritta come “mirata e limitata”. L’obiettivo dichiarato era colpire infrastrutture di Hezbollah, il gruppo militante sciita libanese considerato da Israele una minaccia alla sua sicurezza nazionale. Tuttavia, media locali libanesi riportano che un grande campo profughi palestinese è stato colpito durante l’operazione, sollevando preoccupazioni per potenziali vittime civili.

Un portavoce dell’esercito israeliano ha dichiarato: “Le nostre operazioni sono strettamente finalizzate a neutralizzare minacce immediate alla sicurezza di Israele. Non abbiamo intenzione di espandere il conflitto, ma agiremo con determinazione per proteggere i nostri cittadini.”

Fonti dell’intelligence israeliana suggeriscono che uno degli obiettivi principali dell’operazione fosse il comandante del braccio armato di Fatah in Libano, anche se non è chiaro se questo obiettivo sia stato raggiunto.

Raid in Siria

Contemporaneamente, Israele ha condotto raid aerei in Siria, colpendo obiettivi che, secondo Tel Aviv, sarebbero legati a gruppi militanti sostenuti dall’Iran. Il Ministero della Difesa siriano ha confermato gli attacchi, denunciandoli come una “flagrante violazione della sovranità siriana”.

Reazioni internazionali

Gli Stati Uniti, principale alleato di Israele, hanno espresso sostegno alle operazioni. Un portavoce del Dipartimento di Stato ha dichiarato: “Le azioni di Israele sono in linea con il suo diritto all’autodifesa. Tuttavia, esortiamo tutte le parti a esercitare la massima cautela per evitare un’escalation incontrollata.”

L’Unione Europea ha espresso “profonda preoccupazione” per l’escalation, invitando tutte le parti a mostrare moderazione. Il Alto Rappresentante per gli Affari Esteri, Josep Borrell, ha dichiarato: “Ogni azione militare oltre i confini rischia di innescare una spirale di violenza che potrebbe destabilizzare l’intera regione.”

Posizione del governo italiano

Il Ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha rilasciato una dichiarazione urgente sulla situazione: “L’Italia segue con estrema attenzione gli sviluppi in Medio Oriente. Comprendiamo le preoccupazioni di sicurezza di Israele, ma esortiamo tutte le parti a esercitare la massima moderazione. È fondamentale evitare un’escalation che potrebbe avere conseguenze catastrofiche per l’intera regione.”

Tajani ha aggiunto: “Stiamo lavorando attivamente con i nostri partner europei e internazionali per promuovere una de-escalation immediata. L’unica via d’uscita da questa crisi è il dialogo e la ripresa dei negoziati di pace.”

Giorgia Meloni ha convocato una riunione d’emergenza del Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica (CISR) per valutare la situazione e coordinare la risposta italiana.

L’escalation delle operazioni militari israeliane oltre i propri confini rischia di innescare una reazione a catena in una regione già altamente volatile. L’ONU ha espresso “grave preoccupazione” per la situazione, con il Segretario Generale António Guterres che ha richiesto “un immediato cessate il fuoco e il ritorno al tavolo dei negoziati”.

Analisti internazionali avvertono che un’ulteriore escalation potrebbe portare a un conflitto regionale più ampio, coinvolgendo potenzialmente Iran, Siria e altri attori regionali.

Mentre Israele afferma di agire in legittima difesa contro minacce immediate, la comunità internazionale guarda con crescente apprensione all’evolversi della situazione. La sfida nei prossimi giorni sarà quella di trovare un equilibrio tra le esigenze di sicurezza di Israele e la necessità di evitare un’escalation che potrebbe avere conseguenze devastanti per l’intera regione mediorientale.

Continua a leggere

Esteri

Putin: “Armi Nucleari pronte in caso di aggressione” – Rischio escalation con l’Ucraina

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

La nuova dottrina russa minaccia una risposta nucleare anche contro attacchi convenzionali sostenuti da Stati nucleari come gli USA. L’Occidente reagisce con fermezza

Vladimir Putin ha nuovamente alzato il livello della tensione nel conflitto tra Russia e Ucraina, minacciando il possibile utilizzo di armi nucleari. Durante un incontro con il Consiglio di sicurezza russo, Putin ha dichiarato che la Russia si riserva il diritto di ricorrere al nucleare in caso di aggressione contro la Federazione Russa o la Bielorussia, anche se l’attacco fosse condotto con armi convenzionali. Il messaggio non è rivolto solo a Kiev e al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ma anche agli Stati Uniti e al presidente Joe Biden, principali sostenitori dell’Ucraina nella guerra.

Putin ha inoltre esplicitato che anche un’aggressione compiuta da uno Stato non nucleare, ma con il sostegno di una potenza nucleare, sarà considerata un attacco congiunto contro la Russia. Questo è un chiaro riferimento agli Stati Uniti, che continuano a inviare massicci aiuti militari all’Ucraina, come il nuovo pacchetto da 375 milioni di dollari recentemente approvato.

La nuova dottrina nucleare di Mosca

La modifica della dottrina nucleare russa include anche un’ulteriore ipotesi che potrebbe portare al ricorso alle armi atomiche: se la Russia rilevasse un attacco massiccio di missili, aerei o droni contro il proprio territorio. Questa è una diretta allusione alla crescente capacità militare dell’Ucraina, che negli ultimi mesi ha guadagnato terreno, controllando porzioni della regione russa di Kursk e potendo lanciare attacchi in profondità sul territorio russo, danneggiando infrastrutture militari cruciali.

Messaggio agli Stati Uniti e all’Occidente

La minaccia di Putin è anche indirizzata a Washington, che finora non ha dato l’ok all’Ucraina per l’uso dei missili a lungo raggio Atacms contro la Russia. “La situazione politico-militare sta cambiando rapidamente e dobbiamo adattarci. Nuove minacce emergono contro la Russia e i suoi alleati”, ha dichiarato Putin, nel tentativo di scoraggiare un’escalation del sostegno militare occidentale a Kiev.

Negli ultimi mesi, Mosca ha ripetutamente sottolineato la superiorità del suo arsenale nucleare tattico rispetto a quello presente in Europa, sostenendo che l’Europa sarebbe vulnerabile in caso di conflitto nucleare. Il messaggio di Putin giunge a meno di tre mesi dalle sue precedenti dichiarazioni, in cui aveva ricordato la capacità russa di sopraffare qualsiasi difesa europea.

Reazioni internazionali

Le minacce nucleari del Cremlino non hanno mancato di scatenare reazioni da parte della comunità internazionale. Il presidente ucraino Zelensky, che si trova a New York per presentare il suo piano per la vittoria, ha ricevuto il sostegno del capo del suo staff, Andriy Yermak, il quale ha dichiarato: “La Russia non ha più i mezzi per intimidire il mondo, se non attraverso il ricatto nucleare. Ma questi strumenti non funzioneranno”.

Dall’altra parte dell’Atlantico, l’amministrazione Biden mantiene una posizione ferma. Bill Burns, direttore della CIA, ha recentemente ridimensionato le minacce nucleari di Putin, invitando i Paesi occidentali a non cedere al ricatto: “Non possiamo permetterci di farci intimidire da questo rumore di sciabole”, ha dichiarato Burns.

Anche in Europa, i toni sono stati duri. Il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, ha commentato: “Le minacce nucleari di Putin sono irresponsabili e pericolose. Non ci lasceremo intimidire. La comunità internazionale deve rimanere unita nel condannare qualsiasi uso di armi di distruzione di massa”. In Francia, il presidente Emmanuel Macron ha ribadito l’impegno della NATO e dell’Unione Europea a sostenere l’Ucraina: “Non permetteremo che la sicurezza europea sia minata dalle minacce di Putin. La risposta a qualsiasi attacco sarà ferma e collettiva”.

Nel frattempo, la diplomazia statunitense e europea sta cercando di evitare che la situazione degeneri ulteriormente, ma il clima di tensione resta altissimo. Con il conflitto che si intensifica e l’Ucraina che continua a guadagnare terreno, il rischio di un’escalation nucleare diventa una minaccia sempre più concreta, rendendo ancora più cruciale il ruolo delle istituzioni internazionali e dei leader mondiali nella ricerca di una soluzione diplomatica che scongiuri scenari catastrofici.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti