Omicidio Vasto: ecco il parere degli esperti

 
 
di Angelo Barraco
 
 
VASTO – Incredulità e sgomento nell’animo di molti italiani a seguito della terribile morte di Italo D’Elisa, 22enne ucciso con tre colpi di calibro 9 pochi giorni fa a Vasto in Via Perth, di fronte il Drink Bar Caffè. I colpi sono stati esplosi dal 34enne Fabio Di Lello. Un omicidio che ha seminato le sue radici nel luglio del 2016, quando un terribile incidente stradale, con  alla guida D’Elisa, ha stroncato la vita alla moglie di Fabio Di Lello, Roberta Smargiassi. Una perdita incolmabile per Fabio Di Lello che non riusciva a rassegnarsi all’idea di aver perso sua moglie in quel modo, portava infatti ogni giorno i fiori sulla sua tomba  e trascorreva diverse ore davanti alla sua lapide.  Si stavano avviando i dovuti procedimenti nei riguardi di Italo, per accertare o meno quali fossero le sue responsabilità per l’incidente sopracitato ma Fabio non ha atteso che la giustizia facesse il suo corso e ha impugnato la sua calibro 9 regolarmente detenuta, sparando ad Italo D’Elisa, successivamente ha chiamato un amico riferendo l’azione da lui compiuta, successivamente si è recato nella tomba della moglie ove ha risposto l’arma utilizzata, contenuta all’interno di una busta di plastica trasparente e infine si è consegnato alle forze dell’ordine. Il Professor Falco, che ha eseguito l’autopsia sul corpo di Italo ha dichiarato: “Oggi possiamo dire che sono stati tre i proiettili che hanno colpito il giovane, di cui uno cranico e due addominali, con la morte arrivata per un gravissimo trauma cranio-encefalico oltre che addominale. Una morte rapidissima e su questo non ci sono dubbi. Da quello che ho potuto vedere – ha spiegato il professor Falco – non si evidenziano segni di colpi sparati a bruciapelo e il segno della canna sulla cute e dunque si può escludere una distanza ravvicinata. Il corpo del giovane è stato attinto da tre colpi”. In merito alla vicenda si è espresso anche il Ministro della Giustizia Orlando “un atto inaccettabile che è stato scaricato sulla giurisdizione. In un tribunale che, peraltro, ha tempi migliori della media europea. Non deve accadere”. Giancarlo Vitiello, comandante della Compagnia dei Carabinieri di Vasto ha dichiarato in merito all’accaduto “E' un fatto di cronaca che scuote le coscienze e fa riflettere su ciò che è accaduto. Un epilogo tragico che sconvolge tutta la città”. Di Lello si trova adesso rinchiuso nel Carcere di Torre Sinello, a Vasto e il suo legale ha riferito che il suo assistito “E' molto provato e sta vivendo un momento, che è facile comprendere, difficile sotto il profilo psicologico e umano. E' molto provato, molto confuso. Non ha ancora chiari i termini della vicenda e non ancora realizzato ciò che ha fatto e cosa sia successo". Pochi giorni si sono svolti i funerali di Italo D’Elisa e il parroco, durante l’omelia, ha detto ai presenti “Si fermi questa ondata di odio. Basta con questa violenza. Due vite completamente spezzate. Ha perso la città. Noi abbiamo perso” aggiungendo che “Queste morti riportino nella nostra comunità un po' di serenità. Basta con i social media. Dobbiamo tornare a parlare tra di noi. Senza conoscere abbiamo condannato”. Fabio Di Lello si è avvalso della facoltà di non rispondere nel corso dell’interrogatorio di garanzia e i suoi legali hanno riferito che “Non era nelle condizioni e nella serenità necessari per parlare”. La Procura ha formulato a suo carico il reato di omicidio volontario premeditato. Una vicenda che fa discutere molto per una giustizia sommaria  che ha creato innumerevoli dibattiti all’intero dei salotti televisivi della nazione. Noi de L’Osservatore D’Italia, in merito a questa delicata vicenda, abbiamo chiesto il parere di tre massimo esperti: La Dott.ssa Mary Petrillo, la Dott.ssa Putignano e l’Avvocato e Criminologo Giovanni Cicchitelli.
 
La Dott.ssa Mary Petrillo, Psicologa, Criminologa, Coordinatrice Crime Analysts Team, Vice Presidente Ass. Con Te Donna Lazio ci ha riferito: “Una vicenda come questa di Vasto presenta certamente degli aspetti che toccano nel profondo l'animo di chi vive in prima persona una tragedia di questo tipo. Questa persona ha sicuramente provato dentro di se un dolore sconvolgente che in ambito psicologico è tradotto con la non elaborazione del lutto. Il dolore causato dalla perdita della moglie, in circostanze tragiche, ha probabilmente compromesso in questo uomo la capacità di comprendere come vivere questa scomparsa, la scomparsa di una persona amata che ha probabilmente generato in lui un odio profondo verso la vita e verso colui che ha causato tale perdita. Perdere la amata moglie avrà sicuramente provocato in questo signore un terribile shock, infatti, avrà visto il mondo che lo circonda cambiato, come egli stesso si sarà sentito diverso e molto probabilmente se avesse avuto un sostegno per elaborare la perdita, per sfogare la sua rabbia e tristezza forse la sofferenza e la angoscia che lo ha spinto ad un gesto inconsulto non avrebbero preso il sopravvento. Certamente l'uomo sarà sottoposto a valutazione psichiatrica e questi aspetti emergeranno e per i dati che attualmente si hanno a disposizione, mediante TV e giornali, direi che è possibile comprendere che ad una sofferenza estrema è corrisposto un comportamento estremo che ha intaccato la personalità di questo uomo dilaniato da emozioni inespresse che, appunto, lo hanno spinto a compiere un gesto che poteva essere evitato, se fosse stato aiutato professionalmente, cosa che deve, a mio parere, fare soprattutto ora per proteggere anche se stesso cercando di affrontare la situazione.”
 
La Dott.ssa Rossana Putignano, sicologa Clinica – Psicoterapeuta Psicoanalitica -Responsabile della Divisione Sud e della Divisione di Diagnosi Psicodiagnostica e Neuropsicologia Forense del CRIME ANALYSTS TEAM ci ha riferito: “La sofferenza estrema, di cui parla la collega Mary Petrillo, è un dato che non possiamo ignorare. Da psicologa-psicoterapeuta sento di affermare che per dolore si può perdere il controllo di sé fino all’esplosione di un’ aggressività eterodiretta. Possiamo attribuire tutte le attenuanti morali verso quest’uomo che ha perso la moglie ma ciò non toglie che non tutti gli uomini, nella stessa situazione, siano in grado di ammazzare un uomo. In condizioni di trauma importante, i tratti di personalità si possono accentuare al punto da perdere ogni confine ed esame di realtà, tuttavia, non è responsabilità dell’uomo in genere possedere un certo tipo di personalità. Infatti, si nasce con un temperamento di base e i nostri genitori e le istituzioni scolastiche a seguire, ne completano la formazione. In ordine a questo ragionamento, la comunità dovrebbe aiutare chi non è in grado di sopportare un dolore così grande. Non è colpa di nessuno se qualcuno è più fragile dell’altro, mentre è responsabilità della comunità essere attenta a questi drammi. Occorre coltivare quel “senso di comunità” che ormai stiamo perdendo in una società liquida, senza confini di sorta, in cui è facile perdere “le staffe”. Vivere il lutto, con tutte le sue manifestazioni cognitive e somatiche simili alla depressione, significa poter permettersi di stare in questa condizione; ad esempio, un giovane genitore con dei figli molto piccoli potrebbe procrastinare la propria elaborazione del lutto e prendere contatto con le proprie emozioni molto più in la nel tempo. Non tutti riescono ad elaborarsi un lutto importante da soli e non tutti posseggono quei fattori protettivi che permettono di sopravvivere alla tragedia. Ma che cos’è il lutto? Facciamo un distinguo tra lutto e depressione. Il lutto è quella condizione di profondo scoramento, molto simile alla depressione, dovuto alla perdita dell’oggetto d’amore. I primi oggetti d’amore sono i nostri genitori; a seguire il fidanzatino/a e la propria moglie o marito. Perdere il proprio oggetto d’amore sul quale riversare la nostra tenerezza e anche aggressività attraverso una sessualità matura, implica devastazione e perdita del canale attraverso cui convogliare tutta la libido – intesa come energia positiva in senso strettamente psicoanalitico; inoltre, perdere l’oggetto d’amore vuol dire anche non poter mettere più in atto le dinamiche infantili di attaccamento avute con i genitori.  A mio avviso, perdere un partner improvvisamente, equivale un po’ a perdere di colpo i propri genitori. La depressione, per contro, è una patologia caratterizzata da sintomi cognitivi (pessimismo, ideazione suicidaria, senso di inutilità, bassa autostima) e sintomi somatici (labilità al pianto, stanchezza, iperfagia,  insonnia).La depressione può essere di due tipi: endogena o reattiva. La prima ha insorgenza brusca e immediata e spesso ha origini nella familiarità per patologie psichiatriche; la seconda, ha un’insorgenza lenta e graduale e consiste in una “reazione” a un evento; in sostanza la seconda, giunge come difesa a un trauma. Infatti, oggi psicoanalisi vede la depressione più come un meccanismo di difesa in cui la persona necessita di raccoglimento e di difendersi dal mondo, motivo per cui,  noi psicologi accettiamo la depressione dei pazienti e facciamo in modo che essi stessi l’accettino.  Nel caso di Vasto, non è dato sapere se l’uomo abbia sovrapposto il lutto a una depressione che lo ha portato a dirigere la propria aggressività – ognuno di noi la possiede-  verso colui che ha strappato alla vita la propria moglie, in un sinistro stradale le cui cause sono ancora in fase di accertamento”.
 
Giovanni Cicchitelli, Avvocato e Criminologo, ci ha riferito: “Scriveva Leonardo Sciascia: “… l’aggravante di premeditazione cade sull’imputato che ha avuto il tempo di riflettere sulla decisione di ammazzare il proprio simile. Il tempo, cioè, a che la passione si raffreddi al punto da consigliare la desistenza dal proposito omicida. E non raffreddandosi la passione (processo di raffreddamento cui peraltro non si può assegnare un tempo eguale per tutti), ne viene che fredda, premeditata, è stata la decisione di uccidere…”.
Un’ANSA di ieri ci ha informato che il gip Caterina Salusti ha convalidato l'arresto di Fabio Di Lello, rinchiuso nel carcere di Vasto con l'accusa di omicidio volontario premeditato per l'uccisione del 21enne Italo D'Elisa. Ieri mattina l'interrogatorio di garanzia, con Di Lello che si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Fermo restando che siamo solo nelle fasi iniziali di un’indagine che si prospetta lunga e difficile, mi limito ad alcune riflessioni.
Anzitutto, trovo deplorevole l’atteggiamento del Procuratore Giampiero Di Florio che ha inopportunamente sentito il “dovere” di intervenire in diretta alla trasmissione “L’Arena” di Giletti, perché il procedimento/processo penale a celebrazione mediatica è una delle aberrazioni più sgradevoli della prassi giudiziaria degli ultimi anni, al punto che proprio il padre dell’ucciso, durante l’intervista, ha chiesto di pregare e lasciare tranquille le famiglie devastate da questo dramma.
Primo aspetto: stanno emergendo dettagli che, se verificati, incideranno sulla decodifica di questo delitto, cioè un atto di disposizione patrimoniale in favore dei genitori da parte del Di Lello di qualche mese fa e la circostanza che il Di Lello stesso sia stato avvisato da qualcuno della presenza al bar del giovane Italo D’Elisa e ivi si sia appositamente recato per incontrarlo, tutti elementi che potrebbero escludere si tratti di un delitto d’impeto, come invece sta sostenendo la famiglia dello sparatore e i suoi legali. La questione della pistola in auto: Fabio Di Lello era titolare del solo porto d'armi a uso sportivo, che prevede il trasporto dell'arma dalla propria residenza al poligono di tiro, e non il trasporto, la detenzione e l'uso dell'arma fuori da i prefati contesti; peraltro, l’arma deve sempre essere trasportata in condizioni da non poter essere comunque utilizzata, mediante tutta una serie di accorgimenti che ogni titolare di porto d’armi, me compreso, conosce benissimo. Infine, per la giurisprudenza della Suprema Corte, “in tema di omicidio non sussiste in linea di principio incompatibilità tra aggravante della premeditazione e accertamento del vizio parziale di mente, trattandosi di concetti che operano su piani diversi; l'incompatibilità può in concreto sussistere solo nell'ipotesi in cui la premeditazione è originata da cause che si identificano con l'essenza dell'infermità che affligge l'imputato” (Cassazione penale, sez. I, 13/10/1998,  n. 1484); più di recente, ma secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale della Cassazione, è stato ribadito che “la premeditazione può risultare incompatibile con il vizio di mente (nella specie, parziale) nella sola ipotesi in cui consista in una manifestazione dell'infermità psichica da cui è affetto l'imputato, nel senso che il proposito criminoso coincida con un'idea fissa ossessiva facente parte del quadro sintomatologico di quella determinata infermità” (Cassazione penale, sez. I, 04/02/2009,  n. 9015). Essendovi quindi una teorica compatibilità tra premeditazione e vizio parziale di mente, sarà necessario, oltre ad approfondite indagini, l’intervento di consulenti e/o periti di comprovata esperienza, della caratura del mio Maestro Prof. Vincenzo Mastronardi, Psichiatra e Psicopatologo Forense, che ha affrontato molti casi di questo tipo.”