Oscar al lavoro italiano

di Silvio Rossi

 

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Solo un’italiana partecipava da protagonista alla Notte degli Oscar, vincendo la sua quarta statuetta per i costumi del film The Grand Budapest Hotel. Una delle categorie considerate nella “hall of fame” come minori, che testimoniano però il livello di professionalità impiegato nei dettagli di una produzione cinematografica.

Milena Canonero, torinese trasferita a Los Angeles, alla sua nona nomination, ha portato a casa la quarta statuetta, tante quante ne hanno vinte Fellini e De Sica. Costumi che nel passato hanno visto premiare due volte Piero Gherardi, Vittorio Nino Novarese e Danilo Donati, per una Francesca Squarciapino e Gabriella Pescucci. Una tradizione che si sposa col successo della moda italiana nel mondo.

Non solo i costumi hanno premiato l’Italia cinematografica. Gli effetti speciali hanno visto Carlo Rambaldi salire tre volte sul palco dell’Academy Award (per King Kong, Alien ed E.T.), la scenografia altrettante Dante Ferretti e Federica Lo Schiavo, la fotografia sempre tre volte Vittorio Storaro. Altri professionisti hanno vinto la statuetta per trucco, montaggio, scenografia.

Una nazione che esprime, nella settima arte, oltre ai grandi nomi, che si impongono per i film, soprattutto una élite di lavoratori di successo, di onesti professionisti, che dimostrano come, quando ci mettiamo all’opera, sappiamo essere apprezzati in tutto il mondo.

Un esempio che può, e deve, essere riproposto in altri campi. Per decenni l’industria italiana ha rappresentato l’eccellenza nella meccanica di precisione, nell’ottica, nella chimica. Abbiamo avuto la leadership nel settore della moda. L’agroalimentare italiano ha il maggior numero di prodotti DOP dell’Unione Europea.

Non sembriamo però più capaci di valorizzare queste qualità, non sappiamo venderci in un mercato globale dove non basta solo la manualità, ma bisogna investire nelle eccellenze per mantenere il brand Italia desiderabile.

Milena Canonero, come Fabiola Gianotti al CERN, come Samantha Cristoforetti, come molti manager di importanti aziende multinazionali, devono essere i modelli da imitare da parte di molti giovani italiani, che forse non ne conoscono neanche i nomi, mentre conoscono tutto su tronisti e veline di mediocri trasmissioni televisive.