“Dentro la vita”: viaggio nel romanzo di Flora Caruso


[GALLERY IN FONDO ALL'ARTICOLO – CLICCARE SOPRA LE FOTO PER INGRANDIRLE]

 

di Tiziana Bianchi

Che la realtà possa superare la fantasia è certamente noto ma, in quali termini possa accadere, come nel caso di DENTRO LA VITA, il libro autobiografico di Flora Caruso, è davvero inimmaginabile. Un’infanzia felice quella di Flora che declina progressivamente, in pochi anni, verso il buio di una grave retinopatia congenita fino ad arrivare all’oscurità di una violenza sessuale subita nel corso dell’adolescenza. Una vita ricca di eventi, densamente vissuta nella unicità del complicato, ma meraviglioso, contesto della città di Napoli, nella quale l’autrice nasce nel 1957 e vive attualmente. Consigliere dell’Unione Italiana Ciechi, tre mariti, due figli, molte amiche, viaggi, sport, attività sociale, ma anche conviventi violenti e truffatori. Come osservato nella Prefazione dalla filosofa Esther Basile, con questo libro Flora affronta un “…viaggio dentro un romanzo, il romanzo della sua vita”, narrandola attraverso minuziose e, talvolta, crude ricostruzioni che ci raccontano il passaggio dalla luce al buio della cecità grazie alla quale, però, da non vedente ha imparato a guardare…

Flora, nella copertina del libro ha voluto evidenziare questa frase: “Non posso vedere ma posso guardarti”, cosa significa?

La repentina privazione della vista che mi ha strappato dal “mondo visibile”, mi ha insegnato, mio malgrado, a “guardare” laddove, troppo spesso, il vedente non si spinge. E, andando oltre, ho acquisito una consapevolezza del mondo che mi consente, ogni giorno, di vivere dentro la vita.
Improvvisamente Flora s’interrompe e, dopo qualche secondo di silenzio, con tono fermo e deciso, prosegue.
Non sono più spettatore della mia vita. Alla cecità mi sono adattata ma certamente mai rassegnata. E` con l’adattamento a questa nuova condizione che sono riuscita a sottrarmi ad una più pericolosa oscurità, quella della depressione.

 

Ripercorrendo la sua vita, introduce il lettore nel mondo dei non vedenti con sfumature inaspettatamente molto divertenti, come le tre cieche alle prese con i coriandoli, piuttosto che la fettina di carne confusa per un panno per spolverare. Quanto ha pesato la condivisione della sua condizione con altre persone non vedenti?
Direi che e` stato determinante. In una prima fase della malattia sono stata ostile al mondo dei ciechi perché non accettavo la mia condizione, la rifiutavo, punto e basta! Ad un certo punto mi decisi e mi recai presso l’Unione Italiana Ciechi dove, mentre ero completamente smarrita – non solo fisicamente – un giovane insegnante di nome Riccardo, totalmente cieco – mentre io, invece, avevo ancora un piccolo residuo visivo – con passo deciso, senza esitare, mi accompagnò nella stanza del direttore. Incredibilmente, lui, in una condizione sfavorevole rispetto alla mia, si muoveva come un vedente. In quell’occasione compresi chiaramente che la qualità della mia vita avrebbe potuto essere ben diversa. Ed, in effetti, lo e` stata perché l’adattamento alla mia condizione mi ha illuminato la strada da percorrere per “imparare ad essere cieca” prima di divenirlo del tutto.

 

La città di Napoli, una città del sud, assume chiaramente un ruolo pregnante nella sua vita di donna cieca portandola, anche se indirettamente, a contatto con il mondo della camorra. Come hai vissuto quegli anni?
Sono stati anni vissuti intensamente, una palestra di vita. A tratti mi sono addirittura sentita più fortunata di alcune donne vedenti, succubi di situazioni familiari di arretratezza culturale, radicate in habitat ancora più infimi. Immaginate, poi, se la donna in questione e` anche cieca! Mi riferisco alle mie amiche di sempre, Vicky, Adriana, Luana…mi hanno dato e continuano a darmi moltissimo. Da Vicky c’e` tutto da imparare. Una donna che e` riuscita a lasciare un marito camorrista e a salvare i propri figli. Adriana che, preso il cosiddetto toro per le corna, decidendo di denunciare un marito ubriacone e bugiardo, è stata stuprata da un operatore di giustizia. Luana, affetta dalla più crudele delle cecità, quella dei medici. Curata per anni per una demenza precoce mentre, invece, un meningioma (totalmente ignorato) cresceva nella sua testa facendola diventare cieca con l’ulteriore perdita del gusto e dell’olfatto a 48 anni. Tutto evitabile se il meningioma fosse stato rimosso prima.


Anche il mare e` un  elemento importante della sua vita. Le vacanze felici, il primo bacio, il marito marinaio e persino un’immersione a più di 20 metri di profondità.
Il mare e` quasi un richiamo ancestrale, la vita per me. Mi sono sentita nascere quando ho fatto l’immersione in quel mondo fluido, senza barriere dove, finalmente, mi sono sentita libera, senza quella che noi ciechi definiamo la “paura del muro” che ci fa stare sempre un po’ ritratti, rigidi, insomma. Una volta, invece, ci stavo per morire; mentre nuotavo le cinghie di una specie di giubbetto salvagente, facendomi effetto cappio mi tirarono sott’acqua, ero quasi morta e, quando sono stata riportata a galla, mi e` sembrato di rinascere.

 

Le condizioni di salute di suo padre (epilettico e cieco) per lunghi periodi lo costringevano lontano dalle mura domestiche ma, ciononostante, in relazione alla sua cecità sembra abbia svolto un ruolo preminente rispetto a quello di sua madre.
Si, e` cosi. Papà, facendo il panettiere lavorava la notte ed era più facile che fosse con noi bambine di giorno. Mamma era infermiera con turni estenuanti, giorno e notte. Ma in effetti lei era sicuramente più cupa ed introversa di papà che, invece, era più allegro ed espansivo. Lui è stato di grande supporto, un riferimento per me. Mamma ha sempre rifiutato la mia cecità che, invece, per papà non era un problema, lui ci conviveva chiedendo sempre aiuto. Ma in quegli anni non avevo capito che lui era cieco, perché mamma giustificava tutto con: “papà non vede bene” mentre la realtà era ben diversa.

 

Se oggi incontrasse la sua vecchia insegnante di matematica che la invitò a lasciare la “scuola per ragazzi normali” mentre le era stata fornita la diagnosi di “cecità isterica”, insomma frutto di un capriccio della psiche, rispetto alla quale era attesa la guarigione, cosa le direbbe?
Le direi che essere insegnante significa anche aiuto alla crescita e non solo didattica.
All’istante, aggrottando le sopracciglia, lo sguardo le si fa cupo e severo.
Fu davvero un messaggio diseducativo. Persone cosi dovrebbero tenersi alla larga da qualsiasi forma d’insegnamento. Oggi, il ruolo degli insegnanti di sostegno è di assoluta importanza, hanno una grande responsabilità e devono essere ben preparati. Purtroppo, però, troppo spesso, i corsi di specializzazione sono frequentati superficialmente e soltanto per avere qualche punto in più in graduatoria.

 

Dopo tanti anni, per la prima volta, attraverso il libro, ha deciso di denunciare l’incontro con “l’uomo nero”. Si e` pentita di non averlo fatto prima?
Certamente, moltissimo. La mia vita sarebbe stata indiscutibilmente diversa! Magari non mi sarei sposata a 15 anni perché avrei naturalmente lasciato quel ragazzo al quale, invece, mi sono aggrappata, per paura di restare sola dopo quello che mi era accaduto. Ma ero piena di sensi di colpa: mia la colpa di aver voluto sciogliere i capelli, di aver voluto indossare la minigonna, di essere passata dove mi era stato detto di non passare. Papà sarebbe morto di crepacuore e mamma forse mi avrebbe gonfiato di botte per la vergogna che avrei rappresentato. Ma ora lo so, ho certamente sbagliato, le violenze vanno denunciate.

 

Il “primo riscatto” e` stato quello di riuscire ad entrare nel mondo del lavoro dopo il conseguimento del diploma di qualifica per centralinisti non vedenti. In quali altri ruoli, oggi, un cieco può riscattarsi? Nel corso degli anni si sono create nuove possibilità di impiego per i non vedenti?
Si, oggi la figura del centralinista è praticamente scomparsa, non serve più. La tecnologia svolge un ruolo molto importante creando maggiori possibilità di accesso al lavoro come ad esempio nel campo dell’informatica, delle lingue, dell’insegnamento. Ma bisogna studiare e formarsi per prepararsi adeguatamente al mondo del lavoro, la cecità non può essere un alibi. Era vero nel passato e lo è, tanto più, oggi: non ci sono spazi per coloro che non s’impegnano. Il nostro Presidente dell’Unione Italiana Ciechi di Napoli è un esempio lampante: laureato in giurisprudenza ed impiegato nel settore informatico presso l’Università.

 

Lei sostiene che i preconcetti verso la cecità possono sfociare in un eccesso di protezione oppure in un rifiuto, più o meno manifesto. Ad oggi, quali dei due comportamenti ha  maggiormente registrato?
Nella mia personale esperienza alla fine ho registrato maggiormente atteggiamenti di rifiuto per paura o per egoismo. Troppo difficile confrontarsi con un problema complicato da gestire, mentre i propri problemi sono al centro dell’universo. E` per questa ragione che tocca a noi andare incontro agli altri del “mondo visibile” per accompagnarli delicatamente nel nostro mondo. Ma la sofferenza peggiore, che maggiormente subisco, è senz’altro l’indifferenza, la chiusura mentale rispetto alla quale nulla si può.

 

Vivere Dentro la Vita ed esserne protagonisti è la sua arma per sconfiggere la cecità?
Vivere dentro la vita non serve a sconfiggere soltanto la cecita` ma, soprattutto, a riappropriarsi di se stessi per non subire passivamente gli eventi ed avere, quindi, una visione globale del mondo. Vivere dentro la vita è la cosa migliore che tutti possiamo fare, vedenti e non vedenti.
 




Castel di Sangro: l'Europa incontra la filosofia al museo Aufidenate

Red. Eventi

Castel di Sangro (AQ) – Il prossimo 28 luglio 2016, alle ore 17:00 presso il museo Aufidenate di Castel di Sangro avranno inizio i lavori della Scuola estiva di Alta Formazione Filosofica nell’ambito delle attività promosse dall’Istituto Italiano Studi Filosofici e dell’Associazione Culturale Eleonora Pimentel. Interverranno il sindaco, Angelo Caruso ed il Presidente di Archeo-club, Giovanni Romito. A seguire Esther Basile e Maria Stella Rossi presenteranno il libro “Nel nome del Vino” di Gioconda Marinelli. In chiusura, dopo la proiezione del reportage “Eroi silenziosi, eroi ogni giorno”, girato a bordo di due unità della Marina Militare in prossimità delle coste libiche (Operazione Mare Sicuro), Carmela Maietta – Il Mattino – intervisterà l’autrice, la giornalista Tiziana Bianchi, che per dieci giorni ha vissuto a stretto contatto con gli equipaggi. La Scuola, diretta dalla filosofa Esther Basile, delegata dell’Istituto Italiano Studi Filosofici, anche quest’anno, nella magnifica cornice paesaggistica e storica delle terre d’Abruzzo e Molise, propone un programma di vasto interesse incentrato sul tema “Filosofia: confini e sguardi verso l’Europa”, quale contributo culturale di matrice filosofica rivolto alle discussioni attuali sui valori impliciti al concetto stesso di Europa. L’intensa attività della scuola proseguirà, accompagnata da relatori ed ospiti appassionati di cultura, artisti e musicisti a Pescocostanzo, Palazzo Fanzago nel pomeriggio di venerdì 29 luglio, a Borgo Tufi di Castel del Giudice sabato 30 luglio e, domenica 31 a Palazzo del Prete di Belmonte, Venafro

IL PROGRAMMA COMPLETO




COESPU: IL GEN. DEL SETTE RICEVE LA DELEGAZIONE PRESSO L’ASSEMBLEA PARLAMENTARE NATO

di Tiziana Bianchi
Ieri a Vicenza, nella caserma “Chinotto”, sede del CoESPU (Center of Excellence for Stability Police Units), Centro d’Eccellenza per le Unità di Polizia di Stabilità, il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Generale di Corpo d’Armata Tullio Del Sette ha ricevuto la delegazione presso l’Assemblea Parlamentare della NATO, composta dal Presidente, On. Andrea Manciulli, dall’On. Paolo Alli, dall’On. Andrea Causin, dal Sen. Lorenzo Panizza, dal Sen. Lorenzo Battista e dall’On. Bruno Censore.

Durante la visita la delegazione ha potuto apprezzare in concreto l’attività dell’Arma dei Carabinieri e delle Forze di Polizia internazionali associate, per il sostegno della stabilizzazione e alla pacificazione delle aree che sono state soggette a sanguinosi conflitti o da condizioni di instabilità provocate da collassi istituzionali.
Nel corso dell’incontro, il Direttore del Centro, Generale di Brigata Giovanni Pietro Barbano, ne ha presentato le attività con particolare riferimento ai corsi svolti in favore delle unità di Polizia delle Nazioni Unite e alle infrastrutture, dove i corsisti possono apprendere e mettere in pratica le più moderne procedure tecnico operative per la protezione dei mandati e delle popolazione civili nelle aree di crisi. A seguire, il Generale di Brigata Philippe Rio della Gendarmerie National Francaise, Comandante della Forza di Gendarmeria Europea (Eurogendfor), anch’essa con sede presso la caserma “Chinotto”, ha illustrato l’organizzazione a lui affidata, che svolge attività di pianificazione a supporto delle missioni dell’Unione Europea che impiegano forze di polizia a status militare. In chiusura il Col. Andrea Paris, Direttore del più recente tra gli enti ospitati nella struttura vicentina, il Centro d’Eccellenza della NATO per la Polizia di Stabilità, che svolge attività formative e di sviluppo dottrinale a favore dell’Alleanza Atlantica. L’On. Manciulli ha ringraziato sentitamente il Generale Del Sette per l’interessante ed esaustiva presentazione di tal Centro di eccellenza, forte richiamo all’orgoglio nazionale. Con soddisfazione, inoltre, ha esternato l’apprezzamento del Parlamento, che ha recentemente approvato all’unanimità la legge quadro per le missioni internazionali, nei confronti dell’impegno all’estero delle nostre Forze Armate. In tale contesto ha richiamato quel “modello italiano” di fare peace-keeping in grado di valorizzare la dimensione multiculturale delle aree di operazione che consente ai militari italiani e ai Carabinieri in particolare, di essere sempre ben accetti ovunque siano chiamati a operare, dall’Afghanistan all’Iraq così come da Gibuti alla Palestina.
 




MENA PAGLIA: IO, MAMMA DI UNA MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE

di Tiziana Bianchi

A 23 anni dall’agguato a “Check Point Pasta” a Mogadiscio, Mena Paglia, madre della Medaglia d’Oro al Valor Militare Gianfranco Paglia, si racconta per la prima volta.

Quel  tragico 2 luglio 1993, in un vile agguato a “Check Point Pasta” a Mogadiscio, trovarono la morte il sottotenente Andrea Millevoi, il Serg. Magg. Stefano Paolicchi ed il soldato di leva paracadutista Pasquale Baccaro, ed altri 32 militari italiani rimasero feriti. Fra essi c’era, l’allora sottotenente Gianfranco Paglia al quale e` stata consegnata la Medaglia d’Oro al Valor Militare per le eroiche gesta di aver prestato soccorso ai feriti prima di tornare a combattere ed essere colpito da tre pallottole di Kalashnikov che, da allora, lo costringono su di una sedia a rotelle. Oggi il Ten. Col. Paglia e` Presidente del Gruppo Sportivo Paralimpico Difesa.

In questo giorno particolare, la madre di Gianfranco, Mena Paglia, una donna semplice e garbata ma certamente determinata e coraggiosa, per la prima volta, dopo 23 anni si apre ai suoi ricordi.

Signora Paglia, quel 2 luglio 1993 come apprese del ferimento di suo figlio?

Ricordo che era un venerdì, all’ora di pranzo quando il telegiornale annuncio` il grave agguato a “Check Point Pasta” che coinvolse il 183° Reggimento Paracadutisti "Nembo" a Mogadiscio, riferendo di morti e feriti tra i militari italiani. Soltanto alle 15:00 ricevemmo la telefonata che ci informava del ferimento di Gianfranco. Il Gen. Bellinzona, allora comandante della Caserma Garibaldi di Caserta, ci manifesto` immediatamente la vicinanza e la solidarietà della Forza Armata. Ma soltanto il giorno dopo, grazie all’intervento di mio cognato, Ciro Paglia (giornalista de Il Mattino defunto da circa tre anni ndr) che, attraverso un contatto telefonico con un suo collega inviato sul posto, ebbi la certezza che mio figlio non fosse morto, come invece anche il Corriere della Sera aveva ipotizzato.

Suo figlio era vivo, come siete riusciti a mettervi in contatto con lui?
Incontrando i nostri desideri la domenica, il Gen. Bellinzona ci disse che sarebbe stato opportuno che uno di noi si fosse recato in Somalia. Io, per ragioni di sicurezza, fui esclusa in quanto donna. Mio marito Antonio non era nelle condizioni di salute per affrontare un simile viaggio. Quindi, mio cognato, Salvatore Paglia, senza esitare si offrì di partire e, ancora con le infradito ai piedi, fu trasferito a Roma per il viaggio con un volo militare.

Immagino siano stati momenti molto difficili. Dopo quanto tempo ha avuto la prima telefonata da Salvatore?

Salvatore ci ha chiamato ogni giorno dal suo arrivo, era lunedi. Ci raccontò che incredibilmente, entrando nell’ospedale da campo dove si trovava mio figlio, per la prima volta dopo tre giorni di incoscienza, sentendo la voce dello zio, Gianfranco aprì gli occhi esclamando: “Voi Paglia siete riusciti ad arrivare fino a qui!”.

Come ha appreso la notizia della disabilità permanente di suo figlio e qual’e` stata la sua reazione?

Ne fui informata immediatamente in quei giorni, prima del rientro di Gianfranco in Italia il 13 luglio. Ero atterrita e smarrita, non facevo che piangere. Un giorno un collega del Comune di Caserta mi disse: “Mena non piangere, prega!”. Fu la mia luce, mi ritrovai nella fede e nella preghiera alla Madonna e a Padre Pio.

Cosa ha provato quando ha finalmente visto suo figlio quel 13 luglio a Roma?
E` uscito dall’aereo in barella, era intubato. Gli ho accarezzato le gambe ed i piedi. Erano gelidi! Non ho pianto. In quel momento ho pensato alle mamme di Pasquale, Andrea e Stefano e mi sono sentita fortunata. Dobbiamo ricordare ed onorare la memoria di quei ragazzi e di tutti quelli che, come loro, hanno pagato con la vita la fedeltà alla Patria.

Con quest’ultima affermazione vuole sottolineare le mancate celebrazioni del 1994?

Si, e` proprio così. Mi sono indignata e ne soffro ancora oggi, nessuno aveva ricordato quei tre ragazzi. Al riguardo scrissi una lettera al Presidente della Repubblica (Oscar Luigi Scalfaro ndr) ed un’altra al Papa, esprimendo il mio disappunto.

Qualcuno le ha risposto?

Ricordo solo una formale risposta dal Quirinale che espresse solidarietà.

Con il supporto delle istituzioni a fine luglio del ’93 vi trasferite in Svizzera, presso il centro paraplegici di Nottwill, come sono andate le cose?

Stranamente, di questo trasferimento, per quanto in questi anni mi sia sforzata, ricordo soltanto di essere salita a bordo del Falcon, prima del decollo; le fasi successive del viaggio rimangono un mistero, credo di averle rimosse totalmente. Nel centro di Nottwill ci confermarono che Gianfranco non avrebbe più camminato ma, al contrario di quanto precedentemente diagnosticato, cioè che sarebbe stato costretto al letto, contro ogni previsione, riprese l’utilizzo delle mani e, anziché in sette mesi, fu dimesso in cinque mesi, avendo raggiunto il risultato massimo ottenibile. Ha dimostrato una forza interiore che va, sicuramente, oltre quella fisica.

Cosa e` accaduto nei mesi successivi al rientro in Italia quando si è trovata a ricercare un nuovo equilibro di vita?

Avevo chiaro che nulla da quel momento sarebbe stato piu` “normale” ma ancora non immaginavo quanto…a Gennaio del ’94, scopro di essere in dolce attesa! Sono andata in crisi perché temevo di non potermi dedicare totalmente a Gianfranco con l’arrivo di un bambino e con una gravidanza anche un po’ avanti negli anni. Ma con il sostegno spirituale del mio parroco da una parte e, della famiglia tutta dall’altra, in particolare di mio marito e Manuela (sorella minore di Gianfranco ndr) che sono stati preziosi, ho superato le mie paure. Alla fine non ho scelto nulla, qualcuno lassù mi ha semplicemente indicato la via. E così è nata Daniela, nome che ho deciso per il profondo significato, “scelta da Dio”. Dover crescere lei è stata una benedizione, mi ha dato modo di vedere Gianfranco acquisire la propria autonomia in carrozzina che, successivamente si e` sposato, rendendomi anche nonna di due bellissimi nipoti, Vittoria Pia ed Antonio.

Nel corso di tutti questi anni, lei e suo figlio, nell’intimità` del rapporto madre-figlio, siete mai riusciti a parlare di quanto accaduto in Somalia?
In verità lui non mi ha mai raccontato nel dettaglio quel giorno. Mi ha soltanto confidato che nel corso del combattimento era consapevole che sarebbe potuto morire. Ma mi ha ribadito che non avrebbe potuto far altro che quello che ha fatto. Sono orgogliosa della coraggiosa scelta di mio figlio che oggi, anche dalla sua carrozzina può rivolgersi al mondo a testa alta.

 




NAPOLI: DAL 'SAN PIETRO A MAJELLA' LA 34 IMA EDIZIONE DEL PREMIO 'SEBETIA-TER'

Redazione
Napoli
– Sabato 28 maggio 2016 a Napoli, nell’Auditorium del Conservatorio di Musica San Pietro a Majella (via San Pietro a Majella 35), si terrà, a partire dalle ore 18 (ingresso entro le 17:45 per esigenze di protocollo e televisive), la cerimonia di consegna del Premio Internazionale “Sebetia-Ter”, Targa d’Argento del Presidente della Repubblica Italiana. Giunto alla trentaquattresima edizione, il Premio assegna riconoscimenti a personalità di rilievo nel mondo della cultura, delle scienze, dell’ingegneria, della medicina, dell’arte, dell’archeologia, della giurisprudenza, della comunicazione, della ricerca e in altri campi del sapere.

Tra le personalità premiate di quest'anno: Alvaro Siza per l’architettura, Raffaella Pierobon per l’archeologia, Larry A. Walker e David S. Pasco del Centro nazionale per la ricerca sui prodotti naturali (USA) per la ricerca scientifica, Luciano Pezzullo per la medicina, Tiziana Bianchi per il giornalismo, Claudio Quintano per l’economia. Tra i premiati ancora, l’Amm. Sq. Filippo Maria Foffi, Comandante in Capo della Squadra Navale della Marina Militare, l’Amm. Ispettore C.P. Vincenzo Melone (Comando Guardiacostiera Capitaneria di Porto), il Ten. vascello Paolo Monaco (Comandante C.P. Lampedusa), l’E.I. S.M.O.M. Col. Mario Fine, il Ten. medico Vincenzo Diego Bianchi, il S.Ten. medico Giuseppe Saviano. Saranno, inoltre, premiati i migliori allievi delle Accademie Militari: il S. Ten. Julian Colamedici per l'Arma dei Carabinieri, il S. Ten. Angelo Santori della Guardia di Finanza, l’A.G.M. (SM) Marzio Pratellesi per la Marina Militare, l'Aspirante Garn. Felice Ciacciariello per l'Aeronautica Militare e l’Allievo Capo Scelto di Reggimento Diego Meletti per l'Esercito.

L’evento è organizzato dal Presidente del Centro studi di arte e cultura Sebetia-Ter,
Ezio Ghidini Citro, in collaborazione con il direttore del Conservatorio Elsa Evangelista e con il patrocinio del Consiglio d’Europa, del Consolato generale di Francia, dell’Ambasciata di Ungheria, dell’Oficina Cultural dell’Ambasciata Spagnola in Italia, della Regione Campania, dell'Università Parthenope, della Fondazione Valenzi.

Nel corso della serata sarà distribuito il volume dedicato al Sebetia-ter.

Sul palco Alvaro Siza per l’architettura, Raffaella Pierobon per l’archeologia, Larry A. Walker e David S. Pasco (Usa) per la ricerca scientifica, Luciano Pezzullo per la medicina, Tiziana Bianchi per il giornalismo e molti altri
 




MARINA MILITARE, "OLTRE IL FIUME OCEANO": L'ULTIMO LIBRO DELL’AMMIRAGLIO CRISTIANO BETTINI

GALLERY IN FONDO ALL'ARTICOLO [CLICCARE SULLE FOTO PER INGRANDIRLE]

 

di Tiziana Bianchi

La brillante carriera dell’Ammiraglio di Squadra Cristiano Bettini (già autore di La formazione etica e di Processi decisionali in ambiente complesso), si caratterizza per alcuni particolari elementi dai quali, nel tempo, sembrano essere maturate le motivazioni che lo hanno condotto verso la stesura del suo ultimo lavoro, Oltre il fiume Oceano. Prime, fra tutti, la formazione classica con gli studi umanistici, successivamente l’ingresso in Accademia Navale e, certamente non meno importante, l’amore per la navigazione a vela che lo ha visto al Comando delle Unità STELLA POLARE e CORSARO II, con cui ha effettuato due navigazioni transatlantiche, dopo alcune altre su imbarcazioni d’altura, dal Mar Nero ai mari del Nord, oltreché in Mediterraneo. Per completare il quadro, negli anni dal 2002 al 2005, ha assunto l’incarico di Addetto Navale e per la Difesa presso l’Ambasciata Italiana a Londra, con accreditamento per l’Irlanda, ove rappresentava gli interessi nazionali in materia di difesa e sicurezza. Non ultime le sue conoscenze di architettura navale e di yacht design.

Man mano che ci s’immerge nella lettura di Oltre il Fiume Oceano, si può distintamente percepire quanto l’esperienza dell’autore si sia tradotta in preziosi approfondimenti apportati da diverse discipline quali l’archeologia, la storia, la filologia, la nautica, la geografia e persino la numismatica. Un lavoro eccezionalmente documentato che, ricostruendo le tre spedizioni del 55 e 54 a.C. di Giulio Cesare, del 43 d.C. di Claudio e del 296 d.C. di Costanzo Cloro, offre una dettagliata testimonianza della grandezza dell’impresa dei Romani nella conquista della Britannia, sfidando l’ignoto di una navigazione ‘oltre il fiume oceano’; si tratta di quel fiume che secondo le pagane credenze dell’epoca, circondando le terre emerse, separava il mondo dei vivi da quello dei morti, l’Ade. Un’impresa titanica, considerando che il potere militare dei Romani trovava la sua massima espressione per la via terrestre e non anche per quella navale ma che, grazie alla superiorità` tecnologica e logistica, e` riuscita a sostenere le proprie forze combattenti. In tal senso il libro fornisce anche una dettagliata ricostruzione dell’attuale modello “expeditionary”, cioe` di logistica integrata, intesa come capacita` delle forze armate di proiettarsi rapidamente ed operare con continuità in teatri esterni e distanti. Un modello che, ripreso dalla Gran Bretagna nella fase imperiale e perfezionato dagli Stati Uniti dopo la II Guerra Mondiale e`, ancora oggi, scelto dalle forze armate di tutti i maggiori Paesi occidentali.

Come largamente riconosciuto, questo libro colma un vuoto nella letteratura accademica internazionale laddove l’autore, senza sacrificare l’impianto divulgativo, fornisce una descrizione degli eventi integrata dalle diverse discipline e, in maniera particolare, per le spedizioni successive a quella di Giulio Cesare ben documentata nel De Bello Gallico comunque “…da leggere anche tra le righe, nelle sue apparenti omissioni ed in un’ottica di propaganda per i successi ottenuti in nove anni di presenza di Cesare in Gallia..”. Infatti, grazie a tale approccio, andando controcorrente, nel capitolo IV si evidenziano molte reticenze e cose, militarmente, poco verosimili di Cesare sugli eventi preliminari alla prima spedizione (55 a.C.) che, solo a posteriori, giustificano mancanze o errori di valutazione, con cui supplì con la “pristina fortuna” che egli stesso si attribuiva. Inoltre, sempre Cesare, per la seconda spedizione (54 a.C.), come ben dimostrato, impose modifiche di configurazione alle navi che risultarono tutte dannose alla stabilità e sicurezza della navigazione.

Una lettura ricca, affascinante e coinvolgente; un tuffo a tutto tondo in un lontano passato che si lega, incredibilmente, alle odierne criticità della nostra Europa. Un’Europa certamente piu` simile alla società dell’impero Romano del III e IV secolo che, dopo una rapida espansione, si avviava alla decadenza, causata da quelli che Polibio (Historie, VI, 57), definiva imprevedibili fattori esterni, come ad esempio gli attuali flussi migratori, o da fattori interni, come potrebbe considerarsi l’innalzamento dei muri di confine da parte di alcuni Stati Membri protagonisti dell’allargamento dell’UE nel 2004.

Ammiraglio Bettini, la grandezza dell’Impero Romano nell’espandersi alla fine ne ha decretato la decadenza. Corriamo lo stesso rischio, oggi, in Europa?
La storia ci ha insegnato come una società troppo aperta comporti, inevitabilmente, una perdita di compattezza nella propria identità collettiva; l’identità europea oggi appare ancora molto fragile e quindi è opportuno trattare la società odierna con la logica del rischio, essere, cioè consapevoli della quantità di rischio che vogliamo e siamo in grado di accettare (risk managment) e, quindi, sviluppare le conseguenti strategie sociali.

Lei ha avuto una vita densa di impegni professionali e non, legati al mare. Da dove nasce l’esigenza di misurarsi con quest’ultimo lavoro?

Negli anni di permanenza a Londra in qualità` di Addetto per la Difesa e la Marina, ho potuto constatare quanto il modello politico, sociale e militare Romano sia ancora oggi rilevante nella cultura britannica. Gli interrogativi più ricorrenti dei miei interlocutori riguardavano molto di più la conquista dell’Isola e la successiva decadenza da parte dell’Impero Romano, che non la visione nazionale in tema di Difesa e Sicurezza. Quegli anni sono stati senz’altro da stimolo, ed ho così iniziato ad approfondire, anche attraverso letteratura inglese e la visita e conoscenza diretta dei luoghi archeologici.

Per quale ragione il mondo anglosassone rimane cosi legato a quello Romano?

Probabilmente perché il modello di vita del cittadino romano, pienamente immerso nella vita quotidiana delle lontane province, era retto da un architrave di regole che riusciva a tenere insieme etnie diverse, senza distruggere la comunalità della governance interna. In tal senso, solo l’impero britannico dell’era moderna ha ereditato la visione romana nella modalità di governo dei popoli assoggettati.

Oltre il fiume oceano e` ricco di approfondimenti che abbracciano diverse discipline, dalla geografia alla nautica, storia, archeologia, filologia fino alla numismatica. Quanto tempo ha dedicato alla ricerca delle fonti e per la redazione?

Lo studio comincia nel 2005 e per scriverlo sono stati necessari due anni.  Ho cercato di operare una ricostruzione degli eventi legati all’impresa navale e non a quella terrestre, se non quando strettamente rilevante per la comprensione del ruolo operativo o logistico della flotta, incrociando, quindi, dati di varie fonti e discipline.

I Romani non erano di certo una potenza navale, come sono riusciti a portare a termine una simile impresa?

L’impresa e` stata davvero enorme, ed è soltanto collegando la storia al mondo della navigazione romana che si puo` comprendere la grandezza dei romani. 45.000 uomini partiti verso aree ancora poco conosciute, volendo mantenere una totale autonomia logistica  (soprattutto approvvigionamento di acqua e viveri). Misure spropositate per l’epoca. Sono riusciti a portarla a termine per diversi fattori: la tempra degli uomini, la tecnologia e la logistica. I legionari erano uomini fedeli all’imperatore e fidelizzati con i loro comandanti, pronti a seguirli oltre ogni dovere; più che un’istituzione, i soldati erano una classe sociale. Inoltre, rispetto alle altre popolazioni erano tecnologicamente avanzati nella costruzione delle imbarcazioni e con un pragmatismo attraverso il quale imparavano rapidamente dall’esperienza concreta. Per tali ragioni non dobbiamo sorprenderci del fatto che, in uno studio del 1908, preparato per lo Stato Maggiore dell’Esercito britannico, le tabelle di marcia e carico utilizzate, facessero ancora riferimento a quelle redatte dai romani nel corso delle spedizioni per la conquista della Britannia.

Il tema di questo suo terzo libro e` molto diverso da quelli dei precedenti. A quale dei tre si sente piu` legato e perché?

Certamente Oltre il fiume Oceano! Attraverso questo lavoro ho condotto un mio personale viaggio nelle passioni di sempre, quelle che hanno segnato la mia vita da marinaio.

 




MARINA MILITARE: LA PIU` AMATA DAGLI ITALIANI

di Tiziana Bianchi

Il Rapporto Italia 2016 di Eurispes certifica l’aumento della fiducia nei confronti di tutte le Forze Armate.

Ma è la Marina Militare, con il 75,4% dei consensi, (+1,9% rispetto al 2015), a raccogliere il maggior apprezzamento degli italiani.
Davvero una grande soddisfazione per tutti i marinai italiani!

Ricevuta la bella notizia, gli equipaggi hanno risposto “Siamo felici, siamo happy"!




Accademia Italiana della Cucina: una nuova delegazione ad Hammamet

Serata Conviviale speciale presso il Golf Club Citrus di Hammamet per l’inaugurazione della nuova Delegazione estera dell’Accademia Italiana della Cucina

Hammamet – Grande successo di partecipazione alla Conviviale speciale dell’Accademia Italiana della Cucina per l’inaugurazione della nuova Delegazione estera, tenutasi ieri presso il ristorante Tangerine, nella suggestiva cornice del Golf Club Citrus. Designato alla guida della nuova Delegazione l’Accademico Gian Paolo Sessa, Contrammiraglio in congedo, con oltre quaranta anni di servizio in Marina Militare e incarichi presso prestigiosi comandi nazionali ed internazionali. All’evento sono intervenuti l’Ambasciatore d’Italia a Tunisi, il dott. Fabrizio Saggio, il Segretario Generale dell’Accademia, il dott. Roberto Ariani, giunto in Tunisia per l’occasione e il Delegato di Tunisi, il dott. Luigi Collu. Nel suo indirizzo di saluto, l’Ambasciatore Saggio, augurando ogni successo all’Ammiraglio Sessa, ha sottolineato il ruolo dell’Accademia anche a livello internazionale, esprimendo apprezzamento per la nascita della neonata delegazione di Hammamet che, insieme con la Delegazione di Tunisi, rappresenta un ulteriore opportunità di incontro e convivialità per la numerosa comunità italiana in Tunisia che, ad oggi, conta oltre ottomila residenti. Il dott. Ariani, ringraziando l’Ambasciatore per la partecipazione, ha sottolineato quanto il Presidente Petroni e l’Accademia, attraverso una rinnovata collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri, siano partecipi delle attività delle Ambasciate e delle reti consolari.

Ne è prova tangibile la pubblicazione della Storia della Cucina italiana a fumetti, redatta in otto lingue. In chiusura, ha formulato i migliori auguri al Delegato e agli Accademici per le future attività della nuova delegazione. La cena a base di pesce, in tradizionale stile italiano, è stata particolarmente apprezzata da tutti i commensali che hanno espresso lusinghieri giudizi, sia sul personale che sulla location. L’Accademia Italiana della Cucina dal 2003 è Istituzione Culturale della Repubblica Italiana, che opera con le sue 225 delegazioni territoriali in Italia, 94 all’estero e più di 7500 associati, affinché siano promosse iniziative idonee a diffondere una migliore conoscenza dei valori tradizionali della cucina italiana. Più in generale, di valorizzazione del patrimonio culturale nazionale e di promozione della conoscenza presso la pubblica opinione degli esercizi, in Italia e all’estero, che operano nel rispetto ed osservanza della cucina nazionale, regionale e locale. E in tale ottica, la nuova delegazione di Hammamet, composta da motivati Accademici provenienti da diverse regioni italiane, dalla Piemonte alla Sicilia, potrà fattivamente contribuire al perseguimento degli obiettivi dell’Accademia in questo lembo d’Africa. In una terra, la Tunisia, alla quale, attraverso il Mare Nostrum, l’Italia rimane indissolubilmente legata, per storia, cultura e tradizioni gastronomiche.




Regione Lazio, elezioni 2023: al via la presentazione delle liste

Al via la due giorni per il deposito delle liste per le elezioni regionali del Lazio del 12 e 13 febbraio, al Tribunale di Roma.

In Corte di appello a Roma è stata presentata la lista civica per D’Amato presidente dallo stesso assessore regionale che poi scrive: “Questa mattina abbiamo presentato la Lista Civica D’Amato Presidente”.

“Una lista forte e unita che sarà guidata da donne in tutte le province. Darò tutto me stesso per vincere questa sfida. Avanti tutta!”, ha detto il candidato Pd alla presidenza. Sono 32 i nomi della lista civica D’Amato Presidente, consegnata dallo stesso candidato del Centrosinistra alla presidenza del Lazio.

Bianchi, con Polo Progressista c’è intesa sui temi
“Ringrazio il Polo progressista di sinistra ed ecologista, una forza politica che fa della sinergia con l’associazionismo e i movimenti civici un tratto distintivo e qualificante della propria azione politica, per aver deciso di sostenere la mia candidatura assieme al Movimento 5 Stelle. Il nostro è un incontro sui temi, sui programmi, sulle prospettive, sugli obiettivi. Gireremo insieme la Regione incontrando i cittadini e le cittadine per raccontare in che modo vogliamo trasformare la nostra splendida Regione”. Così, si legge in una nota, afferma Donatella Bianchi, candidata presidente della Regione Lazio, durante l’iniziativa organizzata dal Polo Progressista sul Tevere alla Società Romana Nuoto. “Sono orgogliosa di essere l’unica donna candidata e sono orgogliosa che nelle nostre liste ci siano tante donne. Sono una donna che si candida alla guida di questa Regione e mi sono candidata per rappresentarle”, aggiunge Donatella Bianchi, candidata presidente M5S della Regione Lazio.

Presentata rosa nomi Pd, capolista Leodori
È stata depositata al Tribunale di Roma la lista del Pd, relativa alla circoscrizione di Roma e provincia, per le prossime elezioni regionali del 12 e 13 febbraio. Come capolista il presidente vicario della Regione, Daniele Leodori. Ecco l’elenco completo: Daniele Leodori, Cristiana Avenali, Mauro Alessandri, Erica Battaglia, Mario Ciarla, Michela Califano, Carlo De Vita, Tiziana Canini, Stefano Federico, Elisabetta Castellano Vita, Alessandro Garufi, Luana D’Annibale, Rodolfo Lena, Emanuela Droghei, Massimo Lucci, Sonia Lima Moralis, Giovanni Manzari, Eleonora Mattia, Massimo Milo, Irina Oliva, Emiliano Minnucci, Assunta Pacitto, Andrea Pizziconi, Gabriella Persili, Leonardo Santoro, Simonetta Sanzolini, Michele Tantillo, Beatrice Salvati, Renzo Tiberi, Marika Sciamplicotti, Massimiliano Valeriani, Carmela Spicola.




Caserta, rinasce il nettare regale da un ettaro reale

Maffei: “L’antica vigna borbonica torna a vivere grazie a questo ambizioso progetto di cui vedremo e assaporeremo presto i frutti”

«I vini di questa contrada sono eccellenti così bianchi come rossi, e sono de’ migliori del Regno, così per loro qualità, e natura, come per la grata sensazione che risvegliano nel palato. Vanno sotto il nome di Pallarelli, e sono stimatissimi ne’ pranzi». Così i Re Borboni di Napoli, tra i monarchi più importanti d’Europa, descrissero il vino Pallagrello, della vite omonima, che fecero impiantare nei giardini della Reggia di Caserta, nel Bosco di San Silvestro, per poterlo produrre direttamente nelle «Reali Delizie». Tanto era la loro passione per il vino, che vollero nel vitigno reale proprio il Pallagrello bianco e nero, come è conosciuto oggi. E se aveva degli ospiti prestigiosi, per fare bella figura, il re Ferdinando IV, gli donava proprio il Pallagrello, il dono più pregiato: il vino della «Vigna del Re». Caduto il Regno, morti i Re, la vigna della Reggia di Caserta nel Bosco di San Silvestro morì. Abbandonata dagli uomini e dal cielo.

Circa quattro anni fa la Reggia di Caserta, provando a far rivivere il monumento non solo come gigantesco museo, ma come palazzo vivente, riscoprì l’esistenza della Vigna della Reggia nel bosco di San Silvestro, accanto a quella più coreografica e nota del Ventaglio, e immediatamente provò a farla rivivere affidandola a un concessionario esterno, viticultore di qualità. Fu l’allora direttore, Mauro Felicori, a decidere che la Reggia doveva rivivere in tutte le sue funzioni, «ritornare a essere una casa vivente». La sfida era epocale. La Reggia di Caserta, diretta da Tiziana Maffei, è patrimonio dell’umanità, inserita nella lista tutelata dall’Unesco e le esperienze di vitigni in monumenti patrimonio Unesco si contano sulle dita di una sola mano. Quindi la scommessa della rinascita della Vigna della Reggia nel bosco di San Silvestro era una sfida culturale e sociale, ma anche burocratica. Una rivoluzione nei costumi della pubblica amministrazione che non doveva più conservare o al massimo tutelare, quando capitava, ma anche produrre.

«L’antica vigna borbonica torna a vivere grazie a questo ambizioso progetto di cui vedremo e assaporeremo presto i frutti – spiega il direttore Maffei – La Reggia di Caserta, nata come massima rappresentazione di prestigio del nuovo regno di Carlo di Borbone, completata nella sua struttura dal Bosco di San Silvestro, così come molti dei siti reali borbonici è stata concepita come parte di un articolato sistema produttivo territoriale. Niente è stato lasciato al caso e la magnificenza di questo patrimonio culturale, storico e artistico è resa ancora più grande dal valore concreto che nel quotidiano aveva per la famiglia reale ma anche per tutti coloro che vivevano in questo territorio. Uno degli obiettivi del complesso vanvitelliano è riconoscere questa importante eredità e valorizzarla, dando spazio alle possibilità creatrici insite in questi fertili luoghi, nello spirito proprio del museo contemporaneo che riconosce le potenzialità di un istituto sempre più al servizio della società e del suo sviluppo sostenibile».

La sfida in pratica, dopo quattro anni, è stata vinta. Il concessionario, l’azienda vinicola «Tenuta Fontana», con sede nel paesino di Pietrelcina, nel Sannio, la patria di Padre Pio, ha riscoperto, piantato, curato amorevolmente, ogni giorno, la vite di Pallagrello, l’antico Piedimonte, e la vite pian piano è rinata. Divenendo uva di cui, dal 25 settembre scorso settembre è cominciata per la prima volta la vendemmia, con una cerimonia in loco, alla presenza di autorità, esperti, giornalisti italiani ed esteri. Si è trattata di una sfida incredibile per l’azienda e per la Reggia, come hanno sottolineato Mariapia Fontana e Tiziana Maffei ma il Palazzo Reale di Caserta, l’unico al mondo ad affrontare questa avventura, ha vinto come ha vinto l’impegno e la caparbietà di Tenuta Fontana.

La vigna originaria era quella che serviva le tavole e la cantina reale e aveva un’estensione di circa cinque ettari, giusto di fronte alla Casina di San Silvestro, nel bosco omonimo. L’altra vigna reale conosciuta era quella del Ventaglio – chiamata così perché erano vigneti di uva diversa, in una vigna a forma di ventaglio – che aveva un valore più di rappresentanza, coreografico/monumentale. Nei secoli il bosco ha assorbito molto di questa estensione ed è rimasto solo un ettaro di terreno libero, proprio di fronte al cancello d’ingresso della Casina. Ed è proprio quell’ettaro che è stato affidato a Tenuta Fontana, che l’ha ripulito e rilanciato. «La previsione è di un migliaio di bottiglie prodotte, nella migliore delle ipotesi – spiegano Mariapia e Antonio Fontana – Sarebbe già una grande conquista. Ma il nostro obiettivo principale era far rinascere la Vigna. E ci siamo riusciti. Siamo consci di quanto conti questo traguardo». Ad aiutarli, nel lavoro attento e difficile di rinascita della Vigna borbonica, due dei migliori professionisti sulla piazza nazionale: l’enologo fiorentino Francesco Bartoletti; e l’agronomo livornese Stefano Bartolomei. Prima di loro ci avevano provato in un sito Unesco, a ricreare un’antica vigna, nella mitica città romana sepolta dal Vesuvio: Pompei. Un primo concreto passo per far rivivere le reali delizie dei Re di Napoli.




Milano, da fuoco all’azienda dove lavorava dopo essere stato licenziato: distrutti 14 mezzi per la raccolta rifiuti e lavaggio delle strade

MILANO – Incendia un capannone di una società operante nel settore della pulizia, raccolta, trasporto e smaltimento rifiuti nel territorio della provincia di Milano dopo essere stato licenziato causando ingenti danni e la distruzione di 14 mezzi utilizzati per la raccolta dei rifiuti ed il lavaggio delle strade.

Questa mattina i Carabinieri della Tenenza di Rozzano hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Milano su richiesta della locale Procura della Repubblica (Proc. Agg. D.ssa Tiziana Siciliano e Sost. Proc. D.ssa Sara Arduini), nei confronti di un 43enneitaliano responsabile a vario titolo di incendio.

L’indagine è stata avviata nel pomeriggio del 4 aprile 2021 a seguito di un incendio che propagatosi all’interno del capannone di una società operante nel settore della pulizia, raccolta, trasporto e smaltimento rifiuti nel territorio della provincia di Milano, aveva causato ingenti danni e la distruzione di 14 mezzi utilizzati per la raccolta dei rifiuti ed il lavaggio delle strade.

Lo sforzo investigativo è stato immediatamente proiettato in direzione dell’ipotesi dolosa dell’incendio poiché il contesto faceva ritenere inverosimile un corto circuito e per il ritrovamento in prossimità del capannone di un guanto monouso strappato e materiale infiammabile del tipo “diavolina”, chiaramente utilizzato per appiccare il fuoco. I Carabinieri, quindi, in attesa degli ulteriori sopralluoghi delle unità specializzate dei VV.FF., esploravano tutte le ipotesi investigative anche al fine di valutare una matrice criminale legata agli interessi della criminalità organizzata nel settore dei rifiuti.

Dall’analisi dei filmati di videosorveglianza in prossimità dell’area, inoltre, i militari hanno poi nitidamente notato un individuo vestito di scuro che, verosimilmente dopo essersi introdotto all’interno del capannone ed aver appiccato il fuoco (dalle immagini è infatti già evidente la colonna di fumo), aveva scavalcato il muro di recinzione gettando, prima di dileguarsi, qualcosa nel cestino.

Le testimonianze di alcuni dipendenti dell’azienda hanno però successivamente indirizzato le indagini verso l’indagato il quale, licenziato dalla società solo pochi mesi prima, si era recentemente reso protagonista di atteggiamenti molesti e condotte delittuose ai danni dell’ex datore di lavoro.

I sospetti hanno poi trovato concretezza quando gli inquirenti, dopo aver notato sul suo profilo social una foto in cui il soggetto indossava gli stessi pantaloni dell’autore dell’incendio, effettuavano una perquisizione domiciliare nel corso della quale rinvenivano un paio di pantaloni della tuta neri con alcuni segni bianchi, una felpa con cappuccio di colore nero con strisce orizzontali, un cappellino da baseball di colore nero, un paio di scarpe sportive di colore nero ed un marsupio di colore grigio, tutti perfettamente compatibili con gli indumenti indossati dall’autore del reato.