Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
Ricorre quest’anno il 27° anniversario di una delle più meste giornate della storia della nostra Repubblica: la strage di Via D’Amelio, Palermo 19 luglio 1992. Oltre
ad essere un esemplare magistrato, Paolo Borsellino era un fermo promotore
dell’educazione alla legalità. Sosteneva
che solo una rivoluzione culturale potesse sconfiggere il male mafioso e, forse
non a caso, tra le sue ultime parole v’è una missiva rivolta ad una scuola come
a volerle “passare il testimone” della lotta alla mafia.
Scriveva infatti di essere ottimista nel vedere che “verso di essa i giovani, siciliani e no, hanno oggi un’attenzione ben diversa da quella di colpevole indifferenza che io mantenni sino ai quarant’anni. Quando questi giovani saranno adulti avranno più forza di reagire di quanto io e la mia generazione ne abbiamo avuta”.
La
sua visione si fece realtà sin da subito
I
funerali vennero trasmessi in tantissime scuole italiane e i quarantenni di
oggi ricordano con nitidezza lo sgomento provato nel vedere le immagini della
Via D’Amelio in fumo, dei palazzi sventrati, le auto carbonizzate e le bare
che, a distanza di meno di due mesi, tornavano alla vista di preadolescenti del
tutto ignari delle amarezze di una terra tanto armoniosa e bella.
Fu
così che quella che ai più sembrava una leggenda si fece d’improvviso materia,
dolore, disgusto.
Il
Coordinamento Nazionale dei docenti dei diritti umani da anni prosegue nella “staffetta”
e mantiene vive le parole di Borsellino nelle aule di tutta Italia raccontando
di un impavido servitore dello Stato che, assieme ad un gruppo di amici come
gli piaceva definirli, ci ha insegnato
che lo Stato siamo noi, che la mafia esiste anche se non si sente e non è un
fenomeno territoriale, che per debellarla occorre una sinergia tra tutte le
istituzioni dello Stato e la società civile e che la legalità non è solo
rispetto della legge ma ligio rigore morale.
L’educazione
alla legalità non prescinde dall’insegnamento del diritto o dell’educazione
civica in tutte le scuole, quest’ultima purché affidata ai docenti delle
discipline giuridiche ed economiche (classe di concorso A046 – discipline
giuridiche ed economiche). Sono questi,
infatti, i docenti da tenere in massima considerazione per l’attuazione della
rivoluzione culturale e morale promossa da Paolo Borsellino e gli unici idonei
ad assicurare un approccio approfondito alla tematica, anche attraverso
l’interpretazione dei codici e delle leggi.
Tuttavia, in controtendenza all’aumento degli
indici di criminalità diffusa, non si registra ancora alcun incremento della
didattica in tal senso e la classe di concorso A046 continua ad essere in
esubero nazionale, con un sostanziale stallo delle mobilità e delle immissioni
in ruolo.
Nell’ottica
di potenziare l’effettiva educazione alla legalità, il CNDDU rinnova la
proposta di introdurre l’insegnamento del diritto e/o dell’educazione
educazione civica in tutte le scuole secondarie del primo e secondo ciclo
affidandone l’insegnamento ai docenti delle discipline giuridiche ed
economiche, accompagnata da una più appropriata regolamentazione della classe
di concorso e la valorizzazione delle migliaia di docenti italiani che si sono
formati, o si stanno formando, per accedere al ruolo della classe di concorso
A046.
Quel pomeriggio di luglio, assieme a Paolo Borsellino, entrarono nell’eterna memoria degli italiani anche i componenti della sua scorta
Gli agenti Catalano, Cosina, Loi, Traina e Li Muli. Tra di loro una donna, Emanuela Loi, la prima poliziotta a prendere parte ad una scorta e la prima a morire in servizio. Fu una ragazza esemplare per coraggio e dedizione al lavoro che, nonostante la sua giovane età, divenne ispiratrice di una nuova coscienza di genere per un ruolo attivo delle donne nella pubblica sicurezza e nella lotta alla mafia.
Il CNDDU propone l’ingresso delle associazioni impegnate nella lotta alla mafia e delle forze dell’ordine nella “Rete di Polo” affinché nelle scuole si possa approfondire la conoscenza della vita degli agenti della scorta che, al pari del magistrato protetto, si sono impegnati in prima linea nella concreta lotta alla criminalità.