Connect with us

Cronaca

Palermo, 6 Agosto 1985: il vile agguato mafioso a Ninni Cassarà e Roberto Antiochia

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 2 minuti un commando di nove persone munite di mitraglie kalashnikov nascosti e appostati nei piani rialzati di una palazzina

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

di Paolino Canzoneri


PALERMO
– Il nome era Antonino, ma parenti, amici e colleghi lo chiamavano affettuosamente Ninni. Vicedirigente della squadra mobile della città di Palermo, Ninni, in lunghi anni di duro lavoro, si era conquistato la fiducia di tutto il corpo di Polizia. Per tutti resta e resterà Ninni Cassarà, ucciso in un vile agguato per mano di cosa nostra nell'androne del portone di casa dove stava rincasando martedi 6 Agosto del 1985.

La dinamica del maldestro agguato colse di sorpresa Cassarà appena giunto dalla questura a bordo di un'Alfetta scortato da due agenti in via Croce Rossa al n° 81 proprio nell'attimo in cui raggiunse il portone della sua abitazione. Un imponente spiegamento di forze di un commando di nove persone munite di mitraglie kalashnikov nascosti e appostati nei piani rialzati di una palazzina in costruzione di fronte il portone, non lasciarono speranze di sopravvivenza a Ninni Cassarà che investito da un numero impressionante di proiettili cercò inutile riparo e salvezza dentro il portone ma a causa dei molti colpi andati a segno perì esanime nella prima rampa di scale della portineria davanti allo strazio della moglie Laura Iacovoni scesa di corsa in un vano e disperato tentativo di salvare il marito. Sotto il fuoco delle mitraglie AK-47 perì anche l'agente Roberto Antiochia di soli 23 anni che per una diabolica coincidenza in quel giorno nonostante fosse in ferie si era comunque reso disponibile per scortare il commissario nella sua abitazione.

Probabilmente una talpa dalla questura all'origine dell'imboscata avvisò il commando dell'imminente rientro in casa e contemporaneamente all'eccidio efferato, nell'ufficio del commissario, fu trafugata l'agenda sicuramente piena zeppa di preziose informazioni ed annotazioni utili per le indagini sempre in corso. Ninni Cassarà era un uomo fidatissimo di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, membro attivo in un gruppo speciale antimafia fatto di uomini speciali, una forza dirompente di strategia e indagini, efficace come non mai, che seppe creare le basi dapprima per una grossa operazione di polizia giudiziaria concretizzatasi con la stesura del primo organigramma completo di cosa nostra e successivamente tracciando anche ipotesi concrete sulle motivazioni che spinsero i corleonesi, saliti al potere, ad eliminare uno dopo l'altro tutti i rappresentanti delle famiglie mafiose palermitane. Questo sforzo investigativo  partorì il famoso documento "Rapporto dei 162" stilato proprio da Cassarà stesso che aprì le porte al primo Maxi Processo alla mafia. Cosa nostra subì un forte contraccolpo sia per il mega processo che per gli sviluppi incoraggianti delle indagini che aprirono una breccia considerevole nel muro di omertà intorno alla mafia che fu costretta a pianificare successive azioni sanguinarie. Oggi a 31 anni di distanza dal sacrificio di Ninni Cassarà e dall'agente Roberto Antiochia il ricordo è vivo e vivrà comunque perennemente nei cuori e nelle menti dei palermitani onesti che da sempre sanno riconoscere i veri baluardi della legalità e del senso di giustizia.

 

Continua a leggere
Commenta l'articolo

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Cronaca

Emanuela Bruni nuovo presidente della Fondazione MAXXI – Museo delle Arti del XXI secolo

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

È Maria, detta Emanuela, Bruni frascatana classe 1960 la nuova presidente della Fondazione MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo.
La scelta è stata ufficializzata dal Consiglio di Amministrazione della Fondazione riunitosi oggi dopo la nomina di Alessandro Giuli come Ministro della Cultura.
La Bruni, giornalista professionista nonché scrittrice, è stata la prima Donna a presiedere l’Ufficio del Cerimoniale di Palazzo Chigi.
Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana su nomina del presidente Carlo Azeglio Ciampi, di cui fu stretta collaboratrice in quanto responsabile della Comunicazione radiotelevisiva per l’ingresso nell’Euro, vanta un curriculum di alto spessore e profilo istituzionale: dall’ufficio stampa di Palazzo Chigi per circa un decennio al coordinamento dell’attività dei Servizi del Cerimoniale Nazionale ed Internazionale.
Già assessore alla Cultura della città di Frascati, di cui oggi è consigliere comunale e presidente della Commissione Affari Istituzionali della città Tuscolana, la neopresidente Emanuela Bruni, laureata in lettere e con un Master in Comunicazione Istituzionale e Relazione con i Media per la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, è “giornalista di razza” passata attraverso le redazioni di testate importanti come “L’eco di Bergamo” ed il “Sole24Ore”.
Appassionata ed esperta di arte ed architettura è oggi nell’Ufficio Stampa dell’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia.

Tra le sue pubblicazioni spiccano il “Piccolo dizionario delle italiane”, “La frascatana e le altre” e l’ultima sua opera, “Verde e antico” dedicata ai giardini ed ai paesaggi dei Castelli Romani.
La Bruni, negli ultimi anni, ha dato vita ad uno dei salotti letterari più importanti di Frascati e della provincia romana “Libri in Osteria” che ha ospitato autori del calibro di Angelo Polimeno Bottai, Luigi Contu, Riccardo Cucchi, Antonella Prenner, Michele Bovi e tanti tanti altri.

Giunga alla neopresidente Emanuela Bruni da parte della redazione de L’osservatore d’Italia l’augurio per un buon lavoro

Continua a leggere

Cronaca

Scontro tra Bianca Berlinguer e Maria Rosaria Boccia: accuse e polemiche dopo la mancata intervista

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

La conduttrice accusa Boccia di voler conoscere in anticipo le domande, mentre l’ex ospite lamenta una discussione trasformata in gossip e politica. La verità resta al centro di un acceso botta e risposta

Bianca Berlinguer, nota conduttrice, ha espresso il suo disappunto dopo la mancata intervista a Maria Rosaria Boccia, accusandola di aver chiesto anticipatamente le domande in forma scritta, cosa che non è mai stata concessa a nessun ospite. Secondo Berlinguer, questo sarebbe stato il vero motivo del contrasto tra le due, sfociato nella decisione di Boccia di non partecipare alla trasmissione È sempre Cartabianca.

Boccia, dal canto suo, ha risposto via Instagram, sostenendo che la trasmissione fosse orientata più a creare un dibattito politico e gossip piuttosto che ad ascoltare la sua verità. Inoltre, ha lamentato di essere stata trattenuta in camerino contro la sua volontà per due ore, un’accusa che Berlinguer ha definito “ridicola” e fuori luogo, dichiarando di non aver mai vissuto una situazione simile nei suoi 35 anni di carriera.

Le tensioni tra le due figure pubbliche si sono ulteriormente infiammate quando Berlinguer ha chiesto a Boccia prove concrete per sostenere affermazioni delicate riguardanti un colloquio tra Gennaro Sangiuliano e Arianna Meloni, suscitando reazioni di fastidio da parte dell’ex ospite, che ha accusato la conduttrice di non essere sufficientemente preparata sulla sua storia.

In un contesto di forti polemiche, la questione rimane aperta, lasciando spazio a diverse interpretazioni sui motivi del fallimento dell’intervista e su quanto avvenuto dietro le quinte.

Continua a leggere

Ambiente

Tragedia sul Monte Bianco: Ritrovati i corpi di quattro alpinisti

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

Due italiani e due coreani vittime della montagna. L’ultimo sogno realizzato sul Cervino prima del fatale destino

Un silenzio carico di dolore avvolge le pendici del Monte Bianco, dove ieri sono stati ritrovati i corpi senza vita di quattro alpinisti: due italiani e due coreani. Sara Stefanelli e Andrea Galimberti, i due connazionali di cui si erano perse le tracce dal 7 settembre, hanno trovato il loro ultimo riposo tra i ghiacci eterni della montagna che amavano.

Il tragico epilogo è giunto dopo giorni di angosciosa attesa e speranza. Le condizioni meteorologiche avverse avevano impedito per tre interminabili giorni il decollo degli elicotteri di soccorso. Solo ieri, con una schiarita, un elicottero del soccorso alpino francese è riuscito a levarsi in volo, portando alla luce la drammatica verità.

Etienne Rolland, comandante del Pghm di Chamonix, ha confermato che le due cordate sono state “rapidamente localizzate”, grazie alle informazioni sul loro probabile percorso e altitudine. Una conferma che rende ancora più straziante l’idea che i soccorritori sapessero dove cercare, ma fossero stati ostacolati dalle forze della natura.

La notizia ha scosso profondamente la comunità alpinistica e non solo. Sulla pagina Facebook di Andrea Galimberti, una cascata di messaggi di cordoglio ha sostituito le precedenti speranze di un lieto fine. Amici e conoscenti piangono ora la perdita di un appassionato alpinista e della sua compagna d’avventure, Sara.

Le ultime immagini condivise sui social dai due mostrano momenti di pura gioia sul Cervino, appena pochi giorni prima della tragedia. Scatti che ora assumono un significato quasi profetico, immortalando l’ultimo grande sogno realizzato insieme. Andrea descriveva con entusiasmo l’ascesa al Cervino compiuta il 3 settembre: “Dopo il classico corso di alpinismo tre mesi fa Sara inizia ad arrampicare con me. Davvero tanta roba da subito, in alta quota sul facile non ha problemi anzi va da Dio”.

Queste parole, cariche di orgoglio e affetto, risuonano ora come un addio involontario, un testamento della passione che li univa e che li ha portati a sfidare le vette più impervie.

La tragedia sul Monte Bianco non ha risparmiato nemmeno i due alpinisti coreani, il cui destino si è intrecciato fatalmente con quello degli italiani. Quattro vite spezzate, quattro storie di passione per la montagna interrotte bruscamente.

Mentre la comunità alpinistica si stringe nel dolore, questa tragedia riaccende il dibattito sulla sicurezza in montagna e sui rischi che anche i più esperti corrono nell’affrontare le sfide delle alte quote. Il Monte Bianco, maestoso e implacabile, si conferma ancora una volta una bellezza tanto affascinante quanto pericolosa, capace di regalare emozioni uniche ma anche di reclamare un tributo altissimo.

Le indagini sulle cause precise dell’incidente sono ancora in corso, ma già si leva un coro unanime: quello della prevenzione e della prudenza, anche per i più esperti. Perché la montagna, nella sua immensa bellezza, resta sempre un ambiente che richiede il massimo rispetto e un’infinita cautela.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti