Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
Redazione
PALERMO – Questa mattina alle ore 7.45, in via Vittorio Alfieri a Palermo, nel 25esimo anniversario dell'omicidio, è stato ricordato Libero Grassi, l'imprenditore ucciso da Cosa nostra perché si era opposto al pizzo. Alle ore 10 in Piazza Caboto, a Palermo, verrà intitolato il Giardino di Piazza Caboto a Pina Maisano Grassi, vedova dell'imprenditore, morta appena due mesi fa. E alle ore 21 nell' Atrio della Biblioteca Comunale Casa Professa, verrà proiettata la docufiction «Io sono Libero», in contemporanea in onda su Rai Uno.
Nato a Catania, ma trasferitosi a 8 anni a Palermo, i genitori gli danno il nome di Libero in ricordo del sacrificio di Giacomo Matteotti. La sua famiglia era antifascista ed anche Libero maturò una posizione avversa al regime di Benito Mussolini. Nel 1942 si trasferisce a Roma, dove studia scienze politiche durante la seconda guerra mondiale. Entrò poi in seminario, "decisione questa presa, non per una vocazione maturata nell'avversità della guerra, bensì per il rifiuto di combattere una guerra ingiusta al fianco di fascisti e nazisti". Ne esce dopo la liberazione, tornando a studiare. Passa però alla facoltà di giurisprudenza all'Università di Palermo. Malgrado l'intenzione di divenire diplomatico, prosegue l'attività del padre come commerciante. Negli anni cinquanta si trasferisce a Gallarate, dove entra nel meccanismo dell'imprenditoria; in seguito torna nel capoluogo siciliano per aprire uno stabilimento tessile. Nel 1961 inizia a scrivere tabella politici per vari giornali e successivamente si dà anche alla politica attiva con il Partito Repubblicano Italiano, dal quale viene nominato, nella seconda metà degli anni settanta, "suo rappresentante in seno al consiglio di amministrazione dell'azienda municipalizzata del gas".
Le minacce di cosa nostra e l'assassinio. Dopo aver avuto alcuni problemi con la fabbrica di famiglia, viene anche preso di mira da Cosa nostra, che pretende il pagamento del pizzo. Libero Grassi ha il coraggio di opporsi alle richieste di racket della mafia, e di uscire allo scoperto denunciando gli estorsori. I suoi dipendenti lo aiutano facendo scoprire degli emissari, ma la situazione peggiora. La condanna a morte di Grassi arriva con la pubblicazione sul Giornale di Sicilia di una lettera sul suo rifiuto a cedere ai ricatti della mafia.
I processi. Per il suo omicidio nel 1997 sono stati condannati Marco Favaloro e Salvatore Madonia come esecutori materiali del delitto, mentre nel 2004 vari boss, tra cui Totò Riina, Bernardo Provenzano e Pietro Aglieri.
Alla memoria di Grassi sono state realizzate le seguenti opere televisive:
Libero nel nome (2016) regia di Pietro Durante;
Io sono Libero (2016), regia di Giovanni Filippetto e Francesco Miccichè.
Correlati