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Papa Francesco ad Auschwitz: "Signore, perdona tanta crudeltà"

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Tempo di lettura 2 minuti Una visita che il Santo Padre ha vissuto in religioso silenzio, attraversando il campo di concentramento a piedi

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Redazione
 
Polonia – "Signore, abbi pietà del tuo popolo! Signore, perdona tanta crudeltà" è il messaggio che Papa Francesco ha scritto e lasciato al campo di concentramento di Auschwitz, un messaggio forte, ricco di un sentimento che nasce dall’incredulità di un uomo che vede sotto i suoi occhi quanto male è stato fatto a uomini innocenti torturati e uccisi senza pietà. Una visita che il Santo Padre ha vissuto in religioso silenzio, attraversando il campo di concentramento a piedi, con le mani giunte, il capo chino e lo sguardo fisso. Ha sostato in una panchina all’esterno, ha chiuso gli occhi e ha pregato in solitudine per alcuni minuti. Nel corso della sua visita ha incontrato dei sopravvissuti alla Shoah, con ciascuno di loro si è intrattenuto a parlare e ha scambiato abbracci. Si è fermato anche davanti al Blocco 11, il “Blocco della morte” e ha baciato una delle colonne poste all’ingresso. Terminata la visita ad Auschwitz si è recato al campo di Birkenau che dista pochi chilometri. 
 
L'ultimo dei sopravvissuti ha donato al Papa una candela che Francesco ha posizionato su una lampada, con stemma in argento dorato, costituita da una base in legno di noce tornito, che si ispira al reticolato del campo di concentramento, ormai eroso dal tempo, e ha pregato dinanzi al muro fucilazioni. Poi Bergoglio, sempre in devoto silenzio, accolto dal superiore generale e dal provinciale dell'Ordine francescano dei Frati Minori Conventuali, si è recato nella cella 18 del seminterrato del Blocco 11, la "cella della fame", che è stata la prigione di san Massimiliano Kolbe, il religioso polacco che si offrì di morire al posto di un altro prigioniero.

 Il Papa nella penombra della nuda stanzetta si è inginocchiato e ha pregato restando per qualche minuto davanti alla lapide commemorativa che ricorda il sacrificio del religioso beatificato da Paolo VI e proclamato santo da Giovanni Paolo II nel 1982. "Signore abbi pietà del tuo popolo, Signore perdona per tanta crudeltà", ha poi scritto Papa Francesco sul libro d'onore di Auschwitz. Dunque, la visita al campo di Birkenau, a quello principale di Auschwitz (Auschwitz I), a quello di lavoro di Monowitz (Auschwitz III) e ad altri 45 sottocampi. Francesco, quindi, si è avviato a piedi verso il cancello che porta la scritta "Il lavoro rende liberi", e in auto ha raggiunto l'altro campo, dove lo attendevano un centinaio di "giusti delle nazioni" che salvarono ebrei, con i loro familiari. Anche a Birkenau, il Papa ha utilizzato una vetturetta per poi raggiungere il piazzale dove ha acceso una lampada e lasciato una lettera sul basamento delle 23 lapidi che ricordano le vittime della follia nazista in tutte le lingue degli internati, compresa quella dei rom, il romanes. Il Papa e gli eroi (e i loro familiari) hanno ascoltato il canto del De Profundis da parte del rabbino capo della Polonia.

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NeverForget, 23 anni dopo: L’America ricorda l’11 settembre

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La nazione si unisce nel dolore e nella resilienza, mentre la ferita del World Trade Center rimane aperta

Sono passati 23 anni da quel fatidico martedì che ha cambiato per sempre il volto dell’America e del mondo intero. L’11 settembre 2001, le Torri Gemelle del World Trade Center di New York crollarono sotto gli attacchi terroristici, portando con sé quasi 3.000 vite innocenti e lasciando una cicatrice indelebile nel cuore della nazione.

Oggi, nel 2024, l’America si ferma ancora una volta per ricordare. La ferita, sebbene il tempo sia trascorso, rimane aperta, un promemoria costante della fragilità della vita e della resilienza dello spirito umano.

A Ground Zero, ora trasformato in un memoriale solenne, migliaia di persone si sono riunite all’alba per la tradizionale lettura dei nomi delle vittime. Familiari, sopravvissuti e primi soccorritori si sono alternati al microfono, la voce rotta dall’emozione mentre ricordavano padri, madri, figli e amici persi in quel giorno terribile.

Il presidente degli Stati Uniti, in un discorso commovente, ha sottolineato l’importanza di mantenere viva la memoria: “Non dimentichiamo mai. Non solo il dolore e la perdita, ma anche il coraggio e l’unità che abbiamo mostrato come nazione in quei giorni bui.”

In tutto il paese, le cerimonie di commemorazione si sono susseguite. A Washington D.C., presso il Pentagono, un’altra cerimonia ha onorato le 184 vite perse quando l’American Airlines Flight 77 si schiantò contro l’edificio. In Pennsylvania, nel campo dove precipitò il volo United 93, un momento di silenzio ha ricordato gli eroi che sacrificarono le loro vite per salvare quelle di molti altri.

Le città di tutto il paese hanno organizzato eventi per onorare la memoria delle vittime. A Boston, una maratona commemorativa ha visto la partecipazione di migliaia di corridori, ciascuno con il nome di una vittima sulla schiena. A Los Angeles, un concerto all’aperto ha riunito artisti di fama mondiale per una serata di musica e riflessione.

Sui social media, l’hashtag #NeverForget ha inondato le piattaforme, con milioni di americani che condividono ricordi, fotografie e pensieri. Le immagini iconiche delle torri avvolte dal fumo, dei primi soccorritori coperti di polvere e della bandiera americana issata tra le macerie continuano a evocare emozioni profonde.

Ma quest’anno, più che mai, c’è stato anche un focus sul futuro. Molti eventi hanno messo in luce le storie di resilienza e speranza emerse dalle ceneri della tragedia. Il Museo del 11 settembre ha inaugurato una nuova mostra dedicata ai “bambini dell’11 settembre”, ora giovani adulti, che hanno perso i genitori negli attacchi e hanno trovato modi straordinari per onorare la loro memoria.

“L’11 settembre non è solo un giorno di lutto,” ha detto Maria Rodriguez, che aveva solo 5 anni quando perse suo padre nella Torre Nord. “È un giorno che ci ricorda di vivere pienamente, di amare profondamente e di lavorare instancabilmente per un mondo migliore.”

Mentre il sole tramonta su questo 23° anniversario, l’America resta unita nel ricordo. La ferita dell’11 settembre potrà non chiudersi mai completamente, ma ha forgiato una nazione più forte, più compassionevole e più determinata che mai a preservare i valori di libertà e giustizia per cui tanti hanno dato la vita.

Nel cuore di New York, le luci dei “Tribute in Light”, due fasci luminosi che si elevano verso il cielo notturno, brillano come fari di speranza e memoria, un promemoria silenzioso ma potente che, nonostante tutto, l’America rimane in piedi, unita e resiliente.

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Usa, Harris vs Trump: Il dibattito che potrebbe decidere le sorti della Casa Bianca

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A soli due giorni dalla sfida televisiva, i candidati intensificano la preparazione mentre i sondaggi li vedono testa a testa

La corsa alla Casa Bianca entra nel vivo con l’imminente dibattito televisivo tra Kamala Harris e Donald Trump, un evento che potrebbe rivelarsi decisivo per le elezioni del 5 novembre. Con gli ultimi sondaggi che mostrano i due candidati praticamente alla pari, la tensione sale e gli strateghi politici si dividono equamente nelle loro previsioni.

A poco più di 48 ore dall’atteso confronto su ABC News, sia la democratica Harris che il repubblicano Trump hanno intensificato la loro preparazione. La vice presidente, chiusa nel suo hotel a Pittsburgh, Pennsylvania, si è circondata di consiglieri fidati e preparatori d’elite, tra cui Philippe Reines, ex consigliere di Hillary Clinton, che interpreta il ruolo di Trump nelle simulazioni.

Per Harris, la posta in gioco è particolarmente alta. Un recente sondaggio del New York Times/Siena College ha rivelato che il 28% degli elettori indecisi ritiene di “non conoscerla abbastanza” sottolineando l’importanza di questa opportunità per presentarsi al pubblico. La sua campagna ha espresso preoccupazioni riguardo al formato del dibattito, temendo che i microfoni spenti possano svantaggiarla.

Trump, d’altra parte, sta affrontando la preparazione con un approccio apparentemente più rilassato, ma secondo fonti vicine, con un’intensità senza precedenti. Il tycoon continua a girare gli Stati in bilico, attaccando Harris definendola “peggio di Biden” durante un comizio in Wisconsin.

I sondaggi nazionali mostrano una situazione di sostanziale parità con Trump al 48% e Harris al 47% secondo il NYT/Siena. Questa situazione di equilibrio si riflette anche negli Stati chiave come Wisconsin, Pennsylvania e Michigan.

Per Harris, il dibattito rappresenta un’opportunità cruciale per conquistare gli elettori ispanici di sesso maschile, un gruppo demografico essenziale per la vittoria. Inoltre, dovrà dimostrare di essere una vera alternativa a Biden, considerando che oltre il 60% degli elettori desidera un cambiamento, ma solo il 25% vede Harris come tale, contro il 53% per Trump.

Mentre il paese si prepara a questo momento cruciale, entrambi i candidati sono consapevoli che la loro performance potrebbe influenzare significativamente le loro possibilità di vittoria. Con la nazione divisa e gli elettori indecisi che potrebbero fare la differenza, questo dibattito si preannuncia come uno degli eventi politici più importanti dell’anno, potenzialmente in grado di determinare il futuro leader degli Stati Uniti.

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Francia, nuovo Governo: Macron bloccato tra i partiti

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La Francia è intrappolata in un’impasse senza precedenti, con il presidente Emmanuel Macron bloccato in un labirinto politico che sembra non avere via d’uscita. La scelta del nuovo premier, incaricato di formare un governo che possa gestire efficacemente il Paese, si sta rivelando una sfida insormontabile. Le consultazioni con i partiti politici, iniziate la scorsa settimana, non hanno portato ad alcun risultato concreto, lasciando il Paese in uno stallo politico che giorno dopo giorno diventa sempre più difficile da risolvere.

Dopo aver incontrato il Nuovo Fronte Popolare, Macron ha ricevuto i rappresentanti della destra, nella speranza di trovare un consenso per il nuovo esecutivo. Tuttavia, il clima politico è rimasto teso e privo di progressi significativi. La presidente dell’Assemblea Nazionale, Yael Braun-Pivet, è stata la prima ad arrivare all’Eliseo, ma ha lasciato l’incontro senza rilasciare dichiarazioni, segno del profondo disaccordo che persiste.

Diverso l’approccio dei leader del Rassemblement National, Marine Le Pen e Jordan Bardella, che non hanno esitato a manifestare la loro opposizione a un eventuale governo del Nuovo Fronte Popolare, anche in assenza di ministri dell’ala sinistra di Jean-Luc Mélenchon. Le Pen ha chiaramente espresso l’intenzione di chiedere una sessione straordinaria del Parlamento a settembre per valutare la possibilità di censurare il governo non appena verrà formato. “Non cambia assolutamente nulla”, ha dichiarato, evidenziando come la sfiducia nei confronti di qualsiasi esecutivo proposto sia totale.

A peggiorare ulteriormente la situazione, si è aggiunto il leader dell’ex Republicain, Eric Ciotti, che ha dichiarato la sua ferma opposizione a un primo ministro scelto dal Nuovo Fronte Popolare, preannunciando un voto di censura immediato da parte del suo gruppo. La possibilità di una seconda ondata di consultazioni non è più solo un’ipotesi remota, ma un’opzione sempre più concreta, mentre il tempo stringe.

L’attuale stallo non è solo una questione politica, ma rappresenta anche una crisi istituzionale. Gabriel Attal, il premier dimissionario, è ormai da 41 giorni alla guida del governo per gli affari correnti, una situazione senza precedenti dalla Seconda Guerra Mondiale. Questo prolungato periodo di incertezza sta sollevando preoccupazioni non solo tra i politici, ma anche tra i cittadini francesi, sempre più disillusi e preoccupati per la mancanza di una leadership stabile.

Nel frattempo, la tensione tra i partiti continua a crescere. Il Nuovo Fronte Popolare, ansioso di imporre la candidatura di Lucie Castets, non sembra disposto a scendere a compromessi. Il socialista Olivier Faure ha già messo in guardia contro una “messa in scena” orchestrata da Macron, mentre l’Insoumis Manuel Bompard ha parlato di “manovre” presidenziali per impedire alla sinistra di governare. Bompard ha avvertito che qualsiasi nomina diversa da quella di Castets potrebbe portare a un’escalation di tensioni, con proteste di piazza e, in ultima istanza, alla destituzione dello stesso Macron.

In questo contesto di crescente frustrazione e incertezza, il presidente Macron ha ancora pochi giorni per trovare una soluzione, prima di partire per la Serbia per una visita ufficiale. Con la cerimonia di apertura dei Giochi Paralimpici all’orizzonte, sembra sempre più probabile che la nomina del nuovo premier debba ancora attendere, prolungando ulteriormente l’impasse politica che sta paralizzando la Francia.

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