PD NELLA BUFERA

PD NELLA BUFERA: FIRME FALSE IN MOLISE

DI ROBERTO RAGONE

Ci risiamo: sulle pagine dei giornali e in TV soltanto una grande cassa di risonanza a proposito delle firme ‘clonate’ dei grillini, i quali, probabilmente consigliati dai loro legali, hanno fatto scena muta davanti al giudice. Mentre, nel più assoluto silenzio, rotto solo dal Secolo d’Italia e dalla agenzia ANSA, in Molise si svolge un analogo dramma. Infatti nella bufera sono piombati il presidente del Consiglio Comunale di Campobasso Michele Durante e il sindaco di Santa Croce di Magliano, Donato D’Ambrosio, per i quali è stato chiesto il rinvio a giudizio. Rimarchevole la celerità delle indagini a proposito delle firme Cinquestelle, mentre- udite udite – il presunto reato molisano si sarebbe svolto nientemeno che tre anni fa, nel 2013. Cioè, come al solito, due pesi e due misure, vista anche l’influenza di Renzi, impegnato nella gara referendaria, nei confronti della stampa e, presumibilmente, anche della magistratura. Tre anni e una indagine Digos per stabilire i fatti sono decisamente troppi per una regione come il Molise, grande meno di una provincia pugliese, specialmente di fronte all’indagine-lampo nei confronti del M5S.  Velocissima l’incriminazione del M5S o dei suoi affiliati; con il treno merci quella del PD molisano, magari nella speranza che nel frattempo si andasse a finire nella prescrizione o nel nulla dell’insabbiamento, mentre gli incarichi conferiti continuano ad essere attivi, nonostante le irregolarità. Viene da pensare dove fosse la Iena Filippo Roma, l’autore dello scoop relativo a M5S quando a Campobasso si falsificavano firme che poi la magistratura ha appurato che venivano autenticate da 4 amministratori, a cui è stato notificato l’avviso di conclusione indagini. Si tratta dell’assessore comunale di Campobasso Salvatore Colagiovanni, e dei sindaci Luciano Di Biase (Mirabello Sannitico), Antonio Cerio (Ferrazzano), e Franco Antenucci (Roccavivara).  La procura contesta complessivamente alle 6 persone 30 firme false. Secondo il sostituto procuratore Nicola D'Angelo hanno "formato falsamente atti separati di dichiarazioni di presentazione delle liste attestando falsamente che alcuni cittadini, previamente da loro identificati, avevano sottoscritto l'atto in loro presenza". Dalle indagini della Digos risulta invece che la cosa si potrebbe allargare, perché non sono pochi i sottoscrittori non hanno riconosciuto le proprie firme. Fonti del Palazzo di Giustizia asseriscono che per il momento gli indagati sono soltanto quelli di cui sopra, ma si approfondiscono le indagini per scoprire altre e più complete eventuali responsabilità. Nei mesi addietro in questura sono state ascoltate parecchie persone che sarebbero così venute a conoscenza del fatto che erano state apposte e autenticate firme a loro nome, per la presentazione delle candidature, senza che ne fossero a conoscenza. Alla Iena Filippo Roma consigliamo, se non altro per ‘par condicio’, di andare ad indagare altri partiti e altre sezioni di partito: come ho già scritto, quella delle firme false o clonate, o autenticate irregolarmente, è una prassi consolidata, ancorchè irregolare, e nessun partito, ripeto, nessuno, ne è o ne è stato esente. Magari non farà altrettanto rumore come per il M5S, ma almeno in questo caso farà il giornalista vero. Posto che ne abbia l’interesse.