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Editoriali

PETROLIO ALL’ITALIANA

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di Roberto Ragone
Chissà perché, ogni cosa che ci arriva da fuori dev’essere, in qualche modo, trasformato, modellato sul cittadino italiano medio. La commedia all’italiana ha fatto la fortuna, per esempio, di Lino Banfi e della Fenech; il divorzio all’italiana è stato rappresentato in un film di Pietro Germi; anche il matrimonio all’italiana è stato celebrato in una famosa commedia di Eduardo De Filippo, trasposta sullo schermo in un film di De Sica; un giallo all’italiana ce lo regala la TV ogni lunedì sera con le avventure del commissario Montalbano, e non possiamo dire che il protagonista sia immune dalle caratteristiche proprie di un italiano qualunque: le donne e la buona cucina; a fronte degli investigatori tutto whisky e 45 sotto l’ascella di oltreoceano. Insomma, tutto ciò che ci arriva dall’estero  subisce una trasformazione secondo canoni che nei millenni si sono ormai caratterizzati, fra nord, sud e centro, ma sempre ‘all’italiana’. Così quando abbiamo visto nel film ‘Il Gigante’ quelle grandi pompe succhiare oro nero dal sottosuolo texano, anche noi ci siamo entusiasmati. Anche i paesaggi erano particolari: distese immense senza un tetto, senza una roccia, solo grandi pianure, nelle quali abbiamo immaginato cow-boys stanchi a passo lento, o grandi carovane di Conestoga in viaggio verso la California. Così ci siamo guardati intorno e ci siamo detti: va bene che qui non ci sono grandi pianure; va bene che il paesaggio è interrotto da fiumi, montagne, colline, riserve naturali, piccoli paesi di montagna arroccati sulle rocce, coltivazioni e allevamenti, oltre a piccole aziende di prodotti tipici, come il prosciutto di Vaglio, il pane di Matera, e il pecorino podolico, ma forse, se ci stringiamo un po’ e chiudiamo gli occhi, possiamo anche qui immaginare un paesaggio come quello. Oppure come il deserto libico dove per decenni  le nostre aziende petrolifere, fra una duna e l’altra, sono andati a bucare la crosta terrestre, in perfetta solitudine.  Vuoi mettere l’emozione di un enorme trapano che scava in profondità per centinaia, anche migliaia, di metri, e che da un momento all’altro ti può inzuppare di un liquido puzzolente, prodotto dalla decomposizione di animali morti centinaia di milioni di anni prima, ma che per te è oro liquido?  Così la Basilicata divenne una delle prime vittime, e con la regione tutti i suoi abitanti, della febbre del petrolio, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Erano comunque altri tempi. Oggi anche in questo caso dobbiamo parlare di petrolio all’italiana. Infatti, tra sequestri di impianti, denunce, indagini su personaggi di rilievo, presunti favori alle lobbies, intercettazioni di telefonate con dimissioni di un ministro, sospetti di associazione a delinquere, piattaforme petrolifere favorite dallo stravolgimento di un legittimo referendum popolare , mancati versamenti di royalties alle regioni, sversamenti di rifiuti tossici fatti passare per altro, con risparmio di decine di milioni di euro, ed altre amenità consimili, tutta la vicenda  all’italiana vede come denominatore comune il petrolio italiano – notoriamente di pessima qualità – , come teatri il Mediterraneo – quello dove i pescatori sono stati sfrattati – e la regione Basilicata. A rischio anche Taranto, dopo la devastazione dell’Ilva, ex Italsider, fiore all’occhiello della DC degli anni ’60, che dovrà obtorto collo accettare la costruzione di grandi vasche di stoccaggio, la creazione di una pipeline, e  l’allungamento di uno dei moli del suo porto e un traffico – pare – di 90 petroliere: al giorno, alla settimana, al mese? Comunque tante. Con alti rischi di danni ambientali, dei quali le società interessate al traffico con la Turchia non vogliono farsi carico, all’italiana, appunto. E’ incredibile come le compagnie straniere  si convertano, appena nel bel Paese, alla nostra ‘nonchalance’, per dirla così. Sembra  poi che il nostro governo scopra ora il petrolio,  – forse lo vede oggi con occhi diversi – dopo che esso è destinato, nel giro di qualche anno, a diventare obsoleto, e questo per evitare di rimanere davvero senza energia. Ormai sarebbe assurdo parlare di centrali nucleari: così è assurdo continuare ancora oggi a parlare di petrolio come se fosse il futuro. La realtà è, come sempre, all’italiana. Visto dall’esterno pare ai più soltanto un grosso favore fatto alle lobbies del petrolio, con coinvolgimenti di Paesi esteri. E che dire del fatto che la stessa situazione avrebbe potuto verificarsi se i presunti lobbisti fossero stati interessati, non al petrolio, ma ai pannelli fotovoltaici, o alle pale eoliche, o ancora agli impianti geotermici? E perché non al biometano, visto che i nostri rifiuti li mandiamo all’estero, pagando fior di quattrini? Certamente la politica di chi conta sarebbe un’altra, e noi avremmo una gran fioritura di impianti di energie rinnovabili. All’italiana, insomma.

Ma il petrolio inquina, sporca, puzza, fa ammalare la gente anche di tumore; distrugge i pascoli, avvelena le falde dell’acqua che sarà destinata ai nostri acquedotti – come quella della diga del Pertusillo, il cui fondo è diventato una melma di idrocarburi, rilasciando nell’acqua metalli pesanti e sostanze cancerogene. Diga che serve di acqua potabile tre province pugliesi e una campana. Se vogliamo dirla tutta, sarebbe meglio che il petrolio rimanesse dov’è. In Italia. Tanto a comprarlo dalle società che bucano il nostro territorio, o dagli Arabi e dai Russi è la stessa cosa, e si fa prima, senza danni: il petrolio è quotato in borsa, e non paghiamo di meno il nostro, anzi, essendo di pessima qualità, per lo più non se ne può neanche fare benzina; perciò Eni, Shell, Total e Mitsui lo caricheranno a Taranto per mandarlo in Turchia, appunto. All’italiana. Facciamo un riassunto: vi sembra giusto piazzare pozzi e trivelle magari davanti a Venezia o a Lampedusa; rovinando il paesaggio delle colline, dei boschi, di piccoli centri ricchi di storia e tradizione, inquinando i vigneti delle regioni come Friuli, Toscana, Puglia eccetera che producono vini di pregio? Chi comprerà una casa con panorama di pompe, come grossi aironi di ferro che immergono il becco sottoterra? Rinunceremo alla nostra vera ricchezza, cioè il turismo, o l’enogastronomia che annovera prodotti unici al mondo, per ricavare qualche barile di melma maleodorante?  Tale è il nostro ‘petrolio’ di pessima qualità, posto a grandi profondità e difficile da estrarre  – che oltretutto necessita di infrastrutture invasive, punti di stoccaggio, autobotti, raffinerie, petroliere?  Quindi rifiuti tossici, che le compagnie non vogliono, nelle più parte dei casi, smaltire correttamente, o non hanno i mezzi per farlo; quindi inquinamento dei terreni, delle falde freatiche, dell’aria, con gas venefici, come idrogeno solforato, nitrati, composti organici volatili, idrocarburi policiclici aromatici, tutta roba che influisce sul DNA e che provoca mutazioni genetiche e  malattie come il cancro. Ricordate il rione S. Paolo di Taranto, invaso dai  fumi dell’Ilva, con una mortalità per tumore la più alta in Italia? Le conseguenti piogge acide non hanno limite, né difesa. Rischio geologico sempre possibile, rotture e infiltrazioni delle tubature sotterranee per obsolescenza, difficili da individuare, con perdite di petrolio. Incidenti sempre possibili, mentre le piccole aziende non garantiscono un risarcimento di eventuali danni ambientali. E i benefici? Quasi nulli, niente diminuzione della disoccupazione, niente royalties per l’ambiente, i cittadini, le piccole attività, ma, nel migliore dei casi, per i comuni e le regioni; fondi che stranamente  a volte si dileguano senza lasciar traccia, o vengono impiegati in opere non indispensabili. Enzo Di Salvatore, coordinatore dei ‘No Triv’, sostiene che l’emendamento alla Legge di Stabilità che la consultazione mirava a modificare, è in contrasto con la normativa europea sulla libera concorrenza. Di conseguenza annuncia un’azione contro il Mise “per chiedere il blocco immediato delle 5 concessioni estrattive entro le 12 miglia”. “Le autorizzazioni sono scadute da anni. La norma prevede che siano prorogati i titoli vigenti, non quelli scaduti. Di conseguenza le aziende petrolifere stanno continuando ad estrarre senza autorizzazione”. Ancora un emendamento, ancora la Legge di Stabilità, ancora una legge in capo al Ministero che fu della Guidi. Proprio così, all’italiana.
 

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Morte Franco Migliacci, la lettera di un amico

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Caro Franco! La notizia della tua scomparsa mi ha colto di sorpresa, pur sapendo che non stavi bene, non ci si rassegna mai alla dipartita di una persona cara. Ora, assorbita la triste notizia, sento il bisogno e desiderio di scriverti per inviare al vento i miei sentimenti di grande affetto nei tuoi confronti.

Il primo giorno, quando il mio amico fraterno e collega Renato Coppola, musicista che lavorava alle edizioni della RCA, ci presentò, fui molto emozionato, consapevole di aver conosciuto uno dei pilastri della musica italiana. Poter frequentarti quasi giornalmente per vari interessi musicali, mi riempiva d’orgoglio, tanto più, andando avanti nel tempo, mi facevi sentire il tuo affetto come un fratello maggiore, fino a farmi collaborare nell’ascolto dei giovani che arrivavano per le audizioni alla casa discografica.

Causa vari miei incidenti ero tornato in Italia, dopo aver girato il mondo con il complesso “I CARDINALI” quasi sette anni, il morale a terra per la delusione di dover ricominciare tutto d’accapo, tu hai contribuito in maniera determinante nel farmi riacquistare fiducia ed entusiasmo nella musica. Gli anni passati con te ed i tuoi amici di sempre, Jimmy Fontana e Lilly Greco, sono indimenticabili, grazie all’allegria che emanavate, nonostante la vostra severa professionalità e capacità lavorative. Un periodo pieno di aspettative ed ottimismo che ha segnato positivamente la mia vita per sempre. Un periodo in cui avevo bisogno di risorgere, avere nuovi interessanti propositi, guardare avanti con fiducia ed ottimismo, e, tutto questo è successo grazie a te, con i tuoi consigli ed i tuoi eterni sorrisi arricciando il naso, raccontandomi tanti aneddoti inediti della tua vita.

Parlare di te come artista è superfluo, visto tutto quello che hai creato. Hai lasciato un segno indelebile non solo nell’ambito nazionale, ma ci hai inorgogliti agli occhi di tutto il mondo con il tuo volare, insieme al grande Mimmo Modugno. Un’opera rivoluzionaria per quei tempi, che solo un grande talento, come sei stato tu, poteva inventare, dimostrando successivamente, che non era soltanto una meteora, diventando un pilastro e pezzo importante della storia della musica italiana. Tutti gli italiani ti sono grati per il tuo contributo alla nostra cultura, ma, personalmente voglio ringraziarti per avermi concesso la tua amicizia, i tuoi consigli e tutte quelle ore spensierate che ben coniugavano lavoro ed allegria.

Sono sicuro che ora sarai di nuovo con molti dei tuoi amici, creando e divertendovi in contesto idilliaco, sperando di poterti incontrare di nuovo. Grazie Franco…tuo Marietto…

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L’avventura di vivere a Roma tra maleodori, mezzi pubblici stracolmi, borseggiatori e chi più ne ha più ne metta

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Non passerà molto tempo che, nella nostra eterna città, saremo costretti a girare con le maschere antigas, per non essere storditi dalle putride esalazioni dei cassonetti, che, nel periodo estivo si acuiscono in maniera esponenziale

Quando si parla di avventura romana, non ci si riferisce al turista o, al pendolare che entra nella città, bensì, al cittadino residente, che suo malgrado diventa l’eroe dei nostri tempi, cercando di sopravvivere alle avversità giornaliere, superando i continui ostacoli che vediamo normalmente nei video games.

A fine giornata, ci sentiamo tutti degli Indiana Jones, felici di essere ancora vivi, pensando, che dopo il meritato riposo del guerriero, si riprenderà la battaglia del giorno dopo. Nella vita avventurosa da affrontare però, non ci saranno soltanto le difficoltà delle forze del male, ma per rendere più eccitante la disputa, si dovrà combattere anche contro le istituzioni, quelle stesse che dovrebbero garantire una vita civile e giusta.

Non passerà molto tempo che nella nostra eterna città, saremo costretti a girare con le maschere antigas, per non essere storditi dalle putride esalazioni dei cassonetti, che, nel periodo estivo si acuiscono in maniera esponenziale.

A questa disdicevole situazione, si aggiunge il grado di civiltà raggiunto dalla società moderna, che, per menefreghismo, cattiveria e spirito di rivalsa, ignara del danno che procura a se stessa, aggrava il tutto, non soltanto nel non fare la differenziata, ma portando di tutto vicino ai cassonetti, compresi rifiuti speciali pericolosi, come possono essere olii da scarto, che puntualmente, altri delinquenti, soltanto per il loro macabro piacere, spargono per terra, inquinando in maniera irreversibile.

Da notare, che per le persone perbene e civili, è difficile arrivare vicino ai contenitori per poter fare la differenziata.

Partendo al mattino da questo primo inconveniente, il cittadino cristiano, si fa il segno della croce e si prepara mentalmente ad andare in prima linea al fronte. Purtroppo le persone con meno possibilità finanziare, di solito hanno auto non proprio nuove, e per questo devono essere punite perché inquinano, costrette di conseguenza a prendere i mezzi pubblici. Finalmente inizia la vera avventura. I nervi si irrigidiscono, la pressione si alza (peggio per chi ne soffre), il volto si incattivisce e cambia continuamente colore, a secondo del prolungarsi dell’attesa del bus o della metro, che rappresenta una vera incognita, indecifrabile soprattutto per i turisti stranieri, che, pur essendo stati catechizzati nei loro paesi, si scontrano stupiti, con la reale incertezza, flessibilità e superficialità italiana.

Fa male sentire criticare il proprio paese, malgrado la ragione sacrosanta di chi viene a visitare la nostra bistrattata città, quindi, bisogna ingoiare il rospo amaro.

L’attesa dei mezzi pubblici è quasi sempre logorante e causa un aumento notevole del numero dei viaggiatori. A questo punto, entra in gioco il grado di civiltà della società attuale. Ci si prepara come dei centometristi per riuscire ad entrare, pronti a colpi proibiti contro gli avversari che ti guardano con odio e disprezzo, incuranti del sesso e dell’età delle persone. Lo scontro frontale è cruento, perché i passeggeri all’interno, hanno la pretesa di voler uscire prima di chi deve entrare, ed è inevitabile udire qualche grido di dolore per le gomitate ricevute, il tutto condito da parolacce e maledizioni da entrambe le parti.

Conquistato eroicamente il posto all’interno, si riprende il fiato per proseguire il viaggio. Quasi tutti immersi nei propri telefonini, per questione di vita o di morte, ignari di tutto quello che accade intorno, e, poco importa se i borseggiatori, platealmente, circondano la malcapitata preda, derubandola a volte con la forza e, costringendola a gridare aiuto nell’indifferenza totale.

Vietato intromettersi e compromettersi, questo il motto che vige attualmente nel nostro paese, altrimenti si corre il rischio di prendere botte, qualche coltellata e, nella migliore delle ipotesi, essere denunciati per aver trattenuto il borseggiatore o borseggiatrice, contravvenendo all’interruzione del pubblico lavoro.

Chi è debole è giusto che subisca, chi ha problemi economici è abituato a stringere la cosiddetta cinghia, e quindi può benissimo mettersi sulle spalle nuovi debiti e comprare un’auto nuova per non inquinare. In futuro, avremo nel nostro paese, una minoranza della popolazione che sarà sempre più obesa, e la maggioranza che sfoggerà una linea perfetta, a volte di una magrezza eccessiva.

Però, si può optare per i mezzi pubblici, che rappresentano una vera lotteria, comprando preventivamente un Kit antisommossa. Dimenticavo di dire, che bisogna affidarsi   principalmente alla Fede.

Buona fortuna a tutti.

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Banca Popolare del Lazio, Capitani: “Cari soci vi basti la parola del Presidente!!!”

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Riceviamo e pubblichiamo la nota dell”imprenditore agricolo e socio della Banca Popolare del Lazio Domenico Capitani.

“Forse l’errore del Presidente di chiamarsi Banca Popolare del Lazio e non presidente del CDA, nel presentare la lista dei candidati unici al “nuovo” CDA, pur rimanendo un errore formale, sottace la vera natura dell’uomo di sentirsi “padrone” della banca.

Cosa che si rileva anche in altre occasioni, come per esempio nei comunicati stampa o pseudo interviste in cui parla di acquisizioni o scelte strategiche che avrebbero bisogno dell’approvazione della vera proprietà della banca ovvero “l’assemblea dei soci” in presenza, VERA SOVRANA , essa si, della banca, così come si sbandierano i successi, se successi fossero, come il “salvataggio” della Banca della Tuscia, banchetta con un unico sportello e non si cita il fallimento molto dispendioso della BPL dell’acquisizione più volte annunciata della Banca Val Camonica.

Così come non si parla della anch’essa annunciata, con comunicati e articoli stampa, ristrutturazione dell’Ottobre 2020 che prevedeva la collaborazione con Banca Cassinate e Popolare di Fondi (che smentiranno immediatamente).

Sembrerebbe per noi umani che andiamo a “tentoni”. Si parla dell’aumento delle filiali come fosse una conquista napoleonica. La BPL sono 30 anni che aumenta le sue filiali, loro evidentemente hanno solo il merito di averne regalate tante Banca Blu che non è di proprietà 100% BPL. Chi ci avrà guadagnato?! Per non parlare dei risultati di bilancio, si fanno percentuali sull’anno precedente che non esisteva e si ottiene un prestigioso + 80,26%.
In verità ci sarebbe molto da discutere sul risultato ottenuto, dieci filiali ottengono un utile di 7,8 milioni , 53 filiali Blu Banca ottengono un utile di 11,1 milioni. Forse era meglio tenersele.
Apprendiamo inoltre dal comunicato che la banca avrebbe acquisito una società di brokeraggio assicurativo finalità diventare banca-assicurazione.

Cari soci vi basti la parola del Presidente!!!”

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