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Ambiente

Pisa, focus Ancri sui disastri ambientali. Tagliente: “Servono interventi sul piano urbanistico, reti fognarie e un monitoraggio costante degli argini dei fiumi e dei torrenti con il mondo del volontariato e la tecnologia più avanzata”.

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“Servono interventi sul piano urbanistico, reti fognarie e un monitoraggio costante degli argini dei fiumi e dei torrenti con il mondo del volontariato e la tecnologia più avanzata”. Lo ha detto il Prefetto Francesco Tagliente intervenendo al convegno “Disastri Ambientali”, promosso a Pisa dall’Ancri, l’associazione nazionale insigniti dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, al quale ha partecipato anche il capo della protezione civile, Angelo Borrelli.

Dopo i saluti introduttivi del Presidente della Fondazione Pisa Cosimo Bracci Torsi, del presidente dell’ANCRI Tommaso Bove, del Vicario del Prefetto di Pisa Valerio Romeo e del Capo del Dipartimento della
Protezione Civile Angelo Borrelli
, moderati dal Prefetto Francesco Tagliente, sono intervenuti Paolo Ghezzi, ingegnere esperto in tematiche ambientali e Responsabile scientifico del Master “Gestione e controllo
dell’ambiente: economia circolare e gestione efficiente delle risorse” della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Ottavio Zirilli, Ingegnere e Responsabile dell’Area della Ricerca del CNR di Pisa, Direttore Tecnico
dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR e autore del libro “Disastri e Catastrofi”, delegato ANCRI per la ricerca ed innovazione.

“Per cercare di comprendere cosa si può fare per ridurre il rischio di tragedie umane causate dal maltempo e dall’incuria dell’uomo – ha detto il presidente Tommaso Bove – l’Associazione nazionale insigniti dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana (ANCRI) ha deciso di organizzare una riflessione con l’ngegner Ottavio Zirilli del CNR e con l’Ing Paolo Ghezzi, che peraltro da vice Sindaco di Pisa, ha affrontato con il prefetto Tagliente, le varie fasi emergenziali determinate dal dissesto idrogeologico, nell’esondazione dell’Ozzeri del novembre 2012 e nella grave frana sull’A11 dell’aprile 2013, ma soprattutto la gestione dell’emergenza della piena dell’Arno del febbraio 2014 con straripamenti seguiti da danni e paura per le comunità della provincia di Pisa”.

Tagliente: “Sul piano urbanistico è indispensabile un vincolo assoluto di non edificabilità vicino ai bacini” 

“In cima alla lista degli interventi – ha premesso il prefetto Francesco Tagliente – vedo l’educazione del cittadino al rispetto del bene comune e la pulizia delle strade.

Talvolta le fognature non ricevono perché intasate da fogliame e rifiuti abbandonati. Sul piano urbanistico è indispensabile un vincolo assoluto di non edificabilità vicino ai bacini e il contestuale ripristino dei luoghi ove sono accertati gli abusi.
Bisogna rendere più agevoli i lavori di dragaggio e tornare ad avere la rete di canali, efficiente e in grado di garantire la sicurezza. Gli argini dei fiumi e dei torrenti andrebbero monitorati, in particolare in prossimità dei centri abitati. Non è pensabile farlo in fase critica durante la piena. Sarebbe utile ispezionarli facendo ricorso al mondo del volontariato e agli strumenti che la tecnologia oggi ci consente di poter disporre.
Inoltre andrebbero dragati i fiumi soprattutto alla foce e ripensare alla manutenzione dei reticoli minori”.
Bisogna prevenire il rischio idraulico ripensando al pericolo derivante dai vincoli delle normative vigenti, che di fatto rendono difficile lo scavo degli alvei dei fossi e dei canali e oneroso lo smaltimento dei fanghi di
escavazione, con rischio serio per tutta la popolazione.
In passato i materiali risultanti dall’escavazione venivano depositati lungo le fasce limitrofe al corso del canale. Con l’entrata in vigore dei nuovi vincoli questa attività non è più possibile: i fanghi, devono essere
trattati tutti come rifiuti, e spesso come rifiuti speciali. Ne consegue che un’attività che prima veniva eseguita come manutenzione ordinaria, adesso deve essere trattata come straordinaria, con conseguente complicazione operativa ed aumento esponenziale dei costi, sia per le analisi che per l’adozione di soluzioni tecniche per lo stoccaggio. Oggi per pulire i canali e i fossi i costi sono altissimi. I “fanghi di dragaggio”, dopo le analisi chimico-fisiche nella maggior parte dei casi sono classificati come rifiuto e talvolta speciale dovrebbero essere conferiti in discarica, con un alto costo, mediamente mille euro al metro, per il trasporto e lo smaltimento. Il dragaggio dei canali e dei fossi è fondamentale perché evita gli allagamenti: in caso di evento meteorico superiore alla media o addirittura eccezionale, l’aver effettuato correttamente la pulizia significa la difesa di tutti i cittadini”.

Ghezzi: “Indispensabile oggi una più diffusa cultura della
prevenzione”

Paolo Ghezzi ha affermato che “I disastri ambientali, con le conseguenze distruttive che possono generare, hanno caratterizzato tutta la storia dell’umanità. Nell’ultimo secolo, tuttavia, e in particolare negli ultimi 50 anni alcuni effetti globali, sia per le dinamiche socio demografiche che per i cambiamenti climatici in atto, le responsabilità dell’uomo risultano più evidenti che in passato. Nel 2030 il 70% della popolazione mondiale si concentrerà in centri urbani in cui si prevede vivranno circa 6.5 miliardi di persone nel 2050.

Un processo che in Italia si è già in buona parte consumato spesso senza però tenere in adeguata considerazione le fonti di rischio tipiche del nostro paese. Per questo è indispensabile oggi una più diffusa cultura della
prevenzione, perseguendo con forza gli obiettivi del Piano di riduzione del rischio (Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015-2030) in stretta correlazione con gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030”

Zirilli: “Proteggere le proprie comunità dai disastri è il modo
per rendere sostenibile un territorio”

A seguire ha preso la parola Ottavio Zirilli, che è anche membro del Consiglio direttivo dell’associazione europea per i laboratori sostenibili, il quale ha aggiunto che “i disastri e le catastrofi sono fonte di particolare apprensione a causa della loro imprevedibilità, da cui la difficoltà di garantire adeguate misure di emergenza. La complessità delle cause responsabili di questi episodi rendono prioritario considerare la
necessità di occuparsi della valutazione, riduzione e gestione di questi rischi, ed è quindi fondamentale dotarsi del minimo grado di conoscenza degli effetti dopo aver indagato sulle cause, per sapere poi con quali elementi, reali o presunti, confrontarsi in fase di pianificazione e gestione; sottolineando quanto il comportamento dell’uomo sia direttamente connesso con quei fenomeni.

La comunità mondiale e la maggior parte dei singoli paesi hanno in passato preferito affrontare il problema cercando di rispondere, atteggiamento reattivo, agli eventi avversi piuttosto che anticiparli, atteggiamento proattivo; ma questa posizione è diventata sempre più difficile da sostenere, perché gli effetti dannosi che devono essere sopportati dopo il disastro sono diventati così alti da risultare insostenibili e tali da danneggiare in modo talvolta permanente l’economia.

Proteggere le proprie comunità dai disastri, diviene quindi non solo un
“dovere istituzionale” ma il modo per rendere sostenibile un territorio. Oggi la preparazione, mitigazione e risposta ai disastri sono parte del linguaggio di tutte le organizzazioni nazionali e internazionali e sono la base per promuovere la riduzione del rischio disastri. Molti disastri sono legati all’uso indiscriminato del suolo, al crescente uso di tecnologie, alla crescita demografica, ai cambiamenti climatici globali e all’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali che incidono pesantemente sugli equilibri naturali; infatti, solo di recente si cerca di modificare questa tendenza introducendo tecnologie a impatto ambientale ridotto o comunque compatibile con il naturale funzionamento del sistema ambiente, ma la loro conversione è molto lenta e spesso costosa e la politica del profitto le rende difficilmente attuabili. Tutto questo ha come conseguenza il fatto che questi eventi presentano ogni volta un “costo” sempre più alto in termine di vite umane, di perdite economiche e di sviluppo sia sul breve che sul lungo periodo, limitando la crescita economica e socio-culturale delle aree colpite. E’ quindi compito dell‘uomo – ribadisce Zirilli – cogliere il contributo che la storia dei disastri può offrire, analizzando e studiando i disastri negli aspetti tecnici, sociali e organizzativi, per non commettere gli stessi errori, cosi che le tragiche vicende delle quali la storia è testimone non possano più ripetersi”.

Borelli: “Il sistema di messaggistica che usa Pisa lo replicheremo su scala nazionale”


“A Pisa – ha detto il capo della Protezione civile Angelo Borrelli – da molti anni c’è un efficace sistema di protezione civile e un consolidato rapporto di collaborazione tra il Comune e il Dipartimento della Protezione Civile. Il sistema di messaggistica che usa Pisa lo replicheremo su scala nazionale, abbiamo preso il modello pisano e lo stiamo replicando in altre realtà. Qui – ha aggiunto Borrelli – il sistema di allerta funziona attraverso una preventiva iscrizione del cittadino a una piattaforma, mentre quello nazionale lo abbiamo pensato analogo ma senza iscrizione, ovvero raggiungendo tutti i telefoni cellulari che si agganciano alle celle telefoniche, un sistema capillare che non richiede la registrazione preventiva da parte dei cittadini”.

Borrelli ha anticipato che entro l’anno sarà varato un piano straordinario di interventi nel settore della prevenzione. «I dati degli ultimi due mesi parlano di sei miliardi di euro di danni e di 50 morti (ai quali si aggiungono i 43 del ponte Morandi di Genova), in 10 regioni e due province autonome”.

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Ambiente

Clima, l’Organizzazione meteorologica mondiale lancia l’allarme rosso: siamo a un soffio dalla soglia di riscaldamento da non oltrepassare

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Il rischio è quello di disastri ambientali incontrollabili

Nel 2023 il riscaldamento globale è arrivato a 1,45 gradi sopra i livelli pre-industriali.

Siamo a un soffio dal limite di 1,5 gradi fissato dall’Accordo di Parigi, e poi dalla Cop26 di Glasgow. Per questo, l’Organizzazione meteorologica mondiale, la Wmo, parla di “allarme rosso” per il clima.

L’agenzia dell’Onu aveva già rivelato a gennaio che il 2023 era stato l’anno più caldo mai registrato da quando ci sono rilevazioni scientifiche, cioè dalla metà dell’Ottocento. Non solo, aveva aggiunto che il 2024 potrebbe essere ancora peggio. Oggi, con un nuovo rapporto, ha rincarato la dose. La temperatura media globale sulla superficie terrestre nel 2023 è stata di 1,45 gradi sopra la media pre-industriale 1850-1900. L’Accordo di Parigi nel 2015 aveva fissato a 2 gradi dai livelli pre-industriali la soglia di riscaldamento da non oltrepassare, pena disastri ambientali incontrollabili. La Cop26 di Glasgow del 2021 aveva ulteriormente abbassato questa soglia, a 1,5 gradi.

Il problema, certifica ora la Wmo, è che questa soglia il mondo l’ha quasi raggiunta. E non ci sono segnali che il riscaldamento debba fermarsi. L’aumento delle temperature, ricorda la Wmo, è dovuto all’aumento in atmosfera dei gas serra di origine umana. Le concentrazioni dei tre principali gas (anidride carbonica, protossido di azoto e metano) hanno raggiunto livelli record nel 2022, e mostrano una continua crescita nel 2023. Oggi, i livelli di Co2 nell’atmosfera sono del 50% più alti rispetto all’era pre-industriale. Per di più, l’anno scorso all’effetto dei gas serra si è aggiunta l’influenza nel Nino, il riscaldamento periodico del Pacifico centromeridionale e orientale.

“Non siamo mai stati così vicini, anche se per ora temporaneamente, al limite più basso dell’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico, 1,5 gradi -, ha commentato la segretaria generale dell’Organizzazione, Celeste Saulo -. La nostra comunità della Wmo lancia l’allarme rosso al mondo”. Nel 2023 quasi un terzo degli oceani, il 32%, è stato colpito quotidianamente da un’ondata di calore, contro il record precedente del 2016, il 23%. Alla fine dell’anno, oltre il 90% degli oceani aveva registrato ondate di calore in qualche momento durante l’anno. Sulla terraferma, i ghiacciai hanno perso il maggior volume di ghiaccio mai registrato. Il riscaldamento globale, col suo codazzo di siccità, alluvioni, ondate di calore e incendi, ha avuto effetti disastrosi sui paesi più poveri e vulnerabili. Il numero di persone soggette ad acuta insicurezza alimentare nel mondo è più che raddoppiato oggi rispetto a prima della pandemia: da 149 milioni si è arrivati a 333 milioni nel 2023. La Wmo segnala che la finanza per il clima nel biennio 2021 – 2022 è arrivata a quasi 1.300 miliardi di dollari, quasi raddoppiando rispetto ai livelli 2019-2020. Si tratta però dell’1% del Pil mondiale. Per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi dai livelli pre-industriali, gli investimenti di finanza climatica dovrebbero aumentare di 6 volte, arrivando a 9.000 miliardi al 2030 e ad ulteriori 10.000 miliardi al 2050.

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Maltempo, prevenzione idrogeologica: Vicenza salvata dai bacini di laminazione

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Francesco Vincenzi (Presidente ANBI): “Il Veneto ha imparato la lezione ed ha in programma la realizzazione di 23 bacini, di cui 13 già in opera”

“Sono i bacini di laminazione – opere idrauliche che vengono realizzate per ridurre la portata durante le piene di un corso d’acqua tramite lo stoccaggio temporaneo di parte del volume dell’onda di piena Ndr. – a Caldogno e Montebello, dove sono stati stoccati 3 milioni di metri cubi d’acqua, ad avere salvato Vicenza da una nuova, disastrosa alluvione con picchi di pioggia paragonabili a quelli della tempesta Vaia. Non possiamo quindi che sottoscrivere l’invito al Governo esternato dal Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, di stanziare almeno 2 miliardi all’anno per la prevenzione idrogeologica sul territorio italiano; quanto accaduto nel vicentino deve essere monito per privilegiare politiche di prevenzione alla mera conta di danni e vittime. Il Veneto ha imparato la lezione ed ha in programma la realizzazione di 23 bacini, di cui 13 già in opera”: di fronte all’evolversi del quadro meteo a dichiararlo è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).

“Ancora una volta le casse di espansione, realizzate dopo l’inondazione del 2010, si dimostrano fondamentali per garantire sicurezza alle comunità. È opportuno comunque ricordare che la loro è una funzione di sicurezza idraulica e quindi, superata l’emergenza saranno progressivamente svuotate, contribuendo comunque a rimpinguare le falde. Per questo sarebbe importante affiancarle con una rete di bacini destinati a trattenere l’acqua in eccesso per utilizzarla nei momenti di necessità” chiosa Francesco Cazzaro, Presidente di ANBI Veneto.

“Che sia Piano Invasi o Piano Laghetti è comunque indispensabile dotare il territorio di infrastrutture multifunzionali, destinate a calmierare regimi idrici, ormai condizionati dall’estremizzazione degli eventi meteo, conseguenza della crisi climatica. Il paradosso è che tra qualche mese, di fronte alle esigenze della stagione irrigua, potremmo rimpiangere l’acqua, che sta cadendo ora sul territorio e che facciamo defluire inutilizzata a mare; emergenza idrogeologica e siccità sono facce di una stessa medaglia” conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.

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Manutenzione fiumi in ambito urbano, sindaci di Firenze e Pisa sostengono la proposta di Anbi: affidare la manutenzione a Consorzi di Bonifica

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Massimo Gargano (DG ANBI): “Non vogliamo togliere competenze ad alcuno, ma solo affiancarlo con la stipula di apposite convenzioni per la sicurezza dei territori”
 
Arrivano dalla Toscana due qualificati “endorsement” a sostegno della proposta avanzata da  ANBI di affidare ai Consorzi di bonifica la manutenzione dei fiumi in ambito urbano, stante l’insufficienza delle risorse pubbliche e l’indispensabilità di queste attività  per la sicurezza idrogeologica delle comunità: a portare la loro, positiva testimonianza sono i Sindaci di Firenze e Pisa.
 
“In questi anni è stato fatto un grande lavoro per la sicurezza dell’Arno e del reticolo minore; se oggi il fiume non fa più paura, lo si deve alle tante opere di mitigazione realizzate – dichiara il Primo Cittadino di Firenze, Dario Nardella – Il Consorzio di bonifica è da sempre in prima fila per la tutela dei nostri corsi d’acqua e per la sicurezza dell’Arno; ci auguriamo che il buon esempio possa estendersi ad altre zone d’Italia.”
 
«L’importanza del lavoro dei Consorzi di bonifica diventa evidente nei momenti di crisi ed emergenza – aggiunge Michele Conti, Sindaco di Pisa – Qui, per esempio, in occasione del passaggio delle piene del fiume Arno, fa la differenza farsi trovare pronti con la pulizia delle sponde, grazie ad una manutenzione costante e ad un sistema, che funziona. Una politica lungimirante sulla regimazione delle acque, unita ad una pianificazione territoriale, che riduca il consumo di suolo, sono alla base di ogni azione di sviluppo per la nostra comunità.”
 
“La Legge di Bilancio, approvata dal Parlamento ed il contestuale obbligo di assicurazione a carico delle imprese contro gli eventi naturali certificano una verità già nota: le risorse pubbliche sono insufficienti e da anni i ristori statali non superano il 10% dei danni subiti dai territori colpiti da eventi naturali. Non vogliamo togliere competenze ad alcuno, ma solo affiancarlo con la stipula di apposite convenzioni per la sicurezza dei territori” sottolinea Massimo Gargano, Direttore dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).
 
“È il valore dell’autogoverno e le positive esperienze di manutenzione di fiumi in ambito urbano a convincerci di candidarsi ad ulteriori responsabilità nell’interesse della comunità, consci dell’impegno, che ci assumiamo – chiosa il Presidente di ANBI, Francesco Vincenzi.
 
“Siamo orgogliosi di essere presi ad esempio per la manutenzione del reticolo idrografico di acque pubbliche anche negli ambiti urbani – commenta Marco Bottino, Presidente di ANBI Toscana – In tutte le città, capoluogo di provincia nella nostra regione, i Consorzi di bonifica concorrono alla manutenzione di fiumi e torrenti dentro e fuori dai centri abitati, rendendo disponibili risorse economiche ingenti e sicure, derivanti dai contributi di bonifica e pari a poco meno di 100 milioni di euro all’anno.”
 
“Essere indicati come modello per la manutenzione urbana dei fiumi rappresenta un riconoscimento al grande lavoro svolto per tenere in sicurezza sia l’Arno, che scorre nel cuore della città di Pisa, ma anche tutto il reticolo idraulico – conclude Maurizio Ventavoli, Presidente del Consorzio di bonifica 4 Basso Valdarno – Cura e vigilanza costante sono le parole chiave, che guidano il nostro lavoro sia nella manutenzione del grande fiume toscano che di tutti i corsi d’acqua, su cui abbiamo competenza.”
 
Privo di virus.www.avast.com



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