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Morbide ambre, lucidi cristalli, ametiste. Ma anche bottoni in osso, delicate fayence, scarabei dell’oriente. A Pompei, negli scavi ancora in corso nella Regio V, la Casa col Giardino restituisce un nuovo strabiliante tesoro, di nome e di fatto: i resti di uno scrigno in legno e metallo pieno di oggetti femminili, specchi, collane. Ma soprattutto tantissimi amuleti, dalle bamboline alle campanelle, una spiga di grano, un piccolo teschio, falli, pugni chiusi. Decine di portafortuna accanto ad altri oggetti ai quali si attribuiva il potere di scacciare la malasorte, sottolinea all’ANSA Massimo Osanna l’archeologo direttore del Parco.
Meraviglie che certo potrebbero essere appartenute alla padrona di casa. Ma non è detto. Perché quella cassetta di legno, la cui impronta è rimasta impressa nella cenere indurita di duemila anni fa, si trovava in un ambiente di servizio, lontano dalla stanza da letto della matrona e anche dall’atrio della domus dove gli archeologi hanno ritrovato gli scheletri di dieci persone, praticamente l’intera famiglia, sterminata dalla violenza dell’eruzione mentre tentava di mettersi in salvo.
Non solo: in questo tesoro non ci sono gli ori, che a Pompei tutte le donne amavano esibire e che certamente non potevano mancare nel portagioie di una giovane signora benestante, tanto che sulla parete di una delle stanze di rappresentanza della casa è sopravvissuto il delicato ritratto di una giovane donna, quasi certamente la proprietaria, che sfoggia ai lobi un paio di brillanti e raffinati orecchini.
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