PORDENONE, DUPLICE OMICIDIO: QUELLE TELECAMERE NON HANNO MAI FUNZIONATO

di Angelo Barraco

Pordenone – Il giallo sulla morte di Trifone Ragone e Teresa Costanza, uccisi a colpi di 7,65 in macchina, nello spiazzale del palasport di Pordenone si complica. Gli inquirenti davano massima affidabilità alle videocamere che potevano dare informazioni utili e necessarie per l’identificazione del killer, ma purtroppo non è così. Il sistema di videosorveglianza non funzionava, i contenitori per le videocamere erano vuoti e non vi è stata alcuna ripresa, gli obiettivi non ci sono e i cavi sono scollegati. Le quattro telecamere indispensabili davano sul parcheggio, ma non riprendevano nulla, non ha mai funzionato.
 
Sono state effettuate le indagini scientifiche e all’interno dell’auto è stata trovata una traccia biologia che non appartiene a nessuna delle due vittime, si tratta di un capello. Gli inquirenti non sottovalutano   il ritrovamento avvalorando la tesi che l’assassino, per sparare, sia stato costretto ad introdursi all’interno dell’auto della coppia. Ciò sarebbe confermato dalla circostanza del ritrovamento dei proiettili; soltanto uno è stato rinvenuto all’esterno dell’auto. Ma a tale ritrovamento potrebbe esserci una spiegazione più razionale, ovvero che il capello sia semplicemente volato dall’esterno poiché essendo estremamente leggero e facilmente trasportabile dal vento, potrebbe essere entrato all’interno dell’automobile con un colpo di vento. Il capello potrebbe appartenere anche ad un amico/a della coppia e probabilmente si è depositato nell’autovettura. 
 
COLPI: Ricordiamo che  l’autopsia è stata effettuata dall’anatomopatologo Giovanni Del Ben, che è intervenuto sul luogo del delitto, e il suo collega Paolo Fiorentino. E’ stato nominato dalla procura un perito balistico che è Pietro Benedetti, che ha partecipato alle indagini per il misterioso delitto di Marta Russo. La donna è stata raggiunta da tre proiettili alla testa, l’uomo invece da un proiettile. Tutti i colpi sono stati sparati dalla stessa arma, una calibro 7,65. L’autopsia ha confermato quanto emerso dalla tac cranica eseguita all’indomani dell’omicidio; sei colpi sparati di cui tre hanno colpito lui; uno alla tempia e due alla mandibola. Si ipotizza che Trifone sia stato colpito mentre si accingeva al passaggio dal lato guida al lato passeggero e non si sia accorto di essere stato colpito, la ragazza invece, si ipotizza, che abbia visto il killer e abbia cercato di mettere in moto la macchina ma invano; ciò sarebbe dimostrato dal fatto che un colpo che è stato schivato, ma gli altri due ahimè, non gli hanno dato scampo alla vittima. I colpi sono andati tutti a segno e hanno dimostrato palesemente che l’assassino non ha agito d’impeto ma ha agito con una certa sicurezza e con una certa padronanza. I colpi sono andati tutti a segno e ciò ha dimostrato che probabilmente il killer è una persona che usa spesso le armi, o per esercitarsi o per professione. Ciò è anche dimostrato dal fatto che ha colpito la coppia nei punti vitali. 
 
LE PISTE: Al vaglio degli inquirenti le trasferte della coppia in Svizzera, l’ipotesi è che i viaggi potessero essere legati al mondo degli anabolizzanti o ad interessi economici. Sul profilo facebook della donna è apparsa una minaccia scritta da un 20enne kosovaro che ha scritto: “Ti sta bene, così non vai più in discoteca”. Un aspetto che stanno vagliando però, è quello che il giovane possa aver visto o sentito qualcosa che  ha compromesso definitivamente la sua vita e quella della sua compagna. Tale ipotesi potrebbe risultare attendibile poiché la ragazza poco prima si era recata in quel luogo e aveva parcheggiato lì. Ciò dimostra che se l’assassino aveva come obiettivo la donna, avrebbe potuto agire nel momento in cui lei era più vulnerabile. La pista passionale è sotto la lente d’ingrandimento, si sta analizzando anche il passato delle vittime, dove è emerso che Teresa faceva la cubista e/o ragazza immagine con lo pseudonimo di “Greta”. I due ragazzi erano frequentatori di locali notturni, da quanto emerso. Al setaccio vi sono le email e gli sms dei ragazzi per constatare la presenza o meno di qualcosa di anomalo. La pista mafiosa è stata ipotizata perché lo zio di Teresa Costanza, Antonio Costanza (zio del padre), nel 1995 era sparito, vittima di lupara bianca. I pentiti, in merito alla scomparsa dell’uomo hanno detto che fu ucciso e sepolto in un terreno di Campofranco. La sua morte sarebbe stata decisa da Cosa Nostra perché il soggetto fu indicato come spia che indicava agli investigatori il nascondiglio del boss.