PROCESSO DE MAURO, PG CASSAZIONE: RIINA VA ASSOLTO

di Angelo Barraco
 
Va confermata l'assoluzione del boss di Cosa Nostra Toto' Riina nell'ambito del processo per l'omicidio del giornalista Mauro De Mauro. E' quanto ha chiesto il sostituto pg di Cassazione Paolo Canevelli ai giudici della prima sezione penale della Suprema Corte, chiamati a decidere se accogliere e o meno i ricorsi presentati dalla Procura Generale di Palermo, dai familiari di De Mauro e dall'ordine dei giornalisti della Sicilia contro la sentenza con cui, il 27 gennaio 2014, la Corte di Assise 'appello del capoluogo siciliano aveva assolto Riina "per non avere commesso il fatto".
 
Anche in primo grado Riina era stato assolto. De Mauro, cronista del giornale 'l'Ora' fu sequestrato il 16 settembre 1970 e non e' mai piu' stato ritrovato. La decisione dei supremi giudici e' attesa per questa sera. Ripercorriamo la storia di Mauro De Mauro sin dall’inizio della sua attività di giornalista per capire meglio le dinamiche della vicenda. De Mauro si trasferisce a Palermo con la famiglia dopo la seconda guerra mondiale. Ha lavorato per importanti giornali come Il Tempo di Sicilia, Il Mattino di Sicilia e successivamente L’Ora. De Mauro nel 1962 aveva seguito la delicata vicenda della morte del presidente dell’Eni Enrico Mattei ed era tornato ad occuparsene nel 1970. Il 23 ed il 24 gennaio del 1962 De Mauro pubblicò su L’Ora un verbale della polizia che risaliva al 1937 ma che era caduto nel dimenticatoio. Quel verbale però conteneva materiale scottante, poiché all’interno vi era un elenco di tutta la struttura mafiosa. La deposizione era stata fatta da un medico, tale Melchiorre Allegra che era affiliato alla mafia nel 1916 ma che era diventato pentito dal 1933. Una deposizione in merito al caso De Mauro, alla sua morte e proprio a quella notizie la fece Tommaso “Masino” Buscetta, che davanti a Falcone e Borsellino, esattamente 15 anni dopo la morte del giornalista disse: “De Mauro era un cadavere che camminava. Cosa Nostra era stata costretta a 'perdonare' il giornalista perché la sua morte avrebbe destato troppi sospetti, ma alla prima occasione utile avrebbe pagato anche per quello scoop. La sentenza di morte era solo stata temporaneamente sospesa”. 
 
IL RAPIMENTO
De Mauro venne rapito la sera del 16 settembre del 1970 mentre stava tornando a casa. L’ultimo ad averlo visto è stata la figlia che lo ha visto mentre parcheggiava l’auto. La figlia attendeva il rincasava ma non vedendolo rincasare uscì dal portone e vide suo padre che era circondato da due, tre persone che risalirono in macchina e ripartirono. La donna riuscì a cogliere soltanto una parola “Amunì” che significa “andiamo!” che uno dei soggetti aveva rivolto al padre prima di partire. L’auto venne rinvenuta la sera successiva lì vicino, ma non vi era nessuna traccia del giornalista, non vi era niente che riconducesse a lui. Il corpo di Mauro De Mauro non è mai stato ritrovato. 

LE PRIME INDAGINI
Le indagini in un primo momento hanno puntato il dito contro un commercialista di Palermo con un ruolo poco chiaro e mai chiarito del tutto. Il soggetto conosceva De Mauro e se giorni successivi alla scomparsa contattò la famiglia per sapere cosa sapessero in merito alla scomparsa. Venti giorni dopo la scomparsa fu catturato ma rilasciato poco dopo per mancanza di indizi. Si era giunti all’arresto perché il soggetto era legato all’avvocato Vito Guarrasi, che era in rapporti con Enrico Mattei e si ipotizzo un’organizzazione nella sparizione di De Mauro. Il soggetto inoltre era legato al temuto boss mafioso Luciano Liggio detto “Lucianeddu”. Le indagini furono condotte da carabinieri che affermavano che De Mauro fosse stato eliminato da Cosa Nostra che collegò la sua morte ad un’inchiesta su un traffico di droga che stava seguendo il giornalista; in seguito il caso fu seguito dalla polizia che collegò la sua morte al caso Mattei. Il caso fu seguito dal compianto Carlo Alberto Dalla Chiesa e dal compianto Boris Giuliano, entrambi morti per mano della mafia. Tommaso Buscetta dichiarò che ad organizzare l’omicidio di Mauro De Mauro furono Stefano Bontade, Gaetano Badalamenti e Luciano Liggio e disse “il rapimento di Mauro De Mauro è stato effettuato da Cosa Nostra. De Mauro stava indagando sulla morte di Mattei e aveva ottime fonti all'interno di Cosa Nostra. Stefano Bontate venne a sapere che De Mauro stava avvicinandosi troppo alla verità  e di conseguenza al ruolo che egli stesso aveva giocato nell'attentato  e organizzò il "prelevamento" del giornalista in via delle Magnolie. De Mauro fu rapito per ordine di Stefano Bontate che incaricò dell'operazione il suo vice Girolamo Teresi. Era stato "spento" un nostro nemico e si dette per scontato che Stefano Bontate, Gaetano Badalamenti e Luciano Liggio avessero autorizzato l'azione”. Antonino Calderone dichiarò invece che la scomparsa di De Mauro faceva parte di una serie di azioni eversive attuate da esponenti mafiosi in seguito al fallito Golpe Borghese, in cui si poteva collocare anche la morte del procuratore Pietro Scaglione. Il pentito Di Carlo dichiarò che De Mauro stava facendo troppe domande sul Golpe Borghese e venne prelevato da  Emanuele D’Agostino, Stefano Giaconia e Bernardo Provenzano che lo portarono presso una casa di Stefano Bontade dove lo uccisero e lo seppellirono sotto il ponte del fiume Oreto e anni dopo fu sciolto nell’acido. Una nuova rivelazione in merito alla morte del giornalista arriva nel 2011 quando il collaboratore di giustizia Rosario Naimo disse che gli fu raccontato che De Mauro fu portato con una scusa nel terreno del boss Francesco Madonia e poi strangolato e buttato in un pozzo. 
 
2001- SI RIAPRONO LE INDAGINI
La Procura di Palermo riaprì le indagini nel 2001 in seguito alle dichiarazioni di Francesco di Carlo. Nell’aprile del 2006 inizia il processo per l’omicidio di Mauro De Mauro che vede come unico imputato Totò Riina e il 22 aprile 2011 viene chiesto l’ergastolo, l’assoluzione però arriva il 10 giugno 2011 per “incompletezza della prova" (ex art. 530 c.p.p.), dalla Corte d'Assise di Palermo. Le motivazioni vengono depositate il 7 agosto del 2012, circa 2.200 pagine in cui viene spiegato che il giornalista si era spinto troppo sulle ultime ore di Enrico Mattei. Il 23 aprile 2013 davanti alla corte d’Assise d’Appello di Palermo si apre il processo dove è stata chiesta la riapertura dell'istruttoria dibattimentale e l'esame del pentito Francesco Di Carlo in merito alle sue dichiarazioni rese in un libro intervista scritto col giornalista Enrico Bellavia sulle confidenze fattegli dal boss Salvatore Riina durante un summit nel corso del quale si sarebbe deciso il sequestro e l'omicidio del giornalista. Il 27 gennaio 2014 viene confermata l’assoluzione in primo grado per Totò Riina con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio.