PROCURA DI VELLETRI: TRA LUNGAGGINI E "STRANE COINCIDENZE"

di Chiara Rai

Velletri (RM) – L’anno scorso c’è stato un flebile contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione addirittura le denunce risultano contenute sia da parte dei privati che degli enti pubblici. Eppure, almeno per quanto riguarda le denunce contro le pubbliche amministrazioni note al nostro quotidiano L’Osservatore d’Italia, ce ne sarebbe di lavoro di fare. I dati sul contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione sono contenuti nel bilancio sociale 2014 della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Velletri.

Ad esporre i fatti è il Procuratore Francesco Prete. Il Procuratore capo di Velletri nella sua relazione scrive: "La nuova legge 190/2012  – Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica  amministrazione Ndr. –  non ha sortito in questo circondario apprezzabili risultati nell'emersione dei fenomeni più perniciosi, restando contenute le denunce di tali reati provenienti da privati o da organi della P.A.".

Dunque, la domanda sorge spontanea sono poche le denunce o sono troppe le richieste di archiviazione? Il fatto è che spesso e volentieri la Procura di Velletri è chiamata in causa per questioni poco edificanti: strane archiviazioni, strane lentezze di processi che poi finiscono in prescrizione, “strane coincidenze” come scrive il giudice Ayala in un suo libro.

Solo lo scorso anno il Messaggero ha parlato di una talpa in Procura per informare i manager corrotti da Cerroni sul delicatissimo tema dei rifiuti, anche qui entra in ballo la procura di Velletri. È Fegatelli (il direttore del dipartimento istituzionale e territorio della Regione Lazio) a rivolgersi a un sindacalista affinché cerchi di sapere se i Pm stiano indagando sugli uffici di via della Pisana.  L’alto dirigente chiama il sindacalista Franco Marcoccia della Uil Lazio e gli chiede se può fare delle verifiche “informali” presso la Procura di Velletri per tentare di accertare se è indagato. Per tranquillizzarlo, Marcoccia millanta credito negli uffici giudiziari, poiché – confida – può cercare di sapere tramite un’amica della moglie che è fidanzata con un magistrato di quel Tribunale.

Nella conversazione gli rivela anche che sono entrati i carabinieri. Fegatelli sospetta che stiano indagando pure su di lui per la questione dei rifiuti e gli chiede: "Mi verifichi un attimo se mi sta arrivando qualche pilotto da parte di qualcuno?". Marcoccia: "Allora io mò a Velletri ti ci vedo subito, perché se ci sta quel magistrato che è fidanzato con un'amica di mia moglie, ti ci vedo subito, se no te ce vado a vede’ domani…aggia parlà con una persona". Il bello è che non è la prima volta che si parla di presunte talpe o legami magistratura-politica che derivano da rapporti a doppio nodo. E allora anche un posto in Regione ricoperto da un parente di un Pm non diventa fantascienza quando determinate “storie” denunciate finiscono come carta straccia in un cestino perché magari è una denuncia anonima. Anche questo elemento dovrebbe essere preso in considerazione.

Ma addirittura ci sono casi di archiviazione anche quando c’è qualcuno che ci mette la faccia. Non a caso il tribunale di Velletri si trova nella classifica  stilata da "Osservatorio per il monitoraggio degli effetti sull’economia delle riforme della giustizia", “Elenchi Tribunali con le performance sotto media su due dimensioni”. Al 21 posto su 75 per lungaggine dei processi, alcuni pendenti da tre anni. Insomma Velletri è tra i tribunali “bocciati” volendo parlare di pagelle. E ancora altri numeri: per quanto riguarda il Tribunale ordinario, nel 2013, erano 1.314.511 i processi pendenti di primo grado, il 29% dei quali concentrato in soli dieci Tribunali tra cui Velletri (Napoli, Santa Maria Capua Vetere, Roma, Latina, Bologna, Milano, Velletri, Perugia, Taranto).  

Ad esempio c’è il processo al sindaco di Nemi Alberto Bertucci, imputato per turbativa d’asta e frode nei pubblici incanti che non riesce a vedere luce tra rinvii di udienze e difetti di notifiche. Dopo più di due anni di rinvii, tutte le notifiche agli imputati sono  finalmente andate a buon fine. Un esito giunto dopo ben cinque udienze conclusesi con un nulla di fatto. Possibile che una giustizia lenta e farraginosa debba essere la causa di tanti processi lasciati cadere nel vuoto per decorrenza dei termini?

L'ultima bufera giudiziaria di Albano Laziale sarebbe stata archiviata se chi l’ha presentata non avesse opposto ricorso alla richiesta di archiviazione. Ma se adesso il procedimento si protrarrà per le lunghe tra eccessivi rinvii e difetti di notifiche potrebbe chiudersi anche con una sonora prescrizione “beffa” per i cittadini perché si parla di milioni di euro di soldi pubblici e di reati gravi come l’abuso d’ufficio in concorso.

Parliamo della denuncia di Marco Risica. O meglio di undici  imputati ad Albano Laziale tra cui il primo cittadino Nicola Marini che dovranno presentarsi di fronte al Gup il prossimo 10 marzo 2016 per rispondere di diversi reati tra cui l'abuso d'ufficio in concorso. Marco Risica insieme all'ex consigliere comunale Nabil Cassabgi sono i promotori di questa vicenda giudiziaria che ha scatenato una vera e propria bufera politica.

Risica durante la video intervista rilasciata al direttore de L'Osservatore d'Italia  lancia pesanti accuse riguardo presunte collusioni tra chi dovrebbe garantire uno stato di legalità e alcuni imputati. "Sciatto", è il termine con il quale Risica definisce il dispositivo che fissa i capi d'imputazione per gli 11 imputati  e li rimanda al Gup nell'udienza del 10 marzo 2016. "Sciatto per appartenere ad un ufficio troppo delicato come quello del Pubblico Ministero. – ha affermato Risica durante la video intervista – Il Pubblico Ministero viene percepito dall'opinione pubblica come la pubblica accusa, ed è vero, la pubblica accusa degli imputati – ha sottolineato Risica – ma costituisce al tempo stesso la difesa della legalità e la difesa dei cittadini".

Ed ecco che Risica durante la video intervista lancia una prima riflessione che getta gravi ombre sulla Procura di Velletri:  "Questo documento sembra scritto più dalla difesa degli imputati e non dalla pubblica accusa". Per capire e comprendere i passaggi che hanno caratterizzato fino ad ora questa vicenda giudiziaria occorre partire dalla richiesta di archiviazione fatta dal Pubblico Ministero riguardo la denuncia dei fatti presentata da Marco Risica e da Nabil Cassabgi, i quali nel momento in cui sono venuti a conoscenza della richiesta di archiviazione hanno immediatamente presentato opposizione al Gip Alessandra Ilari, la quale ha accolto in pieno il ricorso aggiungendo tra gli indagati anche Vincenzo Santoro. Risica fa notare che per la stessa fattispecie di reati che vengono contestati agli imputati, tra i quali spicca il nome dell'attuale sindaco di Albano Laziale Nicola Marini esponente tra l'altro del PD e che è interessato da tutti i capi d'imputazione formulati dal Pm per il processo, la Procura di Roma aveva chiesto l'arresto di un dirigente del Comune di Roma per la nota vicenda dell'aula Giulio Cesare.

In pratica ad Albano Laziale fu indetta una gara negoziata – ad inviti – alla quale parteciparono 5 società (tutte riconducibili allo stesso gruppo)  e quattro di queste non avevano i requisiti per partecipare alla stessa. Situazione evidenziata  all'epoca dei fatti anche dall'AVCP e richiamata nello stesso dispositivo che lo ricorda. E qui Risica rimarca il fatto che per lo stesso reato alla Procura di Velletri è stata chiesta l'archiviazione mentre a Roma è stato chiesto l'arresto.

La divergenza interpretativa tra le due Procure – Roma e Velletri – riguardo la stessa fattispecie di reato viene ipotizzata da Risica dal fatto che il sindaco di Albano Laziale Nicola Marini figura tra i proprietari della società immobiliare denominata Marini Immobiliare Srl la quale a sua volta ha partecipazioni in altre società immobiliari il cui amministratore unico è Andrea Magnanimi. Risica quindi spiega che Nicola Marini nominò presidente della commissione edilizia del Comune di Albano Laziale il geometra Mario Iacoacci zio di Andrea Magnanimi e che quest'ultimo figura come CTU di riferimento del Pubblico Ministero che ha inizialmente richiesto l'archiviazione del caso. Esisterebbe quindi una relazione di carattere professionale tra il Pm e Mario Iacoacci zio di Andrea Magnanimi a sua volta socio del sindaco oggi imputato Nicola Marini. Risica evidenzia anche il fatto che la figlia di Mario Iacoacci e il Pm in questione frequentano lo stesso villaggio a Sibari in Calabria. Non da poco conto infine il fatto riportato da Risica durante la video intervista che lo stesso Mario Iacoacci durante alcune sedute della commissione edilizia di Albano Laziale amava vantarsi della sua amicizia con il Pubblico Ministero dicendo a chi obiettava qualcosa "guarda che telefono a Peppe".

Per tutti questi motivi Risica ipotizza che non ci sia stata equidistanza nel comportamento della Procura di Velletri nei confronti del sindaco Nicola Marini e dei suoi accoliti  rispetto per esempio all'ex sindaco di Albano Laziale Marco Mattei che non figurava all'interno di nessuna denuncia e nel dispositivo figura invece, con enorme stupore,  come capo lista – Mattei+10 – quasi come se fosse stato tirato per i capelli per significare un "mal comune mezzo gaudio".