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Editoriali

RAGGI & CERCHI

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RAGGI & CERCHI: CHI C’E’ DIETRO LA GUERRA ALLA RAGGI?
DI ROBERTO RAGONE
Mai nessun sindaco – o sindaca – aveva sollevato tanto polverone. Nessuno fece un fiato quando Ignazio marino nominò a capo dell’Azienda Municipale dei rifiuti una persona già indagata proprio per traffico di rifiuti, oltre ad un capo dei Vigili Urbani che non era in possesso dei titoli giusti per la bisogna. Nel mirino di ‘certa gente’ la Raggi c’è finita da quando è stata plebiscitariamente eletta a capo dell’amministrazione del Comune di Roma, ma qualcuno l’attendeva al varco sull’argomento Olimpiadi. Un argomento sul quale i Cinquestelle s’erano già pronunciati per la bocciatura e che ha procurato voti. È evidente che Renzi ha scatenato tutte le forze possibili alle calcagna della neo-eletta, nel tentativo di dimostrare che, dopo aver fallito a Roma, i Grillini non sarebbero stati adatti al governo della nazione. Questo è il quadro a noi più prossimo. In realtà Renzi è l’ultimo anello della catena. Gli interessi politici ed economici che si annidano dietro la guerra alla Raggi sono numerosi e ponderosi. I cinque – pare – miliardi che Roma riceverebbe a fronte della realizzazione dei Giochi Olimpici fanno gola a molti dei soliti noti, e qualcuno s’era già leccato i baffi. Lo schiaffo della Raggi a Malagò ha chiuso la partita, con la minaccia, da parte del presidente in Maserati con autista, di una denuncia per danno erariale per cinque milioni di euro che dovrebbero esser pagati da tutto il Consiglio Comunale. Malagò si lamenta del poco rispetto dimostrato da Virginia, dopo un’attesa vana di trentasette minuti, al termine dei quali, con il pretesto di un impegno precedente, ha tolto le tende. Ma se la Raggi lo avesse ricevuto, il colloquio sarebbe durato ben oltre i trentasette minuti, e quindi qualche dubbio sul suo comportamento è legittimo. Quanto al fatto che la sindaca fosse a pranzo con la figlia, ad un certa ora tutti pranziamo, ed è legittimo arguire che la Raggi sia andata a pranzo dopo che Malagò aveva rinunciato ad essere ricevuto. Lui si lamenta del ‘poco rispetto’ per il CONI: noi diciamo che c’è poco rispetto da parte di chi vuole costringere Raggi a dire di sì ai Giochi Olimpici, mentre i voti ricevuti dai Romani – che le hanno firmato una delega in bianco – sono stati anche contro la manifestazione. Poco rispetto per tutti i Romani che hanno voluto i Cinquestelle al governo della città. Nessuno protestò per il NO di Monti, che si ritenne una scelta responsabile: ancora di più lo è oggi che i dati macroeconomici sono peggiorati. E comunque tutto è bene ciò che finisce bene, in questo caso con il baciamano di Malagò alla Raggi nella Sala delle Armi al Foro Italico dove la sindaca sè recata stamattina per incontrare Malagò e Tavecchio. "Sono onorata di essere qui e contenta di dire che Roma ospiterà quattro partite dell'Europeo di calcio del 2020." ha dichiarato la Raggi, alla presentazione del logo del prossimo europeo di calcio itinerante, che vedrà la capitale fra le 13 sedi ospitanti. Pace fatta? Staremo a vedere.
 
LA PRESIDENTA
Speriamo che sia una boutade, ma il titolo che pare che la Boldrini voglia dare a chi di sesso femminile presiede una qualsiasi cosa che abbia bisogno di qualcuno che la presiede, sia quello di ‘presidenta’, sulla scia di ‘ministra’, ‘sindaca’, assessora’ e via così. Ci auguriamo che sia una boutade, dicevo, perché ‘presidente’ non può avere il femminile, trattandosi di un participio presente, che indica ‘chi presiede’, cioè, chi ‘siede in alto’ per dirigere una qualsivoglia congerie di persone atte a un’attività in genere di tipo amministrativo. Così non potremo più chiamare ‘presidenta’ Laura Boldrini, come appare oggi 22 settembre sulla prima pagina di Libero, ma, obtorto collo, essa dovrà condividere il titolo con i tanto odiati colleghi maschi, mettendo per una volta da parte un femminismo tanto cieco quanto estremo. Dal quale le auguriamo di guarire al più presto: est modus in rebus, dopo tutto.
I COMITATI PER IL SI’
Non avevamo dubbi. Pur di vincere, Renzi arruola anche i santi, forse perché non sa più a che santo votarsi. In questo caso si trattava di Sant’Ubaldo, per una manifestazione a favore del SI’ al referendum che avrebbe dovuto svolgersi nella storica basilica di Gubbio, con il placet della Diocesi e che è saltata per le proteste dei cittadini e trasferita in un albergo sempre di proprietà della Diocesi. Questo dei comitati per il SI’, annunciati da Renzi in TV nel numero di diecimila, è un argomento che sta venendo all’attenzione del pubblico anche nei piccoli centri come Ronciglione, in provincia di Viterbo, dove  è stato allestito un incontro per spiegare al colto e all’inclita il motivo per cui tutti dovremmo votare SI’. Tutto si è svolto secondo le previsioni, e abbiamo scoperto che gli oratori viaggiano a proprie spese e non sono per nulla sponsorizzati dal Presidente del Consiglio, persona il cui nome evitano accuratamente di pronunciare durante lo svolgimento della conferenza. È legittimo domandarsi da dove traggano il denaro per la spesa al supermercato, visto che il loro tempo è devoluto ‘gratis ed amore dei’ alla Causa. Oppure tutto ciò non corrisponde a realtà, e i collaboratori parlamentari – perché di questi si è trattato – vengono regolarmente retribuiti nell’ambito delle proprie mansioni legittime. Oppure si vuol dare l’impressione che Renzi sia lontano dal problema referendum, completamente avulso da esso e non coinvolto nella sua riuscita o nel suo fallimento. Mentre il primo slogan era : “Se perdo vado a  casa.” Ora lo slogan è: “Per cacciarmi dovete fare un congresso e vincerlo.” A prescindere dalle scelte pur legittime di un Presidente del Consiglio che puntualmente ci ammannisce il contrario di ciò che è, e che puntualmente viene smentito dagli organi ufficiali, colpisce il fatto che i personaggi che vanno in giro per l’Italia a propagandare il SI’ non ricevano neanche un rimborso carburante, magari secondo le tariffe ACI. Eroismo? Generosità? Bontà d’animo? Cotanto amor di patria va premiato. Forse nei prossimi libri di storia delle elementari vedremo i loro ritratti fra Enrico Toti e Pietro Micca. 
POLITICS
Intanto Semprini, ingaggiato dalla Bignardi, assunta da Campo dall’Orto, con il suo programma Politics in onda su Rai Tre, in sostituzione di Ballarò, è riuscito a registrare un ascolto più basso del 3%. Il castigamatti di Renzi, che ha sostituito Giannini perché non gradito a Renzi, ha realizzato un flop che ha riscontro solo nel PIL della nostra nazione. Ma niente paura, il Bomba continua a vele spiegate per la sua strada, amministrando e descrivendo una Italia che non esiste, cioè esattamente quella che lui s’immagina che ci sia. La cosa grave è che alle sue ‘fantasie’ comincia a credere anche lui.
FARTILITY DAY
Polemica di aria fritta quella del volantino che doveva propagandare il giorno della Grande Inseminazione Nazionale, cioè il 22 settembre, quando s'è scoperto che le due foto utilizzate erano state scaricate dal web per una spesa compelessiva di 19 euro, invece di provenire da una grande firma della fotografia. Niente di male, se qualcuno fa economia nei ministeri va tutto bene. Purtroppo qualcun altro ha voluto analizzare quei 'cattivi compagni' in calce all'immagine in bianco e nero, e mentre la parte superiore mostrava due ragazzi e due ragazzi che avrebbero fatto le gioia di Hitler – biondi e sorridenti – i 'cattivi compagni' avevano come immagine due persone di colore. E in un Paese come questo, dove spacchiamo il capello in quattro e lasciamo andare le cose importanti, il manifesto è apparso razzista. Senza capire che i 'cattivi compagni' sono quelli che portano alla sterilità e all'infertilità, cioè la droga, l'alcol e i cattivi comportamenti. Risultato: fucilato il capo della comunicazione del Ministero. Naturalmente la Lorenzin si è subito dichiarata estranea al volantino, fatto 'a sua insaputa', questo dopo la fucilazione. E noi ci chiediamo: ma che ci sta a fare?
 
 
 

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Castelli Romani

Frascati: 8 settembre 1943, il giorno del dolore e della rinascita

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Esistono giorni che non solo diventano parte della Storia ma portano dentro di sé ricordi, emozioni e purtroppo anche lutti ed antiche paure.
L’ 8 settembre per noi che siamo nati a Frascati e per tutti quelli che vivono la bellezza di questa città questo giorno è nel contempo triste ma la riprova della forza piena che vive dentro Frascati.
Fu una ferita insanabile quell’8 settembre del 1943 quando alle 12,08 una pioggia di bombe dilaniò la città provocando la morte di centinaia di persone.

piazza San Pietro dilaniata dalle bombe

Ma la voglia di rinascere, la voglia di ricominciare, la voglia di spazzare via i dolori di una guerra rinacque proprio in quel giorno.
Credo che Frascati debba onorare di più questo ricorrenza affinché non diventi e resti la solita passerella di commiato.
Deve divenire vera “giornata della memoria della Città”.
Bisogna far si che l’8 settembre rappresenti per tutti il giorno si del dolore ma anche il giorno in cui Frascati ed i frascatani ritrovarono la forza di risorgere dalle sue ceneri come “araba fenice”.
Ho voluto riportare nella copertina di questo mio pensiero il quadro di un grande frascatano, Guglielmo Corazza, memoria vivente di quel giorno.
Quei colori e quelle immagini debbono divenire il monito a tutti noi degli orrori della guerra, della stupidità della guerra.
Perché Frascati pagò con il sangue dei suoi figli e delle sue figlie e questo non deve più accadere in nessuna altra parte del mondo.

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Editoriali

Affaire Sangiuliano: dimissioni e polemiche, il governo Meloni nella bufera

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Giustino D’Uva (Movimento Sociale Fiamma Tricolore): “Evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”

L’affaire Sangiuliano ha scosso il governo Meloni, provocando la prima defezione tra i suoi ministri. Gennaro Sangiuliano, alla guida del Ministero della Cultura, ha rassegnato le dimissioni a seguito delle polemiche sorte attorno a una presunta relazione extraconiugale con Maria Rosaria Boccia, che ha generato una serie di accuse riguardanti l’uso improprio di fondi pubblici e l’accesso a documenti riservati.

L’ex direttore del Tg2, dopo ore di polemiche e smentite, ha deciso di farsi da parte, spiegando in una lettera a Giorgia Meloni la sua scelta di lasciare per non “macchiare il lavoro svolto” e per proteggere la sua onorabilità. Nonostante le assicurazioni fornite a più riprese dallo stesso Sangiuliano, secondo cui nessun denaro pubblico sarebbe stato speso per la consulenza di Boccia, la pressione mediatica e politica è diventata insostenibile.

Le reazioni della maggioranza: una difesa d’ufficio

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso solidarietà nei confronti di Sangiuliano, definendolo un “uomo capace e onesto”, sottolineando i successi ottenuti in quasi due anni di mandato. In particolare, Meloni ha ricordato i risultati raggiunti nella promozione del patrimonio culturale italiano, come l’aumento dei visitatori nei musei e l’iscrizione della Via Appia Antica tra i patrimoni dell’UNESCO. Tuttavia, anche la premier non ha potuto evitare di accettare le “dimissioni irrevocabili” di Sangiuliano.

Alessandro Giuli, presidente della Fondazione MAXXI, è stato rapidamente nominato come nuovo ministro della Cultura, suggellando una transizione-lampo che, secondo alcune voci, era già in preparazione da tempo. Giuli, una figura vicina alla destra romana e storicamente legato a Meloni, rappresenta un tentativo di dare stabilità al ministero, ma la scelta non ha fermato le critiche, né ha dissipato le ombre sul governo.

L’opposizione attacca: “Il governo Meloni è allo sbando”

Le reazioni dell’opposizione non si sono fatte attendere. Il Partito Democratico ha definito l’affaire come un altro esempio di un esecutivo privo di coerenza e in preda a scandali interni. Elly Schlein, segretaria del PD, ha parlato di un “governo ossessionato dalla propria immagine” e ha criticato la gestione del caso: “Il problema non è solo il gossip, ma l’incapacità di affrontare le questioni in modo trasparente e senza proteggere chi si trova in difficoltà”.

Dal Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte ha affermato che “questo episodio mostra come la maggioranza sia più attenta alle proprie dinamiche interne che ai reali problemi del Paese”, accusando la premier di “non aver saputo tenere sotto controllo i suoi ministri” e di “anteporre le proprie relazioni personali agli interessi istituzionali”.

Il commento più severo è arrivato da Giustino D’Uva, esponente del Movimento Sociale Fiamma Tricolore, che ha lanciato un duro attacco al governo: “Indipendentemente dalle eventuali implicazioni giudiziarie ed etiche, l’affaire di Sangiuliano e Boccia è indice del pressapochismo che connota pressoché tutta la compagine governativa. Il governo Meloni è un’accozzaglia di buontemponi e incompetenti, per i quali il gossip costituisce il massimo impegno politico. Ciò che è evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”.

Il rischio di un effetto domino

L’affaire Sangiuliano mette a nudo fragilità interne e potrebbe avere ripercussioni più ampie di quanto non appaia a prima vista. I partiti di opposizione sono pronti a capitalizzare su questo caso per sottolineare le divisioni e la mancanza di trasparenza dell’esecutivo. Alcuni osservatori politici temono che questo possa essere solo il primo di una serie di scossoni che potrebbero minare la stabilità del governo.

Il futuro di Giorgia Meloni e della sua squadra dipenderà dalla capacità di gestire questo e altri potenziali scandali che potrebbero emergere. Ma l’episodio dimostra come il confine tra gossip e politica possa diventare estremamente sottile, e quanto questo possa essere dannoso per la credibilità di un governo, soprattutto se non si affrontano con chiarezza e decisione le situazioni critiche.

In definitiva, il caso Sangiuliano non è solo un episodio personale, ma il simbolo di un esecutivo che sembra sempre più vulnerabile alle proprie contraddizioni interne, in un contesto politico che richiede, invece, risposte concrete e unitarie.

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Editoriali

Come ristorarsi dopo le fatiche quotidiane

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La pedagogia del benessere si occupa delle persone in contesti si salute psico-fisica. Ognuno di noi dopo una giornata di lavoro, commissioni, studio necessita di uno o più momenti di ristoro.


n questi termini si può parlare di pedagogia del benessere sia fisico che mentale.
La pedagogia del benessere è un ramo della pedagogia tradizionale che si occupa, mediante alcune tecniche, di far star bene le persone.

In che senso la pedagogia del benessere parla di ristoro?

Ebbene sì, il pedagogista o lo psicologo non ricevono i clienti nello loro studio e non c’è un rapporto duale, ma il benessere lo si ritrova insieme ad altri soggetti, all’interno di un gruppo, facendo passeggiate, yoga o mindfulness.
Nell’ultimo decennio è nato un forte interesse per queste nuove pratiche fisiche, ma anche mentali.

Lo stare bene insieme ad altri, durante una passeggiata o in una seduta di mindfulness, giova non solo al gruppo, ma soprattutto all’individuo nella sua singolarità. Le strategie individuate dalla pedagogia del benessere sono, in Italia, molto utilizzate; basta pensare ai corsi di yoga o di mindfulness. Quest’ultimi vengono svolti sia nelle palestre, ma anche all’aperto (es. dopo che è piovuto) poiché l’ambiente esterno, l’aria o il venticello sono condizioni di rilassamento.
L’obiettivo della pedagogia del benessere è anche scaricare lo stress quotidiano ed evitare disturbi psicotici quali l’ansia o la depressione. A favore di questo obiettivo è utile sia la palestra per allenare il corpo, ma anche una palestra per esercitare la mente.

La salute mentale è fondamentale per affrontare la vita e le fatiche di tutti i giorni; pertanto “avere il vizio” di utilizzare tecniche di “tonificazione della mente” è sicuramente un’abitudine sana. La pedagogia del benessere professa anche obiettivi di tipo alimentare per promuovere, non tanto il fisico filiforme quanto la salute fisica intesa come consapevolezza di quanti grassi, proteine e zuccheri dobbiamo assumere in una giornata.

Il benessere del corpo è proporzionale a quello della mente e viceversa. Il prendersi cura di noi stessi aiuta a prevenire difficoltà future e soprattutto a vivere esperienze positive. Da sempre lo slogan “prevenire è meglio che curare” è uno degli scopi della pedagogia del benessere.
Non tutti seguono questi consigli, perciò sarebbe opportuno dare un’architettura decisiva alla figura del pedagogista del benessere senza confonderlo con un personal trainer o un nutrizionista. È opportuno parlare di più di questo tipo di pedagogia per promuovere la conoscenza.

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