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Politica

Reddito di cittadinanza: Giorgetti scettico. Conte: “Si farà”

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Al centro del dibattito politico il testo della manovra di bilancio. “Il reddito di cittadinanza, pensioni di cittadinanza e quota 100 ci sono nella legge di bilancio: chi dice che non ci sono sta dicendo bugie”, perché “in manovra ci sono i soldi, c’è la ciccia”, annuncia il vicepremier Di Maio in diretta Facebook. “Ma le norme regolamentari non possono stare lì” perciò “dopo la legge di bilancio, magari a Natale o subito dopo, si fa un decreto con le norme per reddito e pensioni di cittadinanza e riforma della Fornero. Lo faremo con un decreto, non un ddl perché ci vorrebbe troppo e c’è emergenza povertà”.

Perplessità da parte del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giorgetti

“Il reddito di cittadinanza? Ha complicazioni attuative non indifferenti. Se riuscirà a produrre posti di lavoro, bene. Altrimenti resterà un provvedimento fine a se stesso”, afferma Giorgetti nel libro di Bruno Vespa.

Sulla questione interviene da Tunisi il premier Luigi Conte

che, rispondendo a una domanda sui dubbi espressi dal sottosegretario leghista dice: “Questa riforma del reddito di cittadinanza partirà l’anno prossimo. Siamo ben consapevoli tutti che va fatta con molta attenzione: è la ragione per cui non è stata inserita adesso, teniamo farla bene e con tutti i dettagli”. Le cifre le facciamo noi, avendo contezza dei dati Istat, della situazione delle famiglie, decidendo noi la platea che andremo a incoraggiare con questa misura di giustizia sociale. Abbiamo lavorato – ha detto il premier – in modo serio e responsabile, ci sono risorse sia per finanziare il reddito di cittadinanza sia la riforma della Fornero. Conta il nostro progetto, la nostra visione, non le valutazioni liberissime che possono essere fatte, anche critiche, da parte di giornalisti”. Fonti Lega: da noi nessun blocco sul reddito di cittadinanza Da parte della Lega non c’è “alcun scontro con M5s e alcuna volontà di bloccare la misura”. E’ quanto tengono a sottolineare fonti governative leghiste.

Da parte del partito di Matteo Salvini, si sottolinea

“c’è l’impegno a realizzare le misure contenute nel contratto di governo”.

Vertice in serata Conte-Giorgetti

Il premier, Giuseppe Conte, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, si sono incontrati oggi a Palazzo Chigi. “Siamo al lavoro per risolvere i problemi del Paese” ha affermato Giorgetti, in una nota. “Siamo sorpresi dalle polemiche inutili e pretestuose. Il governo va avanti unito con Lega e 5 stelle – ha aggiunti l’esponente leghista – sulle cose da fare a cominciare dal dossier alluvioni, bilancio. Con l’Europa discuteremo con tranquillita’ e con le idee chiare senza arretramenti”.

Editoriali

Vince chi non vota: L’apoteosi della disillusione democratica in Liguria

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Le recenti elezioni regionali in Liguria offrono uno spaccato inquietante di una realtà che appare sempre più deteriorata: meno di un ligure su due si è recato alle urne.
Con una percentuale di affluenza che si attesta sul 45,97% degli aventi diritto al voto, ci troviamo di fronte a un ulteriore, doloroso segnale di disaffezione politica nel nostro Paese e ciò che emerge non è solo un dato numerico, ma una vera e propria Caporetto della democrazia rappresentativa.
È sconcertante pensare che in un momento in cui il dibattito politico dovrebbe animarsi e contribuire a delineare il futuro del paese, molti preferiscano rifugiarsi nell’astensione piuttosto che partecipare attivamente.
Questo silenzio assordante, che affonda le radici in una crescente sfiducia nei confronti dei partiti e dei loro rappresentanti, non è un fenomeno isolato, ma un sintomo di un malessere profondamente radicato nella nostra società.
Il “non voto” si erge a un segno di protesta, un atto di ribellione contro un sistema che non riesce più a garantire quella rappresentatività che dovrebbe essere il pilastro dei nostri principi democratici.
Gli scandali che, a ripetizione, travolgono la classe politica italiana alimentano questa crisi di fiducia, spingendo i cittadini a considerare la loro assenza alle urne come una scelta consapevole, una ferma dichiarazione di impotenza contro un sistema che percepiscono come corrotto e distante dalle loro esigenze quotidiane.
In questo marasma, dove la politica langue e i cittadini si sentono sempre più esclusi, il silenzio degli attuali governanti si fa ancora più assordante.
Chi sono coloro che dovrebbero guidarci verso una rinascita democratica?
Dove sono le risposte a questo malcontento?
La retorica confortante non basta più a risollevare le sorti di un’aspettativa sempre più delusa.
In questo contesto, la frase di Robert Sabatier risuona come un monito:
“C’è una azione peggiore che quella di togliere il diritto di voto al cittadino, e consiste nel togliergli la voglia di votare.”
Ed è proprio questa la condizione in cui ci troviamo oggi dove i cittadini, privati della motivazione per partecipare attivamente al processo democratico, si trovano a vivere in un limbo di indifferenza, e l’astensione diventa un gesto di rifiuto verso un mondo politico percepito come alieno.
Come ci si può aspettare che l’elettore si senta rappresentato quando le scelte politiche sembrano lontane anni luce dalle vere necessità della comunità?
È necessario un cambio di paradigma, una rinascita del dialogo tra governanti e governati, in grado di restituire ai cittadini la dignità di essere parte attiva del proprio destino.
Nel breve termine, sarà fondamentale fare tesoro di queste elezioni per riscoprire l’importanza del confronto, del dibattito e, in ultima analisi, della responsabilità civica e, forse solo così, potremo sperare di riaccendere la “voglia di votare” in un Paese che, oggi più che mai, ha bisogno di sentirsi rappresentato.
La vittoria decretata dagli astenuti è, probabilmente, la sconfitta più grande per la nostra democrazia.
È tempo di svegliarsi e rispondere a questo grido di allarme.

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Politica

Meloni difende il modello Albania e la manovra: “Non consentirò che venga smontato”

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In un’intervista, la premier difende la manovra economica, critica la sentenza sul blocco dei trattenimenti migratori e risponde alle polemiche sulle nomine. L’opposizione replica con dure critiche sulle politiche migratorie e il caso Spano

La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha preso una posizione ferma durante l’intervista alla festa de “Il Tempo”, difendendo il controverso accordo tra Italia e Albania, la gestione del suo governo sulla manovra economica e i fondi per la sanità, nonché la sua agenda politica. La premier ha risposto con fermezza agli attacchi provenienti dal Partito Democratico e dai socialisti europei, che hanno criticato l’intesa con Tirana e chiesto una procedura d’infrazione contro l’Italia.

Meloni ha definito “irragionevole” la sentenza del tribunale di Roma che blocca alcune delle politiche migratorie, affermando che c’è un uso “strumentale” di queste decisioni per ostacolare le scelte del suo governo. Il modello Albania, secondo Meloni, è una soluzione innovativa e necessaria per gestire i flussi migratori in un contesto complesso come quello attuale, e ha sottolineato che non permetterà che venga smontato da “una parte della politica che non è d’accordo”.

Sulle politiche economiche, la premier ha difeso la manovra finanziaria, attaccando i precedenti governi per scelte come il Superbonus, accusandoli di aver lasciato un’eredità pesante. Ha evidenziato l’assenza di aumenti delle tasse nella nuova legge di bilancio e i fondi record destinati alla sanità, ricordando che i problemi legati all’aumento delle pensioni minime sono conseguenza delle spese ereditate.

In merito alle dimissioni di Francesco Spano, capo di gabinetto del ministro della Cultura Alessandro Giuli, Meloni ha respinto le accuse di conflitto d’interessi, puntando il dito contro la gestione del Maxxi sotto Giovanna Melandri e sottolineando il doppio standard che si applica ai funzionari legati alla destra.

Non sono mancate le critiche da parte dell’opposizione. Esponenti del Partito Democratico, come Elly Schlein, hanno accusato Meloni di eludere i veri problemi del Paese, concentrandosi invece su polemiche sterili. Altri membri della sinistra hanno ribadito l’importanza di una revisione delle politiche migratorie, che vedono l’Albania come un approccio inadeguato, mentre alcune voci interne al centrodestra hanno chiesto maggiore chiarezza sulla vicenda di Spano e sul suo ruolo nel governo.

La prima udienza sul caso è attesa per le prossime settimane, e il dibattito politico sembra destinato a intensificarsi.

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Politica

L’email “bomba” di Patarnello apre il conflitto: Meloni e la magistratura ai ferri corti

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Governo e toghe in rotta di collisione, tra accuse di politicizzazione e difese d’indipendenza

Lo scontro tra governo e magistratura ha raggiunto una nuova fase di tensione, questa volta innescato da una mail inviata da Marco Patarnello, sostituto procuratore della Cassazione e figura di spicco di Magistratura democratica, alla quale la premier Giorgia Meloni ha risposto pubblicamente sui suoi profili social.

La mail, pubblicata da Il Tempo, contiene una riflessione su Meloni e il suo ruolo politico. Secondo quanto riportato dal quotidiano, Patarnello avrebbe scritto: “Meloni non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche, e questo la rende molto più forte, forse neppure ai tempi di Berlusconi. E rende anche molto più pericolosa la sua azione, avendo come obiettivo la riscrittura dell’intera giurisdizione e non semplicemente un salvacondotto”. La frase finale, “Dobbiamo porre rimedio”, è stata particolarmente sottolineata dai critici come un tentativo di politicizzare il ruolo della magistratura.

La reazione del governo

Non ha tardato la risposta della premier Meloni, che ha rilanciato il passaggio della mail in un post su Facebook, definendo la sua posizione come un attacco diretto alla sua azione politica e al programma di riforme del suo governo. Per la leader di Fratelli d’Italia, questo sarebbe un chiaro segnale di una parte della magistratura “politicizzata”, accusata di voler ostacolare l’operato dell’esecutivo.

Il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, ha espresso preoccupazione per il contenuto della mail, sottolineando la possibile “invasione del campo politico” da parte di alcuni settori della magistratura. Foti ha dichiarato che la mail confermerebbe la propensione di una parte della magistratura ad agire non solo come interprete della legge, ma come attore politico. Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia, ha rincarato la dose, annunciando un’interrogazione urgente per chiedere un’ispezione ministeriale sul comportamento di Patarnello, definendo le sue affermazioni come “politicamente molto gravi”.

La replica della magistratura

L’Associazione nazionale magistrati (Anm) ha risposto alle critiche con una dichiarazione ufficiale, definendo “maliziose” le interpretazioni date al contenuto della mail di Patarnello. Secondo l’Anm, la mail non aveva l’intenzione di attaccare il governo, ma di evidenziare le divisioni interne alla magistratura stessa e di difendere le prerogative istituzionali. “I magistrati italiani intendono soltanto onorare il mandato costituzionale di effettiva garanzia dei diritti delle persone”, ha dichiarato l’associazione, difendendo il ruolo della magistratura come indipendente e imparziale.

Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha definito “inaccettabili” le dichiarazioni contenute nella mail, respingendo però l’idea di un conflitto generalizzato tra governo e magistratura. Tajani ha piuttosto inquadrato la situazione come una questione legata a una specifica corrente di magistrati, Magistratura democratica, accusata di portare avanti una linea di opposizione politica già attuata in passato contro Silvio Berlusconi.

Una frattura che si allarga

Questo episodio rappresenta un ulteriore capitolo di un rapporto sempre più difficile tra governo e magistratura, che si è accentuato dopo la recente sentenza del Tribunale di Roma sulla questione dei migranti in Albania. La decisione del tribunale di non convalidare il trattenimento dei migranti ha scatenato la reazione del ministro della Giustizia Carlo Nordio, che ha definito la sentenza “abnorme”. La tensione è alta, e il dibattito sembra destinato a proseguire mentre il governo prepara un decreto per blindare i rimpatri verso Paesi sicuri, un punto cruciale della sua politica migratoria.

Mentre la magistratura difende la propria indipendenza, il governo continua a denunciare interferenze politiche, rafforzando la narrativa di una magistratura che cerca di ostacolare la volontà politica espressa dagli elettori. In questo clima di crescente polarizzazione, il dialogo tra i due poteri dello Stato sembra sempre più difficile, e il rischio di un’escalation è concreto.

Con il decreto in arrivo e le tensioni tra le parti in aumento, il conflitto tra esecutivo e magistratura potrebbe segnare una nuova stagione di scontri istituzionali, con ripercussioni significative sul quadro politico e sull’equilibrio dei poteri in Italia.

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