REFERENDUM 17 APRILE: QUANDO L'ARBITRO ENTRA IN CAMPO PER CONDIZIONARE LA PARTITA

di *Umberto Cinalli
La pressione mediatica e politica di queste ultime ore è indice di nervosismo e arroganza al contempo. Grave l'assenza di informazione e approfondimento sulle reti RAI e la produzione di spot di alcuni soggetti istituzionali (PD, Renzi, Napolitano) per promuovere l'astensione, in sfregio al dettato costituzione e alle norme che fanno della induzione all'astensione un reato penale.

Questo basterebbe a rendere il passaggio sociale particolarmente doloroso, oltre quello che ciascuno può ritenere giusto circa le ragioni della consultazione di domenica. Quando l'arbitro entra in campo per condizionare la partita, viene pagato da una delle due squadre vantandosi oltretutto di aver favorito la squadra migliore si entra in un tunnel, in un paradosso civico molto rischioso.

In ogni caso questo referendum poteva essere una occasione per parlare del nostro futuro energetico che significa parlare anche del futuro del nostro pianeta. Lo è stato solo in parte. Perché sono scesa da una parte e dall'altra le "schiere demagogiche" che ritengono che gli italiani si muovano solo in caso di emergenza emotiva.

Di questa atmosfera demagogica hanno fatto tesoro i favorevoli all'astensione, ovvero i contrari all'abolizione della norma che consente alle compagnie petrolifere – dal 1 gennaio 2016 – di sfruttare i giacimenti di gas e petrolio fino al loro totale esaurimento. Stracciando le precedenti convenzioni. Il diritto che viene loro concesso è perpetuo e insindacabile. Ovvero di esercitare un diritto di speculare sulle risorse del sottosuolo senza considerare i bisogni e i diritti dei cittadini e dell'ambiente. Giuridicamente un assurdo (anche per la UE). Sotto il profilo etico un delitto.

A me personalmente questa occasione ha concesso una opportunità come educatore ambientale: quando ho iniziato nella mia attività professionale (oltre 25 anni or sono) dicevo che era indispensabile pensare ad un mondo senza combustibili fossili perché i giacimenti sarebbero finiti, prima o poi, tra 60 o 80 anni.
Oggi sappiamo, oltre ogni ragionevole dubbio (atti della Conferenza sul Clima di Parigi dello scorso anno), che quelle risorse fossili non devono essere estratte dal sottosuolo se vogliamo evitare il riscaldamento irreparabile del clima, nel senso di un aumento (già oggi non più tollerabile) delle catastrofi ambientali.
La quasi totalità di quelle piattaforme (quelle entro le 12 miglia, quelle oltre, quelle in tutto il mondo) devono essere  al più sostituite – entro i prossimi 10 anni – da una produzione diffusa di energie rinnovabili. E' chiaramente fattibile. Rimanendo ostaggi e complici delle lobbie del petrolio questo non sarà possibile.
 

Il Governo italiano vuole fare cassa immediatamente e non può rinunciare all'alleanza ambigua (vedi caso Guidi) con le compagnie petrolifere e al ruolo strategico di ENI nel mondo. E' comprensibile. Ma è stupido. Semplicemente e drammaticamente stupido.
Andrò quindi a votare domenica 17 e voterò SI, perché (citando il film "Harry ti presento Sally") "Quando ti rendi conto che vuoi vivere per il resto della tua vita in un mondo migliore .. vorresti che il resto della vita iniziasse il prima possibile".

*Educatore ambientale – Legambiente Viterbo / Coordinamento Comitato provinciale per il SI al referendum del 17 aprile.