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REGENI, IL SUO PC IN MANO AI PM ITALIANI

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Tempo di lettura 4 minuti Non è stato trovato invece il suo telefono cellulare

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Redazione

Il computer portatile di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso in Egitto, era nella disponibilità dell'autorità italiane ed ora è in mano degli inquirenti che indagano sulla sua morte. E' quanto si apprende da fonti della Procura di Roma. Non è stato ritrovato invece il suo cellulare. Il pc è stato trovato dalla famiglia del giovane friulano in Egitto e consegnato alle autorità italiane. Ora si trova nella disponibilità dei magistrati che indagano sulla morte di Regeni. Secondo quanto si apprende alla famiglia del ricercatore non risulta che Giulio avesse un tablet o altro supporto informatico ad eccezione del cellulare, che il ragazzo usava portare sempre con se, e che non è stato ritrovato.

Il passaporto e il cellulare spariti, entrambe le orecchie mozzate, decine di piccoli tagli sul corpo, fin sotto la pianta dei piedi, provocati da uno strumento che potrebbe essere simile ad un punteruolo, numerose ossa rotte, le unghie di un dito della mano e di uno del piede strappate: l'Egitto continua a smentire che Giulio Regeni sia finito nelle mani degli apparati di sicurezza e sia stato torturato, ma tutti gli elementi finora a disposizione dell'Italia sembrano andare nella direzione contraria.

Capo procura Giza, un italiano l'ultimo contatto – Secondo il capo degli inquirenti egiziani, è un lettore universitario italiano l'ultima persona con cui Giulio Regeni ha avuto l'ultimo contatto telefonico. "L'ultima persona con cui c'è stata una chiamata è un suo amico italiano, Gennaro Gervasio", ha detto all'ANSA il capo della Procura di Giza, Ahmed Nagy, rispondendo alla domande su chi sia, stando alle indagini, l'ultima persona che Regeni ha visto o con cui ha scambiato chiamate telefoniche o messaggi. Gli accertamenti sugli ultimi contatti telefonici di Giulio Regeni sono ancora in corso: "Operazioni di indagine sono condotte dalla compagnia" telefonica "per sapere quali siano state le chiamate fatte e ricevute" dal ricercatore italiano, ha riferito il procuratore capo di Giza, Ahmed Nagy. Parlando all'ANSA, il capo degli inquirenti ha risposto così alla domanda su dove si trovi l'ultima cella agganciata dal telefono di Regeni. Nagy non ha voluto aggiungere altro sottolineando che, per "tutelare l'inchiesta", non può fornire ulteriori informazioni.

Rispondendo a un'interrogazione alla Camera sulla morte al Cairo del ricercatore italiano il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova ha spiegato "E' palesemente senza fondamento" che Giulio Regeni fosse un informatore dei servizi italiani. Lo ha detto il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova in una interrogazione alla Camera sulla morte al Cairo del ricercatore italiano. "La solerzia dell'ambasciata è un elemento dovuto e, nella drammaticità, positivo. Chi sta al Cairo o in altre città complicate sa che non sta a New York", ha aggiunto rispondendo a quei deputati che hanno sollevato la questione di un impegno dovuto ma "particolare" sul caso Regeni. "Il corpo di Giulio – ha poi spiegato – presentava ecchimosi, segni di bruciature e tagli alle spalle e al torace. Si è trattata di una morte violenta e efferata".

Il Sottosegretario ha sottolineato inoltre che "Siamo in una fase preliminare, sul piano formale è stato assicurato un livello sufficiente di collaborazione" ai nostri investigatori da parte delle autorità egiziane. "Renzi – ha aggiunto – ha avuto rassicurazione da Al Sisi della piena collaborazione dell'Egitto".

Il capo della procura Giza, non trovato alcun pc o iPad – Il capo della Procura di Giza, quella incaricata dell'indagine sull'uccisione di Giulio Regeni, ha riferito che accanto al corpo del ricercatore italiano o nel suo appartamento non è stato rivenuto alcun telefonino, computer portatile o tablet. Ad una domanda dell'ANSA se sia stato trovato alcun cellulare, laptop o iPad, il procuratore Ahmed Nagy ha risposto che "non sono stati trovati accanto al corpo". Alla richiesta di precisare se non siano stati rinvenuti neanche in casa, il magistrato a riposto "nemmeno".

Ministro Esteri Cairo ribadisce, non siamo coinvolti – L'assassinio di Giulio Regeni è stato "un crimine" ma l'Egitto respinge ogni accusa di coinvolgimento. Lo ribadisce il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry in un'intervista a Foreign Policy riportata dal sito del quotidiano egiziano al Ahram. Shoukry ha puntualizzato che i giornalisti che si occupano della vicenda stanno "saltando a conclusioni" e stanno facendo "speculazioni senza alcuna informazione autorevole o una verifica di ciò a cui alludono". Il ministro egiziano ha poi liquidato come "bugie" le accuse che in Egitto

Inquirenti ascolteranno accademici e ricercatori – Verranno ascoltati dagli inquirenti gli accademici, ricercatori e stagisti (di varie nazionalità), che dall'Egitto giungeranno in Italia per essere presenti ai funerali di Giulio Regeni, il ricercatore trovato morto sulla strada tra il Cairo e Alessandria, in programma venerdì prossimo a Fiumicello. Obiettivo degli investigatori, coordinati dal pm della Procura di Roma, Sergio Colaiocco, è raccogliere il maggior numero di informazioni sull'attività svolta da Regeni in Egitto e sulla rete di informatori su cui poteva contare per il suo lavoro. All'attenzione del magistrato, che indaga per omicidio, c'è anche la prima informativa che gli uomini del Ros e dello Sco hanno inviato sull'attività istruttoria svolta al Cairo. L'attenzione di chi indaga è rivolta, sopratutto, su una serie di incontri a cui Regeni ha partecipato negli ultimi mesi compreso uno del dicembre scorso con rappresentati del sindacato indipendente e tenutosi al Centro servizi per i lavoratori e sindacati al Cairo. Gli inquirenti non escludono che all' incontro, a cui hanno partecipato un centinaio di persone, possano aver preso parte anche 'infiltrati' che potrebbero aver notato la presenza di un italiano.ci siano prigionieri politici.

 

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Israele: imminente l’attacco sull’Iran

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Netanyahu: “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”

A poco meno di 48 ore dalla pioggia di droni e missili arrivati sul territorio dello Stato ebraico, il governo di Benyamin Netanyahu sembra aver fatto la sua scelta, mentre Teheran – che ha già messo in stato di massima allerta le sue difese aeree – ha ammonito che l’eventuale azione armata di Israele stavolta “avrà una risposta molto dura”.

Quattro funzionari statunitensi hanno dichiarato però alla Nbc News che un’eventuale risposta israeliana all’attacco iraniano sarà di portata limitata e riguarderà probabilmente attacchi contro armamenti militari iraniani e agli alleati al di fuori dell’Iran. Poiché l’attacco iraniano non ha provocato morti o distruzioni diffuse, secondo i funzionari americani, Israele potrebbe rispondere con una delle sue opzioni meno aggressive: una di queste potrebbe includere attacchi all’interno della Siria.

I funzionari non si aspettano che la risposta prenda di mira alti funzionari iraniani, ma che colpisca le spedizioni o le strutture di stoccaggio con parti di missili avanzati, armi o componenti che vengono inviati dall’Iran a Hezbollah. L’emittente specifica che la valutazione degli Stati Uniti si basa su conversazioni tra funzionari statunitensi e israeliani avvenute prima che l’Iran lanciasse più di 300 droni e missili contro Israele: mentre Israele si stava preparando per l’attacco iraniano la scorsa settimana, i funzionari israeliani hanno informato gli omologhi Usa sulle possibili opzioni di risposta.

L’operazione verso cui si sta dirigendo Israele si scontra inoltre con la forte opposizione Usa e di quella degli alleati che l’hanno affiancato nell’abbattere il 99% dei proiettili lanciati da Teheran. Joe Biden, che aveva frenato la reazione israeliana nelle prime ore, ha ribadito chiaramente che “occorre evitare un’escalation in Medio Oriente” ricevendo il primo ministro iracheno alla Casa Bianca. Mentre il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby, dopo che erano filtrate indiscrezioni su un possibile coordinamento tra Gerusalemme e Washington, ha chiarito che “il governo israeliano deciderà da solo se ci sarà e quale sarà la risposta” all’affronto iraniano.

“Gli Stati Uniti non sono coinvolti”, ha sottolineato Kirby, definendo poi “uno spettacolare fallimento” l’offensiva di sabato di Teheran, quasi a blandire l’alleato israeliano, smentendo peraltro che Teheran “avesse fornito agli Usa tempi e target” dei raid. “Non c’è altra scelta se non quella di rispondere all’attacco di Teheran”, ha detto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant al capo del Pentagono Austin. E anche il comandante dell’Idf, Herzi Halevi, ha confermato che “la risposta ci sarà”. “Il lancio di così tanti droni e missili sul nostro territorio avrà la sua risposta”, ha avvertito.

Se la reazione armata appare a questo punto scontata, cruciale sarà capire come reagirà Teheran. Il gabinetto di guerra – che al dossier Iran ha già dedicato due riunioni e un’altra è in programma martedì – sta studiando “diverse opzioni”. Ognuna delle quali, è stato spiegato, rappresenta “una risposta dolorosa” per gli iraniani, senza tuttavia rischiare di scatenare “una guerra regionale”. Nel ristretto gruppo di ministri – da Netanyahu a Gallant a Benny Gantz – che deve prendere la decisione, l’obiettivo è quello di scegliere un’opzione che “non sia bloccata dagli Usa” e che rientri in una strada praticabile. Israele, fanno notare molti analisti anche in patria, non può ignorare del tutto le preoccupazioni degli Stati Uniti e degli altri alleati occidentali su un’escalation che avrebbe conseguenze devastanti per la regione e non solo.

Così i vari scenari vanno da un contrattacco diretto sul territorio iraniano a operazioni che colpiscano gli alleati del regime degli ayatollah nella regione fino ad azioni mirate sui capi delle Guardie rivoluzionarie. Nella prima ipotesi, la più pericolosa, nel mirino potrebbero finire addirittura i siti legati al nucleare iraniano il cui programma, secondo il premier britannico Rishi Sunak, “non è mai stato a uno stadio così avanzato”.

L’Iran da parte sua ha messo in guardia Israele. “L’attacco limitato di sabato sera – ha affermato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian in un colloquio telefonico con l’omologo russo Serghei Lavrov – mirava ad avvertire, scoraggiare e punire il regime sionista. Ma se Israele intraprenderà una nuova azione contro l’Iran, dovrà affrontare una risposta molto più forte”. 

Netanyahu, Iran dovrà aspettare nervosamente nostra risposta

L’Iran dovrà aspettare “nervosamente senza sapere quando potrebbe arrivare l’attacco, proprio come ha fatto fare lo stesso a Israele”. Lo ha detto il premier Benyamin Netanyahu ad una riunione dei ministri del Likud. Poi ha aggiunto – secondo la stesse fonti – “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”.

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Russia, Evgenya Kara-Murza: “Putin va fermato”

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“La Russia ha un unico ed enorme problema interno ed è il regime di Putin.

Tutto il resto proviene a cascata da questo” perciò “Putin va fermato. L’unica garanzia di pace e stabilità per il nostro continente è una Russia democratica”. A parlare, in un’intervista esclusiva al Festival Internazionale del Giornalismo 2024 anticipata all’ANSA, è Evgenya Kara-Murza, moglie di uno dei più noti politici d’opposizione in Russia, Vladimir Kara-Murza, dall’aprile 2022 in carcere dove sta scontando una condanna a 25 anni di reclusione con l’accusa di vilipendio alle forze armate e alto tradimento.“Mio marito è sopravvissuto a ben due agguati, nel 2015 e nel 2017, da parte del gruppo di spionaggio Fsb (i servizi segreti russi, ndr), una banda di criminali al servizio del governo russo, implicati anche nell’avvelenamento con il Novichok”, racconta la moglie dell’oppositore che ha dovuto rinunciare alla sua partecipazione in presenza al Festival di Perugia, in programma dal 17 al 21 aprile. Nella video intervista, che sarà trasmessa sabato 20 aprile, Kara-Murza racconta di non vedere il marito dal giorno del suo arresto nell’aprile 2022: “Mi è stato concesso di parlargli al telefono solo un paio di volte. L’ultima a dicembre per soli 15 minuti. Abbiamo tre figli e ho lasciato che parlassero con il padre per cinque minuti ciascuno. Non ho scambiato nemmeno una parola con lui perché non volevo togliere tempo prezioso ai suoi figli”. La donna è un fiume in piena e le accuse a Mosca sono dirette e circostanziate.

“Questa è un’autentica tortura psicologica che il regime utilizza nei confronti di chi rifiuta di rimanere in silenzio di fronte alle atrocità del governo russo e denuncia la guerra in Ucraina. Il regime di Putin ha rispolverato tutto l’intero arsenale della macchina repressiva sovietica, incluso l’uso di punizioni psichiatriche. Vuol dire che oppositori e dissidenti possono essere rinchiusi con la forza in cosiddetti ‘ospedali psichiatrici’ ed essere sottoposti a trattamenti psichiatrici contro la loro volontà”. Evgenya Kara-Murza non nasconde la sua preoccupazione per la salute del marito che ha perso 25 kg da quando è in carcere. Dallo scorso settembre è rinchiuso in una cella di isolamento nota con le sue iniziali russe come EPKT. La cella di sei metri quadrati ha un solo sgabello, una piccola finestra chiusa da sbarre e un letto che si ripiega nel muro durante il giorno. Nessuna possibilità di comunicare con l’esterno, neanche tramite lettere. “L’obiettivo del regime di Putin – spiega Kara-Murza – è quello di isolare gli oppositori dal mondo. Di farli sentire soli e dimenticati. Per questo è importante continuare a parlare di loro, che i nomi dei dissidenti russi e che le loro storie siano conosciuti”.

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Zaporizhzhia, Aiea: rischio di un grave incidente nucleare

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Gli “attacchi sconsiderati” alla centrale nucleare di Zaporizhzhia “aumentano significativamente il rischio di un grave incidente nucleare e devono cessare immediatamente”: lo ha detto il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) Rafael Grossi, come riferisce l’Agenzia stessa.

L’attacco di ieri alla centrale rappresenta “una chiara violazione dei principi fondamentali per la protezione della più grande centrale nucleare d’Europa”, ha aggiunto. 

Ieri l’Aiea ha confermato che “le principali strutture di contenimento dei reattori della centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia hanno subito ieri almeno tre attacchi diretti”.

E’ il primo caso del genere “dal novembre 2022 e dopo aver stabilito i 5 principi di base per evitare un grave incidente nucleare con conseguenze radiologiche”, ha detto Grossi.

“Nessuno può in teoria trarre beneficio o ottenere alcun vantaggio militare o politico dagli attacchi contro gli impianti nucleari – continua Grossi in un post sul suo account X -. Faccio appello fermamente ai responsabili militari affinché si astengano da qualsiasi azione
che violi i principi fondamentali che proteggono gli impianti nucleari”.

Poco prima l’Aiea aveva dichiarato che “attacchi di droni hanno causato un impatto fisico su uno dei sei reattori dell’impianto e una vittima”, specificando che “i danni all’unità 6 non hanno compromesso la sicurezza nucleare ma si tratta di un incidente grave che potrebbe minare l’integrità del sistema di contenimento del reattore. 

 I responsabili dell’impianto, sotto controllo russo, hanno denunciato che “droni ucraini hanno attaccato la centrale nucleare di Zaporizhzhia” e questi raid hanno “danneggiato un camion parcheggiato vicino alla mensa”. Da parte sua, il governatore ucraino Ivan Federov ha detto che l’esercito russo ha bombardato con missili Grad Gulyaipole la regione di Zaporizhzhia, uccidendo tre civili nella stessa abitazione.

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