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di Paolino Canzoneri
PALERMO – Il presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta, comunemente noto per la sua schiettezza, traccia un bilancio personale all'indomani della debacle renziana del referendum e alla recenti dichiarazioni di Faraone e della minoranza PD e lo fa usando toni perentori, chiari ma spesso lontani da facili polemiche: "Il no, espresso al referendum, è un grido di allarme che viene dalle fasce più deboli della popolazione; il no ha vinto, è stato un voto di difesa della Costituzione. Non ho assunto toni catastrofisti nel corso della campagna referendaria né l'ho collegata in nessun modo a ipotesi di governo. Non si capirebbe perché dovrei farlo dopo il voto. Con Baccei stiamo discutendo e devo confermare che l'assessore è convinto, come me, che dopo il risultato che abbiamo raggiunto sulle nuove entrate, siamo in condizioni di fare una finanziaria che metta al centro la lotta contro le povertà, la difesa dei lavoratori e lo sviluppo. Non voglio vedere più una Finanziaria di austerity".
Nessuna sfiducia quindi per Baccei ma dalle parole del Presidente traspare la netta esigenza di far passare la linea economica dalla sede della presidenza della Regione Siciliana. I risultati leggermente incoraggianti in tema di economia e occupazione non sono da considerare come una promessa mantenuta: "Nonostante la ripresa del Pil e il lieve incremento dell'occupazione, paghiamo ancora il prezzo della crisi degli anni passati; occorre intervenire rapidamente, trovo veramente irresponsabile che invece di chiedere di fare di più nell'economia e nella solidarietà, si pensi ad esasperare conflitti. Ci sono alcune questioni da affrontare immediatamente: lo sblocco dei cantieri attraverso la riforma dell'Urega che è già all'Ars; l'avvio immediato dei cantieri del Patto per la Sicilia, bandi europei e misure straordinarie di reddito di inclusione sociale, per i senza lavoro, i giovani, i disoccupati. Non mi interessa la politica politicante, mi interessa che facciamo queste cose. Perché la Sicilia ce la può fare e ce la deve fare".
Le recenti dichiarazioni di Faraone e di tutta la minoranza del PD giocano adesso un ruolo importante per gli assesti politici a cui Crocetta dovrà rendere conto ed attenzione e si paventa all'orizzonte una sorta di possibile rimpasto che stravolgerebbe l'assetto nelle poltrone dei vicini a Faraone: "Non cerco vendette e non apro le Antifaraoniadi. Ma alcuni toni utilizzati dai renziani nei miei confronti sono stati eccessivi, e se non sono diventato il leader del No in questo referendum è solo per il mio senso di appartenenza al Partito democratico e il rispetto per Renzi. Se avesse vinto il Sì, oggi Faraone e i suoi chiederebbero le mie dimissioni. Non penso che il rimpasto interessi ai siciliani, in questo momento. Certo, se gli alleati mi chiedessero di fare qualche aggiustamento in giunta lo farei, perché questo referendum ci insegna che si deve lavorare in squadra. Se poi c'è qualcuno che è convinto di avere il monopolio dei no, sappia che all'interno di quei no ci sono tanti elettori democratici, anche elettori di Renzi, di Crocetta e di altri esponenti. Rispetto a un quesito referendario, gli elettori hanno espresso liberamente la propria opinione. Tale voto va rispettato, ma questo non c'entra affatto con le votazioni di tipo politico la cui scelta avviene, non sulla base di un singolo quesito, ma su un'idea di governo. Pensiamo a lavorare invece di fare polemiche". Una precisa presa di posizione che vuole allontanare qualsiasi ipotesi di vendetta: "Non ho alcuna resa dei conti da fare, non appartiene alla mia cultura e al mio modo di fare politica. Io penso all'unità, a lavorare e non alle polemiche".
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