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Editoriali

Riforma Costituzionale e acqua santa

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di Angelo Barraco
 
“Roma è diventata un brutto parcheggio. È indecente il modo in cui viene degradata una delle più belle città del mondo” così il compianto Alberto Sordi descrisse la bella e disincantata Roma parecchi anni fa. Poco sembra essere cambiato e quelle parole risuonano oggi più attuali che mai poiché la ventata di freschezza e innovazione politica che il Movimento Cinque Stelle ha apertamente annunciato nel corso della campagna elettorale si stanno rivelando un fallimentare e un gioco di espressioni a chi è più bravo a farsi capire agli occhi di un pubblico annebbiato e deluso da un sistema italiota fallimentare che cerca in tutti modi di farsi apprezzare attraverso le becere e insulse promesse da salotto di bontemponi politici che con la chioma ritinta e i fari puntati cercano di spiegare bene quali saranno i prossimi passi di un paese che, a detta loro, è prossimo al radicale cambiamento che include nel pacchetto completo anche un soluzione per il problema pensioni, per il problema lavoro e per tutto ciò che sta facendo crollare un potere costituito costruito negli anni da politicanti che hanno a loro volta meccanicamente sporcato una carta costituzionale con l'applicazione di una politica insulsa e priva di quei valori che portano in auge il paese attraverso le leggi che dettano i parametri necessari per intraprendere uno sviluppo concreto della società. Il popolo italiano è pronto a giocare la roulette russa per il Referendum del 4 dicembre, dove il nostro Premier Matteo Renzi appoggerà il Si ai fini della revisione costituzionale. Ma il problema di molti politicanti non è la scelta del Si e del No quanto la coerenza della loro scelta rapportata all’applicazione oggettiva delle azioni paventate nel corso del loro mandato che di norma sono diritti inviolabili del cittadino poiché riportati nella carta costituzionale ma in concretezza diventano mercimonio da stendere all’interno dei salotti per raccogliere consensi da parte di un popolo che non conosce i propri diritti. “Fatti non parole. Da febbraio 2014 a oggi l'Istat certifica più di 599 mila posti di lavoro. Sono storie, vite, persone. Questo è il Jobs Act” è una frase scritta dal Premier Renzi nel mese di luglio del 2016 su Twitter e che mette in evidenza una crescita lavorativa, a seguito dei dati che hanno dimostrato invece un calo è tornato a fare il fenomeno dicendo che farà il Ponte sullo Stretto di Messina e che può creare “centomila posti di lavoro”. Pone la questione in modo illusorio, come una possibilità nella mente di milioni d’italiani che hanno perso il lavoro a causa della morsa della crisi o per l’eccessiva tassazione presente, eppure l’articolo 4 della nostra costituzione dice chiaramente che: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Il lavoro non è posto come una possibilità “nella speranza di…” ma è un diritto di tutti i cittadini. Questo è uno tra i tanti esempi che analizzeremo con il fine ultimo di dimostrare che l’incoerenza dei politicanti e la dovuta conoscenza della carta costituzionale induce costoro a mettere in discussione un testo che palesemente presenta quelli che sono i diritti dei cittadini e che non necessita di essere ulteriormente modificato, né oggi né tanto meno domani. Le vicende che hanno travolto la Capitale e la neoeletta Sindaca Virginia Raggi hanno innescato nei Grillini un senso di cooperazione tale da creare una barriera protettiva attorno ad un movimento che sembra essere traghettato da un Caronte alticcio. Al di là di tutte le polemiche mosse in questo periodo, lasciando stare l’evento “Italia Cinque Stelle” di Palermo in cui la Sindaca ha pure ballato tra la folla che cercava di strappargli un’intervista, ci troviamo di fronte ad una situazione in cui vi è stata un’azione a gamba tesa da parte del Vaticano che fatto molto scalpore. E’ stato come una partita di calcio in cui il giocatore dell’altra squadra entra improvvisamente nel campetto vicino e segna un gol, senza motivo e senza autorizzazione. Una sorpresa. Dalla Santa Sede sembrava avessero mosso delle critiche in merito all’amministrazione Raggi ma il Mons. Angelo Becciu ha subito detto: “Non c'era nessuna intenzione di dare giudizi sull'operato della giunta. E' giusto dare al nuovo sindaco di Roma, Virginia Raggi, il tempo di lavorare e affrontare i problemi cronici della città, che non possono dipendere dall'attuale amministrazione ma che certamente devono trovare al più presto una soluzione. Era questo, quello di cui si occupava l'articolo”. Non è la prima volta che la Santa Sede sbaglia  campetto da gioco e si fionda in scivolata sulle scelte che riguardano lo Stato Italiano, influenzandole e talvolta compromettendole alla luce del potere di cui dispone. Come dimenticare le dichiarazioni di Papa Francesco, risalenti al 3 giugno, e che riguardavano l’ingresso della Chiesa in politica accettando il compromissorio: “La Chiesa è chiamata a compromettersi. Si dice che la Chiesa non debba mettersi nella politica, la chiesa deve mettersi nella politica alta. La politica è una delle più alte forme dell'amore, della carità”. Ma si tratta di un compromissorio che presenta delle incongruenze poiché l’articolo 7 della Costituzione è chiaro e nitido: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”. Una dichiarazione ufficiale che sancisce un limite di demarcazione che dovrebbe essere inviolabile ma che oggettivamente presenta delle incursioni che violano questo sacrosanto principio di separazione. “Dietro ogni articolo della Carta Costituzionale stanno centinaia di giovani morti nella Resistenza. Quindi la Repubblica è una conquista nostra e dobbiamo difenderla, costi quel che costi.” Sandro Pertini. 

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Castelli Romani

Frascati: 8 settembre 1943, il giorno del dolore e della rinascita

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Esistono giorni che non solo diventano parte della Storia ma portano dentro di sé ricordi, emozioni e purtroppo anche lutti ed antiche paure.
L’ 8 settembre per noi che siamo nati a Frascati e per tutti quelli che vivono la bellezza di questa città questo giorno è nel contempo triste ma la riprova della forza piena che vive dentro Frascati.
Fu una ferita insanabile quell’8 settembre del 1943 quando alle 12,08 una pioggia di bombe dilaniò la città provocando la morte di centinaia di persone.

piazza San Pietro dilaniata dalle bombe

Ma la voglia di rinascere, la voglia di ricominciare, la voglia di spazzare via i dolori di una guerra rinacque proprio in quel giorno.
Credo che Frascati debba onorare di più questo ricorrenza affinché non diventi e resti la solita passerella di commiato.
Deve divenire vera “giornata della memoria della Città”.
Bisogna far si che l’8 settembre rappresenti per tutti il giorno si del dolore ma anche il giorno in cui Frascati ed i frascatani ritrovarono la forza di risorgere dalle sue ceneri come “araba fenice”.
Ho voluto riportare nella copertina di questo mio pensiero il quadro di un grande frascatano, Guglielmo Corazza, memoria vivente di quel giorno.
Quei colori e quelle immagini debbono divenire il monito a tutti noi degli orrori della guerra, della stupidità della guerra.
Perché Frascati pagò con il sangue dei suoi figli e delle sue figlie e questo non deve più accadere in nessuna altra parte del mondo.

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Editoriali

Affaire Sangiuliano: dimissioni e polemiche, il governo Meloni nella bufera

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Giustino D’Uva (Movimento Sociale Fiamma Tricolore): “Evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”

L’affaire Sangiuliano ha scosso il governo Meloni, provocando la prima defezione tra i suoi ministri. Gennaro Sangiuliano, alla guida del Ministero della Cultura, ha rassegnato le dimissioni a seguito delle polemiche sorte attorno a una presunta relazione extraconiugale con Maria Rosaria Boccia, che ha generato una serie di accuse riguardanti l’uso improprio di fondi pubblici e l’accesso a documenti riservati.

L’ex direttore del Tg2, dopo ore di polemiche e smentite, ha deciso di farsi da parte, spiegando in una lettera a Giorgia Meloni la sua scelta di lasciare per non “macchiare il lavoro svolto” e per proteggere la sua onorabilità. Nonostante le assicurazioni fornite a più riprese dallo stesso Sangiuliano, secondo cui nessun denaro pubblico sarebbe stato speso per la consulenza di Boccia, la pressione mediatica e politica è diventata insostenibile.

Le reazioni della maggioranza: una difesa d’ufficio

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso solidarietà nei confronti di Sangiuliano, definendolo un “uomo capace e onesto”, sottolineando i successi ottenuti in quasi due anni di mandato. In particolare, Meloni ha ricordato i risultati raggiunti nella promozione del patrimonio culturale italiano, come l’aumento dei visitatori nei musei e l’iscrizione della Via Appia Antica tra i patrimoni dell’UNESCO. Tuttavia, anche la premier non ha potuto evitare di accettare le “dimissioni irrevocabili” di Sangiuliano.

Alessandro Giuli, presidente della Fondazione MAXXI, è stato rapidamente nominato come nuovo ministro della Cultura, suggellando una transizione-lampo che, secondo alcune voci, era già in preparazione da tempo. Giuli, una figura vicina alla destra romana e storicamente legato a Meloni, rappresenta un tentativo di dare stabilità al ministero, ma la scelta non ha fermato le critiche, né ha dissipato le ombre sul governo.

L’opposizione attacca: “Il governo Meloni è allo sbando”

Le reazioni dell’opposizione non si sono fatte attendere. Il Partito Democratico ha definito l’affaire come un altro esempio di un esecutivo privo di coerenza e in preda a scandali interni. Elly Schlein, segretaria del PD, ha parlato di un “governo ossessionato dalla propria immagine” e ha criticato la gestione del caso: “Il problema non è solo il gossip, ma l’incapacità di affrontare le questioni in modo trasparente e senza proteggere chi si trova in difficoltà”.

Dal Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte ha affermato che “questo episodio mostra come la maggioranza sia più attenta alle proprie dinamiche interne che ai reali problemi del Paese”, accusando la premier di “non aver saputo tenere sotto controllo i suoi ministri” e di “anteporre le proprie relazioni personali agli interessi istituzionali”.

Il commento più severo è arrivato da Giustino D’Uva, esponente del Movimento Sociale Fiamma Tricolore, che ha lanciato un duro attacco al governo: “Indipendentemente dalle eventuali implicazioni giudiziarie ed etiche, l’affaire di Sangiuliano e Boccia è indice del pressapochismo che connota pressoché tutta la compagine governativa. Il governo Meloni è un’accozzaglia di buontemponi e incompetenti, per i quali il gossip costituisce il massimo impegno politico. Ciò che è evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”.

Il rischio di un effetto domino

L’affaire Sangiuliano mette a nudo fragilità interne e potrebbe avere ripercussioni più ampie di quanto non appaia a prima vista. I partiti di opposizione sono pronti a capitalizzare su questo caso per sottolineare le divisioni e la mancanza di trasparenza dell’esecutivo. Alcuni osservatori politici temono che questo possa essere solo il primo di una serie di scossoni che potrebbero minare la stabilità del governo.

Il futuro di Giorgia Meloni e della sua squadra dipenderà dalla capacità di gestire questo e altri potenziali scandali che potrebbero emergere. Ma l’episodio dimostra come il confine tra gossip e politica possa diventare estremamente sottile, e quanto questo possa essere dannoso per la credibilità di un governo, soprattutto se non si affrontano con chiarezza e decisione le situazioni critiche.

In definitiva, il caso Sangiuliano non è solo un episodio personale, ma il simbolo di un esecutivo che sembra sempre più vulnerabile alle proprie contraddizioni interne, in un contesto politico che richiede, invece, risposte concrete e unitarie.

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Editoriali

Come ristorarsi dopo le fatiche quotidiane

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La pedagogia del benessere si occupa delle persone in contesti si salute psico-fisica. Ognuno di noi dopo una giornata di lavoro, commissioni, studio necessita di uno o più momenti di ristoro.


n questi termini si può parlare di pedagogia del benessere sia fisico che mentale.
La pedagogia del benessere è un ramo della pedagogia tradizionale che si occupa, mediante alcune tecniche, di far star bene le persone.

In che senso la pedagogia del benessere parla di ristoro?

Ebbene sì, il pedagogista o lo psicologo non ricevono i clienti nello loro studio e non c’è un rapporto duale, ma il benessere lo si ritrova insieme ad altri soggetti, all’interno di un gruppo, facendo passeggiate, yoga o mindfulness.
Nell’ultimo decennio è nato un forte interesse per queste nuove pratiche fisiche, ma anche mentali.

Lo stare bene insieme ad altri, durante una passeggiata o in una seduta di mindfulness, giova non solo al gruppo, ma soprattutto all’individuo nella sua singolarità. Le strategie individuate dalla pedagogia del benessere sono, in Italia, molto utilizzate; basta pensare ai corsi di yoga o di mindfulness. Quest’ultimi vengono svolti sia nelle palestre, ma anche all’aperto (es. dopo che è piovuto) poiché l’ambiente esterno, l’aria o il venticello sono condizioni di rilassamento.
L’obiettivo della pedagogia del benessere è anche scaricare lo stress quotidiano ed evitare disturbi psicotici quali l’ansia o la depressione. A favore di questo obiettivo è utile sia la palestra per allenare il corpo, ma anche una palestra per esercitare la mente.

La salute mentale è fondamentale per affrontare la vita e le fatiche di tutti i giorni; pertanto “avere il vizio” di utilizzare tecniche di “tonificazione della mente” è sicuramente un’abitudine sana. La pedagogia del benessere professa anche obiettivi di tipo alimentare per promuovere, non tanto il fisico filiforme quanto la salute fisica intesa come consapevolezza di quanti grassi, proteine e zuccheri dobbiamo assumere in una giornata.

Il benessere del corpo è proporzionale a quello della mente e viceversa. Il prendersi cura di noi stessi aiuta a prevenire difficoltà future e soprattutto a vivere esperienze positive. Da sempre lo slogan “prevenire è meglio che curare” è uno degli scopi della pedagogia del benessere.
Non tutti seguono questi consigli, perciò sarebbe opportuno dare un’architettura decisiva alla figura del pedagogista del benessere senza confonderlo con un personal trainer o un nutrizionista. È opportuno parlare di più di questo tipo di pedagogia per promuovere la conoscenza.

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