Riforma tributaria, avvocato Lucarella su eliminazione di un grado di giudizio: “Serie perplessità. Ecco perché”

“Quale neo incaricato alla guida della Consulta Legale Nazionale di Asso-Consum esprimo perplessità, soprattutto sul piano giuridico, in merito alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe
Conte, recentemente riportate dalla stampa nazionale, in relazione all’idea di una riforma tributaria che elimini un grado di giudizio.
Quest’ultima idea di riforma contrasta fortemente con lo spirito di uno Stato di diritto; l’appello esiste nel nostro sistema giuridico, specie nel settore tributario, quale strumento di revisione delle decisioni di primo
grado, talvolta, ingiuste sia da un punto di vista procedurale che di merito.
E’ dato ufficiale del Ministero di Economia e Finanza che il contenzioso tributario a fine 2018, in termini statistici, ha registrato un meno 10,34% del numero complessivo delle controversie rispetto al 2017 (per un complessivo contenzioso nazionale di 373.685 cause pendenti).
Pertanto, voler modificare il processo tributario nell’ottica appena rappresentata, con molta probabilità non favorirà un sano rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini. A ciò si aggiunga che nei
primi 9 mesi del 2019 le commissioni tributarie provinciali e regionali hanno definito circa 160.000 ricorsi e che, in primo grado, la parte pubblica (cioè lo Stato) è riuscita a vincere quasi una volta su due (47,4% dei
successi), mentre il contribuente ha avuto ragione meno di una volta su tre (28,7%).
Sempre dati alla mano, in secondo grado le decisioni dei primi giudici subiscono un ribaltamento per un buon 32,6% contro il 49,5%; in Cassazione, nel 2018, la parte pubblica ha vinto più di due volte su tre nei
confronti del cittadino.
Dinanzi a questi dati ufficiali è difficile comprendere ove possa risiedere la ragione effettiva di una scelta di Governo così poco digeribile per i contribuenti italiani. Privare i cittadini di uno strumento così
importante per garantire l’effettiva difesa dei diritti non equivale, di contro, ad incamerare più soldi a titolo di imposte e tasse.
Tutt’al più ne aumenterà la percezione di soggiogamento di quei contribuenti ritenuti vessati e destinatari di atti amministravi-tributari illegittimi.
Spiace aver ascoltato una proposta del genere da parte di un Presidente del Governo come il Prof. Conte il quale dovrebbe vestire di diritto, sartorialmente parlando, l’azione del potere esecutivo e farne
essenza irrinunciabile.
Tuttavia, senza presunzione e pregiudizio alcuno, come Presidente incaricato della Consulta Legale Nazionale di Asso-Consum, proprio perché rappresento un organo consultivo di una delle poche associazioni riconosciute dal Ministero dello Sviluppo Economico (e perciò indirettamente dal Governo stesso), sarei curioso di comprendere l’intera portata dell’idea di riforma al fine di meglio apprendere la
tipologia degli eventuali bilanciamenti giuridici che si offriranno sul piatto legislativo: nella pratica reale, ho il timore che il costo effettivo relativo al sacrificio di diritti ed interessi legittimi dei cittadini sarà troppo più alto
rispetto alle ragioni di Stato.
Credo che una scelta di riforma, come quella accennata dal Prof. Conte, non possa prescindere dall’interazione giuridica che esiste ai più alti livelli di sistema: si considerino, ad esempio, la Convenzione
Europea dei Diritti dell’Uomo e la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
Prima di tutto c’è, però, la Costituzione italiana la quale, pur non esplicitamente, riconosce l’impugnazione quale elemento essenziale di dignità stessa dello Stato di Diritto.
Non è certamente privando i cittadini di diritti e sistemi di garanzia a loro tutela che si posso ridurre i tempi di giustizia od aumentare il gettito fiscale; si genererebbe tutto l’effetto opposto: ulteriore sfiducia nello Stato democratico con progressiva degenerazione del rapporto di fedeltà e leale collaborazione tra Pubblico e Privato.
Occorrerebbe, piuttosto, semplificare il sistema tributario alla fonte e non a valle: una riforma della giustizia tributaria è improcrastinabile e non più differibile, ma non credo che eliminando un grado processuale si potrà ritenere di aver fatto una cosa giusta e socialmente utile per le sorti della società italiana per quanto, in realtà, significativa per le casse dell’erario statale.
Una riforma tributaria necessita sempre di molta attenzione perché si mettono in gioco principi democratici delicati ed importanti: primi fra tutti la dignità del cittadino e la capacità di uno Stato di rispettare i dettati costituzionali oltreché la tutela dei diritti umani inviolabili”.

Presidente CLN Asso-Consum
Avv. Angelo Lucarella