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Cronaca

ROBERTA RAGUSA: ANNULLATO PROSCIOGLIMENTO PER LOGLI, NUOVO PROCESSO

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Tempo di lettura 3 minuti Accolti i ricorsi presentati dalla procura e dalla parte civile

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di Angelo Barraco
 
Pisa – La scomparsa di Roberta Ragusa è ancora avvolta dal mistero, tanti i dubbi, tante le ricerche e le speranze ma a distanza di anni, nessuna traccia della donna è emersa. Un silenzio che dura dal gennaio del 2012, quando scomparve dalla sua casa di Gello, a San Giuliano Terme in provincia di Pisa. Ci sono delle importanti novità in merito al processo per la scomparsa di Roberta Ragusa, poiché la Corte di Cassazione ha annullato il proscioglimento di Antonio Logli, marito di Roberta e ha accolto i ricorsi presentati dalla procura e dalla parte civile. Ciò significa che la Suprema Corte ha rinviato gli atti al Tribunale di Pisa per un nuovo giudizio, nuovo processo quindi per Logli. 
 
Le ipotesi in merito all’omicidio. L’ipotesi è che l’omicidio sia avvenuto al culmine di una lite per motivi di gelosia e poi sia stato distrutto il cadavere. Per gli inquirenti, la notte del 14 gennaio 2012, Logli  costrinse “con violenza la moglie Roberta Ragusa a salire in auto e poi la uccise volontariamente per poi sopprimerne il corpo al fine di assicurarsi l’impunità e impedire in modo permanente il ritrovamento”. E Logli inizialmente cosa racconta? racconta che la mattina quando si è svegliato Roberta non era né a letto né in casa. Il marito, insieme al suocero di Roberta individuano come possibile ipotesi della scomparsa l’allontanamento volontario.
Antonio Logli inizialmente, intervistato dalla trasmissione “Chi l’ha visto?”, dice che la moglie poco tempo prima aveva battuto la testa e tale trauma avrebbe potuto causarle una perdita di memoria ergo lo smarrimento psicofisico. Logli dice anche altre cose,  si mette sulla difensiva, dice che con la moglie i rapporti sono buoni e che se ci fossero stati dei problemi non avrebbe esitato a riferirlo ai fini dell’indagine. Ma i riscontri oggettivi sono ben diversi. Una prima testimonianza di Roberta si ha poco tempo dopo, viene riconosciuta dai titolari di una rosticceria e quella persona viene identificata come Roberta. Ma dopo attente verifiche tale testimonianza si rivelerà falsa e senza riscontri.
La prima testimonianza che ha una valenza sulle indagini è quella di Loris Gozi. Gozi riferisce di aver visto e sentito litigare Logli, intorno all’01.30 di notte, con qualcuno in Via Gigli e di aver visto caricare con forza una donna all’interno di una C3 azzurra, proprio come la macchina di Roberta. La sua testimonianza è confermata dalla moglie di Gozi poiché codesta si trovava prima in macchina con lui ed entrambi hanno incrociato Logli lungo quel tragitto di strada, poi Loris torna a casa, lascia a casa la moglie e porta fuori il cane e proprio in quel momento vede la scena sopracitata. Con il passare del tempo si arriva ad un numero di quattro testimoni che confermano ciò che ha riferito Gozi e un altro testimone riferisce di aver sentito anch’esso le urla di una donna. Oltre alle prove visive che inchioderebbero Logli, vi è la prova dei cani molecolari. I casi molecolari fiutarono la presenza di Roberta Ragusa tra la sua abitazione e un punto preciso di Via Gigli nei pressi della ferrovia. Ci sono degli elementi che hanno destato sospetto agli inquirenti e che hanno portato loro ad indagare sulla persona di Antonio Logli.
Un elemento importante è Gozi e la sua testimonianza. Gozi racconta che giorni dopo la scomparsa di Roberta, Antonio Logli si recò da lui chiedendogli se avesse visto Roberta e si è affacciato dalla loro finestra per verificare se da lì si potesse vedere qualcosa. Un altro elemento che ha insospettito gli inquirenti è stata la scarsa collaborazione di Logli alle indagini. Antonio Logli alle 07.30 del mattino seguente, chiama la sua giovane amante, Sara Calzolaio e comunica ad essa di gettare il cellulare. Lei stessa successivamente si recherà in caserma dicendo di essere l’amante di Logli e di aver gettato il telefono, apparecchio  verrà recuperato dagli inquirenti dove, tramite i tabulati, verranno trovati dei riscontri importanti che riguardano anche alcune chiamate intercorse tra i due la sera della scomparsa di Roberta.
Un altro elemento che ha fatto parlare molto è stato che Logli, non molto tempo dopo, porta ufficialmente a casa sua Sara e codesta convive con lui allo stato attuale. Per gli inquirenti anche questo atteggiamento dimostra che Logli è sicuro che Roberta non tornerà e ciò è dimostrato dal fatto che ha portato Sara con se e da come si comporta anche durante la prima fase delle indagini, freddo e distaccato. Durante questo iter si viene a conoscenza di lettere scritte da Roberta (tramite la trasmissione “Chi l’ha visto?”) in cui la donna manifesta il suo malessere nei confronti di un marito che la ignora come donna e si evidenzia una situazione tragica e al limite poiché la donna tenta di salvare un rapporto che il marito ignora. Una lettera anonima segnala che Logli, il giorno dopo la scomparsa si mobilità presso il cimitero di Orzignano. Logli dice che va lì per verificare se Roberta è andata in quel luogo per piangere sulla tomba della madre che è sepolta lì, ma questa versione non convince gli inquirenti, soprattutto per il fatto che nel cimitero vi sono sei botole vuote.

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Femminicidio nel cuore della notte: marito uccide la moglie davanti ai figli

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Una lite finita in tragedia: i bambini sotto shock

Un altro tragico caso di femminicidio scuote la comunità di San Felice a Cancello, nel Casertano, dove stamattina si è consumato un terribile delitto familiare. Erano circa le 5 del mattino quando un uomo di origine albanese, 30 anni, ha strangolato sua moglie, una connazionale di 24 anni, davanti agli occhi atterriti dei loro due figli, di appena 4 e 6 anni.

Secondo le prime ricostruzioni degli investigatori, il dramma si è verificato al culmine di una lite scoppiata per ragioni ancora da chiarire. La tensione è rapidamente degenerata in violenza estrema, con l’uomo che ha afferrato la moglie fino a toglierle la vita, mentre i due piccoli assistevano impotenti alla scena. L’allarme è stato dato da alcuni vicini, svegliati dalle urla provenienti dall’abitazione.

Subito dopo il delitto, i carabinieri sono intervenuti prontamente, fermando l’omicida che non ha opposto resistenza. L’uomo è stato portato in caserma e attualmente si trova sotto custodia, in attesa dell’interrogatorio da parte del magistrato della Procura di Santa Maria Capua Vetere, che dovrà chiarire i dettagli dell’accaduto.

La vittima, una giovane madre di appena 24 anni, era arrivata in Italia insieme al marito in cerca di una vita migliore. Tuttavia, la loro relazione era segnata da tensioni e conflitti, come confermato da alcuni conoscenti della coppia. Al momento, non risulta che la donna avesse mai sporto denuncia per violenze domestiche, ma il contesto familiare verrà esaminato attentamente dagli inquirenti.

I bambini, testimoni involontari di questa brutale tragedia, sono stati presi in carico dai servizi sociali. La comunità locale è sotto shock, mentre si moltiplicano i messaggi di cordoglio e solidarietà verso i piccoli orfani e i parenti della vittima. Le autorità locali hanno già espresso l’intenzione di avviare una raccolta fondi per sostenere i bambini e garantire loro assistenza psicologica adeguata.

L’episodio si inserisce in un quadro allarmante di violenza domestica che continua a colpire il Paese. Solo nel 2024, secondo i dati del Viminale, sono stati registrati più di 80 femminicidi, un numero in crescita rispetto agli anni precedenti. Le vittime sono spesso donne giovani, con figli, che vivono in contesti di disagio e solitudine. Le istituzioni stanno cercando di intervenire con misure più incisive, ma il fenomeno resta radicato e difficile da contrastare.

Le associazioni femministe e i centri antiviolenza della zona hanno lanciato un nuovo appello affinché si rafforzino le politiche di prevenzione e protezione per le donne che vivono situazioni di pericolo. Tuttavia, casi come quello di San Felice a Cancello dimostrano che spesso le denunce non vengono fatte in tempo, o addirittura non vengono fatte affatto, per paura di ritorsioni o per mancanza di fiducia nelle istituzioni.

Il femminicidio di San Felice a Cancello ha subito riacceso il dibattito pubblico sulla necessità di azioni più concrete per prevenire la violenza di genere. Personalità politiche locali e nazionali si sono espresse sull’accaduto. Il sindaco di San Felice a Cancello ha dichiarato: “Siamo di fronte a una tragedia inaccettabile. Dobbiamo lavorare tutti insieme, come comunità, per non permettere che simili orrori continuino a ripetersi.”

Nel frattempo, la vicenda sarà seguita con attenzione nei prossimi giorni, mentre si attendono ulteriori sviluppi sul fronte delle indagini e delle decisioni giudiziarie.

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Omicidio dell’imprenditore Vincenzo Urso: giustizia dopo 15 anni di indagini

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I killer condannati a ergastolo e 21 anni di carcere

Vincenzo Urso, imprenditore di Altavilla Milicia, fu assassinato il 25 ottobre 2009, vittima di un’oscura vicenda legata alla mafia locale. La sua impresa di movimento terra faceva concorrenza alle attività gestite da clan mafiosi, un ostacolo che pagò con la vita. Dopo anni di indagini, i Carabinieri di Bagheria, Termini Imerese e Vercelli, supportati dalla Procura Generale di Palermo, hanno arrestato due uomini, già noti alle forze dell’ordine, identificati come gli esecutori materiali del delitto.

Gli investigatori hanno ricostruito la dinamica dell’omicidio, determinando che i killer furono ingaggiati per una somma di 20.000 euro, in seguito a ordini provenienti dalla famiglia mafiosa di Altavilla Milicia. Le operazioni antimafia “Argo” e “Reset” avevano già smantellato la cosca, portando all’arresto del capo clan Francesco Lombardo e di suo figlio Andrea, ma solo grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia è stato possibile ottenere ulteriori prove decisive.

Le ultime novità hanno visto la Suprema Corte confermare le condanne per i due responsabili: uno sconterà l’ergastolo, l’altro una pena di 21 anni. Questo epilogo rappresenta un passo avanti per la giustizia, offrendo finalmente una risposta alla famiglia di Urso e alla comunità di Altavilla Milicia, segnate da anni di dolore e incertezze.

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Roma, 17enne in fuga su scooter rubato si schianta contro un muro e muore

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Privo di casco, Edoardo è stato trasportato d’urgenza in ospedale, ma non ce l’ha fatta

Lunedì pomeriggio, Roma ha assistito a una tragedia che ha lasciato un’intera comunità sotto shock. Edoardo Clementi, 17 anni e senza precedenti penali, ha perso la vita dopo essere fuggito su uno scooter rubato. La fuga è terminata con un violento schianto contro un muro in via Riva Ostiense, fatale per il giovane. Privo di casco, Edoardo è stato trasportato d’urgenza in ospedale, ma non ce l’ha fatta.

Le indagini sono state avviate immediatamente. I carabinieri di Garbatella hanno raccontato che, vedendo lo scooter SH fermo, hanno cercato di fermare il mezzo con due ragazzi a bordo. Uno di loro è fuggito a piedi, mentre Edoardo ha tentato una fuga disperata in sella allo scooter. Pochi istanti dopo, è avvenuto l’incidente fatale.

L’incidente ha sollevato molte domande e preoccupazioni da parte dei cittadini. “È devastante pensare a quanto sia fragile la vita di un ragazzo così giovane,” ha dichiarato una residente di Ostiense. “Mi chiedo perché un giovane senza precedenti si sia trovato in una situazione del genere. Cosa lo ha portato a fuggire?” Un altro cittadino, intervistato in piazza, ha aggiunto: “C’è un problema sociale che va oltre questo tragico incidente. I giovani sembrano essere sempre più esposti a situazioni rischiose, e spesso si trovano soli nel prendere decisioni sbagliate.”

Le testimonianze degli amici sui social sono strazianti. Molti lo ricordano come un ragazzo sorridente e gentile. Un video pubblicato da Edoardo su TikTok pochi giorni prima della sua morte, con il messaggio “Nonostante tutto sempre con il sorriso”, ha toccato profondamente chi lo conosceva. “Non riesco a credere che non ci sia più,” scrive un amico. “Riposa in pace, mister.”

Il tragico destino di Edoardo Clementi ha anche riacceso il dibattito sulla sicurezza stradale e sulla necessità di maggiore prevenzione tra i giovani. La mancanza del casco, la guida pericolosa e la fuga disperata sono elementi che, secondo molti cittadini, mettono in luce la necessità di un intervento educativo.

“Non è solo una questione di controllo delle forze dell’ordine, ma anche di responsabilità sociale. I giovani devono capire il valore della vita e i rischi a cui si espongono,” ha commentato un attivista per la sicurezza stradale. “È terribile pensare che Edoardo abbia perso la vita in circostanze che, con una maggiore consapevolezza, avrebbero potuto essere evitate.”

Il destino di Edoardo Clementi, avvolto da domande irrisolte, ha toccato il cuore di Roma. Una giovane vita spezzata, una comunità in lutto, e una città che riflette sul proprio futuro.

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