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ROMA – È scattata all’alba un’imponente operazione condotta da circa 300 Carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Frascati, supportati dalla Polizia Penitenziaria, che ha portato all’esecuzione di due ordinanze di custodia cautelare emesse dal G.I.P. del Tribunale di Roma. Un totale di 32 persone è finito nel mirino degli inquirenti, con accuse che vanno dalla corruzione alla falsità ideologica, fino all’associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga.
Le anomalie nel Ser.D. di Rebibbia: quattro misure cautelari
Al centro di una delle indagini vi è il Servizio per le Dipendenze (Ser.D.) dell’ASL Roma 2, operante presso il carcere di Rebibbia. Gli investigatori hanno scoperto un sistema illecito che coinvolgeva uno psicologo del Ser.D., destinatario di una misura cautelare agli arresti domiciliari, e altri tre soggetti, tra cui due sospesi dal pubblico servizio. Secondo le accuse, lo psicologo sarebbe stato l’artefice di un complesso meccanismo volto a ottenere benefici penitenziari per detenuti, attraverso la redazione di false certificazioni mediche.
I documenti, falsamente attestanti tossicodipendenza o precarie condizioni psicologiche, avrebbero permesso ad alcuni detenuti di accedere a misure alternative alla detenzione. Questa rete corruttiva è stata smascherata grazie alla collaborazione tra il Nucleo Investigativo dei Carabinieri e la Polizia Penitenziaria.
Narcotraffico e complicità: 28 arresti
La seconda indagine, parallela ma strettamente connessa alla prima, si è concentrata su un’organizzazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti. Al centro di questa rete c’era un noto narcotrafficante romano, detenuto a Rebibbia, che avrebbe mantenuto il controllo della sua attività illecita anche dietro le sbarre.
Le indagini hanno rivelato che il narcotrafficante si avvaleva della complicità di due avvocati – uno dei quali è stato arrestato – per trasmettere messaggi, introdurre telefoni cellulari e sostanze stupefacenti nel carcere. L’organizzazione operava principalmente nei quartieri romani di Tor Bella Monaca, Cinecittà-Tuscolano, e nella vicina Valle Martella di Zagarolo, con ramificazioni in altre province italiane, tra cui Napoli, Avellino, Viterbo, L’Aquila, Teramo, Imperia e Bergamo.
Un sistema ben strutturato
L’attività investigativa ha evidenziato un sistema meticolosamente organizzato, in cui le connivenze tra i detenuti, professionisti e operatori penitenziari giocavano un ruolo cruciale. Grazie a intercettazioni e monitoraggi, gli inquirenti hanno raccolto gravi indizi sul modus operandi del gruppo, che sfruttava il carcere come base per gestire i propri traffici e garantire protezione ai complici all’esterno.
Un’operazione senza precedenti
L’operazione rappresenta un duro colpo al sistema di corruzione e criminalità che per anni avrebbe compromesso il funzionamento regolare del carcere di Rebibbia e i percorsi di riabilitazione dei detenuti. Tuttavia, gli inquirenti ricordano che gli indagati devono ritenersi innocenti fino a un’eventuale sentenza definitiva.
Un segnale forte contro la corruzione
Questo intervento è un esempio dell’impegno delle forze dell’ordine e della magistratura nel combattere le infiltrazioni illecite all’interno delle istituzioni penitenziarie e territoriali. La portata dell’operazione dimostra come la collaborazione tra Carabinieri e Polizia Penitenziaria possa contrastare fenomeni di corruzione che minano la fiducia nella giustizia e nella sicurezza pubblica.
La cronaca di questa operazione sottolinea l’urgenza di un maggiore controllo all’interno delle strutture penitenziarie e la necessità di promuovere trasparenza e integrità nei servizi dedicati ai detenuti.
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