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Editoriali

Roma: bufera sulla giunta Raggi e silenzio per i guai giudiziari delle giunte piddì

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Tempo di lettura 4 minuti Arrivati i ‘Grillini’, è scoppiato il putiferio. E tutti hanno gridato allo scandalo

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di Roberto Ragone

 

E’ chiaro anche ai più lontani dalla politica, quelli che tornano a casa la sera stanchi per una giornata di lavoro e si tolgono le scarpe davanti al televisore, giusto in tempo per sorbirsi un cumulo di bugie relative a Renzi, Brexit, referendum costituzionale, riforme, jobs act, ripresa economica, diminuzione della disoccupazione, necessità di accogliere e integrare almeno 600.000 migranti all’anno – Boldrini – fecondation day, e così via. Il tutto condito e spazzato via da notizie che finalmente fanno presa sul grosso pubblico, cioè il calcio, la Champions League, il nuovo CT della nazionale, il mercato dei giocatori. Questo è un po’ il ritratto – correggetemi se sbaglio – dell’italiano medio, quello a cui nel subconscio rimare l’eco delle parole di Renzi e non si perita d’andarle a verificare; quello che pensa che la politica non è cosa sua, visto che ci pensa il governo: dopo tutto il TG non dice che tutto va bane? Quello a cui rimane anche la convinzione che ‘cambiare è buono’, cambiare è buono e giusto, è cosa santa, e questa Costituzione repubblicana, scritta settant’anni fa dai padri costituenti è ormai vecchia, da rinnovare. Anche perché tutto – secondo i Tiggì – è collegato più o meno confusamente all’Unione Europea, alla lotta all’integralismo islamico, al pericolo di attentati. Per cui nel malcapitato rimane l’impressione che se lui voterà SI’ al referendum, tutto andrà a  posto, saremo più sicuri in casa nostra, avremo più denaro – a debito – dall’Europa, e soprattutto avremo una politica più snella, più veloce e meno costosa, oltre che un governo stabile destinato a durare – con Renzi – e a fare il suo mestiere, cioè il bene dell’Italia. Non si chiede il perché, il nostro amico, ormai da giorni, passata l’onda del terremoto di Amatrice – per cui Renzi ha dichiarato che ci vorranno 300 miliardi da chiedere alla Merkel –  tutti i Tiggì aprano con notizie sulla giunta Raggi, una giunta a sentir loro disastrosa, incompetente, dilettantesca, non trasparente, indagata. Una giunta che non fa quello cha ha promesso, infatti ben tre giorni dopo l’insediamento i rifiuti sono ancora per le strade, fra topi e scarafaggi, a rischio di epidemie. Epidemie da cui le precedenti giunte capitoline erano notoriamente immuni, stante il fatto che la loro aura copriva i cittadini romani di una sorta di immunità sanitaria – un po’ come quella parlamentare del nuovo Senato di Renzi, Boschi & Co.

 

Infatti nonostante i mucchi di spazzatura si ammucchiassero non solo per le strade, ma a volte anche in Consiglio Comunale, nessuno s’è mai lamentato. Arrivati i ‘Grillini’, è scoppiato il putiferio. E tutti hanno gridato allo scandalo quando la Raggi ha ricevuto il primo avviso di garanzia, su denuncia di un avversario politico, poi archiviato. “Come”, dicono tutti, “ proprio loro che fanno le pulci ai disonesti, proprio i seguaci di Grillo e Casaleggio”, a cui si facevano risalire le decisioni ‘non democratiche’ del Movimento, “adesso vedremo cosa faranno, quando ad essere indagata è un’assessora della giunta”. E bla bla bla. Fatto sta che ormai hanno stufato. Ogni servizio sui media che riguarda la Raggi e la sua giunta ormai è un’autogol, una dimostrazione del fatto che questa amministrazione da’ molto fastidio. Da’ fastidio ai poteri forti, come ha dichiarato la stessa Raggi, da’ fastidio a quei poteri che sono dietro a Renzi e al suo governo, con ben altre finalità, è il classico sassolino nell’ingranaggio, come fu all’epoca il partito di Berlusconi, sconfitto in tribunale e mandato a casa con un complotto internazionale – la Germania gettò sul mercato finanziario quattrocento miliardi di titoli di Stato italiani per far salire il famigerato spread, e costringere il Berlusca alle dimissioni, obbedientemente depositate in grembo a Napolitano. Dopodiché la tempesta passò, e arrivò la catastrofe, cioè Monti e la sua austerity.


Perché il governo di Roma sia un sassolino nel ben oliato ingranaggio globale dei poteri forti è presto detto: la riuscita dell’amministrazione Raggi a Roma dimostrerebbe che il M5S è pronto e maturo, oltre che competente, per governare il Paese. La sua sconfitta li metterebbe per sempre nel dimenticatoio. È chiaro che chi è dietro a Renzi – una persona senza alcun carisma né capacità, se non quelle di avere la lingua e i cambi di direzione molto pronti – non avrebbe piacere di un governo Cinquestelle, che farebbe crollare tutto il castello di carte costruito con fatica nei decenni. Sì, perché tutta l’operazione parte da molto lontano, e avremo occasione di descriverla nei prossimi tabella su L’Osservatore d'Italia. Il pubblico incomincia a chiedersi perché tanto accanimento nei confronti della giunta Raggi, e questo mette a tutti una pulce nell’orecchio. Da parte nostra possiamo solo ripetere ciò che abbiamo già scritto: la giunta Raggi da’ fastidio perché sasso d’inciampo in un programma molto più ampio. Se i guai di Virginia Raggi fossero davvero una notizia da apertura di telegiornale e di prima pagina sui giornali, allora bisognerebbe anche parlare, per esempio, della Giunta PD di Pistoia e del suo sindaco Samuele Bertinelli, indagati, come riporta il quotidiano ‘La Nazione’, per ‘interferenze nelle graduatorie per l’assunzione dei dirigenti comunali’. I soliti favoritismi? La vecchia politica? Questa è l’impressione. Intanto a Pistoia sedici persone, compreso Bertinelli, sono indagati per reati che vanno dall’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, all’abuso d’ufficio, e dalla concussione al falso. A Milano il sindaco PD Sala è indagato per avere omesso, nella sua autocertificazione, di dichiarare la proprietà di una casa in Engadina – Svizzera – oltre ad una società immobiliare in Romania ed un’altra non meglio specificata Società. In questo caso i giornali tacciono, mentre la magistratura è ‘orientata’ all’archiviazione del fascicolo penale. Ci chiediamo: se la stessa cosa fosse accaduta a Roma, non sarebbero già arrivati i finanzieri a sigillare uffici e scrivanie? Ma, si sa, in Italia sempre figli e figliastri, e guai a mettersi contro i ‘poteri forti’.

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Castelli Romani

Frascati: 8 settembre 1943, il giorno del dolore e della rinascita

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Esistono giorni che non solo diventano parte della Storia ma portano dentro di sé ricordi, emozioni e purtroppo anche lutti ed antiche paure.
L’ 8 settembre per noi che siamo nati a Frascati e per tutti quelli che vivono la bellezza di questa città questo giorno è nel contempo triste ma la riprova della forza piena che vive dentro Frascati.
Fu una ferita insanabile quell’8 settembre del 1943 quando alle 12,08 una pioggia di bombe dilaniò la città provocando la morte di centinaia di persone.

piazza San Pietro dilaniata dalle bombe

Ma la voglia di rinascere, la voglia di ricominciare, la voglia di spazzare via i dolori di una guerra rinacque proprio in quel giorno.
Credo che Frascati debba onorare di più questo ricorrenza affinché non diventi e resti la solita passerella di commiato.
Deve divenire vera “giornata della memoria della Città”.
Bisogna far si che l’8 settembre rappresenti per tutti il giorno si del dolore ma anche il giorno in cui Frascati ed i frascatani ritrovarono la forza di risorgere dalle sue ceneri come “araba fenice”.
Ho voluto riportare nella copertina di questo mio pensiero il quadro di un grande frascatano, Guglielmo Corazza, memoria vivente di quel giorno.
Quei colori e quelle immagini debbono divenire il monito a tutti noi degli orrori della guerra, della stupidità della guerra.
Perché Frascati pagò con il sangue dei suoi figli e delle sue figlie e questo non deve più accadere in nessuna altra parte del mondo.

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Editoriali

Affaire Sangiuliano: dimissioni e polemiche, il governo Meloni nella bufera

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Giustino D’Uva (Movimento Sociale Fiamma Tricolore): “Evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”

L’affaire Sangiuliano ha scosso il governo Meloni, provocando la prima defezione tra i suoi ministri. Gennaro Sangiuliano, alla guida del Ministero della Cultura, ha rassegnato le dimissioni a seguito delle polemiche sorte attorno a una presunta relazione extraconiugale con Maria Rosaria Boccia, che ha generato una serie di accuse riguardanti l’uso improprio di fondi pubblici e l’accesso a documenti riservati.

L’ex direttore del Tg2, dopo ore di polemiche e smentite, ha deciso di farsi da parte, spiegando in una lettera a Giorgia Meloni la sua scelta di lasciare per non “macchiare il lavoro svolto” e per proteggere la sua onorabilità. Nonostante le assicurazioni fornite a più riprese dallo stesso Sangiuliano, secondo cui nessun denaro pubblico sarebbe stato speso per la consulenza di Boccia, la pressione mediatica e politica è diventata insostenibile.

Le reazioni della maggioranza: una difesa d’ufficio

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso solidarietà nei confronti di Sangiuliano, definendolo un “uomo capace e onesto”, sottolineando i successi ottenuti in quasi due anni di mandato. In particolare, Meloni ha ricordato i risultati raggiunti nella promozione del patrimonio culturale italiano, come l’aumento dei visitatori nei musei e l’iscrizione della Via Appia Antica tra i patrimoni dell’UNESCO. Tuttavia, anche la premier non ha potuto evitare di accettare le “dimissioni irrevocabili” di Sangiuliano.

Alessandro Giuli, presidente della Fondazione MAXXI, è stato rapidamente nominato come nuovo ministro della Cultura, suggellando una transizione-lampo che, secondo alcune voci, era già in preparazione da tempo. Giuli, una figura vicina alla destra romana e storicamente legato a Meloni, rappresenta un tentativo di dare stabilità al ministero, ma la scelta non ha fermato le critiche, né ha dissipato le ombre sul governo.

L’opposizione attacca: “Il governo Meloni è allo sbando”

Le reazioni dell’opposizione non si sono fatte attendere. Il Partito Democratico ha definito l’affaire come un altro esempio di un esecutivo privo di coerenza e in preda a scandali interni. Elly Schlein, segretaria del PD, ha parlato di un “governo ossessionato dalla propria immagine” e ha criticato la gestione del caso: “Il problema non è solo il gossip, ma l’incapacità di affrontare le questioni in modo trasparente e senza proteggere chi si trova in difficoltà”.

Dal Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte ha affermato che “questo episodio mostra come la maggioranza sia più attenta alle proprie dinamiche interne che ai reali problemi del Paese”, accusando la premier di “non aver saputo tenere sotto controllo i suoi ministri” e di “anteporre le proprie relazioni personali agli interessi istituzionali”.

Il commento più severo è arrivato da Giustino D’Uva, esponente del Movimento Sociale Fiamma Tricolore, che ha lanciato un duro attacco al governo: “Indipendentemente dalle eventuali implicazioni giudiziarie ed etiche, l’affaire di Sangiuliano e Boccia è indice del pressapochismo che connota pressoché tutta la compagine governativa. Il governo Meloni è un’accozzaglia di buontemponi e incompetenti, per i quali il gossip costituisce il massimo impegno politico. Ciò che è evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”.

Il rischio di un effetto domino

L’affaire Sangiuliano mette a nudo fragilità interne e potrebbe avere ripercussioni più ampie di quanto non appaia a prima vista. I partiti di opposizione sono pronti a capitalizzare su questo caso per sottolineare le divisioni e la mancanza di trasparenza dell’esecutivo. Alcuni osservatori politici temono che questo possa essere solo il primo di una serie di scossoni che potrebbero minare la stabilità del governo.

Il futuro di Giorgia Meloni e della sua squadra dipenderà dalla capacità di gestire questo e altri potenziali scandali che potrebbero emergere. Ma l’episodio dimostra come il confine tra gossip e politica possa diventare estremamente sottile, e quanto questo possa essere dannoso per la credibilità di un governo, soprattutto se non si affrontano con chiarezza e decisione le situazioni critiche.

In definitiva, il caso Sangiuliano non è solo un episodio personale, ma il simbolo di un esecutivo che sembra sempre più vulnerabile alle proprie contraddizioni interne, in un contesto politico che richiede, invece, risposte concrete e unitarie.

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Editoriali

Come ristorarsi dopo le fatiche quotidiane

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La pedagogia del benessere si occupa delle persone in contesti si salute psico-fisica. Ognuno di noi dopo una giornata di lavoro, commissioni, studio necessita di uno o più momenti di ristoro.


n questi termini si può parlare di pedagogia del benessere sia fisico che mentale.
La pedagogia del benessere è un ramo della pedagogia tradizionale che si occupa, mediante alcune tecniche, di far star bene le persone.

In che senso la pedagogia del benessere parla di ristoro?

Ebbene sì, il pedagogista o lo psicologo non ricevono i clienti nello loro studio e non c’è un rapporto duale, ma il benessere lo si ritrova insieme ad altri soggetti, all’interno di un gruppo, facendo passeggiate, yoga o mindfulness.
Nell’ultimo decennio è nato un forte interesse per queste nuove pratiche fisiche, ma anche mentali.

Lo stare bene insieme ad altri, durante una passeggiata o in una seduta di mindfulness, giova non solo al gruppo, ma soprattutto all’individuo nella sua singolarità. Le strategie individuate dalla pedagogia del benessere sono, in Italia, molto utilizzate; basta pensare ai corsi di yoga o di mindfulness. Quest’ultimi vengono svolti sia nelle palestre, ma anche all’aperto (es. dopo che è piovuto) poiché l’ambiente esterno, l’aria o il venticello sono condizioni di rilassamento.
L’obiettivo della pedagogia del benessere è anche scaricare lo stress quotidiano ed evitare disturbi psicotici quali l’ansia o la depressione. A favore di questo obiettivo è utile sia la palestra per allenare il corpo, ma anche una palestra per esercitare la mente.

La salute mentale è fondamentale per affrontare la vita e le fatiche di tutti i giorni; pertanto “avere il vizio” di utilizzare tecniche di “tonificazione della mente” è sicuramente un’abitudine sana. La pedagogia del benessere professa anche obiettivi di tipo alimentare per promuovere, non tanto il fisico filiforme quanto la salute fisica intesa come consapevolezza di quanti grassi, proteine e zuccheri dobbiamo assumere in una giornata.

Il benessere del corpo è proporzionale a quello della mente e viceversa. Il prendersi cura di noi stessi aiuta a prevenire difficoltà future e soprattutto a vivere esperienze positive. Da sempre lo slogan “prevenire è meglio che curare” è uno degli scopi della pedagogia del benessere.
Non tutti seguono questi consigli, perciò sarebbe opportuno dare un’architettura decisiva alla figura del pedagogista del benessere senza confonderlo con un personal trainer o un nutrizionista. È opportuno parlare di più di questo tipo di pedagogia per promuovere la conoscenza.

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