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ROMA, CAMORRA CAPITALE: SI AGGRAVA LA POSIZIONE DEI FRATELLI ANTONIO E SALVATORE RIGHI

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Tempo di lettura 4 minuti Nuove indagini dei carabinieri nell’ambito dell’operazione “margarita”

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Redazione

Roma – I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Roma hanno notificato una nuova ordinanza che dispone misure cautelari a carico dei fratelli Antonio e Salvatore Righi, aggravando così di fatto la loro posizione nell’ambito dell’indagine anticamorra convenzionalmente denominata “MARGARITA”.
Il nuovo provvedimento cautelare è stato notificato a Antonio Righi nella casa circondariale di Terni ove è detenuto dal gennaio 2014 quando fu arrestato nella prima tranche dell’indagine “Margarita”, mentre Salvatore Righi è stato sottoposto agli arresti domiciliari presso la propria abitazione romana sita nel quartiere Aurelio.
L’ordinanza è stata emessa dal GIP del Tribunale di NAPOLI, su richiesta della Procura della Repubblica – D.D.A. partenopea (P.M. D.sa Ida TERESI, Dott. Marco DEL GAUDIO e dott. Francesco CURCIO), sulla base di nuove indagini dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma che hanno permesso di dimostrare una nuova ipotesi del reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti di fraudolento trasferimento di beni e riciclaggio a carico dei due fratelli (imprenditori napoletani di 55 e 50 anni che operano da anni nel settore della ristorazione) in concorso tra loro e con altri.

Gli ulteriori approfondimenti investigativi, eseguiti anche con l’ausilio di attività tecniche e suffragati dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, hanno infatti consentito di:
–    accertare che Salvatore ed Antonio Righi, operando in diversi settori economici ed in posizione monopolistica nel mercato della ristorazione, nella città di Roma e con diramazioni a Napoli, Viareggio e Rimini, hanno costituito, con il ruolo di dirigenti, organizzatori e promotori, una ramificata associazione finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti di fittizia intestazione al fine di conseguire il riciclaggio ed il reimpiego di capitali di illecita provenienza;
–    dimostrare che i delitti in questione sono stati  commessi avvalendosi di circa 80 aziende stabilmente a disposizione del sodalizio, tutte riconducibili alla holding Righi, già sequestrate nel 2014 dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma.
L’indagine “Margarita” concernente i fratelli RIGHI, avviata dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma in un procedimento penale della Procura della Repubblica di Roma-DDA, successivamente confluito per competenza in un procedimento della DDA partenopea, che nel 2014 portò già all’esecuzione di 21 misure cautelari in carcere ordinate dal G.I.P. di Napoli ed al sequestro, disposto dal Tribunale di Roma-Sezione Misure di Prevenzione su richiesta della Procura capitolina (PM Dott. Giuseppe Cascini), di numerosi beni e valori, del valore complessivo di oltre 50 milioni di euro.

Tra i beni sequestrati vi furono 48 immobili, 385 conti correnti, autovetture, il centro sportivo e la società sportiva “Mariano Keller”, nonché 28 esercizi commerciali (bar, ristoranti e pizzerie), la gran parte dei quali ubicati nel centro storico della Capitale[1] e i restanti in provincia di Napoli, a Viareggio e Gabicce Mare.  I ristoranti e le pizzerie sequestrate fanno parte della nota catena di ristorazione “Zio Ciro”, attualmente in amministrazione giudiziaria affidata dal Presidente della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Roma (Dott. Guglielmo MUNTONI) ad un pool di esperti commercialisti.
L’intera indagine “Margarita” ha focalizzato l’attenzione investigativa sui fratelli RIGHI, i quali, partendo dalla gestione della piccola pizzeria del padre (“da Ciro”) sita a Napoli in via Foria, negli anni 90’ si erano trasferiti a Roma, ove in poco tempo erano diventati proprietari di fatto di una holding di società attive nella gestione di numerosissimi ristoranti/pizzeria ubicati nelle principali vie di pregio del centro storico della Capitale, con un volume d’affari palesemente sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati e nonostante un passato opaco, caratterizzato dal coinvolgimento nel sequestro di persona a scopo di estorsione di Luigi Presta, avvenuto a Napoli nel 1983. All’epoca, Ciro, la moglie e i figli Luigi, Salvatore e Antonio Righi, furono arrestati perché sospettati di aver riciclato parte del riscatto di un miliardo e settecento milioni di lire pagato dalla famiglia Presta per ottenere la liberazione del loro congiunto e, a conclusione di un complesso iter giudiziario, Luigi e Salvatore furono condannati per riciclaggio.

Le indagini, coordinate dalle DDA di Napoli e Roma ed eseguite dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno fatto emergere come l’impero economico dei fratelli Righi era gestito con modalità illecite, mediante una complessa struttura di società intestate a prestanome, utilizzati per la commissione di una serie indeterminata di delitti di fittizia intestazione di beni e riciclaggio, finalizzati al reimpiego e occultamento di ingenti risorse economiche di provenienza illecita e alla sottrazione delle imprese acquisite e gestite con il denaro sporco a possibili misure di prevenzione patrimoniale.
I fratelli Righi sono quindi emersi, nel complesso delle attività investigative effettuate, come riciclatori stabili per conto della camorra napoletana, al servizio, in particolare, del clan Contini, ai cui dirigenti Giuseppe Ammendola e Antonio Cristiano, Salvatore Righi corrispondeva periodicamente somme di denaro contante, costituenti il provento delle attività di riciclaggio svolte per conto del clan (cd. operazioni di money back).

Il vincolo con il clan Contini non impediva peraltro ai Righi di proporsi quale punto di riferimento sulla Capitale per altri sodalizi camorristici, prescindendo dagli equilibri e delle alleanze tra i vari clan napoletani; del resto l’esperienza investigativa ha spesso evidenziato come ai riciclatori non venga richiesto quell’impegno di fedeltà esclusiva che è normalmente preteso per gli affiliati appartenenti alle componenti militari dei clan.
Le indagini dei Carabinieri di Roma avevano infatti rivelato la vicinanza di Antonio Righi anche al clan Mazzarella, avendo egli svolto attività di riciclaggio e supporto logistico per conto di Oreste Fido, reggente del gruppo di Paolo Ottaviano operante in zona Mercato-Santa Lucia a Napoli, nonché la vicinanza di Ivano Righi, figlio di Salvatore, al clan Amato Pagano, cd degli “scissionisti” di Secondigliano.
 

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Metropoli

Bracciano, violenta aggressione all’ospedale: panico tra medici e pazienti

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BRACCIANO (RM) – Sono stati momenti di tensione quelli vissuti da medici e pazienti all’ospedale Padre Pio. I Carabinieri della Sezione Radiomobile della
Compagnia di Bracciano hanno arrestato un cittadino italiano di 52 anni, con precedenti,
gravemente indiziato del reato di resistenza a Pubblico Ufficiale. L’uomo, in visita a dei
parenti presso l’Ospedale Padre Pio di Bracciano, in evidente stato di alterazione, aveva
aggredito fisicamente e minacciato il personale sanitario, inveendo anche contro i visitatori
presenti. A seguito dell’evento è stato richiesto l’intervento del 112, appurando che lo
stesso soggetto, pochi minuti dopo si era allontanato per poi importunare il personale di un
vicino supermercato. A seguito delle immediate ricerche i Carabinieri della Compagnia di
Bracciano hanno individuato l’uomo che, restio al controllo, li ha aggrediti, minacciandoli.
All’esito dell’attività il 52enne è stato arrestato in flagranza di reato e condotto presso il
carcere di Civitavecchia. In data 10 aprile 2024 l’arresto è stato convalidato ed è stata
disposta da parte dell’Autorità giudiziaria la custodia cautelare in carcere.
Si comunica il tutto nel rispetto dei diritti dell’indagato (da ritenersi presunto innocente in
considerazione dell’attuale fase del procedimento, fino a un definitivo accertamento di
colpevolezza con sentenza irrevocabile) e al fine di garantire il diritto di cronaca
costituzionalmente garantito.

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Roma

Droga a Roma, shaboo nei biscotti iraniani

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ROMA – I Carabinieri della Compagnia di Roma Centro, a conclusione di una complessa attività d’indagine, durata circa sei mesi e diretta dalla Procura della Repubblica di Roma – Gruppo reati gravi contro il patrimonio e gli stupefacenti, stanno dando esecuzione a un’ordinanza che dispone l’applicazione di misure cautelari, emessa dal Gip del Tribunale di Roma, nei confronti di sei persone di nazionalità iraniana, filippina e bengalese, perché gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di traffico internazionale, spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti del tipo metanfetamina, comunemente detta “shaboo” ed oppio.
L’operazione, scattata alle prime ore di questa mattina, ha impegnato i Carabinieri nella provincia di Roma, dove sono stati localizzati i 6 indagati, 4 destinatari della misura della custodia cautelare in carcere, due uomini, una donna iraniani e un uomo del Bangladesh; una donna filippina agli arresti domiciliari; una donna iraniana destinataria della misura del divieto di dimora in Roma.
Le attività investigative, condotte dai Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Centro sono scaturite a seguito dell’arresto operato a giugno 2021 nei confronti di un cittadino bengalese, trovato in possesso di 530 g di shaboo; da qui sono stati raccolti gravi elementi indiziari in ordine alla presenza di un gruppo criminale per conto del quale l’arrestato deteneva la sostanza. Le indagini eseguite mediante attività tecniche e telematiche, associate come sempre ai servizi tradizionali di pedinamento ed osservazione, hanno consentito di mettere insieme gravi indizi di colpevolezza  a carico di colui che viene considerato il capo e coordinatore unico del gruppo, un cittadino Iraniano, in Italia da circa 25 anni, già agli arresti domiciliari per analogo reato il quale, sfruttando anche i permessi lavorativi come panettiere, dirigeva da remoto ed avvalendosi di gregari e collaboratori ai vari livelli, i rapporti sia con gli acquirenti che con i “galoppini” ed i fornitori di shaboo di stanza in Iran.
Proprio nei confronti di colui che viene considerato il capo e della moglie – anche lei membro del gruppo con compiti logistici ed operativi – i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Centro hanno eseguito a dicembre 2021 una perquisizione disposta dalla Procura della Repubblica che ha permesso di rinvenire e sequestrare all’interno di un appartamento 2,3 kg di shaboo e 1,4 kg di oppio, abilmente occultati nel doppio fondo di confezioni, completamente integre, di dolci tipici dell’Iran, comportando l’arresto della coppia.
La successiva analisi degli apparati telefonici sequestrati alla coppia ha poi permesso di ricostruire il canale di approvvigionamento dello stupefacente sintetico che veniva prodotto in Iran ed inviato in Italia, grazie alla collaborazione in terra persiana di un sodale non compiutamente identificato, che avvalendosi dell’inconsapevole apporto di alcuni turisti iraniani diretti a Roma, che mettevano a disposizione una porzione del proprio bagaglio, convinti di aiutare dei connazionali a portare in Italia “i sapori” della loro terra (i biscotti appunto), importavano in Italia lo stupefacente rischiando inoltre, se arrestati in Iran, la pena capitale. Una volta in Italia, lo stupefacente sotto forma di prodotti dolciari, veniva ritirato dalla madre o dalla moglie del capo dell’organizzazione e stoccato in depositi prima di essere immesso sul mercato capitolino sfruttando la manodopera a basso costo offerta da cittadini filippini e bengalesi.
È stata dunque ricostruita l’importazione di ben 21 kg di shaboo e 3 kg di oppio nel periodo ricompreso tra aprile e novembre 2021, e la successiva commercializzazione anche al dettaglio, e cristallizzata la posizione di 13 indagati a vario titolo per i reati di spaccio, detenzione ed importazione dall’estero di sostanze stupefacenti.
Nel corso dell’attività, a riscontro delle indagini, i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Centro hanno eseguito 6 arresti in flagranza di reato, convalidati, sequestrate sostanze stupefacenti del tipo metanfetamina, comunemente detta “shaboo”, per un peso complessivo di oltre 3 kg, del tipo oppio per un peso complessivo di kg. 1,5 nonché la somma in contanti di 25.000 euro ritenuta provento dell’attività di spaccio.
Si precisa che il procedimento versa nella fase delle indagini preliminari, per cui gli indagati sono da ritenersi innocenti fino ad eventuale sentenza definitiva.

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Cronaca

Roma, blitz all’alba di Carabinieri e Polizia: in manette 11 persone:

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I reati contestati sono di rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, riciclaggio di denaro, spaccio di sostanze stupefacenti
 
 
Dalle prime luci dell’alba, nelle province Roma, Viterbo e Frosinone, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Roma e gli agenti della Polizia di Stato del I Distretto Trevi Campo Marzio stanno dando esecuzione a un’ordinanza, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Roma su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma, che dispone misure cautelari nei confronti di 11 persone, gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, riciclaggio di denaro, spaccio di sostanze stupefacenti.
 
L’attività di indagine, nata nell’ottobre 2022, trae origine dalle denunce di un soggetto, consumatore di sostanze stupefacenti, che aveva maturato con i propri spacciatori un debito che non era riuscito più a onorare, generando le violente reazioni di questi ultimi. In particolare, l’attività d’indagine, durata oltre un anno, ha consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza in ordine all’esistenza di un gruppo criminale, operante nel quartiere romano di Cinecittà, di cui farebbero parte gli indagati e di documentare come questi ultimi fossero soliti operare delle violente ritorsioni nei riguardi degli acquirenti di droga morosi.
 
Sono stati raccolti elementi indiziari per cui in alcuni episodi le vittime venivano trasportate all’interno delle abitazioni di alcuni sodali ove venivano percosse e minacciate con una pistola puntata alla tempia al fine di obbligarle a effettuare i pagamenti, anche attraverso bonifici bancari. Talvolta, poiché si era esaurito il “plafond” giornaliero presso la banca, venivano sequestrati e malmenati tutta la notte, in attesa di poter effettuare altri bonifici il mattino seguente. Nei casi in cui non riuscivano a ottenere il denaro preteso, le minacce venivano estese anche ai familiari dei malcapitati.
 
L’analisi del flusso di denaro estorto (oltre 300.000 euro) ha permesso di identificare tutti i beneficiari dei bonifici bancari in soggetti ritenuti vicini al soggetto più autorevole del gruppo criminale, Daniele Salvatori e di documentare le attività finalizzate al reimpiego e al riciclaggio del denaro che dai vari conti correnti veniva, tramite ulteriori bonifici o attraverso il prelievo in contanti, trasferito ad altri beneficiari.
 
A Daniele Salvatori, classe 1977, già noto alle forze dell’ordine, il 12 giugno 2023, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma avevano già notificato un fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma, per l’estorsione ai danni di un trentaseienne residente nella provincia di Frosinone e dei suoi familiari. A conferma della pericolosità e della spregiudicatezza del destinatario del provvedimento restrittivo, in data 03.10.2022, il Salvatori era stato arrestato in flagranza di reato dai Carabinieri della Sezione Radiomobile di Cassino (FR), poiché sorpreso nei pressi dell’abitazione delle vittime in possesso di un’arma clandestina.
 
Privo di virus.www.avast.com



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