ROMA CAPITALE: IGNAZIO MARINO ALLA RICERCA DEL PAREGGIO DI BILANCIO PERDUTO

di Maurizio Costa

Roma – Dopo l'approvazione in Parlamento del decreto "Salva Roma", la questione riapproda in Campidoglio. Con una seduta del Consiglio straordinaria, la Giunta capitolina si è riunita per discutere il decreto, che, sebbene sia stato approvato dal Parlamento, ha bisogno di un'ulteriore certificazione, cioè un piano triennale per la riduzione del disavanzo e per il riequilibrio strutturale del bilancio del Comune di Roma. Se questa condizione non verrà rispettata, la Capitale potrà dire addio al decreto che potrebbe rimetterla in sesto. In poche parole il Sindaco Ignazio Marino dovrà promettere allo Stato che Roma riuscirà a ritornare in carreggiata e che, entro tre anni, arriverà al pareggio di bilancio. In caso contrario, la Capitale non riceverebbe tutti quei soldi che, invece di riempire le casse capitoline, sono stati consegnati alla gestione commissariale. Non è un aiuto, ma semplicemente un ritorno di denaro, che ammonta a circa 485 milioni di euro.

Durante il Consiglio straordinario di stamattina, il Sindaco ha tenuto un lungo intervento riguardo al decreto "Salva Roma". Il primo cittadino ha voluto spiegare che l'Amministrazione comunale dovrà presentare entro 80 giorni "un piano triennale che dovrà contenere misure volte alla razionalizzazione della spesa nell’ottica di poter pervenire ad un equilibrio di bilancio." In caso contrario Roma non riceverebbe la somma dallo Stato. Nel decreto si legge che nel piano la Giunta capitolina dovrà esporre i modi con i quali risolverà svariati problemi che affliggono la città. Gli obiettivi sono: riportare i costi della fornitura dei servizi pubblici a livelli standard, rivedere i fabbisogni di personale delle società partecipate e adottare modelli innovativi per la gestione del trasporto pubblico, dei rifiuti e della pulizia delle strade, anche ricorrendo alla privatizzazione. L'Amministrazione dovrà anche arrivare al pareggio di bilancio e dovrà liquidare quelle società partecipate che non svolgano servizio pubblico.

Marino è fiducioso: "Davanti a noi, dunque, abbiamo una grande opportunità: utilizzare i 90 giorni previsti dal decreto legge per consolidare il modello innovativo di gestione delle aziende partecipate, di valorizzazione del patrimonio pubblico, di riorganizzazione della macchina capitolina e di rilancio complessivo dell’economia romana." In questo caso Marino non sembra aver capito bene la scadenza: i 90 giorni decorrono dall'entrata in vigore del decreto (6 marzo 2014) e non da oggi.

Predisporre un piano di intervento triennale è facile, attuarlo molto più difficile. Lo Stato impone alla sua Capitale interventi massici che la riportino in una situazione stabile. In questa situazione Marino sembra molto tranquillo, ma l'ombra del commissariamento aleggia sempre sui cieli sopra il Campidoglio, come se fosse un segno di presagio. Il cambiamento deve partire dalle piccole cose; in questo caso c'è "mamma Italia" che controlla, e Roma non può fare altro che stare alle condizioni statali.